Every story has a beginning.
The untold story
of Edward
Masen...
before Edward
Cullen...
A lost love torn apart for Eternity
The Twilight Saga's
Celestial
Mi rigiro nel letto non riuscendo a trovare
nemmeno un attimo di pace. Il peso nello stomaco e nel petto mi opprime. Di
notte mi sveglio per mancanza d'aria e flotti di sangue escono dalla mia bocca
come un fiume in piena.
Barcollo per la stanza sostenendomi per la parete. Ho
bisogno di un bicchiere d'acqua. «Beth, devo portarti in
ospedale.»
La voce di Carlisle arriva come una frustata. Mi lascio
andare sul pavimento del corridoio in modo da poter sentire comodamente la
conversazione che si sta svolgendo al piano
inferiore.
«E anche lui sta morendo.» aggiunge in un sussurro che
quasi faccio fatico a sentire. Se fossi più forte andrei di sotto e gli darei un
pugno sulla guancia.
Perchè deve far soffrire così mia mamma? La sento tossire
ed il mio sguardo vaga nel corridoio dove mio padre probabilmente sta ancora
dormendo del tutto ignaro che Cullen si trova a casa sua praticamente in piena
notte.
«Ricordati la
promessa...»
Cullen rimane in silenzio sospirando, «Solo quando sarà il
momento.»
«Grazie.» balbetta mamma per poi iniziare a
tossire.
«Sei sicura Elizabeth?» Il tono di Cullen è duro e
smanioso di ottenere una risposta.
«Sapere che mio figlio vivrà...questo mi
permetterà di andarmene seneramente.»
E' l'ultima cosa che riesco a sentire prima
di perdere i sensi.
Le palpebre sono
troppo pesanti per aprire gli occhi.
Accendo la mente e tutti i sensi per cercare
di capire dove sono, muovo leggermente le dita allungandole per tastare il
pavimento ma è troppo morbido per essere il parquet di casa. Mi devono aver
raccolto e portato in camera.
Inizio ad ascoltare i rumori notando che c'è
troppo rumore, fin troppo.
Preso dal panico i miei occhi si aprono di
scatto rivelando una stanza bianca che non è la mia e delle coperte ruvide che
non sono le mie.
Cerco di alzarmi per permettermi una visuale migliore ma
il peso allo stomaco m'impedisce di farlo lasciandomi ricadere a peso morto su
quel letto.
Sono all'ospedale
maledizione!
Mi metto ad urlare per non so quanto fino a quando non
arriva un'infermiera con una siringa in mano.
Mi guarda con gli
occhi di fuori prima di inniettarmi qualcosa direttamente nel tubicino che
finisce dritto nelle mie vene.
Lentamente il peso diminuisce e gli occhi
tornano ad essere pesanti, troppo pesanti.
Qualcuno mi sta
sfiorando la fronte.
Sollevo le palpebre trovando Carlisle proprio di fronte a
me. «Ti è salita la febbre. Ho dovuto portarti qui, sei peggiorato più
velocemente di quanto mi aspettassi.» spiega ma la mia gola è troppo arsa per
pronunciare anche solo una parola.
«Andrà tutto bene
Edward...»
Innietta nuovamente qualcosa in endovena ed io perdo i
sensi scivolando nel buio più totale da cui difficilmente riuscirò ad
uscire.
Nella 17A non sono
solo.
Accanto a me altri malati che giorno dopo giorno vedo sparire fino a
quando non sento l'ultimo respiro dell'uomo accanto a
me.
Arriviano le infermiere e lo portano via. Ora sono
veramente solo.
Io e il mio respiro, il mio
dolore.
Pian piano il mio cervello inizia a delirare. Rivedo i
miei genitori che mi accolgono a braccia aperte e mi dicono che andrà tutto
bene, rivedo la sera del debutto di Eve.
Rivedo Robert e Kristen
sorridenti.
Il volto di mia madre spensierato e
giocoso.
Una porta si apre e un rumore di passi si avvicina, vengo
riportato alla realtà bruscamente perchè io, nel delirio, ero vivo. Qui sono
morto.
Vedo Carlisle. Il dottor Cullen si siede sulla sedia
accanto al mio letto che è stata usata solo da una suora che ha avuto l'ardire
di avvicinarsi così tanto a noi malati da pregare per la nostra anima. Il peso
sullo stomaco che sento è una conferma di non aver sognato
tutto.
Una bibbia è stata appoggiata sul mio
corpo.
Avrei voluto leggerla per una volta ma il mio corpo è
fortemente debilitato dalla malattia. Immagino di suonare il piano, il mio
sfogo...le mie dita si muovono lentamente intonando una melodia nella mia
testa.
La melodia della mia
morte.
Improvvisamente sento una pressione sulla mia mano,
sollevo le palpebre capendo che mi ha semplicemente afferrato la mano. Non
riesco a decifrare il suo volto.
È turbato,
agitato.
Si sporge verso di me tenendomi sempre per mano, «Ho fatto
una promessa a tua madre...» sussurra accanto al mio orecchio. «Intendo
onorarla.» aggiunge accarezzandomi il volto fino a scostare leggermente il
colletto della camicia.
«Ti faccio dono di un'altra vita. Sarai mio
figlio...»
Non faccio nemmeno in tempo ad elaborare le sue parole che
sento zampillare il sangue fuori dalla mia gola, sento il sangue fluire fuori
dalle mie vene ma nello stesso tempo un fuoco prende il suo
posto.
Un rumore assordante riempie la camera, capisco di star
gridando solo dopo svariati minuti. Il mio corpo si contrae in posizioni
innaturali.
Non ho mai pensato all'inferno o al paradiso ma adesso,
ancora prima che il mio cuore cessi totalmente di battere, so che l'inferno mi
sta reclamando a gran voce.