Fiabe babbane
Capitolo 2 – La filastrocca
“Ron?”
“Mhh?” mugolò il rosso alzando la testa dal cuscino, mezzo
assonnato. Osservò Harry, seduto sul letto accanto, ancora perfettamente
sveglio e vestito.
“Ho
parlato con Ginny”
“Mh…”
“… sai… quando le ho riportato il libro…”
“E allora?”
“No…
niente… le ho detto che era finito per sbaglio nella
busta delle cianfrusaglie babbane di vostro padre… mi ha ringraziato e mi ha
sbattuto la porta in faccia”
“Ah… e
allora?”
“No…
niente”
Harry
sospirò e indossò il pigiama. Si mise sotto le lenzuola, diede un pugno al
cuscino, più per rabbia repressa che per aggiustarlo e spense la luce sul suo
comodino.
“Beh…
buonanotte, Ron”
“’notte…” rispose Ron, ormai quasi completamente nel mondo di
Morfeo.
***
La base
militare era divisa in tre plessi, dislocati a 200m
l’uno dall’alto, su un terreno di proprietà del ministero della magia, e
insieme disegnavano un triangolo.
L’edificio
più grande era suddiviso in due ulteriori sezioni:
uffici e dormitori auror.
Il secondo
edificio aveva tre piani: al primo e al secondo
c’erano le aule per le lezioni teoriche alle reclute, al terzo la palestra per
le prove pratiche, con una grande stanza dove erano riposte armi magiche e
babbane(da taglio e da fuoco, archi e frecce, aste, lance, spade, fucili,
pistole e tutto ciò che poteva essere utile in battaglia).
L’ultimo
edificio era l’ospedale. Il San Mungo era protetto da
materializzazioni, così l’ospedale della base militare auror aveva sistemi
d’allarme che riconoscevano gli auror e gli intrusi, in modo che se qualcuno si
fosse ferito in battaglia avrebbe potuto subito materializzarsi lì per essere
curato, e spesso riprendere anche subito a combattere.
L’ultimo
piano dell’ospedale, inoltre, era adibito a scuola. Aspiranti guaritori, medimaghi e infermieri venivano
istruiti personalmente dai migliori medici del mondo della magia. Hermione era al suo ultimo anno, stava preparando la sua tesi finale
(Maledizioni senza perdono – Guarire dai
dolori fisici provocati dalla Cruciatus).
Come tutte
le mattine, giunse in orario a lezione. Alla prima ora aveva “Veleni e
antidoti”, tenuta dal suo professore preferito, un uomo affascinante e giovane
(appena trentuno anni), capelli corvini e profondi occhi azzurro ghiaccio,
sicuramente il medico più in vista dell’ultimo periodo nel mondo magico.
La ragazza
entrò in classe sfogliando alcuni appunti sull’ultima lezioni
e si diresse verso la prima fila di banchi. Alzò un attimo lo sguardo dai fogli
e notò con piacere che il posto dove sedeva solitamente era libero, ormai i
suoi compagni avevano capito che a lei piaceva sedersi
li, così lo lasciavano sempre libero. Si sedette e si voltò verso la ragazza
seduta dietro di lei.
“Ciao
Luna” sorrise salutando l’amica.
Luna,
insieme ad Hermione, era tra i migliori del corso.
Aveva mantenuto la sua aria svampita e persa, sempre presa dai suoi pensieri. Però era diventata una donna anche lei, e come Ginny ed
Hermione, era bella. I lunghi capelli biondi ora erano trattati con più cura,
così da non sembrare più di un biondo sporco, bensì di un biondo lucente, color
del grano. Gli occhi blu elettrico erano ancora un po’ folli, tuttavia non
risparmiavano sguardi dolci, che la ragazza rivolgeva a chiunque le fosse simpatico. Era alta, più di Ginny ed Hermione, snella,
non troppo formosa come le sue amiche, ma comunque
attirava gli uomini, che la trovavano affascinante, e spesso non si
avvicinavano solo per la sua stranezza, infatti non aveva perso l’abitudine di
parlare a destra e a manca delle teorie del padre sulle creature più strane, di
cui nessuno aveva mai sentito parlare.
La
biondina sorrise, rispondendo al saluto. “Ciao ‘Mione. Steve, l’assistente del
professor McAden, ha detto che oggi il professore sarà
assente. Terrà lezione lui…” spiegò sfogliando le
pagine dell’ultimo numero del cavillo, dedicato ad una nuova razza di Nargilli
scoperti da una signora in Canada.
“Oh,
peccato” fu tutto ciò che disse Hermione. Lei considerava l’assistente di
McAden, Steve, un insegnante pessimo. Invero, avrebbe
preferito correre via dalla classe prima del suo arrivo, ma dopotutto pensò fu
meglio rimanere.
“Come sta
Harry?” chiese vagamente Luna, come nulla fosse.
Hermione le osservò il viso, e notò un vago colorito purpureo che spiccava
sulle sue gote e faceva a pugni con la sua carnagione lattea. Sospirò. Lo sapeva, oh se lo sapeva. Era da tempo ormai che era a
conoscenza del piccolo trascurabile segreto di Luna: anche lei era innamorata
di Harry. E questo perché Harry era l’unico ragazzo che la
trattava come una persona normalissima. Era logico che si sarebbe
innamorata di lui, prima o poi. E questo era successo
al matrimonio di Fred e George (rispettivamente con Angelina Johnson e Katie
Bell) quando tutti ballavano e Luna era l’unica seduta in un angolino
a sfogliare il cavillo. Harry le si era avvicinato
quatto, quatto, le aveva abbassato la copia del giornale con una mano e le
aveva porto l’altra, sorridendole e chiedendole “Mi concede questo ballo,
adorabile fanciulla dagli occhi d’oceano?”. Luna era diventata di tutti i
colori, passando dalle più forti tonalità del rosso, alle più rare tonalità violette, ed aveva accettato commossa.
I pensieri
di Hermione furono interrotti dal supplente, che chiuse la
porta dopo che anche l’ultimo ritardatario fosse in classe.
***
Dopo l’ennesimo
litigio con un ‘collega’ mangiamorte, Draco Malfoy era
estremamente irascibile. E quando era nervoso tendeva
a rifugiarsi in quel bosco poco lontano da Ottery St. Catchpole, dove sperava di
incontrare la sua migliore amica, nonché unica amica,
come spesso accadeva. Quel pomeriggio non attese molto. Giunto a destinazione
si sedette all’ombra di un albero, per ripararsi dal sole battente di inizio Agosto. Chiuse gli occhi, ma li riaprì dopo
neanche cinque minuti, quando senti qualcuno sedersi
al suo fianco, sull’erba ancora umida dalla notte appena trascorsa.
“Ti
aspettavo…” disse il biondo figlio di Lucius.
La figura
accanto a lui si voltò a guardarlo, mostrando due occhi neri come il petrolio e
un grazioso nasino all’insù spruzzato di efelidi. Era
Ginevra Weasley.
“Lo so, Drakie, altrimenti non mi avresti mandato un gufo per dirmi
di raggiungerti qui…” disse appoggiando la testa alla
spalla dell’amico. “Per colpa tua stamattina ho saltato un addestramento
importante…” disse in tono scherzosamente arrabbiato.
Il
biondino sorrise e le passò un braccio intorno alle spalle.
“Scusa,
scusa… ma se vieni bocciata non fa nulla no? Quando ti
diplomerai non potremo più essere amici… un auror e un mangiamorte amici, si è
mai visto?” chiese sorpreso come sempre di se stesso e
della sua amicizia con la Weasley.
Lei si
divincolò dalla stretta del suo braccio e si allontanò un po’.
“Di cos’è
che hai bisogno, stavolta?”
“Avevo
bisogno di vederti…”
“Come no…”
rispose lei scettica.
“Dico sul
serio Ginny. Questa giornata è iniziata fin troppo male. Ho litigato con quel
pezzo di merda di Blaise Zabini.
E’ davvero un…” si bloccò con la bocca tappata da una
mano della ragazza.
“Preferirei
tu non mi mettessi a conoscenza del grazioso epiteto
con cui ti piace definire Zabini. Passiamo al dunque, cosa ti ha fatto?”
Lui fece
spallucce. “Ha detto qualcosa al signore oscuro… non so precisamente cosa… ero
abbastanza lontano, così non ho capito tutto. Ma ho
sentito lo stretto necessario per definirlo un…” ancora una volta lei gli
premette la mano sulle labbra. Sembrava quasi Draco lo facesse
apposta, infatti quando lei tolse la mano, lui sorrideva. “… uno stupido. Stavo dicendo uno stupido… “ rise divertito. Indispettita
Ginny gli diede un buffetto su una guancia. “Sei irrecuperabile, Drakie.” “Oh, tu non sei da meno, Gin… Comunque,
stavo dicendo? Ah si… in pratica ha capito che faccio la spia per l’ordine
della fenice, e credo l’abbia riferito al nostro Lord, perché mi ha messo delle
spie alle calcagna…” detto questo alzò la bacchetta e alcune scintille verdi zampillarono
fuori dalla punta della sua bacchetta, andando a
colpire un albero. Ginny osservò l’albero accigliata,
e vide qualcosa cadere a terra. Era un mangiamorte mascherato, che fino a pochi
secondi prima era nascosto dietro il tronco.
“Quante
volte ti ho detto di non lanciare maledizioni senza perdono davanti a me?”
chiese passandosi due dita alle tempie, con un forte mal di testa che si faceva lentamente strada nel suo cranio.
“Scusa…
certe volte è più forte di me…” disse lui sorridendo. Le diede un bacio sulla
guancia. Lei lo guardò stranita “Scommetto che anche questo è
più forte di te…” borbottò ironicamente. Lui non rispose, ma nella sua
mente la risposta era una sola, ed era ovvia. Si.
***
Harry era
seduto su una delle panche in fondo alla palestra al terzo piano del secondo
edificio della base militare auror. Grondava sudore da tutti i pori, aveva il
fiato corto, ed era tutto un livido. Odiava quegli addestramenti di lotta
libera, a che servivano? Nessuno ne faceva mai uso nei combattimenti tra maghi.
Vide Ron seduto accanto a lui e si accorse che l’amico non era messo molto
meglio di lui.
“Odio le arti marziali…” bofonchiò il rosso, massaggiandosi
il collo indolenzito, dove pian piano si stava formando un brutto livido.
Harry
scosse il capo. “Tu non odi le arti marziali… odi che il nostro professore sia
una donna e che ti metta KO facilmente davanti a tutti” disse frugando nel suo
borsone da palestra, in cerca della bottiglia di acqua
ghiacciata che la signora Weasley gli aveva dato quella mattina, come tutte le
altre volte. La trovò e la osservò irritato. Era un brodino caldo. La rigettò
nella borsa, maledicendo quell’estate così afosa. Si alzò e buttò l’asciugamano
sulla panca, dirigendosi in corridoio. “Dove vai?”
chiese Ron curioso. Ma Harry non rispose, già troppo lontano per
sentirlo.
Richiuse
la porta della palestra alle proprie spalle e raggiunse il centro dell’androne,
dove erano situati tre distributori automatici babbani, uno per i cibi, uno di
bevande calde e uno di bevande fredde. Inserì cinque
zellini nella fessura per le monete e premette il tasto 5. Immediatamente la
macchina si mise in movimento ed espulse una bottiglia da mezzo litro di acqua minerale ghiacciata. La aprì, ne
bevve un abbondante sorso, avidamente, alcune gocce gli scivolarono
dalle labbra lungo il mento e sul collo, dandogli una piacevole sensazione di
freschezza dopo la fatica degli allentamenti. Quando
si staccò dalla bottiglia, sentì una presenza accanto a sé. Senza neanche
girarsi sospirò.
“Cosa vuoi, Cathrine?” chiese
avvicinandosi ad un finestrone tramite cui la luce del
sole inondava il luogo. Si appoggiò al largo davanzale e desiderò che le sbarre
che in ferro battuto scomparissero, aveva una gran
voglia di scappare da quella civetta odiosa.
“Non sei
più venuto ieri sera…” iniziò lei, con il suo fare l’oca che tanto detestava.
Sarebbe stata anche una ragazza interessante con cui uscire, se non fosse stata
così tremendamente papera.
“Ma
davvero?” chiese ironico. “Pensa, non me ne sarei mai
accorto se non me l’avessi detto tu ora.”
Lei sorrise
e gli si avvicinò, appoggiando una mano sul suo braccio, che lui prontamente
ritrasse.
“Perché sei sempre così scontroso con me? Invece quella
stupida Weasley… quando c’è lei sei completamente diverso… eppure se non
sbaglio vi siete lasciati da un pezzo.”
Il ragazzo
scosse il capo. Fare lo scontroso non serviva a niente,
quella Cathrine era di coccio.
“Senti Cath… non è che non mi piaci… anzi
se fossi un tantino meno asfissiante probabilmente uscirei volentieri con te. Ma non parlare di Ginny. Lei non c’entra nulla. E’ la
sorella del mio migliore amico, e una cara amica lei stessa. Niente di più… ora
scusa devo tornare agli allenamenti” spiegò pacato. Se
ne andò, dimenticando la bottiglia d’acqua sul
davanzale. Cathrine lo guardò
scomparire dietro la porta della palestra, poi si passò una mano tra i
capelli, sospirando. “Tanto lo so che anche se dici così, in realtà la ami…” disse prima di accucciarsi a terra, sotto la finestra, per
reprimere i singulti e le lacrime.
***
Draco
sentì il tatuaggio andargli in fiamme sul braccio sinistro.
“Mi sta
chiamando…” borbottò scocciato, alzandosi dalla posizione in cui era stato fino
a quel momento, ossia disteso sull’erba, con il capo appoggiato sul grembo
della ragazza.
Ginny lo
guardò. “Come? No… stavo finendo di leggerti Hansel
& Gretel!!!” sbottò
irritata.
Lui
sorrise, sistemandosi i capelli, poi si sporse verso di lei e le diede un bacio
sulla guancia. “Sarà per la prossima volta, principessa.”
Sorrise e prima di smaterializzarsi le sussurrò che le sue fiabe, anche se
babbane, gli piacevano molto. Ginny sapeva che non lo diceva solo per prenderla
in giro. Sapeva che Draco vedeva in lei la madre che avrebbe sempre voluto, una
donna che lo coccolasse e gli raccontasse storie prima di andare a dormire. Ma cosa ci faceva un ragazzo sensibile come lui tra i
mangiamorte? Tutta colpa di Lucius Malfoy…
A malincuore,
lo salutò con la mano mentre si stava
smaterializzando. Poi guardò l’orologio.
‘Ancora
le dieci… non ho voglia di tornare a casa… leggerò qualcosa…” pensò facendo
spallucce e riaprendo il libro. Era assorta nella lettura
quando improvvisamente sentì qualcosa sotto la mano sinistra. Guardò la
copertina, perplessa, ma non notò nulla di strano inizialmente. Osservandola
più attentamente però notò un doppio fondo.
“Cosa? Ho questo libro da anni e anni…
come ho fatto a non accorgermene prima?” disse tra se e sé, maledicendosi.
Prese la bacchetta e la puntò sul doppio fondo della copertina, che si aprì,
rivelando uno strano foglio, sicuramente molto vecchio. Lo aprì con cautela,
per paura che potesse rompersi e lesse ad alta voce gli strani versi che vi erano scritti.
Se queste righe leggerai
La prescelta tu sarai
Per salvare il mondo
delle fiabe
Le ninfe, le streghe,
gli elfi e le fate
E se nell’impresa tu riuscirai
L’amore supremo in
dono avrai
Orsù avanti, non
esitare
La grande
avventura sta per iniziare
Chiudi gli occhi, indossa il cuore
E lasciati trasportare dal dio dell’amore.
Sorrise. Ma era uno scherzo o cosa? Ripose il foglio in tasca, e si
dedicò all’altro contenuto del doppio fondo del libro.
“Oh… è
bellissimo…” sussurrò prendendo tra le mani un piccolo ciondolo piatto a forma
di metà cuore. Era davvero stupendo. Lo osservò attentamente e constatò con
sorpresa che era d’oro. Provò ad indossarlo, non aveva
mai posseduto un oggetto di tanto valore in vita sua. Appena chiuse la catenina
dietro al collo si bloccò con le mani a mezz’aria. Si
sentiva strana, debole. Osservò le sue mani e vide con orrore che stava
diventando trasparente. Un urlo, poi il silenzio. Il buio.
… continua…