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Autore: Dreaming_Archer    25/07/2010    4 recensioni
Questa non è una storia che si trova sui libri. Nessuno ha mai parlato di come la grande casa degli Svevi si sfaldò, come si concluse il regno cominciato dal Barbarossa. Ebbene, così: Anno 1267, un ragazzo di appena quindici anni, Konrad, viene incoronato Re Corrado V di Svevia. E' l'ultimo Hohenstaufen che può prendere la corona, l'unico rimasto. Konrad va incontro al suo destino, e prepara un'incursione in Italia per sanare i secolari conflitti tra Guelfi e Ghibellini. Tra intrighi, tradimenti, e battaglie, la triste storia dell'Ultimo Re di Germania.
Genere: Avventura, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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L'ultimo Re - capitolo2 L' ultimo Re

Capitolo 2

 
Stesso anno – Landshut, Baviera

 Non era bello da vedere. Come già Elizabeth pensava, Manfred non portava bene la corona. Lei lo vedeva tremendamente fuori luogo: il figlio cadetto con la corona del fratello maggiore sulla testa, che gonfiava il petto davanti ai nobili e agli ambasciatori.

Non le piaceva per niente, ma doveva ammettere che visto da qualcuno che non lo conosceva, che non sopportava tutti i giorni i suoi ordini; faceva bella figura. Manfred, re Manfredi, era un uomo alto, prestante, che rinchiuso nella sfarzosa armatura da battaglia, tirata faticosamente a lucido, sembrava veramente un grande sovrano.

Era questo che preoccupava Elizabeth: che Manfred sembrava nato per fare il re, salutare la folla impettito col la mano sul pomo della spada. Ma non sapeva niente del vero lavoro del re: battaglie, consigli di guerra, strategie. Tutte cose a cui vedeva Manfred inadatto. Lui era capace di sembrare un re, aveva molto prestigio, ma non sarebbe mai stato come Corrado.

Molte volte lei e Luigi glielo avevano ripetuto: << E’ meglio che fino a quando Konrad non potrà essere incoronato, sia io a gestire il regno. >> Aveva consigliato la regina; ma l’unica persona dalla sua parte era Luigi, perché tutti i nobili e gli ambasciatori non vedevano nella donna le attitudini al comando.

Far incoronare Luigi era fuori discussione, perché li avrebbero accusati di voler solo conquistare il regno approfittando della morte di Corrado.

Invece questo era proprio quello che stava facendo Manfred, ma i nobili non ci pensavano. Un re inetto era quello che gli serviva per prendere il potere e riconquistare i loro territori. Per questo spingevano Manfredi ad una campagna in Italia: ci avrebbe lasciato la testa, e loro avrebbero ritrovato il loro antico sfarzo.

E una volta morto Manfredi, il vero erede, Konrad, sarebbe stato comunque troppo piccolo per considerarlo una minaccia, e uccidere un bambino in fasce era niente in confronto alla loro sete di potere.

Elizabeth quindi si ritrovava nella condizione di dover augurare una lunga vita a re Manfredi, perché se fosse morto in Italia come speravano i nobili; lei, Luigi, e soprattutto Konrad, sarebbero stati in grande pericolo. Se invece Manfredi viveva, aumentava la possibilità di far crescere Konrad e poi prendere la corona. Solo per questo adesso Elizabeth si ritrovava ad applaudire e ed esultare: << Lunga vita al re! >> Anche se il suo sorriso era tutt’altro che sincero.

***

Fine del 1265 – Roma, dimora del Pontefice

 << C’è solo una cosa che posso fare … >> Stava rimuginando il papa, buttato su una poltrona di velluto rosso, nelle sue stanze private.

Davanti a lui, il suo più fedele consigliere lo ascoltava attento. << Chi ci è fedele? >> Chiese il pontefice con voce dura. << Chi segue la causa Guelfa? >> Incalzò.

Il consigliere  scosse la testa. << Posso fare delle ricerche, ma il re di Francia è ancora in debito con sua Santità … >>

Gli occhi dell’altro brillarono. << Manda un messo a Parigi. >>

Il consigliere strinse i pugni. << Ma non possiamo nominare re di Sicilia un sovrano che ha già un regno. >>

Obiettò.

Papa Clemente IV si sfregò le mani. << Ma sono sicuro che tu troverai una soluzione. >>

L’altro chinò la testa. << Una soluzione si sarebbe. Il re d’Oltralpe ha un fratello, che parteggia per la causa Guelfa. >>

L’altro sorrise, un sorriso malefico. << Ero sicuro che avresti risolto tutto. Manda un messo da questo fratello. >> Fece una pausa. << Non mi hai detto il suo nome … >>

<< Carlo. Carlo delle terre d’Angiò. >>

Il papa fece un cenno di allontanarsi. Il consigliere fece un profondo inchino, poi uscì tirandosi dietro la porta.

<< Carlo d’Angiò … >> Stava riflettendo il papa. << Questa sarà la resa dei conti. >>

***

26 febbraio 1266 – Benevento

La spada nel pugno dava una sensazione di onnipotenza.

L’armatura aveva un’importanza che solo i soldati potevano capire appieno. Ci si sentiva protetti, invincibili, nulla poteva scalfire l’armatura di un re.

L’elmo sulla testa, la visiera calata sugli occhi. Ora non si era più una persona, nemmeno un guerriero. Si diventava parte della battaglia, nessuno poteva riconoscere un soldato da un altro: si uccideva senza ritegno. In battaglia, con l’elmo calato sul capo, si compiono i più grandi massacri; quelli che nessuno mai farebbe a testa alta e guardando in faccia l’avversario.

Era questo che stava succedendo nella piana di Benevento, questo che stava osservando Luigi di Baviera. Era stato chiamato alle armi sperando che ci lasciasse la testa, perché era un consigliere troppo prezioso per la regina, e non poteva essere ucciso in altro modo.

Invece, oltre ad essere un astuto stratega, Luigi era anche un mediocre combattente, e malgrado i lunghi mesi di battaglie contro l’esercito angioino, aveva solo perche ferite.

Sentiva il clangore acuto delle armi, le urla disumane dei combattenti, ma non provava tutta quella smania di uccidere che sembrava invece caratterizzare i suoi compagni d’arme. Una volta abbassato l’elmo, si trasformavano, e urlavano di gioia quando la loro spada trapassava un nemico, e questi sputava sangue.

Lui lo trovava disumano, tutto quel sangue, tutto quel dolore. Che onore c’era nel provocare sofferenze agli altri?

In quel momento anche il re sembrava contagiato da quella smania di violenza e morte che pervadeva i suoi uomini. Il baio Hannover che montava stava scalpitando, avvertendo la tensione del cavaliere. Il suo respiro si condensava in candide nuvolette che fluttuavano per poi dissolversi nell’aria poco dopo. Luigi poteva immaginare quello che stava provando Manfredi in quel momento. Le sensazioni di potenza e invincibilità che infondevano le armi, l’odore di metallo dell’elmo, così simile a quello del sangue che gli ovattavano la mente; i muscoli tesi del cavallo sotto di lui, trattenuto ancora dalla sua voglia di galoppare al centro del campo di battaglia.

Era la smania di entrambi, cavallo e cavaliere, non si capiva cosa ancora li bloccava.

Qualunque cosa fosse, infatti, non li trattenne ancora per molto. Manfredi scoccò violentemente le redini, il cavallo si alzò sulle zampe posteriori, mostrandosi in tutta la sua potenza. Partì subito al galoppo, lasciandosi leghe alle spalle. Manfredi, con la sua affilata spada, falciava chiunque sulla sua strada, come avrebbe fatto un vero re.

Manfredi era un grande guerriero, ma spesso anche i migliori sbagliano. Si trovò di fronte il suo nemico, Carlo l’Angioino, così si tolse l’elmo, in modo che l’altro capisse che avesse di fronte.

Carlo partì all’attacco, Luigi non ebbe nemmeno bisogno di guardare. Fece voltare il suo cavallo mentre l’angioino arrivava al galoppo mulinando la spada, e chiudeva il regno di re Manfredi.

Luigi galoppò fino al campo, alcune leghe più a nord. Ai pochi soldati rimasti a guarirsi, non era ancora giunta la notizia della morte del re. “Due re in pochi anni. Il regno è ormai allo sfascio.” Pensò mestamente Luigi entrando nella tenda di Manfredi. Sapeva benissimo dove andare: aprì la piccola cassapanca  vicino al letto da campo, e raccolse senza indugiare un panno di velluto scuro e il suo contenuto.

Montò di nuovo a cavallo e non si guardò indietro. Doveva tornare subito a Landshut, quella corona doveva andare il prima possibile sulla testa dell’erede che era stato legittimo fin dall’inizio. Ormai era cresciuto, per fortuna il regno di re Manfredi era servito almeno a qualcosa.

***
Ciao!!
Sono così entusiasta di questa nuova storia!! spero che vi piaccia e che la trama vi incuriosisca... mi andava di specificare che tutto quello che racconto è successo veramente, escluso il "salvataggio" della corona da parte di Luigi. Nella storia reale lui ha provato a cercarla, ma non è riuscito a riportarla a Landshut. Purtroppo questo stonava dalla mia idea, così ho fatto una "piccola" modifica...
Comunque, continuo a ringraziare le mie due mitiche "fans": Hivy e nemesis 18.. non so che altre parole usare per dirvi quanto mi fa piacere sentire tutti i vostri compliemnti.
Hivy: so che Manfredi non era il massimo di simpatia, ma comunque ha fatto una breve e triste fine (spero che tu adesso non stia godendo per questo capitolo), invece per quanto rigurada la simpatia per Luigi, credo si sia capito che vale anche per me, è un mito! Grazie per i complimenti, sono propro contenta che ti piaccia.
Lo stesso vale per Nemesis 18: grazie mille per i tuoi complimenti, ti adorooo!!
Grazie di cuore anche a Tracywelsh e ad Elliepotter per le vostre recensioni, e spero che questo capitolo vi piaccia come l'altro!
per Tracywelsh: grazie mille dei complimenti, mi lusinghi!
per Elliepotter: grazie anche a te per i complimenti. sono felice che la descrizione del temporale sia venuta bene, ci ho messo molto, e volevo farla al meglio, perchè mi sono trovata personalmente in un temporale simile, e volevo che sembrasse reale! un rigraziamento speciale anche per avermi aggiuto tra i preferiti!!
adesso chiudo,
ciao a tuttee!!  =)
                          Archer

  
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