Le
parole che non mi hai detto
by Lady Memory
Disclaimer: è tutto
suo, nel caso ci fossero dubbi.
Ancora
grazie infinite alla mia previewer Tearsofphoenix. E a tutti coloro che
vorranno lasciarmi un messaggio.
...
5 ...
L'uomo e il
ragazzo si stavano ancora fissando mutamente quando la
porta si aprì, e la professoressa McGonagall si
stagliò in controluce sulla
soglia. Aveva l'espressione tesa e tirata di chi ha visto
materializzarsi un
incubo. Le labbra erano strette, le sopracciglia corrugate. Come
sempre, andò
dritta al suo scopo. Senza preamboli, si rivolse al preside con la voce
ferma
di chi sta semplicemente aspettando un pretesto per esplodere.
"Albus, tu l'hai
visto. Questa sera abbiamo passato il limite."
"Minerva, ti
prego," rispose il vecchio mago, alzando le
sopracciglia con un'occhiata espressiva, come per invitarla a
controllarsi.
Ma l'anziana
donna non raccolse l'avvertimento e si avvicinò con
passo deciso.
"Mi dispiace, ma
non posso tacere," disse poi col tono severo che
la contraddistingueva, diretto come era diretta lei. "Non quando i
colpevoli
sono della mia casa, o meglio, della nostra casa,
perchè so quanto tu sia
orgoglioso di appartenervi. Fino ad oggi era anche il mio orgoglio. Ma
quello
che è successo stasera è ingiustificabile."
Aveva raggiunto
la scrivania del preside, sempre tenendo gli occhi
fissi su di lui, quando improvvisamente notò che,
raggomitolato nella sedia di
fronte, nascosto dalla gigantesca spalliera, c'era un ragazzo pallido e
sottile, dagli untuosi capelli neri e dal respiro ansimante.
"Signor Snape!",
esclamò lei, e la sorpresa le arrossò il volto:
aveva capito infatti - e ahimè, troppo tardi - il senso
dell'occhiata che il
preside le aveva diretto. Ma nascose l'imbarazzo, e si rivolse di nuovo
a
Dumbledore.
"Il ragazzo
è sotto shock. Dovrebbe essere in infermeria. Quando
te l'ho portato, non credevo che l'avresti trattenuto così a
lungo."
Si
fermò e incrociò le braccia risolutamente.
"Di qualunque
cosa tu volessi parlargli, credo che ormai sia ora
di interrompere. E' notte fonda, e Poppy lo sta aspettando."
Di nuovo,
guardò Dumbledore con fare accusatorio, poi si
girò
verso Severus e parve chiedergli silenziosamente scusa di quel che era
accaduto.
Severus chiuse
gli occhi, grato per quello sguardo. Minerva
McGonagall era adirata con i ragazzi che avevano gettato fango sulla
sua Casa.
Minerva McGonagall si vergognava di quello che era successo. Ma, ancor
più
incredibile, Minerva McGonagall era sinceramente preoccupata per lui,
preoccupata tanto da rimproverare addirittura il preside. Era
più di quel che
Severus si aspettasse, e questo pensiero lo rincuorò. La
professoressa
McGonagall era una Grifondoro, e lui
non l'aveva mai avuta in particolare simpatia.
Però ne apprezzava
l'onestà e la schiettezza. E adesso, la leale presa di
posizione nei suoi
confronti. L'animo del ragazzo si aprì alla speranza.
"Signor Snape,"
Minerva disse con calma, quasi a sfidare
Dumbledore. "E' ora di andare a letto."
Senza
una parola, lui si alzò dalla sedia.
"Buona
notte, signor Preside," salutò con tutto il sarcasmo che
riuscì ad esprimere
senza essere offensivo. Dumbledore lo guardò senza
rispondere, i vecchi occhi
azzurri dolorosamente stanchi, come se un peso immenso gli stesse
gravando
sulle spalle.
Bugiardo, pensò il ragazzo
dentro di sè, ma quasi senza
collera. come un dato di fatto, accettando l'ingiustizia che da sempre
modellava il suo destino; poi si girò e seguì la
donna fuori dalla stanza,
lottando contro la vertigine che lo assaliva ad ogni passo.
Aveva
chiesto troppo al suo corpo. Appena chiusa la porta, Severus
vacillò, cercò di
reagire e non ci riuscì. Allora si fermò e
appoggiò la fronte alla parete del
corridoio, sentendosi svanire in un gorgo buio. Subito le mani di
Minerva lo
afferrarono e lo tennero stretto in una presa protettiva e sicura,
mentre la
voce calma di lei gli parlava, morbida e rassicurante. Il calore di
quel gesto
penetrò dentro di lui come una vampata, e lo
restituì alla vita. Gli occhi si
aprirono; braccia e gambe ritrovarono nuova forza. E Severus
sollevò il volto
dal muro per incontrare lo sguardo preoccupato di Minerva.
Soli
sotto la luce tremolante delle torce, la donna e il ragazzo si
guardarono negli
occhi, e Severus sperò. Sperò con tutta la forza
del suo animo ferito, sperò
tremando in attesa, sperò pregando dentro di sè
perchè gli fosse data una
risposta, perchè almeno lei potesse finalmente dire le
parole che lui aspettava
da sempre.
Ma poi lei
sollevò il viso verso il soffitto, come a chiedere
aiuto, ed una scintilla le attraversò le pupille. Con la
nuova percettività che
aveva appena scoperto di avere, Severus comprese. Era inquieta per
essersi
lasciata sfuggire ammissioni così compromettenti di fronte
ad uno studente.
Adesso che si
era accorta di chi altri l'aveva ascoltata, la
verità che aveva così apertamente ammesso con
Dumbledore veniva in qualche modo
frenata e distorta dalla lealtà verso la sua Casa e verso la
scuola. Il ragazzo
seduto su quella sedia aveva udito parole che non avrebbe dovuto udire.
Spaventato,
Severus spalancò gli occhi, come per invitarla a leggervi
dentro. Minerva
l'aveva difeso, non doveva pensare che lui l'avrebbe tradita.
Ma
lei abbassò lo sguardo e mormorò, a disagio,
"Andiamo in infermeria."
Il freddo
tornò a serrare il cuore del ragazzo. Severus inspirò a
fatica. Qualcosa si era rotto in
modo irreparabile dentro di lui, e le punte laceranti di quel
sentimento
sembravano ferirlo ad ogni respiro.
Seguendo
obbedientemente Minerva su per le scale, il ragazzo chiuse la mente al
dolore e
si rifugiò nell'apatia che aveva imparato a coltivare. Poi
Madam Pomfrey aprì
la porta, il viso rotondo indignato per l'ora e per le condizioni dello
studente che aveva davanti. Minerva spiegò in poche parole
cos'era accaduto.
Dall'espressione preoccupata dell'infermiera, che ascoltava continuando
a
lanciare sguardi ansiosi a tutti e due i visitatori, ma soprattutto
dalla sua
completa mancanza di sorpresa, Severus capì che il segreto
di cui lui era
venuto a conoscenza a rischio della vita era condiviso da
più persone. Nessuno
ne aveva intravisto i potenziali rischi, nessuno si era mai chiesto
cosa
sarebbe potuto accadere se qualcosa fosse andato storto.
E
adesso, sembrava quasi che la preoccupazione maggiore di tutti gli
adulti fosse
solo l'incolumità di Remus. La professoressa McGonagall si
era accommiatata in
fretta, augurando a Severus una pronta ripresa e dicendosi sicura che
il
mattino avrebbe certamente presentato le cose sotto una luce diversa,
mentre
accennava vagamente a provvedimenti futuri.
Madam
Pomfrey l'aveva visitato, le
labbra serrate in una linea sottile e i pensieri evidentemente altrove,
nonostante la professionalità dei suoi gesti. Poi gli aveva
offerto un pigiama
pulito e l'aveva invitato a bere una pozione calmante, per evitare
brutti
sogni. Come se fosse stato un bambino che soffriva di incubi e vedeva
mostri
dappertutto. Come se a pochi metri da loro, sottoterra, non fosse
nascosto un
vero mostro, acquattato nell'ombra. E nessuno degli studenti lo sapeva,
nessun
altro avrebbe dovuto saperlo... tranne lui e la banda di Potter. Gli
amici del
mostro.
Non
sarebbe più riuscito a passare davanti al Platano
Picchiatore senza una
sensazione di orrore. Non sarebbe più riuscito a guardare Remus Lupin senza vedere
la belva che
celava in cuore. E soprattutto, non avrebbe più creduto a
Dumbledore. Nè a
Minerva McGonagall. Nè a Madam Pomfrey. Nè a
nessuno altro dei suoi professori.
Rabbrividì
convulsamente,
e Madam Pomfrey gli appoggiò una mano sulla fronte; nel
torpore che lo stava
avvolgendo, la sentì mormorare suoni rilassanti e
indecifrabili. Il mondo stava
sparendo di nuovo in un vortice oscuro, e la sua anima gridò
silenziosamente al
buio di fronte a lui. No.
Non
sono queste le parole.
(continua)