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Autore: Lhea    26/07/2010    3 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XVI

Capitolo XVI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.30 – San Pietroburgo

 

Xander fissò la mano del russo che a pochi metri da lui stava per dare inizio alla gara, e con la coda dell’occhio si accorse che Nina lo stava guardando, appoggiata alla sua TT bianca. Per un attimo gli venne voglia di ricambiare lo sguardo, e darsi quell’aria da pilota navigato che gli veniva così bene, più che altro per farle capire con chi aveva a che fare. C’era un tono di lieve e maliziosa strafottenza nella voce della ragazza, quando parlava con lui, che gli dava l’idea che lo considerasse quasi un ragazzino: sensazione nuova per lui.

 

Alla fine si trattenne, ma si accorse che Nina stava correndo verso di lui, facendo un cenno al russo per dirgli di attendere un momento. Come se avesse le ali ai piedi, la vide raggiungere leggiadra la sua auto. Xander abbassò il vetro del finestrino, pronto a un altro commento dei suoi.

 

Il volto perfetto di Nina si abbassò fino a raggiungere il suo, e Xander si scostò impercettibilmente, stupito da quella vicinanza. Gli arrivò una zaffata di profumo provocante alle narici.

 

<< Tieni d’occhio Nil, il tipo della Jaguar grigia >> sussurrò Nina, facendo un cenno verso sinistra, << Ti ha preso di mira >>.

 

Xander guardò dove aveva indicato: la Jaguar XK modificata sembrava uno strano miscuglio di stili, un po’ punk e un po’ elegante, decisamente di scarso gusto. Intravide la testa ricciola di Nil, e annuì, cercando di capire quanto potesse essere pericoloso.

 

<< Ok, grazie >>.

 

Nina sorrise, sfiorandogli un braccio con la mano, cosa che incredibilmente gli fece scorrere un brivido lungo la schiena.

 

<< Non c’è di che, americano >> sussurrò lei, poi ritornò verso la sua macchina e fece cenno che la gara poteva iniziare.

 

Xander seguì con gli occhi il movimento sinuoso di Nina, che ondeggiava elegantemente sui tacchi alti. Fare due più due non era difficile: quella ragazza sembrava particolarmente interessata alla sua sorte, e non poteva che essere un vantaggio.

 

Però c’erano diversi problemi, e a Xander montò l’ansia addosso.

 

Prima di tutto, aveva capito che genere di ragazza era Nina: definirla una di “facili costumi” era quasi un complimento. Amava giocare con il suo corpo, ed era consapevole di essere bellissima e molto attraente: forse si comportava in quel modo protettivo con tutti i nuovi arrivati, per illuderli di avere qualche speranza con lei. Ma qualcosa nella sua testa gli disse che non era così.

 

Secondo, se davvero Nina provava un certo interesse per lui, avrebbe dovuto sfruttare quell’occasione per farsi strada tra i russi, e ciò apriva una molteplicità di scenari, ai suoi occhi. E gli asciugò la gola, perché sapeva benissimo cosa significava.

 

Negli ultimi due anni, aveva avuto la fortuna di non incontrare mai nessuna ragazza nelle proprie missioni, e di conseguenza non si era mai trovato in situazioni “scomode” e tutto quello che evidentemente comportavano. Niente finte love-spy-story, niente tentativi di seduzione per ottenere informazioni, niente di niente, da quel punto di vista.

 

D’un tratto, la catenella al suo collo si fece pesante, quasi fosse fatta di piombo. Prima di Irina, le cose erano state molto diverse: se doveva andare a letto con qualche ragazza, non c’erano problemi; se doveva far finta di avere un debole per qualcuna, non c’erano problemi; se doveva lasciarsi sedurre dalla gallinella di turno, non c’era nessun problema. Ma adesso, adesso la situazione era cambiata… Decisamente cambiata.

 

Adesso c’era Irina a far parte della sua movimentata vita.

 

Non ci stava a tradirla, anche se era per lavoro. Non ci stava a passare la notte con un’altra che non fosse lei, anche se era necessario per far andare avanti la missione. A dir la verità, non sentiva nemmeno la tentazione. E poi come l’avrebbe presa lui, se lei fosse stata al suo posto?

 

Improvvisamente, sentì gli pneumatici fischiare sull’asfalto, il rumore dei motori invadere l’aria gelida della notte…

 

Erano partiti, e lui era fermo.

 

<< Cazzo! >>.

 

Affondò il piede sull’acceleratore, facendo schizzare avanti la Cayman come un proiettile, appena in tempo per accodarsi all’ultima della gara, una Mazda verde. La seguì lungo la curva, vedendo gli altri che iniziavano a guadagnare terreno, la Jaguar davanti a tutti.

 

Quell’attimo di distrazione gli era costato molto caro, ma poteva ancora recuperare. Superò rapidamente la Mazda, lo sguardo incollato a quelli davanti a lui.

 

Fece mente locale, cercando di ricordare il tracciato. Si era informato, prima di presentarsi alla gara, e aveva studiato il percorso che avrebbe dovuto seguire: era abbastanza lungo, ma pieno di rettilinei che permettevano di guadagnare terreno, soprattutto a chi aveva una macchina più potente.

 

“Ok, devo solo essere più rapido di loro”.

 

Accelerò, gli alberi del parco alla sua sinistra che formavano una macchia indistinta nell’oscurità, scorgendo i fari della macchina che lo precedeva in lontananza sparire dietro una curva.

 

Sperò non ci fosse del ghiaccio, quando imboccò la curva a tutta velocità, tenendosi stretto e senza quasi frenare. La fortuna fu dalla sua, ma la Cayman sbandò comunque un po’ per via della velocità troppo elevata.

 

Non poteva perdere quella maledetta gara, soprattutto perché era di vitale importanza per entrare nel giro di Nina, e anche perché non poteva fare la figura dell’idiota dopo essersi fatto dare un’altra auto proprio per essere competitivo…

 

Infilò la curva seguente così veloce che le ruote fischiarono sul terreno, ma poi fu costretto a inchiodare per non andare a sbattere contro la Ford Focus rossa che chiudeva la fila dei primi quattro. Almeno li aveva raggiunti.

 

La Jaguar era ancora in testa, i neon sotto il paraurti accesi, cercando di non farsi superare da una Lotus Elise gialla. Xander sorrise e strinse il volante, sicuro di poter rimettere le cose a posto.

 

Accelerò ancora, mentre tutti gli altri frenavano per affrontare la curva successiva. Arrivò come un razzo alla coda della Focus rossa, le luci posteriori che lo abbagliarono per un momento…

 

Scartò di lato, superando la Ford con uno stridore di gomme, mentre un sottilissimo strato di ghiaccio lo faceva sbandare appena. Strinse il volante, lasciandosi dietro la Focus e accodandosi alla Lotus.

 

Vide la Elise sbandare di colpo, forse per colpa di qualcosa di viscido sull’asfalto, e cercò di evitarla. Ci riuscì a malapena, ma sentì la fiancata inarcarsi contro quella della Lotus…

 

Digrignò i denti e spinse di lato la Elise, per togliersela dai piedi, tanto ormai il danno era fatto. La vide finire contro il marciapiede, i cerchi in lega che produssero una scia di scintille tanto andavano forte… Puntò la Jaguar, fiondandosi avanti con il motore che ruggiva quasi impazzito…

 

Il lungo rettilineo, costeggiato da un filare di alberi che sfrecciavano ai suoi lati scuri e indistinti, gli consentì di avvicinarsi abbastanza da riuscire a vedere gli occhi di Nik riflessi nello specchietto centrale.

 

Gli rimase incollato, mentre svoltavano alla curva successiva, poi cercò di superarlo. La Jaguar si spostò rapidamente di lato, chiudendogli la strada, e lui fu costretto a mettere il piede sul freno.

 

Un’altra curva, e un altro tentativo. Questa volta Nik fece cozzare violentemente la fiancata della sua auto contro la Cayman, sollevando una nuvola di scintille che illuminarono la notte. Xander si spostò e lo lasciò rimanere in testa.

 

Il russo ci andava pesante. Non aveva paura di finire fuori strada o danneggiare l’auto…

 

“Ok, a mali estremi…”.

 

La gara andava vinta, anche se significava distruggere completamente l’auto che aveva fatto tanto per avere. Affondò il pedale dell’acceleratore e si preparò a superarlo.

 

Come si era aspettato, la Jaguar gli andò addosso, spaccandogli i fanali anteriori e gettando nell’oscurità una parte della strada. Questa volta però non indietreggiò.

 

Con un gesto secco del volante, spinse la Jaguar a sinistra, sentendo la fiancata piegarsi ulteriormente. Vide la curva più avanti, deciso a chiudergli ogni via di fuga e a ripagare con la stessa moneta…

 

Inesorabilmente, la Jaguar finì a bordo strada, sempre più a sinistra, troppo per poter affrontare la curva. Lo costrinse a rallentare, poi lo superò lasciandoselo dietro.

 

Tirò un sospiro di sollievo quando vide il traguardo, aspettandoselo più lontano: aveva il brutto presentimento che il suo paraurti si potesse staccare da un momento all’altro, finendo sotto le ruote anteriori. Si fermò oltre il traguardo e si guardò intorno, i russi che lo fissavano con diffidenza.

 

Scese rapidamente dall’auto, per controllare i danni.

 

“Forse dovrò riprendermi la Scirocco…” si ritrovò a pensare, con una smorfia, ignorando il brusio che cresceva intorno a lui.

 

Il muso della Porsche era sfregiato da profonde righe che lasciavano intravedere la lamiera sottostante, mentre i fari erano andati completamente in pezzi. Le fiancate si erano incavate, anch’esse solcate da sfregi larghi due dita… La porta del passeggero non si apriva nemmeno più.

 

Xander imprecò, innervosito. Per una stupida distrazione aveva quasi rischiato di perdere la gara e aveva pure distrutto la macchina… Come aveva fatto a essere così sciocco?

 

<< Bé, se volevi stupirmi ci sei riuscito… >>.

 

Nina si era avvicinata, ondeggiando sui suoi tacchi e avvolta nella pelliccia bianca, e lo guardava con un’espressione mista tra il divertito e il sorpreso. Però non sembrava scherzare, e qualcosa nei suoi occhi azzurri gli disse che era riuscito nel suo intento di farle capire chi era veramente.

 

<< Avanti, seguimi >> aggiunse lei, risalendo sulla TT bianca e partendo a tutta velocità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.30 – Mosca, Black Diamond

 

<< Bene, se vi volete sedere… >> disse Nikodim con voce piuttosto affettata, prendendo posto al lungo tavolo di vetro nero al centro della piccola saletta che era stata loro riservata all’interno del casinò. Irina si accomodò a un angolo, abbastanza lontana dal russo. Tutti gli altri, cioè i cugini di Dimitri, Boris e Dan, si disposero qua e là, parlottando tranquilli.

 

<< Aspettiamo che arrivino tutti gli altri >> aggiunse Nikodim, rivolgendole una rapida occhiata.

 

Irina si sarebbe lasciata scappare una smorfia, se non fosse stata decisa a mostrarsi impassibile, ma comprese bene quello che Nikodim voleva farle intendere: nella sala non c’era nessuna faccia nuova. Ciò significava semplicemente che i Referenti avevano di meglio da fare che incontrare una ragazzina il cui intento era quello di liberare un americano rinchiuso in una cella a migliaia di chilometri da lì, e Nikodim non gli avrebbe sicuramente messo fretta. Erano ancora tutti sparsi per le varie sale a giocare d’azzardo e a bersi i loro drink, molto probabilmente.

 

Dimitri era rimasto in piedi vicino alla finestra, con le braccia incrociate e immobile come una statua, lo sguardo di ghiaccio. Era chiaramente furioso per l’episodio di poco prima, e non si erano ancora parlati, a parte la discussione all’interno nello spogliatoio. Nonostante questo, Irina lo scrutava in cerca di una qualche sua emozione che non fosse rabbia.

 

Come poteva notare, si era arrangiato da solo per quanto riguardava la sua ferita, perché sotto la camicia azzurrina non si vedeva niente che lasciasse pensare che avesse appena preso parte a un incontro di kick-boxing, e nemmeno il volto portava alcun segno, nonostante avesse perso sangue dal naso. Anzi, sembrava appena uscito da una doccia rilassante, che però non aveva avuto alcun effetto sul suo caratteraccio.

 

Irina si lasciò scappare un sospiro, pensando di aver di nuovo sbagliato approccio con Dimitri. Gli avevano detto tutti che non bisognava mai immischiarsi nei suoi affari, e meno che mai dirgli cosa doveva o cosa non doveva fare. Poi era di nuovo piombata nel suo spogliatoio senza bussare, e lo aveva aggredito arrabbiata come una iena, cosa che a lei avrebbe dato immensamente fastidio. In poche parole, nel giro di pochi istanti aveva infranto tutte le regole che bisognava seguire per sperare in una “pacifica convivenza” con l’ex Mastino. Si stupì che non l’avesse buttata fuori a calci.

 

<< Quanto ci vorrà? >> domandò all’improvviso Dimitri, fissando qualcosa fuori dalla vetrata, di sotto.

 

<< Non lo so, sono tutti ai tavoli >> rispose Nikodim con noncuranza, accendendosi un sigaro, << Valli a chiamare tu, magari si danno una mossa >> aggiunse, strafottente.

 

Dimitri gli gettò un’occhiata e arricciò il labbro, segno che non voleva essere provocato, in quel momento. Ordinò una vodka al cameriere che era fermo sull’uscio e poi si avvicinò al tavolo, ignorando completamente Nikodim. Sembrò soppesare un momento i presenti, poi si sedette di fianco a Irina, nonostante ci fossero diversi posti liberi. Lei si scostò leggermente per fargli spazio e non fece alcun commento, aspettandosi qualche sua frecciata.

 

<< Sono venuti tutti? >> chiese invece Dimitri, rivolto a Nikodim.

 

<< Certo che no >> fu la risposta.

 

Era evidente che tra i due corresse dell’astio, in quel periodo. Dal tono in cui si parlavano, sembrava che tollerassero l’uno la presenza dell’altro per necessità, ma avrebbero fatto volentieri a meno di sedere allo stesso tavolo. Irina si ritrovò a condividere lo stesso sentimento di Dimitri.

 

Il primo ad arrivare fu un ometto piccolo, addirittura più basso di lei, con due baffetti scuri e quasi pelato, vestito in giacca e cravatta e con una valigetta ventiquattro ore in mano. Salutò tutti con un cenno, soffermando per più tempo lo sguardo su di lei. Si trattava di Stanislav Varagurg, uno dei Referenti meno famosi e meno influenti. Si sedette di fianco a Boris e si mise a parlottare con lui a bassa voce.

 

Il secondo Referente che arrivò fu un ragazzone altissimo, biondo e dalla mascella squadrata, che non sembrava dimostrare più di venticinque anni. Sembrava un giocatore di rugby, a giudicare dalla stazza, e dall’aria strizzata che in quel momento aveva la sua camicia bianca con le sue iniziali sul taschino. Le ricordava uno di quei bulletti dei licei americani, con il papà ricco e una schiera di ragazzine adoranti come fan.

 

<< Konstantin Worobova >> si presentò lui, tronfio.

 

Prima di accomodarsi al tavolo, con l’aria di uno che si crede importante, gettò un’occhiata a Irina, e lei ebbe l’impressione che fosse venuto solo per vederla e capire che faccia avesse l’americana che voleva salvare Challagher.

 

“Sono spiacente di non essere bionda, alta e sensuale come ti aspettavi, ragazzino” pensò Irina irritata. Gli sembrò una versione stupida e infantile di William.

 

L’ultimo Referente che si fece vedere fu un russo dall’aria equivoca con una incolta barba scura e gli occhi infossati, e un brillante orecchino d’oro al lobo sinistro. Ringhiò un saluto rapido e prese posto. Era Karim Gulaf.

 

<< Possiamo cominciare >> disse Nikodim, mentre un cameriere serviva da bere.

 

<< Non viene nessun’altro? >> chiese Yulian, facendo raschiare fastidiosamente la sedia per terra.

 

<< No, siamo solo noi >> rispose Boris, << Ma gli altri sono al corrente della faccenda… Konstantin, fai le veci di tuo padre? >>.

 

<< Sì, sta di nuovo male >> rispose il ragazzo. Non sembrava dispiaciuto, però.

 

Si guardarono per un momento l’un l’altro, i Referenti a guardare Irina per studiarla e capire con chi avessero a che fare. Lei rimase immobile come una statua, senza mai abbassare lo sguardo, come avrebbe fatto Fenice.

 

<< Irina ha svolto il suo primo incarico senza problemi >> iniziò Boris, sorseggiando la sua vodka, << Vuole incontrare la Lince di persona, e la prassi dice che dobbiamo darle un altro incarico… >>.

 

<< Abbiamo già parlato di questo, in effetti >> si intromise Nikodim, l’aria divertita, attirando su di se l’attenzione, << Pensavamo… >>.

 

<< “Pensavamo” chi? >> ringhiò secco Dimitri.

 

Nikodim lo guardò. << Castor e Valentin mi hanno dato la loro delega >> rispose tronfio lui, << Li rappresento io, stasera >>.

 

Nessuno sollevò alcuna obiezione o fece commenti, segno che era consentito. Dimitri fece una smorfia e lo lasciò continuare, ma Irina era dell’idea che volesse tirargli un pugno in faccia, in quel momento.

 

<< Pensavamo di farle fare una visitina dalle parti di Lyubertsy >> disse Nikodim, << Se è veramente affidabile, non dovrebbe essere un problema per lei, no? >>.

 

Se Irina non avesse notato la faccia di Dimitri, diventata praticamente di pietra, e l’espressione preoccupata degli altri, non si sarebbe allarmata, ma capì che la cosa doveva essere piuttosto seria, qualsiasi significato avesse quella frase. Solo Konstantin assunse un’aria leggermente divertita.

 

<< E’ stata un’idea tua, immagino >> ringhiò Dimitri, rompendo quell’attimo di silenzio abbastanza teso.

 

Irina lo guardò con la coda dell’occhio, notando che sembrava ancora più furioso di prima. Non fu l’unica ad accorgersene, perché Emilian, il cugino sfregiato, aveva lo sguardo puntato su Dimitri, come se fosse pronto a fermarlo se avesse aggredito Nikodim.

 

<< Bé, mi sembra un po’ eccessivo… >> disse Varagurg a bassa voce, perplesso, << Cioè, di solito non ci va nessun’altro, a parte Zac… >>.

 

<< Sei uno stronzo >> fu il commento di Dimitri, guardando Nikodim dritto in faccia, << Lo sai che quella non è zona… nostra >>. Per un momento era sembrato indeciso su quale parola usare, ma non aveva esitato a insultarlo. Nikodim rimase impassibile, e sembrò quasi pentirsi della sua idea. Irina rimase immobile, sicura che rimanere in silenzio fosse l’idea migliore.

 

<< E allora? >> fece Nikodim, ma ci fu una leggera inflessione nella sua voce, << Se porta a termine questo, sappiamo che possiamo fidarci di lei >>. Il suo ghigno era palesemente forzato.

 

Dimitri si alzò e appoggiò le mani sul ripiano del tavolo, gli occhi di ghiaccio. Emilian si tese come una corda, e Irina sentì salire l’ansia.

 

<< Cambiate missione >> ringhiò lui.

 

<< Però, in effetti… >> iniziò Varagurg, forse con l’intenzione di trovare una nota positiva nella vicenda.

 

<< Sta zitto >> abbaiò Dimitri, rivolgendogli un’occhiataccia, << Cambiate missione. Questa non ha alcun senso… Nessuno a parte i Referenti è tenuto a immischiarsi in quella storia, chiaro? >>.

 

A giudicare dalla sua faccia, Dimitri sembrava pronto di nuovo a fare a botte. Irina ebbe quasi paura, di fronte a quegli occhi di ghiaccio che dardeggiavano da una parte all’altra, e si chiese perché fosse così arrabbiato: di sicuro, c’era qualcosa che non andava.

 

Nikodim rimase zitto, mentre tutti gli altri, tranne Emilian, sembravano vagamente preoccupati. Boris bevve lentamente l’ultimo sorso della sua vodka, guardando il nipote di sottecchi, e poi si decise a parlare.

 

<< Dipende da cosa deve fare >> disse lentamente, << Se si tratta fare solo una consegna non ci dovrebbero essere problemi… Nikodim, qual’era la vostra idea? >>.

 

Dimitri non parlò, ma fissò il russo trapassandolo da parte a parte.

 

<< Non si tratta di una consegna… >> rispose, evasivo, << Deve trattare per noi… >>.

 

<< Questo conferma che hai una fottuta paura di rivederti Challagher da queste parti >> lo interruppe Dimitri, quasi divertito, << Sei patetico. Sai bene che non si può entrare nel loro territorio senza correre dei rischi, e sai anche che non può portare a termine la missione, perché lei viene da fuori… >>.

 

La stanza piombò nel silenzio, ma nessuno sembrava dare ragione né a Dimitri né a Nikodim: si limitavano tutti a osservare lo svolgimento della questione con distacco, come se non osassero intromettersi.

 

Irina deglutì, a disagio. La tensione era palpabile, e si rendeva conto di dover dire qualcosa: in fondo, stavano parlando di lei e della sua missione. Solo che capiva la metà delle cose, con tutti quei riferimenti a territori e persone senza nome di cui non conosceva nulla; in più, era sicura che Dimitri non avrebbe gradito il suo intervento, in quella situazione.

 

<< Quanti anni hai? >> domandò all’improvviso Konstantin, rivolto a lei. Tutta l’attenzione si catalizzò su di lui, sulla sua espressione strafottente.

 

<< Ventidue >> rispose Irina, chiedendosi cosa centrasse in quel momento. Konstantin sembrò soddisfatto dalla sua risposta, come se avesse azzeccato la previsione sulla sua età.

 

<< Un momento. Potremmo sentire Castor e Valentin e discutere la cosa >> disse Boris, in tono conciliante, << Se però Irina vuole incontrare la Lince… >>.

 

Irina notò che Konstantin si era sporto verso Gulaf, rimasto in silenzio fino a quel momento, e gli aveva sussurrato qualcosa nell’orecchio ed entrambi erano scoppiati a ridere.

 

<< Bé, potremmo trovare un accordo… >> disse Konstantin, ancora palesemente divertito, << Magari Irina potrebbe… >>.

 

<< Sta zitto e tieniti per te i tuoi accordi >> abbaiò Dimitri, fulminandolo con gli occhi, << Limitati a rappresentare tuo padre e a non sparare stronzate >>.

 

Konstantin non osò rispondere, ma sembrò notevolmente irritato per essere stato trattato come un ragazzino. Nessuno aggiunse niente, e all’improvviso Dimitri afferrò Irina per un braccio, facendola sobbalzare.

 

<< Alzati e seguimi >> disse, secco.

 

Irina non se lo fece ripetere due volte, visto che il russo sembrava davvero fuori di sé, e lo seguì fuori dalla stanza, lasciandosi condurre in un angolo appartato del lungo corridoio che portava alla sala da poker. Rimasero in piedi, una di fronte all’altro, Dimitri che sembrava aver voglia di rompere qualcosa.

 

<< Cosa succede? >> domandò lei, sperando si calmasse.

 

Dimitri le rivolse un’occhiata. << Vogliono mandarti nella zona di Vladimir >> rispose, la voce che vibrava di indignazione, << E non ci va mai nessuno di noi, se non è necessario. Vogliono che tu finisca ammazzata da uno dei suoi amici >>.

 

“Non poteva essere più esplicito di così…”.

 

Irina lo guardò, perplessa. Si capiva da lontano che Nikodim la voleva morta, e non c’era da stupirsi che avesse proposto quel tipo di incarico – perché di sicuro era stata sua l’idea – ma non comprendeva la reazione di Dimitri: perché prendersela così tanto? Non si era aspettato che i russi cercassero di ostacolarla in ogni modo?

 

<< Avevo messo in conto che ci sarebbe stato da fare qualcosa di pericoloso… >> mormorò Irina, guardandolo di sottecchi, << Possiamo farci appoggiare dall’F.B.I… >>.

 

Dimitri sbuffò, quasi esasperato. << Non è quello il problema >> ribatté, << Non pensavo mettessero in mezzo anche Vladimir… Posso cercare di fargli cambiare missione, ma ho un’idea… >>. Le rivolse un’occhiata come a dire: “E non mi interessa se a loro piace o meno: la devono accettare e basta”.

 

<< Cosa vuoi dire? >>.

 

<< Voglio dire che dobbiamo aumentare la posta in gioco, visto che vogliono fare i furbi con noi >> rispose Dimitri, << Accettiamo la missione se una volta portata a termine ci faranno partecipare alla Mosca-Cherepovest >>.

 

Irina lo guardò senza capire, il sopracciglio inarcato.

 

<< E’ la gara a cui partecipano tutti i potenziali Referenti >> continuò Dimitri, vedendo la sua faccia, << Se partecipiamo a quella, saremo tra le braccia della Lince >>.

 

Irina tacque per un momento, valutando la cosa: sembrava una buona idea. Il gioco valeva la candela, in conclusione.

 

<< Ok, ma… Perché lo stai dicendo a me? E’ a Nikodim che… >>mormorò, cercando di capire perché l’avesse portata lì fuori, lasciando i Referenti e tutti gli altri a pensare chissà cosa.

 

<< Accetti? >> fu la domanda di Dimitri, guardandola dritta negli occhi e prendendola alla sprovvista.

 

Irina comprese in un attimo: lo aveva appena accusato di fare sempre di testa sua, e questa volta la stava rendendo partecipe per prima al piano che aveva in mente.

 

“Arrabbiarmi è servito a qualcosa…”.

 

<< Sì, accetto >>.

 

Dimitri non aggiunse altro e tornarono al tavolo, sedendosi di nuovo ai loro posti. Li guardarono con delle strane espressioni, Konstantin con gli occhi ridotti a fessure, Nikodim con un mezzo ghigno.

 

<< Accettiamo la missione, ma ci fate partecipare alla prossima Mosca-Cherepovest >> ringhiò Dimitri, guardandoli uno a uno e poi soffermandosi su Nikodim, << O così, o niente >>.

 

Emilian si lasciò sfuggire un sorriso e il suo volto sfregiato si contorse  per un momento, come se fosse profondamente divertito dalla piega che suo cugino era riuscito a far prendere agli eventi. Nikodim non se lo era aspettato, e arricciò il labbro, infastidito.

 

<< Non ha detto di voler diventare una Referente… >> sibilò, << E poi non sono io che decido chi partecipa a quella gara >>.

 

<< Non ha importanza >> ribatté Dimitri, << Lei vuole arrivare alla Lince, e anche diventando Referente. In quanto al resto, votate: tu rappresenti Castor e Valentin, gli altri voteranno con la loro testa >>. L’ex Mastino guardò Boris, Varagurg, Gulaf e Konstantin, come a sfidarli a votare contro.

 

Irina non potè fare a meno di sorridere, dentro se stessa: Dimitri alla fine l’aveva sempre vinta, un po’ con tutti. In quel caso, non poteva che esserne felice.

 

Nikodim tacque per qualche istante, poi disse, con la voce tirata: << Chi è d’accordo, alzi la mano >>.

 

Irina incrociò le dita, sperando tutto andasse per il meglio.

 

Boris e Konstantin furono i primi ad alzare la mano, poi toccò a Varagurg, e infine Gulaf. Nikodim, che rappresentava Castor e Valentin, non si mosse. Chiaramente, il risultato era quattro a due.

 

Dimitri fece una smorfia soddisfatta, e si sedette.

 

Nikodim si accomodò meglio sulla sedia, e Irina si lasciò andare a un respiro di sollievo mentale: il problema più grosso era andato. Ora le restava da capire cosa doveva fare di preciso.

 

< Qual è la missione? >> chiese, senza lasciare il tempo a Nikodim di sbollire la rabbia.

 

<< Ti daremo un navigatore, e tu dovrai seguire la strada indicata >> rispose il russo, irritato, << Una volta arrivata, dovrai parlare con la persona che troverai ad attenderti, e tratterai in nostro nome un affare che abbiamo in sospeso da un po’… Dovrai rispettare le condizioni che ti verranno poste, altrimenti l’affare non va in porto. Anche questa volta sarà Dan a illustrarti il piano e a fornirti il necessario… Ora devo andarmene >>. Si alzò rapidamente in piedi e uscì dalla stanza, con lo sguardo di Dimitri incollato alla sua schiena e forse la consapevolezza di non essere molto gradito.

 

Irina inarcò un sopracciglio, senza sapere cosa dire. Tutti gli altri Referenti si guardarono l’un l’altro, come a dirsi “finalmente se né è andato”. Dimitri si lasciò andare a una smorfia che sembrava un mezzo sorriso.

 

<< Riferite al vostro capo quali sono le condizioni >> disse Dimitri, rivolto ai Referenti ma soprattutto a Boris, << Fategli sapere chi siamo, cosa vogliamo e cosa faremo. Questa è l’ultima prova a cui ci sottoponete, sia chiaro >>.

 

C’era un tono di velata minaccia nella voce del Mastino, ma a Irina stupì di più il fatto che parlò utilizzando il “noi”: sembrava stesse prendendo la cosa molto sul personale, e se prima voleva essere nettamente distinto da Irina e dal suo piano, ora non sembrava più così.

 

<< Ora possiamo andarcene anche noi >> aggiunse lui, alzandosi in piedi, senza che nessuno dicesse nulla.

 

Irina lo seguì, rivolgendo un cenno di saluto a tutti; Dan le fece il gesto di telefonare, per dire che si sarebbero sentiti presto per chiarire la missione. Senza parlare raggiunsero il parcheggio, attraversando il casinò ancora affollatissimo, e Dimitri si avviò a testa bassa verso la sua Audi R8, parcheggiata non troppo lontano dalla Punto.

 

Irina gli rivolse un’occhiata di sottecchi, camminando verso la sua auto. Ancora una volta, Dimitri si rivelava una sorpresa, con i suoi comportamenti strani e l’aura di mistero che lo avvolgeva. Persino i Referenti lo temevano, in qualche modo, perché gli parlavano come se fosse uno di loro, o addirittura più in alto.

 

Salì sulla Punto, e accese il motore. Dallo specchietto retrovisore vide passare l’Audi R8 e appena sparì lungo la strada, diretta a casa, tirò fuori il cellulare.

 

Aveva un’idea, e poco importava se avrebbe fatto la figura dell’impicciona. Da agente dell’F.B.I. qual’era, le era permesso anche quello.

 

Attese qualche minuto, e dall’altra parte della linea, con la voce un po’ distante, rispose Jess.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Ciao Jess, sono io >> disse Irina, << Scusa se ti chiamo ora, ma credo di aver bisogno di un favore… >>.

 

<< Vediamo se posso fare qualcosa >> disse Jess, divertito, << Di cosa si tratta? >>.

 

<< Prima di tutto, devo chiederti di non far sapere a nessuno, nemmeno a McDonall, quello che sto per chiederti >> esordì Irina, seria, << Nemmeno Xander. Non voglio allarmare nessuno, non è niente di particolarmente importante, ma preferisco prima venire a conoscenza di tutta la storia e poi parlarne con gli altri, se sarà necessario >>.

 

<< Ok >> fece Jess, ma sembrava dubbioso, << Ma di cosa di tratta? >>.

 

<< Devi fare una ricerca su Dimitri >> rispose Irina, controllando intorno come se avesse paura di essere sentita, << Tutto quello che riesci a trovare su di lui, soprattutto per quanto riguarda il periodo che ha passato in Russia. Voglio che faccende ha in sospeso e come mai ha lasciato Mosca per venire a Los Angeles >>.

 

<< D’accordo >> disse Jess, << Si può fare… Forse esiste già un fascicolo su di lui: McDonall avrà sicuramente fatto controllare, prima di mandarlo in missione. In ogni caso, riparto da zero e vedo cosa riesco a trovare. Ti telefono quando ho qualcosa… >>.

 

<< Non puoi mandarmi una mail? >> propose Irina, << Non so potrò rispondere quando mi chiamerai, e non credo sia molto sicuro… >>.

 

<< Ok, ti mando una mail crittata, così sappiamo che nessuno potrà scoprire cosa c’è scritto >> disse Jess, << Dobbiamo preoccuparci? Intendo: cosa stai combinando? Sai vero che se Xander scopre che ti copro mi ammazza? >>.

 

Irina sorrise. << Lo so… No, non c’è niente di cui preoccuparsi. Domani farò rapporto a McDonall, così starete tutti quanti più tranquilli. E a Xander ci penso io, se ci scopre >>.

 

<< Ok, agente, allora ci sentiamo il più presto possibile. Mi raccomando, occhi aperti e sempre all’erta >> fece Jess, divertito.

 

Irina chiuse la telefonata e guardò dritta davanti a sé. Forse finalmente stava entrando davvero nella parte. Forse finalmente aveva capito come andavano le cose, ma soprattutto a farle andare come voleva lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.30 – San Pietroburgo

 

Xander guardò la villa illuminata a giorno dalle luci al neon che erano state installate sui lampioni bassi e in elaborato ferro battuto, mentre intorno a lui decine di auto di lusso si muovevano in direzione dell’ampio parcheggio esterno del cortile.

 

Come gli aveva detto, Nina lo stava aspettando a un lato del parcheggio, ancora dentro la TT bianca per evitare di rimanere al freddo. Vicino a lei c’era un posto vuoto, dove Xander parcheggiò la Porsche semidistrutta.

 

Scese dall’auto e la ragazza fece altrettanto, rivolgendogli un’occhiata divertita.

 

<< Ok >> disse lei, << Mi hai colpito. Come ti avevo promesso, ti faccio conoscere un po’ di gente >>.

 

Xander sorrise e la seguì all’interno della villa, scoprendo che si trattava niente meno che di casa Kraracova. Nina lo stava portando proprio dentro la sua tana.

 

Tutta la gente che era arrivata si stava assiepando nell’enorme soggiorno, parlando ad alta voce e con l’aria eccitata. Un ragazzo stava servendo da bere a un gruppo di uomini che dovevano avere da cinquant’anni in su, tutti vestiti elegantemente.

 

Nina puntò il gruppetto con sicurezza, e raggiunse uno degli uomini vestiti in giacca e cravatta, quello con una folta barba scura, appena appena striata di grigio. Gli scoccò un bacio sulla guancia, scambiò qualche parola e poi tornò indietro, trascinandosi gli sguardi dei cinquantenni impomatati.

 

<< Mio padre >> spiegò Nina, conducendolo verso il tavolo dei drink, << Più tardi vi farò conoscere. Intanto prendiamoci da bere >>.

 

Sgomento, Xander rivolse una rapida occhiata all’uomo, rendendosi conto che quello non era nientemeno che il Primo Ministro della Russia… Ed era invischiato in tutta quella storia, insieme con il resto della sua famiglia. La situazione era davvero più grave del previsto, se erano arrivati fino a quel punto.

 

<< Allora, Mark, dimmi qualcosa di te >> lo distrasse Nina, mettendogli in mano un bicchiere di vodka, << Raccontami cosa fai, da dove arrivi. Sono curiosa di sapere dove ti sei fatto tutta questa esperienza >>.

 

<< Negli Stati Uniti le gare clandestine sono molto comuni >> disse Xander, con noncuranza, << Non è difficile farsi un po’ di esperienza… >>.

 

<< Conoscevi William Challagher? >> domandò Nina. Stava guardando da un’altra parte, come se la risposta non le interessasse, e rigirava il contenuto il suo bicchiere facendo vorticare la ciliegina nel liquido trasparente.

 

Xander esitò un momento prima di rispondere: la ragazza era furba, stava cercando di sondare il terreno e lo faceva dimostrandosi disinteressata.

 

<< No, non di persona >> rispose, << Ma di fama lo conoscevano tutti. Un ottimo pilota >>.

 

Nina ridacchiò. << Un peccato che sia finito dietro le sbarre, non credi? >>.

 

<< Vi conoscevate? >> chiese a sua volta Xander.

 

<< Sì, è venuto da queste parti alcune volte >> rispose Nina, ma la cosa sembrò lasciarla indifferente, << Il suo braccio destro è di Mosca… E tu? Hai mollato tutto per venire qui… >>. Si sedette su un divano di pelle blu, accavallando le lunghe gambe e sistemandosi i capelli.

 

<< Tutto… Non avevo molto da lasciare >> rispose Xander, e qualcosa stridette nella sua testa, al pensiero di Irina.

 

<< No? >> Nina lo guardò, divertita, << E’ quella cos’è? >>. Fece un cenno verso la catenina appesa al collo, quella di Irina.

 

<< Un portafortuna… >> rispose Xander, evasivo.

 

Nina rise. << Un portafortuna… >> ripeté lei, divertita, << E la fedina lo è anche? O è il monito di qualcuna? >>. Ammiccò, appoggiando il braccio sottile alla spalliera del divano. Diversi occhi erano puntati su di lei, e sicuramente se ne era resa conto.

 

“Quanto è furba, questa qui…”.

 

<< E’ un vecchio ricordo… >> rispose Xander, senza aggiungere altro. Nina però sembrava aver capito, e allargò il suo sorriso perfetto.

 

<< Spero sia un bel ricordo >> disse, con l’aria di chi la sa lunga, << Però ci sono sempre ricordi migliori, da aggiungere alla nostra collezione… >>.

 

Xander le gettò un’occhiata, indeciso se stare al gioco che aveva in mente quella ragazza, oppure se scoppiare a ridere. Si limitò a un sorrisetto e a finire il suo drink.

 

<< Come mai sei partito in ritardo? >> domandò lei, forse per riempire quel silenzio che la infastidiva.

 

<< Mi sono distratto un attimo >> rispose Xander, e seppe di averle appena dato la risposta che voleva. Nina infatti ridacchiò.

 

<< Capisco… E dove guardavi? >>.

 

<< Sicuramente non la strada >> rispose Xander, sorridendo. Nina era convinta che si fosse distratto guardando lei, ma in realtà stava pensando a Irina: forse era meglio lasciarle la sua convinzione e non rischiare di offenderla.

 

Nina posò il bicchiere vuoto sul vassoio di un cameriere che passava da quella parte e sorrise.

 

<< Se ne vedono pochi come te, in giro >> disse, << Vieni, ti presento un po’ di gente >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 24.00 – Mosca, Casa di Dimitri

 

Una volta nel soggiorno di casa, Irina scrutò Dimitri per capire se fosse ancora arrabbiato o se poteva arrischiarsi a fargli qualche domanda. Era ancora nervoso, ma la vena sul collo non pulsava più, e la vittoria contro Nikodim doveva averlo almeno reso un po’ meno intrattabile.

 

<< Possiamo parlare un attimo? >> chiese lei, titubante.

 

Dimitri inchiodò davanti al corridoio e la guardò.

 

<< Volevo solo chiederti che cos’è di preciso quella gara di cui mi hai parlato… >> aggiunse Irina, per fargli capire che non voleva farsi gli affari suoi. Cosa che stava già facendo in altro modo, tanto.

 

<< E’ una gara di resistenza che si svolge da Mosca alla città di Cherepovest >> spiegò Dimitri, << Tremila chilometri in diversi tratti di strada, dalle autostrade agli sterrati ghiacciati, da percorrere nel più breve tempo possibile e nel migliore dei modi. Si svolge una sola volta l’anno, e possono parteciparvi solo i Referenti e quelli che lo vogliono diventare >>.

 

<< Tremila chilometri?! >> fece Irina, stupita.

 

<< Non sono niente in confronto a quello che dobbiamo fare per parteciparvi >> commentò Dimitri.

 

<< Perché hai chiesto di cambiare missione? >>.

 

<< Perché quella non è una missione, è una provocazione >> ribatté Dimitri, << Ne parliamo domani, in ogni caso. Ora ho da fare >>.

 

Sparì in camera sua, e Irina rimase a fissare il corridoio vuoto. Cosa avesse da fare a quell’ora, era un mistero, ma ormai era abituata ai suoi comportamenti. Sbuffò e si preparò per andare a dormire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 05.00 – Città del Messico

 

William fermò la BMW M6 davanti a un’anonima villetta in mezzo alla campagna, circondata da campi di grano e filari di alberi da frutta, immersi nel silenzio della notte. Tutto era avvolto nella più completa oscurità, comprese le finestre della casetta e il cortile lì intorno. Sul vialetto di strada sterrata e polverosa era parcheggiata una vecchia auto con il paraurti cadente.

 

Il nascondiglio di Garcìa il Camaleonte era perfetto per non farsi trovare dalla polizia: sembrava una comunissima fattoria, ma in realtà era da lì che partivano e arrivavano gli ordini delle partite di droga di tutti gli Stati Uniti. William lo sapeva bene, perché ci era già stato in quel posto… Quando aveva ancora un sacco di affari da portare avanti.

 

Spense il motore dell’auto e diede una scrollata a Daniel, che si era addormentato sul sedile di fianco, i capelli appiccicati alla fronte.

 

<< Siamo arrivati. Svegliati >>.

 

Il ragazzo si guardò intorno, assonnato, sbattendo più volte le palpebre. Gettò un’occhiata alla casa e al cortile, come a chiedersi se non si fossero sbagliati.

 

<< Di già? >> borbottò, allungando le braccia.

 

<< Con chi credi di avere a che fare? >> sussurrò William, << Sono stato messo dentro perché faccio il pilota clandestino… >>.

 

Scese dall’auto, stiracchiandosi, e la pungente aria della notte gli diede una svegliata. Aveva guidato per sei ore di fila, e nonostante la BMW fosse un’auto confortevole, si sentiva un po’ indolenzito. Scrocchiò le ossa del collo, desiderando ardentemente un caffè forte.

 

Silenziosamente, aprì il baule della macchina e tirò fuori quattro pistole, accertandosi che fossero tutte cariche. Due le diede a Daniel, le altre due le tenne per lui, poi guardò la casa.

 

Iniziava a sentire l’adrenalina scorrere nelle vene. La fuga era andata bene, non avevano incontrato ostacoli, ma quello che lo eccitava era quel senso di libertà e di potere che provava in quel momento. Aveva fatto tutta quella strada solo per dimostrare a sé stesso che era di nuovo quello di una volta, e Garcìa lo avrebbe scoperto per primo.

 

<< Cosa facciamo? >> domandò Daniel, rigirandosi la pistola in mano. Sembrava molto rilassato, come se si trovasse in gita scolastica.

 

<< Tu niente >> rispose William, << Aspetta qui fuori, mentre io mi occupo del mio caro amico messicano. Coprimi le spalle, e se arriva qualcuno fallo secco, chiaro? >>.

 

Daniel sembrò svegliarsi all’improvviso. << Ok… >> fece, dubbioso.

 

William tolse la sicura dalla pistola e si diresse verso la porta sul retro, sperando di trovarla aperta. Garcìa era stato previdente, questa volta, e l’aveva chiusa a chiave.

 

Gli bastò un colpo ben assestato con il calcio della pistola per aprirla, e si infilò dentro senza fare rumore. Era già stato una volta in quella casa, ma non ricordava perfettamente come fosse fatta. Nel buio appoggiò la mano sul muro e si fece strada fino alle scale, cercando di non inciampare da nessuna parte.

 

Nel silenzio della villetta riusciva a sentire battere il suo cuore, non di tensione ma di eccitazione; sulle labbra gli affiorò un sorriso, con un solo pensiero che gli rimbombava nella testa: “Libero… Di nuovo libero, e di nuovo Scorpione”.

 

Risalì le scale senza nemmeno vedere dove andava, ma dalla poca luce che filtrava dall’esterno riuscì a intravedere la porta aperta della camera da letto. Entrò dentro e accese la luce, un ghigno sul volto.

 

Garcìa era sdraiato a pancia in su nel letto, la bocca aperta e una vecchia camicia a quadrettoni che gli copriva la pancia flaccida e gonfia per via di tutte le birre che si beveva. Quei due anni erano stati particolarmente impietosi sul più feroce e potente trafficante di droga del Messico: la faccia era più segnata che mai, e aveva perso un’ingente quantità di capelli, che cercava di compensare con le lunghe basette ai lati del volto.

 

Disgustato da quella visione, William gli gettò un’occhiata e poi afferrò una sedia sgangherata abbandonata in un angolo. Si sedette al contrario, appoggiando le braccia sul poggiaschiena, e si guardò intorno: la stanza era nel più completo disordine, e non sembrava proprio che il conto in banca del Messicano avesse tanti zeri quanto il suo. Però era il suo nascondiglio di emergenza, dove si rifugiava quando la polizia era in allerta o sulle sue tracce, e doveva essere il più anonimo possibile per evitare di attirare l’attenzione.

 

<< Sveglia, Camaleonte… >> disse William, ad alta voce, in tono deridente, << Sveglia, hai visite… >>.

 

L’uomo borbottò qualcosa nel sonno, e si rigirò tra le lenzuola che sapevano di sudore. William si innervosì, perché gli ricordava un bambino grasso e brutto.

 

<< Quando venivo a trovarti, mi riservavi un’accoglienza migliore di questa, ricordo >> disse, secco.

 

A quel punto, Garcìa spalancò gli occhi. In una frazione di secondo gettò il lenzuolo di lato, cercando di mettersi a sedere il più velocemente possibile, le mani che frugavano sotto il cuscino…

 

<< Fermo dove sei o ti faccio secco all’istante >> ringhiò William, puntando la pistola verso di lui.

 

Il messicano rimase paralizzato, guardandolo infuriato e sorpreso. La zaffata del suo alito pesante arrivò al naso di William, che lo trovò ancora più disgustoso dell’ultima volta in cui si erano incontrati.

 

<< Cosa ci fai qui? >> esalò Garcìa, e il suo sguardo guizzò per un istante verso la porta.

 

William sorrise. << Sono venuto a ricambiare il tuo favore… >> rispose, soave. Abbassò leggermente la pistola ma non la guardia, perché sapeva com’era fatto quel messicano traditore.

 

Garcìa rimase in silenzio.

 

<< Non te lo aspettavi, vero? >> domandò William, ridacchiando, << Non ti aspettavi che sarei riuscito ad arrivare qui, soprattutto così in fretta >>.

 

<< Challagher, sei un dannato figlio di puttana >> disse Garcìa, gli occhi che correvano da una parte all’altra della stanza, << Puoi anche uccidermi, ma oltre alla polizia avrai alle costole anche i miei uomini >>.

 

<< Non credo >> ribatté William, sempre divertito, << Ho intenzione di prendere il primo aereo per Londra e rifugiarmi da quelle parti per un po’… Ho già tutto pronto, e non avrò alcun tipo di problema, ne sono sicuro >>.

 

Garcìa sembrò rimanere impassibile, le mani appoggiate sul materasso, gli occhi scuri su di lui, ma era chiaro che stava iniziando ad avere paura. Lo Scorpione sapeva riconoscerla.

 

<< Dovresti sentirti onorato >> continuò William, muovendo impercettibilmente la pistola, << Mi sono spinto fino a qui solo per te, rischiando di farmi ritracciare dalla polizia… Non credevo che ti rifiutassi di aiutarmi >>.

 

<< Porti solo guai, Challagher >> ribatté Garcìa, << Nessuno ti vorrà più tra i piedi, ora che sei un evaso… >>.

 

<< Silenzio >> ringhiò William, irritato per come era stato definito, << Ti stai sbagliando. Non ho più bisogno di nessuno… Ho imparato a farne a meno, dopo quello che è successo. Ma non credevo che tu, e tutti gli altri, mi abbandonaste così, dopo tutti i soldi che vi ho fatto fare… >>.

 

Garcìa aprì la bocca per ribattere, ma William lo zittì di nuovo.

 

<< Non ti ho detto che puoi rispondere >> sussurrò, << Anche perché ciò che hai da dire non mi interessa. Ti ho svegliato solo perché volevo vedere la tua faccia, prima di ucciderti >>.

 

Era così, era quella la verità. Avrebbe potuto benissimo ucciderlo nel sonno, senza lasciargli il tempo di capire che non si sarebbe mai più svegliato, ma non aveva voluto farlo. Sarebbe stato troppo facile, sia per lui sia per Garcìa. Ciò che voleva, era sentire di nuovo addosso quella sensazione di potere che era sempre stato abituato ad avere, voleva godere della paura che sapeva instillare nelle persone… Voleva riappropriarsi della nomea di Scorpione, spietato, gelido, senza paura.

 

<< Aspetta un attimo, Challagher >> disse Garcìa, e una goccia di sudore gli colò sulla fronte, << Possiamo raggiungere un accordo… Forse possiamo trovare un modo per… >>.

 

William rise: davanti a una pistola gli uomini era tutti uguali. Potenti, ricchi, poveri o sconosciuti, diventavano tutti codardi, tutti pronti a umiliarsi per ottenere in cambio salva la vita. Con orgoglio ricordò il momento in cui lui stesso si era visto puntare un’arma addosso da Went, e aveva chiesto la morte. Lui era diverso, non era un coniglio.

 

<< Ah, adesso vuoi farmi di nuovo amico? >> disse, facendogli il verso, << Ora ti sei deciso a darmi una mano? Eh no, sono io che non voglio più il tuo aiuto, adesso… O magari vuoi supplicarmi? >>.

 

Garcìa si tappò la bocca, e William guardò la pistola come se si trattasse di un oggetto estremamente affascinante.

 

<< La verità è questa: siamo tutti uguali >> continuò lo Scorpione, soave, << Ci circondiamo di “amici”, di collaboratori, di scagnozzi; facciamo alleanze, accordi, ma in realtà pensiamo sempre e solo a noi stessi. Nemmeno i soldi sono in grado di creare tra di noi un legame… Una volta lo credevo possibile, ma ora so che non è così >>. Si mise comodo sulla sedia. << So che esiste una sola parola, per quelli che vogliono davvero il potere: spietatezza >>.

 

Puntò la pistola verso il messicano, e quello indietreggiò sul letto come se potesse sperare di scappare. Balbettò qualcosa che William non ebbe il minimo interesse ad afferrare, e un’altra goccia di sudore gli colò sulla fronte.

 

<< Mi dispiace molto, ma non sono più disposto ad accettare tradimenti >> concluse lo Scorpione, e poi sparò.

 

Un boato seguì il movimento sul grilletto, e il proiettile si andò a conficcare perfettamente nella fronte di Garcìa, facendolo cadere all’indietro, scomposto. Un solo rivolo di sangue scuro gli si dipanò sulla faccia, andando a macchiare il lenzuolo candido e la camicia mezza aperta. Il riverbero dello sparo si affievolì fino a far tornare la stanza nel più completo silenzio, rotto solo dall’unico respiro rimasto.

 

William fissò il cadavere per qualche istante, poi si rialzò dalla sedia e mise la pistola in tasca.

 

Non avrebbe sentito rimorso, né ora né mai. Non sapeva nemmeno cosa significasse, quella parola. Quello che percepiva era solo l’enorme ed eccitante senso di potere che aveva in quel momento. Aveva portato a termine una delle sue innumerevoli vendette, e ciò significava che non stava sognando, che era libero davvero e che tutto stava tornando come prima.

 

Scese le scale, chiedendosi quanto tempo ci avrebbe impiegato la polizia a capire che era stato lui. Non lo preoccupava il fatto che lo ricercassero anche per quell’omicidio: sapere che lo Scorpione era di nuovo fuori ed era pronto a uccidere contribuiva a consolidare la sua immagine, ma sapeva di dover fare in fretta prima che gli sbirri collegassero a lui la catena di uccisioni che aveva appena cominciato.

 

Trovò Daniel ancora lì dove lo aveva lasciato, e gli fece un cenno silenzio per dirgli di risalire in auto. Non era sconvolto e spaventato, quindi non doveva aver mentito riguardo alla sua condanna: era davvero finito dietro le sbarre per aver ammazzato qualcuno. Annotò mentalmente di indagare su quella storia in modo da conoscere meglio il suo nuovo compagno di avventure.

 

Accese il motore della BMW e calcolò quanto avrebbe impiegato al prossimo obiettivo e quanto tempo aveva a disposizione. Quella sera stessa voleva lasciare il Messico, diretto a Londra.

 

<< Ora cosa si fa? >> domandò Daniel, guardando fuori dal finestrino verso la casa, dove la luce della stanza da letto era rimasta ancora accesa.

 

William sorrise. << Adesso andiamo a trovare ancora un paio di persone… E poi spariamo dagli Stati Uniti >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ok, ho pochi minuti.

Uno: chiedetevi perché né Xander né Irina sanno che William è fuori.

Due: chiedetevi chi è veramente Dimitri, e soprattutto se Irina riuscirà mai a capire qualcosa del suo passato.

Tre: chiedetevi cosa farà William.

 

Non aggiungo altro, se non che vi ringrazio perché continuate a seguirmi.

 

Dust_and_Diesel: te lo dirò solo una volta: io adoro le tue recensioni. E non mi interessa se sono lunghe, particolareggiate o super-profonde. Quando vedo che mi hai lasciato un commento, mi illumino come un albero di Natale. E basta farmi complimenti, perché se no poi mi monto la testa e inizio a fare la preziosa… No, scherzo, ma grazie sempre e comunque per le tue parole. Mi dilungherei, ma non ho tempo. Un bacione enorme!

 

Annalisa70: naturalmente ringrazio anche te, e forse sì, la mia sfiga sta passando. Il passato di Dimitri verrà fuori, vedrai, e stupirà tutti quanti. Un bacione!

 

 

  
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