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Autore: Arts    27/07/2010    5 recensioni

Sono un'esperimento. Lo so. Suona strano. Sono cresciuta in laboratorio sotto terra, senza sapere niente del mondo di fuori. La mia vita è sempre stata quella di una cavia di laboratorio, di un qualcosa che non è considerato come vivo.
Ma sono riuscita a scappare. Ho scoperto che il mondo di fuori non è un'impresa facile come pensavo.
Ho scoperto che anche lì bisogna saper sopravvivere.
Ho scoperto da poco, inoltre, che la mia vita non è altro che un test.
C'è qualcosa da risolvere.
La cosa buffa è che se faccio il puzzle, questa volta, salvo il mondo.
E' una cosa ridicola, ma mi sembra di aver avuto una promozione: da esperimento a eroina dell'universo. Insomma, mica male per una ragazza alata, no?
[Dalla storia] 
«All’Istituto, che tipo di esperimenti fanno?»
Lo sguardo che gli rivolsi era freddo come il ghiaccio, quando risposi: «Cose tipo me, hai presente?»
«Cose orribili, insomma», replicò lui e mi fece un sorrisetto di superiorità che sentii di odiare assolutamente con tutto il mio cuore.
Gli lanciai uno sguardo sprezzante. «Non siamo fatti per essere belli, siamo fatti per saper uccidere».
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arijane fissava un ragazzino dall’aria emaciata. Dormiva. E lei lo fissava curiosamente. Era notte e lei si era stancata di passare le notti a piangere e visto che comunque non riusciva a dormire e nessuno sembrava dirle niente, Ari passava le nottate vagando per l’Istituto.

Ora, riusciva benissimo a controllare il suo nuovo potere, quello dell’intangibilità. Passava attraverso muri, piani, barriere e porte come se niente fosse.

Per una settimana, di notte, aveva vagato lungo i piani superiori, in modo da poter tornare velocemente alla sua camera se l’avesse scoperta, ma una volta acquistata una maggiore sicurezza, Ari aveva scoperto che i piani inferiori erano i più sicuri e più interessanti per le sue passeggiate.

Non dormiva da giorni, eppure non era per niente stanca. Muoversi l’aiutava a non pensare, mentre solo chiudere gli occhi sembrava spossarla immensamente; i ricordi di Fire, le sue piccole paure, i dubbi, i rumori e le voci dei corridoi la terrorizzavano.

E così eccola a camminare in una stanza mai vista. Era tetra, e non c’era nessun rumore. Non c’erano computer, né attrezzature e Arijane sospettava che in realtà non fosse altro che una gabbia per quel bambino spaparanzato a terra, a dormire.

Arijane percorse pochi passi e si accucciò davanti a lui. Era magro, come tutti là dentro non mangiava sicuramente a sazietà, e della sua stessa altezza. Aveva i capelli di un bel colore castano, con riflessi scuri e la carnagione scura di aveva passato davvero un po’ di tempo nel mondo di fuori. Ai lati del naso aveva qualche lentiggine, e sul suo viso c’erano parecchi lividi.

Arijane si sedette accanto a lui, e raccolse le gambe al petto. All’Istituto non aveva mai visto bambini della sua età se non per brevi periodi di tempo, e solo per combattimenti. I grandi le avevano sempre fatto paura, e i più piccoli erano timidi e i suoi coetanei la vedevano come un nemico, magari quella che, al prossimo allenamento, gli avrebbe eliminati una volta per tutte.

Così, era curiosa in un certo senso.

«Ehi! Chi diavolo sei?». La voce del ragazzino la fece sobbalzare. Scattò all’indietro, per puro istinto. Il ragazzino corrugò le sopraciglia, mentre la bocca si spalancava in una smorfia. Calmandosi, Arijane si accorse di aver dischiuso le ali e si affrettò a farle scomparire.

«Figo! Che forte! Sei uno dei Jolly?», esclamò il ragazzino.

Arijane non aveva la minima idea di che cosa stesse dicendo, quindi si limitò a un laconico. «No»

«Ohio». Il ragazzo si portò una mano alla testa. «Ma dove sono?»

Arijane lo guardò storto. «All’Istituto, no?»

«E cos’è? Hai visto mia sorella April? Ero con lei quando ci hanno attaccati i soldati. Ah. Mi fa male la testa. Ma tu chi sei? Dove sono i Jolly? Che cosa è successo?».

«Mi chiamo Arijane».

«Zackary Larson».

Arijane sgranò gli occhi. «Come?»

«Zackary Larson». Poi, rendendosi conto che il nome era praticamente impronunciabile, aggiunse con un sorriso imbarazzato: «Basta semplicemente Zack».

«Da quando sei qui?»

«Non lo so. E tu? Quando ti hanno catturato?»

«Catturato? Io sono qui da sempre»

«Ah. Io credo che abbiano preso April. Sai come si esce di qui?»

«No», mentì Ari, «Ma posso spiegarti dove sei»

E così glielo spiegò. Gli parlò dei Cacciatori, dei soldati, degli Addetti. Gli disse che cosa facevano lì, degli esperimenti e degli allenamenti e di quando i suoi coetanei gliele davano di santa ragione agli allenamenti – lì Zack aveva commentato che non si  picchiavano le ragazze e le assicurò che se fosse successo di nuovo, l’avrebbe difesa e Ari disse che non c’era bisogno perché lei picchiava bene quanto i ragazzi – e poi gli raccontò persino dei suoi poteri, ma tralasciò il fatto di Fire e James.

Lui si entusiasmò molto. Non sembrava affranto, e nonostante tutto era convinto che ci dovesse essere un modo per uscire di lì e che bisognava solo trovare il momento giusto. Così, visto che nessuno dei due aveva sonno ed Ari gli aveva chiesto cosa c’era di fuori, lui raccontò di suo fratello e sua sorella grandi e di come le città dopo il Virus di Campbell fossero quasi deserte e delle battaglie con i bambini e dei giochi, e delle paure quando i soldati arrivavano in città e tutti dovevano scappare.

Arijane non aveva mai sentito parlare di quei giochi: nascondino, rialzo, acchiappatella, e un due tre stella. Zack disse che nessuno di quei giochi si potevano fare in quel posto visto che non c’era dove nascondersi o scappare e che ne avrebbero dovuto inventare di nuovi.

Come si inventa un gioco?, si chiese Arijane. Non aveva mai giocato a niente in vita sua.

«E di sera ci sono i balli! Mia sorella balla sempre con il suo ragazzo, ma certe volte anche con me. E io ballo con la mia fidanzata. Si balla tutta la notte, una volta facevano anche i fuochi d’artificio, ma ora è già tanto se ce la musica. E’ divertente perché i grandi non possono venire e noi facciamo quello che vogliamo e… beh, questo prima che lanciassero le altre bombe»

Arijane senti una stretta allo stomaco davvero fastidiosa. «Cos’è una fidanzata?»

Zack scrollò le spalle. «Quella con cui ti dai i baci, e ti tieni per mano e cose del genere. Insomma, è una che ti piace; ma certe volte rompono. Di giorno è meglio giocare e quelle vogliono sempre parlare di sentimenti,e  amore, e bla bla bla… dopo un po’ sono noiose!»

«Ah. E chi è la tua … cos’era? Fida-non-mi-ricordo-il-resto?»

«Fi-dan-za-ta. Bé, si chiama Susanne. Ha i capelli biondi come mi piacciono  a me, ma parla troppo e non gioca quasi mai. La chiamiamo Sue. E tu non ce l’hai il fidanzato?»

«No»

«Ma ti piace qualcuno?»

«No»

«Eppure sei carina»

«Ehm, grazie» Più di Sue?, si chiese Arijane. Scosse la testa. Ma che pensava?!

«Sai ballare?»

«Non credo.»

«Tutti sanno ballare», ribatté cocciuto Zack e fece un sorrisetto. Erano seduti uno di fronte all’altra, due mondi completamente diversi messi a confronto. Niente delle loro abitudine si somigliava anche solo vagamente, persino il modo di muoversi.

Zack si muoveva in modo veloce, gesticolava animatamente e nonostante anche Arijane parlasse molto, i suoi modi erano più incerti, più freddi, più controllati. «Vuoi provare? Te lo insegno io», disse all’improvviso Zack scrutandola con gli occhi verdi.

«Co-cosa? Mi vuoi insegnare a ballare?!»

«Certo, tutte le ragazze sanno ballare»

«Ma … a che serve?»

«Boh, così. Io so solo che le ragazze lo fanno… per le festicciole quando avrai un fidanzato, no?» Zack le fece l’occhiolino, si alzò in piedi e la tirò per una mano e Ari sentii le guance colorarsi.  «La tua mano va qui sulla mia spalla, e la mia sul tuo fianco e…ah!»

Zack aveva sfiorato un’ala di Arijane. Ari sobbalzò, imbarazzata le ritrasse. Non si era mai dovuta vergognare delle sue ali, ma fissando la schiena piatta di Zack si sentii incredibilmente inadeguata. Le spalancò ulteriormente in modo da far vedere al ragazzo che cosa aveva sfiorato e Zack le fissò ancora una volta, come se prima non le avesse viste bene e stesse cercando di capire cosa fosse.

«Ali? Sono vere? Posso… toccarle?»

«No»

«Ah, scusa. Quindi, puoi volare?»

«Tecnicamente dovrei saperlo fare, ma non ho mai provato»

«E perché?»

«Beh, non sono mai stata fuori di qui. E il cielo… beh, non l’ho mai visto. Com’è?»

«Blu scuro. Diventa più chiaro di giorno, ma di notte è quasi nero.»

«Mi piacerebbe vederlo»

«Un giorno lo vedrai. Quando uscirò da qui, ti porterò con me e ti farò conoscere tutti i miei amici. Così, magari ci sarà una festa e potrai ballare»

«Oh, certo. Come no»

«Non mi credi?»

Arijane rise piano. «No, per niente. Non mi faccio fregare due volte di seguito». Si allontanò da Zack e d’un tratto si rese conto che non aveva importanza imparare a ballare perché lì la sua vita era segnata. Non c’era niente che le servisse, niente per cui valeva la pena respirare.

Una campana suonò varie volte. Arijane sospirò e soffocò un grido. «La campanella delle sette! Deve andare!», disse. E corse via, attraverso la porta, prima di ricevere anche solo una qualsiasi risposta. «Ciao, Zack!»

Quando si avventurò verso la sua stanza, Arijane si rese conto che era passato molto più tempo del solito. Era quasi l’alba. Chissà cosa sarebbe successo a Zack. Si chiese se l’indomani sera, l’avrebbe trovato lì. L’avrebbero ucciso? Forse.  Le sarebbe dispiaciuto molto: nonostante tutto, le piaceva l’idea d’imparare a ballare.

 

 

Il dubbio? Credo che ci sia solo qualcosa di peggiore: l’attesa. Erano passate esattamente due settimane da quando il biondo mi aveva interrogato e niente era cambiato. Mi trovavo nella stessa stanza di prima, legata saldamente a una sedia e con polsi e caviglie ammanettate.

I giorni si trascinavano lenti, scanditi dal mio respiro lento mentre inspiravo l’aria pesante e dolciastra. La stanza era afosa, calda, e chiusa. La claustrofobia era come un secondo  proiettile arpionavo alle mie viscere, che mi chiudeva lo stomaco.

Il silenzio si ruppe quando passi familiari attraversarono il corridoio, fermandosi dietro la mia porta.

La spalla era ormai continuamente guarita, ma ogni giorno Doc mi faceva visita, rivolgendomi un sorriso gentile che sospettavo nascondesse una voglia di studiarmi, farmi a pezzi, o fare le solite cose che volevano fare gli scienziati all’Istituto.

Ovviamente Doc non era solo, ogni giorni con lui c’era il biondo. Nonostante il viso fosse ripulito da quella maschera di colori scuri che portava in guerra, una nuova maschera fatto d’odio sembrava essere rivolta solo a me, con un espressione accigliata mentre osservava me e Doc.

Sobbalzai, quando la porta si spalancò. C’era troppa luce per tutto che tempo di buio e si girai la testa di lato, irrigidendomi e chiudendo forte gli occhi mentre la mia bocca si dischiudeva in una smorfia di dolore. Doc si affrettò a richiudere la porta.

Era un tipetto basso e tozzo, con i capelli rosso-biondi e molte lentiggini. Aveva un cipiglio cordiale, e sembrava non spazientire neanche quando, rivolgendomi qualche domanda, gli arrivava una risposta volgare o semplicemente un mugugno.

«Buon giorno», mi salutò Doc, poi si girò a guardare il biondo con uno sguardo accigliato e fece un cenno verso di me. Il biondo sbottò qualcosa e fece un cenno veloce con la testa, che assomigliava più a un modo per mandarmi a quel paese che per salutarmi.

Non ricevettero risposta.

«Come va?», continuò Doc in tono gioviale. Poi accorgendosi della domanda stupida da rivolgere a una tizia malconcia e piena di lividi completamente legata a una sedia e al buio da settimane, si affrettò a correggersi: «Come va la spalla? Dolore?»

«Oh, va benissimo Doc!», sibilai fra i denti, «Scherzi? Assolutamente grandiosa, mai sentita meglio! In effetti, stare qui è il sogno della mia vita, grazie». Scoprii i denti in un sorriso di scherno, acidamente, rivolto perlopiù al biondo che ricambiava apertamente le frecciatine.

Doc si parò davanti a me, e io sussultai, e mi trattenni dal ringhiare.

Mentre mi toglieva la bendatura logora dalla spalla per controllare i punti, fremevo di una rabbia illogica. Era sbalordito da quanto le mie ferite si erano rimarginate velocemente. Tanto che dopo qualche giorno avevo solo segni rosa o graffietti reduci di ferite impressionanti.

Il viso di Doc era fin troppo simile a quello degli Addetti, e il solo pensiero mi riempiva di rabbia e frustrazione. Ero volata via dal mio incubo solo per precipitare in un inferno forse ancora più selvaggio e complesso. Chiusi gli occhi e strinsi i pugni.

«Hai finito?», chiese la voce profonda del biondo.

Doc non rispose e continuò a osservare la cicatrice. Non capivo che stesse facendo. Non m’importava. Ora studiava le mie ali, e al suo tocco m’irrigidii, infastidita. «Deve uscire. Fuori. All’aperto», disse a un certo punto Doc con una voce strana, autoritaria.

«Cosa?! Non puoi farla uscire! Ma l’hai vista?», sbottò il biondo.

Aprii gli occhi, e incrociai lo sguardo di Doc. I suoi occhi sembravano velati di compassione. Non capivo. Doc sfiorò qualche punto dietro la mia schiena, e io spostai leggermente le ali. Il biondo si avvicinò velocemente, e Doc gli indicò il mio viso, il collo, le spalle.

«Guarda. Hai presente Clary? E’ uguale»

Rimasi in silenzio,  intenta ad ascoltare ciò che dicevano. Il biondo mi fissava in silenzio, e Doc continuo a parlare spedito. Le sue parole sembrano confuse. Chiusi nuovamente gli occhi, per una volta ero esausta e continuare a dibattersi non aveva senso.

Stare in posti chiusi mi faceva andare nel panico. Sentivo l’aria mancare, e mi sforzai nuovamente di respirare l’aria pesante e dolciastra, quasi assaporandola. Sentì confusamente le ultime parole di Doc. «Morirà. Prima di quello che avevamo previsto»

Un sospiro seccato. «Sarebbe meglio»

Ancora una volta, mi balenò in mente il ricordo dell’ultimo esperimento a cui gli Addetti mi avevano sottoposto e che, per ora, non aveva mostrato nessuna conseguenza. Cosa mi stava succedendo?

 

 

 

 

 

Angolo dell'Autrice

Questo capitolo è dedicato alla piccola Arijane. Ce ne saranno molti altri perché vi assicuro che la sua storia non sarà facile, come non lo è stata quella di Fire. So che ho trascurato questa fic, ma state tranquilli che non lo abbandonata e per tutti i ritardi che posso fare cercherò comunque di finirla: non mi piace abbandonare le cose così e sono molto affezionata ai miei personaggi. Ancora non conosciamo ancora il nome del biondo e Zack sarà una assoluta sorpresa per tutti voi.

Zack non lo ancora inquadrato, ma mi è piaciuto da subito. Non so se questo capitolo vi è piaciuto, ma scriverlo mi è piaciuto molto. E dovrete vedere quando Ari imparerà a ballare xD Spero che ci sarete ancora a commentare, perché sentire le vostre recensioni è un piacere per me. Come sempre, niente anticipazioni! :P

 

Risposte ai Commenti

sarachan93Il tipo dell'interrogatorio è davvero figo sì :Q___ XD Lo vedrai spesso d'ora in poi. E' il contrario di James, praticamente, a parte che tutti e due sono tremendamente fighi u.u James è più malvagio xD Comunque sono felice che la storia ti sia piaciuta. Sono proprio curiosa di vedere come scrivi tu, quando pubblicherai qualcosa? u.u

sweetopheliaE dovrai aspettare a lungo e mettere insieme i pezzi perché ora nel prossimo capitolo aggiungerò qualche rompicapo. Dico che la storia è incomprensibile perché ancora alcuni particolari la rendono tale, ma sono felice di vedere che almeno tu ci capisci qualcosa xD James non è comparso neanche stavolta... io sono la prima che vorrei picchiarlo per quello che farò nei prossimi capitoli xD Cmq, ti piace il tizio biondo? E Zack? Non è carinissimo? *-* E comunque sì, Ari passerà davvero brutti momenti, ma li supererà. Nonostante tutto, come dice sempre lei, ha preso da Fire xD

 @Valerie_LaichettesPensavi che non l'avrei finita? E invece no, eccomi qui con nuovo capitolo e spero di continuare al più presto u.u Sono felice che la storia ti piaccia e capisco la tua antipatia per James. Lui in effetti è un pò strano, ma ti assicuro che capirai in seguito. Zack e Ari direi che sono i miei personaggi preferiti, e mi dispiace dirti che ci vorrà molto prima che Fire e Ari si rivedano davvero. Fire rivederà Ari molte volte, ma decisamente Ari non è più la stessa di prima, e Fire lo scoprirà in un modo molto triste. Si vedranno, ma l'espressione che uso io è che sono divise da una parete di vetro: si vedono, ma non si toccano mai. Camminano parallele, lungo gli eventi e gli ostacoli. Ti piace questo capitolo? Spero che commenterai ancora. Ps. Trovo la tua storia Princess of Pain, davvero molto molto bella e capace di dare emozioni (sono stata perfino un pò gelosa del tuo modo di scrivere, quindi pensa te xD). Devo trovare il tempo di commentarla, ma volevo dirti che scrivi davvero bene u_u

@Berenike: Contentissima che ti piaccia *-* Sai, credo che sia una delle mie storie più riuscite e spero di riuscire a mandarla bene avanti. Sinceramente la tua storia mi ha incuriosita molto, quindi vedi di aggiornare presto. Il mio modo di scrivere presenta un sacco d'imperfezioni invece e la mia più grande paura è quella di annoiare. Quali sono i tuoi personaggi preferiti? Zack ti piace? *-* Il biondo non è figo? xD Nel prossimo capitolo mi devi assolutamente dire quali sono i tuoi personaggi preferiti u.u

 

Byeeee

Angel

  
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