Già l’undicesimo capitolo *_* Non ci credo *_* Questa ff mi sta prendendo veramente tanto tanto <3 Ed è anche grazie a tutti voi che commentate, mi leggete, seguite, ricordate e preferite <3 Senza il vostro supporto forse non procederei così spedita <3 Non sapete come mi incoraggiate a scrivere! E come sono contenta che vi piacciano anche i capitoli frivoli come il precedente <3
E dopo questa piccola intro da
glicemia, passiamo alle cose serie xD Sono molto soddisfatta di questo
capitolo, mi piace veramente molto! Si, si! Mi piace tanto! Abbiamo tre momenti
diversi, il primo tranquillo, il secondo è più “pesante” mentre il terzo…bhè lo
vedrete :D
Vi lascio alla lettura :D
Buona lettura!
Chapter XI:
Busy Girl
“Quanto
più si studia, più si vorrebbe studiare”
-
Proverbio italiano –
Alistair
era seduto al tavolo Serpeverde, gli occhi rossi e grosse occhiaie dovute alla
ronda per i corridoi e al fatto che, una volta rientrato, aveva letto fino alle
4 del mattino un interessantissimo libro che spiegava il significato di alcune
Rune antiche.
Eric si sedette accanto a lui.
“Ciao.” Gli diede una forte pacca sulla schiena,
facendogli andare di traverso il cibo che stava deglutendo.
Il Caposcuola iniziò a tossire, gli occhi fuori
dalle orbite, paonazzo. Eric scoppiò a ridere divertito, seguito dai compagni
di Casa, ricevendo un’occhiata di fuoco dall’amico.
“Suvvia, Alistair! Era una semplice pacca sulla
schiena!” Si strinse nelle spalle servendosi uova e bacon.
“Dì piuttosto che hai tentato di uccidermi.”
Borbottò sopprimendo a fatica uno sbadiglio.
“Qualcuno si è svegliato col piede sbagliato?”
Domandò scocciato.
Alistair scosse il capo.
“No, sono solo stanco.”
“Ma se ti sei appena svegliato!”
“Ma a differenza tua ho dormito poco!” Ribattè.
“Così impari a leggere fino a tardi.” Mangiò un po’
di uova. “E poi chi è causa del proprio male pianga se stesso.” Aggiunse
saggio, agitando la forchetta.
Alistair lo fulminò con lo sguardo, sbadigliò e
tornò al suo toast, iniziando a mangiarlo distrattamente.
“Dai, Al, sii allegro!” Esclamò felice. “Tra una
settimana è Halloween!” Gli si illuminarono gli occhi. “Tante ragazze mezze
nude, alcool a fiumi, ragazze ubriache pronte a concedersi a noi!” Aggiunse
sognante.
“Già. Fantastico.” Si rabbuiò e prese a torturare
il suo toast.
Eric, lo osservò torturare per qualche minuto il
povero ed innocente toast.
“Tu.”
“Chi?”
“Salazar Serpeverde!” Il purosangue roteò gli occhi
al cielo disperato. “Tu, stupido!”
“Ma…” Iniziò Alistair, ma subito fu bloccato.
“Muoviti.” Fece un cenno col capo che non ammetteva
repliche e si alzò.
“No. Finchè non mi dici che vuoi dalla mia vita non
ti seguo.”
Eric sbuffò senza più un briciolo di pazienza che
gli scorreva nelle vene, lo afferrò e lo fece alzare. Alistair fu costretto ad
abbandonare il toast mangiucchiato a metà, alzarsi e seguire l’amico che lo
trascinava fuori dal castello.
“Per tutto il Wizengamot, che freddo.” Si lamentò
il giovane Piton, rabbrividendo.
“Non fa così freddo.” Ribattè il biondo
accendendosi una sigaretta. “Allora, che hai?” Aggiunse mettendo l’accendino in
tasca, senza guardarlo.
“Niente.” Rispose immediatamente il moro,
incrociando le braccia al petto.
Eric gli lanciò un’occhiata, gli diede le spalle ed
andò a sedersi sul muretto in pietra poco distante.
“Hai risposto troppo velocemente, quindi qualcosa
c’è.” Si sistemò i pantaloni.
“Eric, ti dico che non c’è niente.” Ribattè
irritato.
I due si guardarono per un po’, poi Alistair
sospirò ed andò a sedersi accanto all’amico.
“Fratello, qualcosa hai.” Gli diede una spallata
con un sorriso amichevole. “Sennò non staresti così.”
Il giovane Piton si passò una mano tra i capelli,
prese il viso con una mano e guardò l’amico.
“Mi conosci proprio, eh.” Sorrise.
“Sono tuo
fratello.” Lo guardò divertito. “Allora, che cosa ti preoccupa?”
“Non puoi capire.” Sbuffò tristemente.
Eric roteò gli occhi al cielo e gli passò la
sigaretta.
“Ho smesso.” Rifiutò.
“Ah, già, dimenticavo che sei diventato un bravo
bambino.” Scherzò, dando una lunga boccata.
“Dovresti farlo anche tu.”
Il biondo si alzò, lanciò lontano la sigaretta e si
voltò verso l’amico con un sorriso che si estendeva anche agli occhi.
“Forse.” Mise le mani in tasca. “Ma per ora mi
piace troppo fare la parte del cattivo bambino.” Mise le mani in tasca e tornò
a sedersi accanto ad Alistair. “Allora, mi dici cosa ti preoccupa o no?”
Chiese, guardando il lago in lontananza.
Il moro lasciò cadere la testa sul petto, poi
sospirò ed iniziò a guardare anche lui il lago.
“Non sono più riuscito a parlare con lei.”
“Con la Mezz…” Si bloccò e si morse il labbro. “…la
Granger?”
“Già.”
Prima che potesse fare qualsiasi cosa, Alistair si
beccò una sberla sul coppino.
“Ahio!” Spalancò gli occhi e la bocca in una grossa
O, portandosi le mani al collo. “Mi hai fatto male!”
“Te lo meriti!” Esclamò divertito.
“Ma perché?” Continuò a massaggiarsi il collo.
“Perché…” Roteò gli occhi esasperato. “…sembri un
maledettissimo pivello alla sua prima cotta!”
“Non è vero.” Borbottò Alistair facendosi piccolo
piccolo, sapendo che aveva perfettamente ragione.
“Si, e io sono un babbano!” Fece schioccare la
lingua. “Al, Al, Al! Ma non hai imparato niente? Essì che fino all’anno scorso
eri un bravo puttaniere come me!” Sospirò.
Piton Junior fece per ribattere, ma subito l’amico
coprì la sua voce.
“Senti, amico, sei nei guai. Hai PURTROPPO…”
sottolineò la parola < purtroppo >. “…perso la testa per quella schifosa
Mezzosangue. Devi parlarle. Assolutamente. Non importa quando, come, dove e
perché. L’importante è che lo fai. Non ti sopporto più!” Prese un’altra sigaretta.
“Cercala in biblioteca, in corridoio, pedinala, bloccala, stuprala, schiantala,
fa’ quello che vuoi!” L’accese. “Ma per amor di Grindelwald, ti prego, ti
supplico! PARLALE!” Lo guardò supplichevole. “Poni fine alle mie sofferenze!”
Alistair scoppiò a ridere divertito e ben presto
anche Eric si unì. Scosse il capo e diede una pacca sulla spalla a quello che
reputava suo fratello.
“Grazie.”
“E di che?” Sorrise aspirando del fumo.
“Di tutto.” Si strinse nelle spalle.
“Di nulla.” Gli fece l’occhiolino. “E’ quello che
fanno i fratelli.”
Il moro sospirò e guardò l’orologio che portava al
polso, appartenuto al suo bisnonno paterno. Si passò entrambe le mani sul viso,
strofinandosi gli occhi, poi si alzò.
“Amico, vado!” Esclamò sistemandosi i jeans.
“Ecco! Bravo!” I suoi occhi si illuminarono. “Così
ti voglio! Va’ e colpisci!”
Alistair si avviò e lo salutò con un cenno della
mano, poi le mise entrambi nei pantaloni, fischiettando distrattamente mentre
entrava nel castello. Sbadigliò sonoramente, scese la scalinata e percorse il
lungo corridoio che portava ai sotterranei poco illuminati. Arrivò davanti
all’ufficio del padre, si massaggiò il collo, fece un respiro profondo e dopo
qualche minuto si decise a bussare. Gli piaceva molto Occlumanzia, ma quel
giorno non era proprio in forma, era sicuro che non sarebbe riuscito a
respingere nemmeno un attacco del padre, cosa che lo avrebbe mandato su tutte
le furie. Aspettò l’invito ad entrare, ma non arrivò. Corrugò la fronte e bussò
di nuovo, senza ottenere alcuna risposta.
“Papà?” Chiamò aprendo la porta e sbirciando
all’interno.
L’ufficio era vuoto, non c’era alcuna traccia
dell’uomo. Alistair aprì completamente la porta, entrò e si guardò attorno. Era
tutto come al solito: i soliti vasi di oggetti che galleggiavano in vari
liquidi per essere conservati al meglio, la libreria con tutti i libri al suo
posto, la poltrona dietro la scrivania spoglia, la porta del piccolo magazzino
chiusa. Fece spallucce, chiuse la porta e si mise a camminare per la stanza, le
mani in tasca. Si avvicinò ad un vaso ed osservò curioso l’avvicino morto che
vi galleggiava. Picchiettò un po’ sul vetro, poi passò alla creatura
successiva. Guardò tutti i vasi e controllò l’ora: erano passati venti minuti
da quando era arrivato e di suo padre nemmeno l’ombra. Prese la bacchetta e
subito evocò un divanetto su cui subito si lasciò cadere. Sistemò i cuscini,
tolse le scarpe e si sdraiò, un braccio piegato sotto la nuca. Iniziò a fissare
il soffitto mentre le sue palpebre si facevano sempre più pesanti, fino a
quando scivolò nel sonno.
Era a casa sua, vedeva se stesso a pochi mesi in un
lettino mentre stringeva il suo orsacchiotto preferito. La porta si aprì, una
donna dai capelli rosso scuro si avvicinò alla culla, gli accarezzò il viso e
disse qualcosa, ma non riuscì a capire cosa. Arrivò suo padre, abbracciò quella
che sicuramente era sua madre e rimasero in quella posizione per qualche
istante, poi lei si liberò dalla sua presa ed uscì dalla stanza.
Si svegliò di soprassalto, gli occhi spalancati, il
cuore che batteva forte nel petto. Impiegò qualche istante per capire che era
nell’ufficio del padre, chiuse gli occhi e lasciò cadere la testa sul petto.
Aveva visto sua madre, non c’erano dubbi, era proprio lei. Era un semplice
sogno o un ricordo di quando era piccolo? Scosse il capo, si massaggiò il collo
e si mise seduto, senza riuscire a scacciare l’immagine dei suoi genitori
abbracciati. Cos’era successo? Perché sembravano così tristi? Soprattutto, era
un episodio successo realmente?
Sospirò, passò una mano tra i capelli e guardò
l’ora: aveva dormito un paio di ore e suo padre non era ancora arrivato. Iniziò
ad innervosirsi, chiedendosi che fine avesse fatto: non era sua abitudine arrivare
in ritardo.
Si sedette sul bordo del divano, indossò le scarpe,
si alzò e si avvicinò alla libreria, iniziando a cercare qualche volume che
potesse interessargli. Fece scorrere il dito lungo le copertine di parecchi
libri, poi finalmente si fermò su uno che sembrava molto antico. Picchiettò
sulla rilegatura, indeciso sul da farsi, infine lo afferrò. Leggendo il titolo
tornò a sedersi sul divanetto.
Stava contemplando la copertina come faceva sempre
con un libro che ancora non aveva letto, quando la porta si aprì ed entrò suo
padre.
Severus fece sbattere la porta, tolse il mantello,
lo appese ed andò a sedersi, senza accorgersi del figlio.
“Ciao papà.” Lo salutò il ragazzo, stringendo tra
le mani il libro, preoccupato per lo strano comportamento del padre.
L’uomo sollevò di scatto il collo e si accorse solo
in quel momento del figlio.
“Alistair.” Lo salutò, riacquistando il suo solito
contegno, senza riuscirci completamente.
Il ragazzo lo guardò, preoccupandosi sempre più:
aveva il viso tirato, grosse occhiaie, gli occhi stanchi e preoccupati. Chiuse
gli occhi e si prese il viso con una mano. Un’unica parola poteva descriverlo:
disperazione.
Cercò di deglutire, ma un groppo gli ostruiva la
gola, impedendoglielo.
Severus spalancò gli occhi, lasciò cadere il
braccio sulla scrivania e si voltò verso il figlio.
“Dimmi.”
“Sei…” Iniziò, ma fu costretto a schiarirsi la
voce. “E’ successo qualcosa?”
L’uomo accennò un sorriso, intenerito dalla
preoccupazione che vedeva nel figlio.
“No.” Scosse il capo. “Sono solo stanco.” Aggiunse
passando una mano sul viso. “A questo proposito, ti spiacerebbe rimandare la
nostra lezione ad un altro giorno?”
“No.” Sorrise fingendosi tranquillo. “Certo che no.
Non ti preoccupare, almeno studio un po’.”
Il giovane si alzò, fece sparire il divanetto e si
avvicinò alla libreria dietro al padre. Rimise a posto il libro, strofinò le
mani l’una contro l’altra e gli lanciò un’occhiata preoccupata. Gli posò una
mano sulla spalla, cercando di fargli capire quanto tenesse a lui. Subito
Severus gliela strinse.
“Alistair, non cambiare mai, ti prego. Resta sempre
come sei, non permettere mai a nessuno di uccidere la tua anima.”
Alistair lo guardò perplesso, sbattè un paio di
volte le palpebre ed annuì rabbuiato, stringendo ancora di più la sua spalla,
poi l’uomo lasciò la presa e fu libero. Rimase fermo qualche istante e come se
non fosse del tutto cosciente lasciò la stanza, sentendo il cuore pesante.
Non si rese nemmeno conto di essere in Sala Grande
fino a quando Eric lo chiamò. All’improvviso i suoni tornarono, la paura fu
scacciata, la preoccupazione sparì, l’immagine di suo padre svanì e tornò ad
essere un ragazzo qualsiasi di Hogwarts. O almeno, questo era quello che
desiderava succedesse.
Nonostante tutto, la paura, la preoccupazione e
l’immagine disperata di suo padre rimasero nel suo cuore, pesanti come macigni.
Si guardò attorno sperando che nessuno avesse
notato il suo comportamento, si schiarì la voce e si servì una porzione di
patate arrosto e pollo alle erbe. Iniziò a mangiare, ma subito gli passò la
fame.
“Ehy, tutto a posto?” Chiese Eric.
“Sì, perché?” Rispose senza troppa convinzione.
“Da quando ti sei seduto non hai ancora lanciato
un’occhiata alla Mezzosangue.” Gli fece notare indicando con un cenno del capo
il tavolo dei Grifondoro.
Alistair sbattè le palpebre un paio di volte, poi
d’istinto cercò la ragazza, trovandola immediatamente. Ebbe un tuffo al cuore e
tutte le sue preoccupazioni svanirono. Sorrise e sospirò sognante, appoggiando
il gomito sul tavolo, puciandolo nel piatto.
“Come non detto.” Si portò una mano alla fronte e
scosse il capo. “I tuoi avi purosangue si stanno rivoltando nella tomba.” Aggiunse
sconsolato.
“Affari loro.” Vide Hermione alzarsi, salutare e
allontanarsi. “Devo andare.”
Si alzò in tutta fretta ed iniziò a seguirla fuori
dalla Sala Grande, ma a metà tavolo venne bloccato.
“Ehy, Al!” Lo chiamò Draco.
“Ciao Draco.” Lo salutò velocemente senza staccare
gli occhi dalla castana.
“Senti, non è che mi daresti una mano?”
“Possiamo pensarci dopo?” Si spostò di lato per
vederla meglio.
“Cosa stai guardando?” Draco si voltò due secondi
dopo che Hermione ebbe superato la soglia.
“Niente.” Mentì mordendosi il labbro inferiore.
“Tu sei strano.” Il biondo lo guardò con un
sopracciglio inarcato.
Alistair sospirò, rendendosi conto che si stava
comportando in modo veramente strano.
“Dimmi tutto, Draco.”
Gli occhi del prefetto si illuminarono, prese la
borsa e tirò fuori un tema.
“Senti, non è che mi controlleresti il tema di
storia della magia?” Gli domandò porgendoglielo.
Alistair afferrò la pergamena e lo lesse
rapidamente. Draco era intelligente, non aveva mai chiesto aiuto se non per
storia della magia. Come tutti l’odiava e non riusciva a seguire le lezioni,
quindi gli risultava difficile svolgere i compiti, anche se alla fine otteneva
sempre buoni risultati grazie alla sua buona volontà. Se solo si fosse
impegnato un po’ di più, sarebbe stato lo studente migliore del suo anno, dopo
Hermione ovviamente
“Visto così non sembra male.” Gli disse con un
sorriso. “Solo qualche piccola imprecisazione per come sono andate le guerre
contro i nativi americani.”
“Dove?” Gli domandò con la fronte corrugata.
“Qui.” Gli indicò un punto.
“Ma scusa, non erano mica capeggiati da quello?”
“Quello aveva un nome, Testa Rossa.” Gli ricordò
pazientemente.
“Facile da ricordare, basta pensare a Pel di
Carota.” Ghignò perfidamente.
“Draco, vuoi che ti dia una mano o no?” Lo
richiamò.
“Sì, scusa.” Mise le mani in tasca.
“Comunque, erano capeggiati da Testa Rossa, è vero,
ma il loro miglior mago era Mano Rapida, che sfidò George Kertal a duello. Si
sfidarono poco lontano dal loro villaggio che corrisponde all’odierna
Jacksonville.”
“A cosa?!” Strinse gli occhi, perplesso.
Alistair lo fulminò con lo sguardo, poi si inumidì
le labbra con la lingua.
“I nativi americani arrivarono con i visi dipinti,
le loro bacchette erano dei semplici bastoni nodosi, gli inglesi invece avevano
già bacchette come quelle che conosciamo. Gli indigeni celebrarono un rito
propiziatorio, chiedendo ai loro antichi antenati di aiutarli a sconfiggere gli
invasori mentre gli inglesi, in netta superiorità numerica, li osservavano.
Finalmente iniziò il duello. I due maghi erano di pari livello, anche se
usavano incantesimi diversi: quelli di Mano Rapida erano poco complessi e
diretti, quelli di Kertal potenti, ma più complessi. L’inglese venne colpito da
un incantesimo e cadde a terra. Sembrava che fosse morto, così l’indigeno gli
diede le spalle e tornò vittorioso dal proprio gruppo, ma non appena questi
abbracciò la propria moglie l’inglese gli lanciò un incantesimo alle spalle. La
donna se ne accorse e si mise davanti al marito, venendo uccisa. Gli indiani
erano ammutoliti, nessuna donna era mai stata uccisa in quel modo. Mano Rapida
abbracciava la moglie in lacrime, maledicendo gli inglesi mentre tutta la tribù
gli si stringeva accanto. Kertal tornò dai compagni esultante, dicendo <
Basta uccidere una donna e subito si piegano al nostro volere. Si vede che solo
una li accoglie tra le sue gambe >. Da qui in poi ci sono diverse versioni.
Secondo alcuni studiosi Mano Rapida era un animagus e si trasformò in un feroce
orso che attaccò subito l’inglese, ferendolo. Secondo altri dal corpo della
giovane sposa si sprigionò della magia antica che andò a colpire il suo
assassino. Altri ancora, invece, dicono che tutta la tribù insorse, si unì e
all’unisono scagliò un incantesimo contro gli avversari. Fatto sta che gli inglesi
furono costretti a ritirarsi e aspettare i rinforzi. La battaglia era stata
vinta dagli indiani, ma pochi giorni dopo i nostri compatrioti tornarono
all’attacco, il doppio dei maghi, e distrussero l’intero villaggio, uccidendo
tutti gli uomini. Solo le donne si salvarono, vennero catturate e violentate.
Le più belle sarebbero state mandate in patria come regalo per le antiche
casate, ma lasciarle tutte insieme fu un grande errore poiché la notte prima di
partire si riunirono e lanciarono un incantesimo per uccidersi. Nessuna
sopravvisse.” Concluse.
Draco lo guardava stranito, come se avesse parlato
arabo.
“Ho capito, quando torno in Sala Comune ti do una
mano a farlo.” Sospirò esasperato.
“Grazie.” Sorrise soddisfatto. “Quindi ci vediamo
in sala comune?”
Alistair annuì.
“Sì, ci si vede là.” Gli diede una pacca sulla
spalla.
Draco tornò a sedersi e riprese subito a parlare
con i compagni mentre Alistair varcò la soglia della Sala Grande. Conosceva
Draco da quando era nato, l’aveva visto crescere ed erano molto amici. Suo
padre era il suo padrino e non nascondeva la sua predilezione assegnandogli
punti bonus durante le lezioni o accordandogli tutti i permessi che voleva,
cosa che nemmeno faceva con lui. Suo padre sicuramente viziava più Draco che
lui. D’altronde si poteva quasi dire la stessa cosa di Lucius e Narcissa:
viziavano più lui che Draco. Li considerava come degli zii, spesso si vedevano
e cenavano tutti insieme nella loro grande casa. Li adorava, ma non sopportava
la loro avversità per i nati babbani e il loro amore per il Signore Oscuro.
Sicuramente ora che era tornato erano felici. Sospirò e si passò una mano tra i
capelli.
Si fermò davanti alla porta della biblioteca. Senza
che se ne fosse reso conto, i suoi piedi l’avevano condotto lì. Sorrise,
abbassò la maniglia ed entrò. Salutò con un sorriso Madama Pince ed iniziò a
vagare per i grandi scaffali, sapendo benissimo dove l’avrebbe trovata. Quando
la vide seduta a terra, le gambe incrociate ed un grosso libro di Aritmanzia
tra le mani, il suo cuore iniziò a battere velocemente.
“Ciao.” La salutò appoggiandosi ad uno scaffale.
Hermione sollevò il viso di scatto, spaventata.
“Tu devi smetterla, lo sai? Prima o poi mi farai
venire un infarto!” Si lamentò la ragazza, cercando di nascondere la felicità
che provava nel vederlo lì.
“E tu dovresti smetterla di essere così
irreperibile.” Ribattè con un ghigno lui, sedendosi accanto a lei.
“Non ero irreperibile! Sei tu che non mi cercavi!”
Non appena si rese conto di ciò che aveva detto arrossì.
“Stai dicendo che speravi venissi a parlarti mentre
eri con i tuoi due body guard?” Inarcò un sopracciglio divertito.
“Bhè, non avresti fatto nulla di male.” Borbottò
lei.
“Se non te ne fossi resa conto, dopo la partita di
Quidditich, non appena gli si avvicina un Serpeverde, quei due sfoderano la
bacchetta.” Incrociò le braccia al petto. “Sai, sembrano due mastini da
guardia. Sbavano anche come due mastini da guardia.”
Hermione scoppiò a ridere, buttando la testa
all’indietro e coprendosi la bocca con la mano. Alistair la guardò, sentendo
uno strano calore nel petto al suono della sua risata. Non poté fare a meno di
unirsi a lei.
“Come stai?” Le chiese dolcemente quando ebbero
finito di ridere. Provava la terribile tentazione di accarezzarle una guancia e
toccarle i capelli. Cosa gli stava succedendo? Com’era mai possibile che solo
starle accanto faceva sembrare tutto migliore?
“Bene, dai.” Fece una pausa e le regalò uno dei
suoi bellissimi e fantastici sorrisi. “A parte il fatto che Harry mi sta
ossessionando per essere stato squalificato dalla squadra a tempo
indeterminato.”
“Bhè, poteva evitare di saltare addosso a Draco.”
Si strinse nelle spalle, difendendo l’amico.
Hermione trattenne il respiro e lo fulminò con lo
sguardo. “Ma ovviamente anche Draco poteva evitare di dire quelle cose sui suoi
genitori e quelli dei Weasley. Anzi, sai, a pensarci bene ha proprio torto.” Si
corresse.
La ragazza annuì, soddisfatta.
“A parte Potter, tutto bene il resto?” Involontariamente
le sfiorò il braccio.
Hermione fu distratta da quel minimo contatto e le
ci volle tutta la concentrazione possibile per parlare.
“Sono preoccupata per Hagrid.” Sbuffò. “Penso sia
andato in…” Si bloccò e si morse la lingua per aver detto più del necessario.
“…vacanza.” Concluse arrossendo.
Alistair la osservò per qualche secondo, poi si
piegò verso di lei.
“Sai, di me ti puoi fidare.” Le sussurrò in un
orecchio.
Hermione sbattè le palpebre, incapace di formulare
qualsiasi parola a causa dei brividi che il suo fiato caldo sulla sua pelle le
aveva provocato.
“E’…” Si schiarì la voce. “E’ tutto ok.” Sorrise,
ancora scombussolata.
“Sicura?”
“Assolutamente.” Gli coprì la mano con la sua per
rassicurarlo.
Alistair abbassò lo sguardo sulla sua mano,
trattenendo il respiro. Chiuse gli occhi e fece un profondo respiro. Che
diavolo stava succedendo? Perché bastava un suo leggero tocco per farlo
sognare?
Aprì gli occhi e voltò il capo verso di lei,
guardandola negli occhi.
“Ti va di stare un po’ insieme oggi pomeriggio?” Le
domandò sussurrando.
Hermione aprì e chiuse la bocca. Fece per dire sì,
ma si ricordò dei due rotoli di pergamena di Antiche Rune, uno di Pozioni e uno
di Difesa Contro le Arti Oscure che doveva consegnare, per non parlare della
montagna di cose che doveva studiare per le due settimane successive!
“Non posso.” Sospirò.
“Dai, ma è sabato!” Esclamò cercando di convincerla
con un sorriso.
“Non posso proprio, mi spiace.” Fissò il libro.
“E domani?” Propose stringendole la mano.
“Neanche.”
“Ma è domenica.” Ribattè.
“E i compiti non si fanno da soli.” Gli ricordò.
“Potresti usare una di quelle penne che scrivono da
sole, no?” Scherzò.
“No, mi spiace. Devo studiare.” Disse irremovibile.
“E lunedì?” Provò.
“Non se ne parla, ho lezione fino a tardi e devo
rivedere gli appunti di Storia della magia che martedì ho un compito in
classe.” Scosse il capo.
“Martedì?” Sorrise timidamente mentre la sicurezza
vacillava.
Fece cenno di no col capo.
“Mercoledì?” Chiese con un filo di voce, iniziando
a sentire una stretta allo stomaco, temendo di sentire due nomi.
“Niente. Devo fare alcune cose con Harry e Ron.”
Iniziò a guardare il libro. Se solo l’avesse guardato nei suoi stupendi occhi
verdi avrebbe mandato tutto a quel paese e avrebbe accettato.
“Giovedì?” La supplicò, quasi, disperato.
“Alistair…”
“Capito.” Mandò giù il groppo che gli ostruiva la
gola. “Ho capito, tranquilla.” Abbozzò un sorriso che sembrava più una smorfia
di dolore.
Non voleva uscire con lui. Forse si era pentita di
aver detto di si quel giorno. Oppure il Poveraccio ci aveva provato con lei, le
aveva messo la lingua in bocca e…No, non ci voleva pensare. Non poteva e non
doveva assolutamente pensarci. Ma ormai era troppo tardi. La sua testa era
affollata di immagini di Ron e Hermione che si intrattenevano.
Passò una mano tra i capelli e riuscì a scacciare
quelle brutte immagini. Forse doveva veramente studiare, d’altronde era al
quinto anno, aveva i G.U.F.O. e voleva eccellere in ogni materia. Sì,
sicuramente era per quello. Non c’entrava niente lo Sfregiato che lo ossessionava
per il quidditch, che l’abbracciava stretta sfruttando ogni occasione,
affondando il suo viso nel suo petto, sbavando come un animale, toccando tutto
ciò che poteva.
No, no, no. Lo Sfregiato avrebbe fatto meglio a
tenere mani e bocca al suo posto se voleva arrivare a sedici anni con ogni suo
organo. Da cosa avrebbe potuto iniziare? Un dito? No, troppo poco. L’intera
mano? Sì, poteva andare bene, avrebbe stroncato anche la sua carriera di
giocatore di Quidditch. Un piede? No, la sua vita non ne avrebbe risentito.
L’intera gamba? Non era male come idea. Ma quale gamba avrebbe potuto tagliare?
Con una gamba sola poteva camminare, ma Hermione si sarebbe impietosita e gli
sarebbe stata ancora più vicina. Se invece gli avesse reciso la terza gamba non
avrebbe più potuto fare danni. Si illuminò al solo pensiero: avrebbe continuato
a camminare senza impietosire nessuno e non avrebbe più potuto approfittare
della sua Hermione.
Stava solo farneticando, Hermione non si sarebbe
mai intrattenuta né con Pel di Carota né con lo Sfregiato, erano solo amici e
la sua fantasia gli stava solo giocando un brutto scherzo. Erano amici. Buoni
amici. Troppo amici. Sempre così vicini, chiacchieravano sempre, si
abbracciavano spesso…troppo spesso.
Alistair emise un gemito, sprofondando in un
baratro nero. Solo un prigioniero di Azkaban che aveva a che fare con i
Dissennatori avrebbe capito come si sentiva.
“Tutto a posto?” Gli chiese preoccupata Hermione.
“S-sì.” Balbettò tetro. “Va tutto che è una
meraviglia.”
“Sei sicuro?”
Il ragazzo cercò di annuire, pallido.
“Ora scusami ma…” Si schiarì la voce. “…devo
andare. Ciao.”
Si alzò in fretta, rischiando di cadere e
picchiando la testa contro una delle tante librerie.
“Alistair!” Fece per alzarsi ma il ragazzo fece un
passo, dandole le spalle.
“Sto bene.” Mostrò la mano, mentre con l’altra si
teneva la testa. “Ciao.”
Alistair iniziò a camminare, quasi strisciando.
Aveva lo sguardo fisso nel vuoto, non vedeva nessuno davanti a sé.
Hermione lo guardò e si morse il labbro. Durante
l’estate guardava sempre film babbani. Ecco, Alistair avrebbe impersonato
perfettamente un condannato a morte.
Sospirò e si appuntò mentalmente di accettare il
suo prossimo invito.
Se non si fosse suicidato prima.
E qui finisce l’undicesimo capitolo! Vi è piaciuto? Spero di si :D
Passiamo ai ringraziamenti :D
-
JuliaSnape: sicuramente Ginny
ne sa più di Hermione! Per Ron dispiace anche a me, ma ormai non posso più
pensare a Hermione senza unirla ad Alistair…almeno nella mia ff :D
-
Piperina: darling, come fare a
dare torto alla piccola Weasley? * o * Alistair ha proprio un gran bel culo! E’
veramente perfetto <3 E come hai detto tu, basta essere razzisti! Non
possiamo discriminarlo solo perché Serpe u.u Il primo appuntamento che NON sai
quando avverrà…bhè mancano pochi capitoli *.* Sai bene quanto sono eccitata all’idea
di scrivere quel capitolo *,* E i tuoi complimenti mi fanno sempre tanto tanto
piacere <3<3<3 E sono tanto tanto tanto contenta che ti incuriosisca
la storia (di cui NON sai niente :P ) <3 A tra poco, darling <3<3<3
xoxo
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Ginny13: grazie *.* Son tanto
contenta che ti sia piaciuto! E concordo sull’ultima parte del commento, anche
io l’adoro *.* Per quanto riguarda l’appuntamento…porta pazienza! Manca poco :D
Fidati, le reazioni di Ron si vedranno :D però nulla, come hai ben detto tu e
la nostra cara Ginevra, potrà eguagliare il sedere di Alistair Piton <3
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Morghi: sai, penso che nessun
GrifondoroTassorossoCorvonero vorrebbe Sevy come prof xD I Serpeverde si
invece xD Chissà perché LoL Bhè, c’è da dire che Ginny è la prima ad accettare
incondizionatamente Alistair, fregandosene del fatto che sia una Serpe :D
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Neptunia: grazie per i
complimenti <3 Ginny ha capito tutto perché conosce la cara Hermione <3
Grazie mille ancora per tutti i complimenti <3<3<3 Spero che anche
questo capitolo ti piaccia <3
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Alida: hai ragione, ogni tanto
è necessaria la “leggerezza” =) Grazie mille ancora per i complimenti <3
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Dreamer
Inside: awwwww! Sono tanto contenta che ti sia
piaciuto anche questo capitolo <3 Per la fatidica uscita…abbi pazienza :D
As usual, ringrazio anche le 20
persone che hanno preferito questa fiction, le 16 che la ricordano e le 47 che
la seguono. Un GRAZIE dal più profondo del mio cuore <3
Volevo dirvi anche un’altra cosa. Il
capitolo che posterò sabato sera (al più tardi domenica pomeriggio) sarà l’ultima
per due settimane perché (finalmente) vado anche io in vacanza *.* E speriamo
quest’anno di non ammalarmi dopo 3 giorni come è successo l’anno scorso xD Dopo
che sarò tornata inizierò a postare più lentamente, un capitolo a settimana:
purtroppo devo iniziare a studiare che gli esami si avvicinano =(
Bhè, detto questo…vi saluto! Al
prossimo capitolo <3
elyl