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Autore: Kimberly Anne    01/08/2010    2 recensioni
Attualmente sospesa.
Una piccola stanza buia. Una bambina eccentrica, maniaca dei pawky. Decine di schermi su cui vedete scorrere le immagini di molti dei vostri manga e anime preferiti. E' qui che tutto ha inizio; è da qui che parte la nostra storia, un (demenziale) viaggio ai confini dell'Universo per riportare il corso degli eventi sulla retta via... Ma ce la faranno Amu, Ikuto e Tadase, trascinati in questa avventura loro malgrado, a non rimetterci la pelle, tra onigiri parlanti, biondine isteriche e disastrosi rapporti famigliari?
Genere: Comico, Demenziale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi, Nuovo personaggio, Tadase Hotori
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice (?): Lo so, il capitolo 2 è stato piuttosto confusionario. Da una parte perché l’avevo scritto in un lasso di tempo compreso tra l’una e le quattro di mattina, dall’altra perché senza troppe spiegazioni dovrei avervi dato un quadro piuttosto chiaro della confusione provata dai poveri protagonisti di SC, che ci stanno capendo ancora meno di voi. Ma da questo capitolo in poi ci sarà più tranquillità e più tempo per le spiegazioni, quindi tenete duro!

 

Grazie mille inoltre a tutti quelli che hanno recensito ^__^

 

Parte terza: Una domanda scomoda

 

Su un pianeta lontano dieci milioni di anni luce e tre dimensioni spazio-temporali dalla vostra comoda poltrona, una piccola testolina stava fumando.

«Dunque, l’idea è che siamo bloccati qui? »

«Affermativo!»

«Konami non è più rintracciabile? »

«Affermativo!»

«Non abbiamo idea delle cause per cui ciò è avvenuto? »

«Affermativo!»

«Moriremo qui, senza denaro, né cibo, né acqua?»

«Aff...! »

«Dannazione, Fate! Se rispondi ancora una volta “affermativo” con quella tua vocetta squillante e serena, giuro che ti meno a sangue, ti ammazzo e poi ti mangio!» abbaiò Kim, esasperata, afferrando la piccoletta per la collottola con aria pericolosamente famelica. Si trovavano in un viottolo laterale praticamente deserto, ben nascoste ai passanti da un cumulo di sacchi di spazzatura (già, non è bello da dire ma è così). Il che in parte spiega perché Kim non fosse particolarmente di buon umore.

«Sorellina... ti fuma la testa...»

«Me ne infischio! Io voglio la mia poltrona, a casa, ed è tutta colpa tua e di quella tua stupida faccia ebete se invece sono bloccata qui a girarmi i pollici!»

«Ha ragione, sai, dovresti calmarti un po’... » intervenne Amu, seppur incerta, allontanando Fate dall’ira funesta del Destino dei Mondi e prendendola in braccio. «Siamo in una situazione sgradevole, è vero, ma non è detto che non riusciremo a tirarcene fuori, no? (e poi, seriamente, la tua testa fuma...)»

Per tutta risposta, Kim la fulminò con un’occhiataccia. «Ma cosa puoi saperne, tu?» sbottò «Tu sei un’eroina mahou-shoujo, diamine, tu riesci sempre a tirartene fuori. E lo sai perché? Perché c’è gente come me, là fuori, che passa le giornate a controllare che tu lo faccia. Quindi non azzardarti anche solo a pensare di dirmi che andrà tutto bene!»

«Sorellina, la testa...»

«COSA CAVOLO C’E’ CHE NON VA CON LA MIA TESTA?!»

«E’ mezz’ora che cerchiamo di dirtelo... sta... fumando... » ripeté Fate, indicandola, e finalmente Kim le prestò attenzione.

«...eh?»

La bambina voltò lentamente il capo verso la vetrina di un negozio lì accanto, e vide con orrore il filo di fumo nero che effettivamente partiva dalla sommità della sua testa, la quale, lentamente ma inesorabilmente... «... sta andando a fuoco?!» strillò la bimbetta, andando completamente nel panico mentre cercava in qualche modo di spegnere con le mani quel singolare falò. Non ce ne fu bisogno, perché un attimo dopo le piombarono in testa cinque litri o giù di lì di acqua gelida.

«Shirley!» fu il coro accusatorio di tutti i presenti.

La bionda quindicenne alzò le spalle, quasi la cosa non la riguardasse. «Beh, che c’è? Stava andando a fuoco.» disse, indifferente, dandosi una controllata alle unghie nel frattempo.

«E dovevi proprio usare la magia e infradiciarla dalla testa ai piedi?» sbuffò Jason, il suo assolutamente-non-ragazzo, prendendo la piccola tra le braccia con fare protettivo, mentre quella aveva iniziato a tremare come una foglia. «Guardala, sembra un pulcino.»

Kim approfittò dell’occasione per accoccolarsi in braccio a Jason, che fece apparire dal nulla un asciugamano (ah, che bella la magia!) e incominciò ad asciugarle i capelli tamponandoli. L’occhiataccia che gli lanciò Shirley semplicemente non aveva prezzo.

«Beh, comunque sia, una domanda ce l’avrei anch’io.» fece la ragazza, celando con poco successo il proprio disagio «Che ci facciamo ancora qui? Io e Jason, intendo dire. Vi abbiamo aiutato a trovare la marmocchia numero due » accennò a Fate con la testa «quindi non sarebbe ora di dirci arrivederci e tanti saluti?»

Gli sguardi che le vennero rivolti da tutti i presenti (ad eccezione di Ikuto, che da bravo lup- ehm, gatto solitario trovava la sua domanda molto ragionevole) potevano essere letti nell’aria: “Perfida. Egoista. Asociale. Scommetto che non hai nemmeno un amico.” Ma Shirley era troppo abituata a sguardi del genere per prendersela troppo.

Kim, ancora accoccolata in grembo a Jason, sospirò. «Te lo posso anche spiegare, ma devi promettermi che crederai a quello che ti dirò e non darai di matto, ok?»

L’occhiataccia (l’ennesima) che le lanciò Shirley di rimando non era per niente incoraggiante.

Kim decise di continuare comunque. «Tu e Jason...» incominciò, con cautela. «...siete i protagonisti di una storia. E non è una strana metafora per dire che ognuno di noi è protagonista della propria storia o balle varie: intendo proprio un racconto, un libro, inchiostro su carta. »

Stranamente, né Shirley né Jason furono particolarmente scioccati da questa affermazione. Si limitarono a scambiarsi un’occhiata che diceva: “Beh, in fondo dovevamo aspettarcelo”.

Amu ne approfittò per fare una domanda a sua volta. «Si può sapere perché a noi l’hai sbattuto in faccia brutalmente, mentre con questi due ci vai piano, misurando le parole col contagocce?» chiese, scocciata.

«Perché tu non hai tendenze omicide, a differenza di una certa altra protagonista qui presente.» rispose Kim, candidamente. Il fatto che tutti avessero puntato lo sguardo verso Shirley fu puramente casuale. «Cooomunque, dicevo. La vostra storia, purtroppo, è ancora in costruzione. Ci sono ancora un sacco di punti fondamentali da definire, segreti incredibili da svelare e character design da approfondire, di conseguenza la realtà a noi circostante è tremendamente instabile. In particolare, quella lontana dai protagonisti è completamente fuori dal mio controllo. Ma se rimaniamo accanto a voi, invece, è probabile che la stabilità fornita dagli eventi già decisi ci risparmi di cadere in un buco nero o venire cancellati dalla storia, dandoci il tempo di trovare un modo per tornarcene a casa. Tutto chiaro?»

«E’ probabile?» chiese Ikuto, sempre più dubbioso del fatto che fosse rimasto un solo luogo sicuro al mondo... in quel mondo, almeno.

«Sì, probabile. Come ho detto, i buchi nella trama sono ancora piuttosto consistenti e concernono anche i protagonisti stessi, quindi non posso garantire al 100% la nostra sicurezza, nemmeno accanto a loro. Dopo tutto, ci eravamo piuttosto vicini, quando siamo stati investiti da quell’onda d’urto...» all’improvviso, le si illuminarono gli occhi. «Ma certo! L’onda d’urto!» esclamò, battendosi un pugno sul palmo dell’altra mano. «Dev’essere stato lì che abbiamo perso...»

 

Nel frattempo, Tadase.

«Lo sai, Konami, incomincio a pensare che le indicazioni forniteci da quel tricheco non fossero poi così attendibili.»

Il piccolo onigiri vivente, comodamente adagiato sulla spalla del ragazzo, sbatté le palpebre un paio di volte in un gesto di comprensione, o forse solo perché era l’unica cosa che sembrava in grado di fare.

«Voglio dire, fino al “Gira a destra al secondo iceberg e dritto per cinquecento metri”, c’ero...» continuò Tadase, guardandosi attorno pensoso. «Ma questo “Volta a sinistra e segui le orme dei pinguini imperatori fino alla baia delle orche assassine”... non riesco proprio a raccapezzarmici. Vedi qualche pinguino in giro?»

Konami fissava il cielo del Polo Nord con espressione assente.

«Oh, ma che sciocchina che sei. I pinguini non volano!» la redarguì dolcemente Tadase. «Vabbé. Comunque sia, dobbiamo riuscire ad arrivare da Hinamori-san e gli altri prima che i rapitori perdano la pazienza e decidano di far loro del male... una direzione o l’altra, è lo stesso! Il cuore mi dirà dove andare!»

...convinto lui.

 

Kim e gli altri (beh, Shirley con moooolta calma, a dire il vero) corsero a rotta di collo verso il punto di cui l’onda d’urto li aveva colpiti e sbalzati in aria, dividendoli malauguratamente da Konami e... uhm, chi c’era d’altro? Oh, beh, comunque l’importante era che lì avevano perso Konami, quindi forse era lì che avrebbero potuto ritrovarla.

«Se la conosco bene, è altamente improbabile che si sia mossa da dove l’abbiamo lasciata... è troppo pigra.» spiegò Kim, che essendo bassa e dunque tendenzialmente lenta si stava facendo portare in braccio da Jason. «L’unico problema è che qualcuno potrebbe averla schiacciata o raccolta... allora saremmo davvero nei guai. »

Arrivati a quella che pareva loro la zona giusta, si misero tutti a cercare per terra Konami (o almeno qualche chicco di riso, o un’alga spiaccicata), ma senza successo.

«Aaaaah, perché, perché, perché oggi non me ne va bene una?» si lamentò Kim, per poi dar sfogo alla sua frustrazione tirando i capelli alla sorella, che cominciò a piangere chiedendo perdono. «E’ tutta colpa tua, dannata Fate! Si può sapere che ti è saltato in mente di farmi venire fin qui? Dannata, stupida mocciosa!»

«Kim! Non fare male a Fate!» la rimproverò Amu, a cui da tempo si era risvegliato lo spirito di sorella maggiore. «Poverina, è così piccola! E voleva solo stare con te... non essere cattiva!»

Kim smise di strattonare la sorellina, raggelata in un’espressione basita. «Cattiva? Io sarei cattiva con lei?» rivolse a Fate uno sguardo disgustato. «Sì, come no.» sospirò, la lasciò andare e si rassettò il vestito. «Bene. Ora... Shirley, ma ti sembra questo il momento di arrivare?»

La ragazza, che se l’era presa veramente molto comoda, si era infatti appena riunita al gruppo. Non si degnò nemmeno di rispondere alla sua creatrice: si limitò ad un’alzata di spalle.

Kim sospirò di nuovo, scuotendo la testa. «Vabbé. Comunque, ci sono un paio di domande che gradirei fare a te e a Jason, giusto per capire a che punto siamo della storia e non correre rischi inutili. Rispondete sinceramente, anche se alcune potrebbero essere un tantino imbarazzanti, ok?»

Altra alzata di spalle da parte di Shirley, un sorriso disponibile da parte di Jason. Amu e Ikuto, non avendo niente di particolare da fare oltre aspettare che un buco nero li inghiottisse, rimasero lì ad ascoltare e farsi così un po’ di fatti altrui.

«Ok, incominciamo. Vi siete già persi nella foresta?»

«A-ha.» confermò Shirley.

«Sì, qualche giorno fa.» rispose Jason.

«D’accordo. Dopodiché avete soggiornato per un po’ nel villaggio dei folletti?»

Shirley rabbrividì alla sola parola ‘folletti’, e quella era già di per sé una risposta. Le avevano fatto una testa così con le loro vocette squillanti, tanto che ora li odiava come nessun’altra creatura.

«Sì, ci siamo trattenuti giusto il tempo necessario a riprenderci dalla nostra piccola avventura nella foresta.» rispose Jason per lei.

«Tsk.» fece Shirley. «”Avventura”, la chiami tu. “Tentato suicidio”, lo chiamo io.»

«Beeene.» continuò Kim. «Avete già passato una notte qui?»

«Sì.»

«Sì.»

«Siete stati al Centro Dislocamenti?»

«Eh?»

«No, non ancora.»

«Al negozio di cristalleria magica?»

«Decisamente no, me ne ricorderei.»

«No.»

«Vi siete baciati?»

«NO!»

«...sì.» ammise Jason con un certo imbarazzo, sfregandosi la nuca.

Shirley cambiò colore nel giro di uno punto tre secondi. «CHE COSA?!»

«No, ecco...» il ragazzo arretrò di qualche passo, per timore che Shirley potesse saltargli addosso da un momento all’altro (cosa che normalmente gli avrebbe fatto piacere, ma non con intenzioni omicide annesse). «Ha chiesto di dire la verità e... insomma, è la verità. »

«Allora com’è che non mi ricordo assolutamente nulla del genere?» ringhiò Shirley.

«E’ che... ti ricordi l’altro giorno, nelle Ombre[1]? E-eri così sconvolta, e io ero talmente preoccupato e... insomma, è successo, e quando ti sei svegliata, ieri mattina, avevi dimenticato tutto...» tentò di spiegare, confusamente.

La modalità pentola-a-pressione di Shirley era diversa da quella di Amu. I liveli di rossore e vapore erano più o meno gli stessi, ma la biondina aveva la particolarità di aprire e serrare i pugni a scatti, producendo uno sfrigolio pericolosamente simile a quello della corrente elettrica.

Per questo, il mio consiglio sincero è sempre stato: MAI far arrabbiare o imbarazzare una strega. E’ pericoloso e non sempre si rimane vivi per raccontarlo.

Kim, l’unica che non sembrava impaurita da lei, la tirò delicatamente per un gomito (la parte più alta del suo corpo che era in grado di raggiungere). «Ehi, Shir, non è una cosa di cui ti devi imbarazzare.» disse, con un sorrisetto che doveva essere rassicurante ma in realtà significava “Soprattutto perché mi diverte un mondo”. «Sono cose che capitano, in momenti di crisi. Non sapevate cosa stavate facendo. Jason ci è rimasto molto male quando ha scoperto che non te ne ricordavi, e non te ne ha parlato solo perché temeva che tu reagissi... beh, così. Quindi tranquilla, ok?»

Shirley non si tranquillizzò per niente finché non fu riuscita a dare un altro schiaffo a Jason, ma per lo meno si limitò a quello.

 

«Certo che però è molto comodo...» stava ragionando Ikuto, intanto. «Amu... ti capita spesso di perdere la memoria?»

«No... ma, aspetta, che razza di domanda è?!» esclamò lei, arrossendo di colpo.

Ikuto sospirò. «Niente... dovrò trovare un altro modo.»

«”Un altro modo”...? D-di-di-di che stai parlando?»

«Ho detto che non era niente... roba da grandi...»

«Piantala di prendermi in giro!»

 

«Sei sempre così violenta.» stava piagnucolando Jason nel frattempo, premendosi contro la guancia la borsa del ghiaccio che aveva appena fatto apparire. «Era solo un bacio, non è che abbia fatto niente di male...» la fissò di sottecchi, per poi aggiungere in un borbotto: «Senza contare che sei stata tu a saltarmi addosso, tanto per cominciare.»

«Ma che dici, io non farei mai niente del genere!» esclamò Shirley, ancora paonazza.

«Non te lo ricordi, ma l’hai fatto!» l’aggredì Jason di rimando, evidentemente più che scocciato. «Eri tutta un “Jason, oddio, ho fatto una cosa orribile!”, con quegli occhioni pieni di lacrime, mentre ti tenevi così stretta a me che pensavo non mi avresti più lasciato andare... che cosa dovevo fare, Shirley? Rimproverarti per esserti andata a cacciare in quella situazione o, non lo so, prenderti a schiaffi per farti riprendere? Io...» abbassò lo sguardo, anche lui parecchio rosso in viso. «Volevo solo che smettessi di piangere.»

Shirley ammutolì, completamente colta alla sprovvista da quello sfogo improvviso. Un pomodoro si sarebbe sentito profondamente umiliato dal colore così splendidamente rosso che aveva assunto il viso della giovane strega.

 

Per una di quelle ragioni che solo gli scrittori possono comprendere, grandi lacrime stavano rotolando incontrollatamente sulle guance di Kim, mentre assistiva alla scena. «Così innamorati... così innamorati...» continuava a sussurrare tra sé, consumando un fazzoletto dopo l’altro.  

«Lo sai, Amu?» disse invece Ikuto, continuando ad osservarli con un’espressione sconvolta. «Mi sono sempre segretamente lamentato di te e di come fossi spesso incomprensibile e difficile da avvicinare, ma ora mi sento molto fortunato ad averti.»

Non si può dire che Amu arrossì, perché il rossore non era mai svanito dalle sue guance. «S-s-si può sapere di che parli?»

«Niente. Roba da grandi.»

«Ancora?!»

 

«Sei... un’idiota!» l’urlo di Shirley interruppe tutta la serie di considerazioni, lasciando tutti quanti senza parole. Il povero Jason in particolare. «Un grande, grandissimo idiota!» continuò, i pugni stretti fino a far sbiancare le nocche. «Sarebbe stato meglio se non ci fossimo mai conosciuti!»

 

Amu, a cui le parole di Jason avevano innescato la modalità dere-dere, aveva voglia di prendere Shirley per le spalle e chiederle cosa diamine non andasse nel suo cervello.

Ikuto era considerevolemente spaventato da una ragazza instabile perfino più di sua sorella, e se la sarebbe filata molto volentieri.

Kim aveva bisogno di un’altra scatola di fazzoletti.

Fate, poco toccata dal trambusto intorno, stava rifornendo la sorella e buttando via i kleenex usati.

Jason stava considerando di prendere veramente a schiaffi la ragazza di cui era innamorato.

 

Ma nessuno ebbe il tempo di fare alcuna di queste cose, perché un attimo dopo la terra scomparve da sotto i loro piedi, e si ritrovarono di punto in bianco a precipitare.

 

...nel frattempo, Tadase.

«Konami, pensi che se trovassimo dei delfini, che, si sa, sono intelligentissimi, potremmo cavalcarli e farci portare al covo dei rapitori?»

Konami fissava Tadase con ammirazione. O, più probabilmente, dormiva a occhi aperti.

«Sì, lo so.» disse Tadase, guardando l’orizzonte lontano. «Modestamente, anche a me pare un’ottima idea.»

 

Più vado avanti e più la storia diventa sclerata! Ommioddio o___o”

Mi scuso per Shirley e i suoi sbalzi d’umore, hai suoi buoni motivi... nel prossimo capitolo sarà approfondita la sua storia situazione mentale grazie a un incontro ravvicinato... con Ikuto!?

Riusciranno i nostri protagonisti a tornare ognuno a casa propria, o il malvagio cameraman avrà la meglio su tutti? (a proposito, in questo capitolo non s’è fatto vedere... starà tramando qualcosa?)

E poi: riuscirà Tadase a ritrovare i suoi compagni? Ne dubito, ma tanto: a nessuno importa. xD

Continuate a seguirmi e a recensire nonostante le demenzialità che scrivo, mi raccomando!



[1] Le “Ombre” sono un quartiere, se così si può dire, della città in cui si trovano adesso i ragazzi. Come si può intuire dal nome, non è un posto molto raccomandabile, ma, per motivi negati alla nostra comprensione, Shirley ha finito per andarcisi a ficcare in piena notte, così che Jason è dovuto andare a salvarla. Per così dire, visto che sono rare le occasioni in cui Shirley abbia bisogno realmente di essere salvata, e quella di cui parliamo non era esattamente una di queste. Ma è una lunga storia.

   
 
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