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Autore: Flaminio Bardi    22/07/2010    0 recensioni
Abelardo, druido esiliato dopo aver condotto una caccia alle streghe contro i capi-fazione delle altre città, è tornato sedici anni dopo a capo delle truppe di Loki e dopo aver sottomesso i mondi sotterranei cerca ci conquistare Midgardr per scatenare il Ragnarock. Le truppe della Sacra Loggia, riunite dai druidi per combattere la crescente minaccia e difendere i monoliti ove Odino scolpì la Legge che governa i nove mondi della mitologia nordica, si devono misurare coi giganti di Muspell, gli elfi di Alfheimr e le loro forze si rivelano sin da subito troppo esigue.
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Intanto, altrove…

Un ragazzo camminava ai bordi di una selva sul ciglio di un dirupo osservando parte delle truppe del villaggio sottostante lasciare la loro casa ben attrezzati e armati fino all’inverosimile. Questi fissava ad una ad una le casette di legno e pietra coperte da bassi tetti a spiovente ai cui piani inferiori qualche irriducibile bottegaio non curandosi della partenza continuava a vendere le merci nella piazza principale. Il giovane era seguito da altri quattro individui che lo trattavano con profondo rispetto. I cinque guerrieri erano gli adepti della setta degli assassini. La mente della setta era il giovane Flaminio, un ragazzo di diciassette anni, anche se ne mostrava più. Rimasto solo quando non era ancora in grado di procurarsi di che vivere, si diede da fare per guadagnarsi il rispetto di chi gli era vicino con la forza o con l’inganno, cosa di cui andava particolarmente fiero, ed era proprio così che divenne uno dei più grandi guerrieri mai esistiti, alla stregua persino dei druidi. Va detto però, che non aveva grandi doti fisiche; era d'altezza media, di fronte larga e di volto magro, ma tondeggiante. Lottava usando dei bracciali simili a quelli d'Evan ma dorati, su cui vi erano dei fori simili a gocce che convergevano sulle mani e contenenti delle pietre focaie, da queste evocava il fuoco con cui in quel frangente stava giocherellando. L’aria sfatta e la giacca di daino logora ne invecchiavano l’aspetto. I suoi occhi erano rubini segnati da un'iride che ricordava quella dei felini, comunque la vera particolarità dei suoi occhi era la stessa di quelli di sir Caius: il potere della conoscenza, l’occhio della mente. Con lui vi era sempre un falco, la compagnia di tante battaglie da quando lo aveva rubato ad un cacciatore che gli era stato commissionato di uccidere.

Dietro di lui vi erano i suoi unici quattro amici, il primo dei quali era Taddeo: un giovane con cui Flaminio era cresciuto, era un piccolo omino un po’ paffuto e senza particolari doti fisiche, il naso un po’ goffo ne addolciva i lineamenti. Tuttavia era un personaggio tutt’altro che comico sul campo di battaglia e la vista dell’ascia e dell’accetta che portava legate come in un fascio littorio sulle spalle ne era una premonizione. Il vento sollevava della polvere dai suoi capelli castani. Il giovane che parlava con la Madre Terra, più che esercitare il controllo sugli elementi per combattere, usava questa sua straordinaria capacità per difendere Flaminio verso cui sentiva come un dovere. Di fianco a questo individuo vi era un giovane che poteva essere confuso con un’ombra. Era un giovane longilineo e non alto, vestiva una casacca nera che lo copriva fino alla bocca. Sul suo volto erano marcate due folte ed irregolari basette che contrastavano con i capelli, particolarmente corti. Sembrava osservare ciò che lo circondava cercando di intimorirlo con i suoi occhi di ghiaccio, mentre con le mani accarezzava le ultime erbette secche lasciate dall’inverno. Il giovane sembrava rispondere al nome di Marzio. Dinanzi a questi, steso per terra, vi era un “pel di carota d’altri tempi”. Il ragazzetto era Vincent, un alchimista scappato al tempo di Abelardo dalle terre degli Xausos. Risultava disinteressato alla questione del momento e si dilettava a giocherellare con il suo archibugio[1] e ad affilare la lama della baionetta che ricordava quella di una piccola ascia ad esso applicata. Se ne stava lì, immergendo il suo poncio di sacco nel fango, mentre dietro di lui, sotto un albero, sedeva un guerriero di alta statura, addirittura più alto del primo e con il volto stirato dalla tensione. Dalle sue lunghe dita si stagliavano delle lame che riflettevano palesemente il colore del veleno di cui erano cosparse. Era questi di carnagione ispanica e con le labbra particolarmente lunghe se pur fini, i capelli neri che non perdeva occasione di lisciare e il naso piccolo e piatto. Quest’ultimo ragazzo era Leonard, uno spietato e famosissimo assassino che si aggirava per quelle valli terrorizzandone gli abitanti. Era addirittura divenuto spauracchio per i viandanti.

-Bene!- Proruppe beffardo ed eccitato il primo. -Sono convinto che in quel villaggio non troveremo noie, i nostri stomaci reclamano provviste. Cosa ne pensate, scendiamo a rifocillarci?-

Un cenno d’approvazione si dipinse sul volto dei suoi compari e, non appena il piccolo esercito si dileguò tra le foreste, scesero dalla rupe e s’imposero dinanzi alle porte del villaggio. Flaminio, quasi urtato dal fatto che i portali gli si chiudeva dinanzi, prese un fagotto sotto il cappotto e gli diede fuoco, poi lo lanciò contro l’ostacolo che scomparve in polvere e fiamme.

-Ho fatto centro!- Disse compiaciuto, mentre il gruppetto spuntava dal polverone come spiriti. Dinanzi a loro si stagliava uno steccato, ma durò poco al contatto con la folgore di fuoco di Flaminio, e la videro: la Legge scolpita da Odino stesso nella pietra.

“Un buon mezzo per ricattare” pensò infidamente il giovane e puntò la folgore tra le sue mani sulla pietra e ad un suo cenno Vincent disse:

-Non abbiamo intenzione di farvi del male. Siamo qui solo alla ricerca di cibarie. Non costringeteci a distruggere il vostro amato “sassolino”.-

Quelle frasi destarono nei guerrieri nascostisi disprezzo e odio, un misto che spesso conduce al coraggio. Qualche guerriero iniziò a muoversi dietro i carretti, qualche bottegaio iniziò ad affacciarsi armato dei propri utensili e ben presto in quel piazzale circolare attorno al fossato sacro i carretti e gli steccati rivelarono le persone nascoste. Gli abitanti del villaggio si lanciarono sugli assassini con zappe e coltellacci, scattarono in avanti ed in breve furono sugli intrusi che iniziarono a scansarli finché ad un tratto da terra si levarono delle catene di radici che sedarono con la forza l’attacco degli sprovveduti bloccandone i movimenti. Ma ecco, uno di loro riuscì a svincolarsi raggiungendo Vincent. L’assalitore agitava un coltello e si lanciò in un fendente che, schivato prontamente, causò la risposta del giovane. Questi puntato l’archibugio alla testa del guerriero fece scattare il meccanismo. Un rombo. L’uomo era morto e il suo corpo senza vita freddò l’animo dei presenti.

Marzio approfittando del timore che tale scena aveva infuso nell’animo dei guerrieri disse:

-Eroismo, un sentimento che eleva gli uomini, li migliora, ne lascia il ricordo, ma a quale prezzo. Siamo venuti solo a chiedere cinque cavalli e delle provviste, credete forse che c’importi qualcosa delle vostre Pietre?!-

Quelle parole offesero profondamente uno dei popolani, un anziano attempato, che ribatté:

-Dovrebbe invece. Ad ovest della montagna Rhaa si sta combattendo una battaglia che deciderà le sorti del mondo, è un’occasione ghiotta per voi che siete alla ricerca della fama. Difendetele con onore e i vostri nomi saranno scritti al fianco di Odino.-

-Una guerra, tu osi parlarne come di un’occasione. Con che coraggio ne parli tu, la cui unica battaglia è quella con i porci del tuo recinto, come puoi chiederci di combatterla in difesa di tanti come te che poi non la vedono neanche?- Urlò Leonard colpito nei suoi interessi.

Vedendo che la conversazione stava degenerando, Flaminio intervenne con voce decisa ed incontestabile:

-Basta! Quella di cui voi parlate è una guerra che farà molti morti, ma per chi ce la farà il destino sarà ben peggiore della morte, se proprio sentite questa guerra così vicina, perché non vi prendete parte? Sono in ogni caso convinto che la nostra presenza o meno sul campo di battaglia non farebbe alcuna differenza, ben presto ci finiremo tutti.-

Le parole del giovane sembrarono colpire gli stessi compagni d’avventura oltre che i guerrieri avversi. I loro sguardi sembrarono interpellarsi su come facesse Flaminio a parlare con tanta freddezza di avvenimenti così tristi, forse stava scherzando? Poco dopo i membri della setta cavalcavano verso i monti ad ovest lasciandosi alle spalle il villaggio che si rianimava dalla paura presa. I quattro erano alla ricerca della conferma alle parole di Flaminio, alla ricerca di un secondo campo su cui cimentarsi.



[1] Arma da fuoco usata in Cina già dal V secolo d.C.

  
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