Due persone di troppo
Ary POV
Eravamo verso la fine di aprile e stavamo organizzando il fatidico
pranzo. Si, stavamo, io e la Ila.
Simo aveva tolto i gessi da pochi giorni, doveva fare terapia e cose varie per tornare a camminare e a muovere il braccio, ma diceva che in un paio di settimana sarebbe tornato come nuovo.
Non eravamo molto sicure io e la Ila di questa cosa, ma provavamo a crederle.
Ero a casa sua, stavamo organizzando il pranzo, cioè dove andare, almeno per prenotare ed essere sicura di trovare un tavolo.
-Senti, dove andiamo a mangiare?- chiesi io per la centesima volta alla Ila.
-Non lo so. Non ne ho la più pallida idea. Tu che dici?
-Non so nemmeno io.
-Ragazze, se andate avanti così farete notte.- si intromise la mamma della Ila.
-Vero. Dobbiamo pensare a qualcosa Ary.
Si, lo sapevo pure io, ma a cosa?
-Quando avreste intenzione di fare questo “pranzo”?- disse mettendo tra virgolette la parole pranzo con le dita.
-Verso metà maggio, una domenica.
-Forse so dove potremmo andare.- disse la mamma della Ila, la nostra salvezza a quanto pareva.
-E cioè?
-Sai che i nonni in quel periodo vanno sempre in vacanza due settimane, potremmo andare a casa loro e fare da mangiare noi. Io e la Au facciamo da mangiare e stiamo là. La vista è magnifica, la casa pure. Non è un brutta idea, no?
Brutta idea? Era perfetta. Non dovevamo spendere i soldi per il ristorante e forse avremmo risparmiato. A casa dei nonni della Ila era perfetto, la casa era stupenda, la vista era a dir poco spettacolare. Avevano un balcone che dava completamente vista lago, era da togliere il fiato, soprattutto se la giornata era bella. Poi c’era anche la piscina.
-Perfetto, mamma. È perfetto. Non ci avevo pensato. Bene, quindi per il posto siamo a posto, non dobbiamo nemmeno preoccuparci, dobbiamo solo sapere quando quel rincretinito riuscirà a camminare.
Sua mamma rise, io la guardai male.
-Senti, certe volte è un rincretinito va bene?- si giustificò la Ila.
Ma dai, povero. Non era un rincretinito, non era colpa sua se aveva fatto un incidente e si era rotto una gamba e un braccio, bisognava ringraziare che non fosse morto, se no in quel momento non saremmo state ad organizzare il pranzo.
-Chiamalo. – le dissi.
-Chi dovrei chiamare?- mi chiese incredula.
-Simo. – mi sembrava ovvio.
-A fare?- ma era mai possibile che questa ragazza, non capisse mai un cazzo?
-Chiamalo.
Prese il cellulare e lo chiamò.
-Ciao……volevo sentire come andava……Saluta Edo alla Ary e a me……ti saluta – rivolta verso di me –si, certo……chi è questa?.........da quant’è che ti hanno tolto il gesso? Tre fottutissimi giorni? E tu sei già in un bar? Ma quando cazzo crescerai un po’?.........fottiti.
Chiuse la chiamata.
-Dove sono?- le chiesi vedendo che fosse arrabbiata.
-Non lo so.- mi disse arrabbiata.
Rimasi paralizzata. Aveva appena fatto una scenata e non sapeva nemmeno dove fosse? Cioè fossero, c’era anche Edo.
-Cioè, scusa hai appena fatto una scenata e non sai neanche dov’è. Potrebbe essere al supermercato, in un negozio.- ero indignata.
-Simo al supermercato?- mi chiese lei sbalordita.
-Non sei stata tu a dirmi che Simo aveva fatto l’incidente mentre stava andando al supermercato?
Abbassò lo sguardo, segno che avevo ragione.
-Richiamalo.- le dissi io convinta.
-No.- mi rispose lei secca.
-Veloce.- le dissi in modo da non ammettere repliche.
-No.- ed invece lei aveva replicato. Come c’era da aspettarsi.
Stavamo ancora discutendo se doveva chiamarlo o no, elencando i vari motivi per cui avrebbe dovuto chiamarlo o meno.
Stavamo leggermente gridando, avevamo la porta aperta, il cane abbaiava, ma non ci facemmo molto caso, abbaiava quasi sempre e per tutto.
Per nostra fortuna la mamma della Ila era uscita, se no avrebbe cominciato anche a lei a dircele dietro.
Suonarono al campanello. La Ila si alzò e andò a vedere.
-Senti, piantala. Non lo…..- si bloccò.
-Che cosa ci fate qui?- sentì dire dalla Ila.
Chi c’era?
-Siamo venuti a trovarvi.
Questa era la voce di Simo, il che voleva dire che c’era anche Edo.
Mi fiondai alla porta.
-Ciao Ary.- mi disse Simo sorridendo.
-Ciao.- sorrisi.
-Io non faccio entrare gli sconosciuti.- disse la Ila seria.
Stava scherzando? Non voleva farli entrare? Io si che volevo che entrassero. Poi ad un certo punto si mise a ridere.
Andò ad aprire il cancello. Simo era con le stampelle, anche se qualcosa riusciva a camminare.
-Ciao.- Edo si avvicinò a me e mi baciò. Dovetti alzarmi sulle punte per baciarlo, ma poi mi prese in braccio.
Ero avvinghiata a lui con le gambe.
Entrammo in casa e si mise a sedere sul divano, continuando a baciarmi.
Mi stava sfuggendo la situazione di mano. Cosa stava succedendo?
Mi staccai da lui controvoglia, ma dovevo far tornare la situazione normale e cercare di calmare i miei ormoni impazziti.
Non appena mi staccai, lui mi prese ancora il viso tra le mani e venne vicino per ribaciarmi. Lo lasciai fare, mi appoggiò le mani sulla schiena e mi attirò più a se.
Stavolta mi staccai con più forza.
-Edo, mi spieghi che stai facendo?- gli chiesi poco convinta.
-S-si scusa, mi stavo lasciando prendere un po’ la mano. Non volevo, ma ho voglia di te.- mi disse con il fiatone.
Cosa? Aveva appena detto che aveva voglia di me?
Un po’ la cosa mi faceva piacere, ma eravamo insieme solo da tre mesi, non volevo fare le cose troppe veloci e soprattutto affrettate. Non volevo fare la fine di una che conoscevo che aveva perso la verginità con uno a cui era insieme da un mese e poi dopo una settimana si erano mollati. Non volevo fare la stessa fine e poi non mi sentivo ancora pronta, nonostante con lui lo avessi voluto fare, ma di certo non adesso e non a casa della Ila.
Venni riscossa dai miei pensieri dalla Ila che urlava e rideva.
-Da-dai Simo p-piantala.- rideva – mi fai cadere la sigaretta.
Andai a vedere cosa stavano combinando e vidi due scemi che ridevano: Simo era sopra la Ila che le faceva il solletico, lei era sdraiata per terra che si dimenava, rossa come un peperone.
-A proposito di sigaretta, quando guardiamo quelle due ore di quelle bella gnocca della Fico?- chiese lui divertito.
Lo fulminò con lo sguardo.
-è possibile il giorno del mai?- gli rispose lei.
-No. Hai perso, ora paghi.
-Se avessi perso tu, non penso che mi avresti fatto fare uno spogliarello con un altro mentre tu mi guardavi però.
Rimase in silenzio, la guardò.
-certo che te lo avrei fatto fare.- poco convinto.
Lei lo guardò come per dire “si, certo come no.”
-Ok, va bene. Avrei cercato in tutti i modi di non fartelo fare.
-Benissimo, quindi io non voglio sorbirmi due ore di te che dici “che bella gnocca” “che bel culo” “guarda questo” “guarda quello” “ma quello è un brufolo sul culo? Si, oddio è bello pure quello.”
Simo cominciò a ridere.
-Sai che ti adoro quando fai la gelosa?- disse chinandosi per baciarla.
-Io non sono gelosa.- disse lei guardandolo male.
-Ah no? Cosa sei allora?- aveva alzato il sopracciglio.
-Provo una certa repulsione verso quella ragazza, è più forte di me.
Erano a pochi centimetri di distanza.
Si stavano guardando intensamente negli occhi, si avvicinarono piano…
-Spike…- urlò la Ila.
Cominciai a ridere. Spike si era intromesso e aveva leccato tutta la faccia alla Ila.
-Oddio, che puzza. Mamma mia.
Ci stavamo sbogiando tutti tranne lei.
Simo la aiutò ad alzarsi.
Entrammo in casa ed andammo a guardare un film.
Eravamo su due divani diversi: io ed Edo su uno e la Ila e Simo su un altro.
La Ila mise su un Dvd.
-Scelgo io?- chiese.
-Basta che non scegli qualcosa di palloso.- disse Simo.
-Palloso? Non credo proprio.
Parte la pubblicità iniziale. Poi mi trovo davanti la faccia di Vin Diesel. Oddio, Fast and Furious Solo parti originali. Se adoravo quel film.
Mi misi ad urlare.
La Ila si mise a ridere.
-Pronta?- mi chiese.
-Prontissima.- le risposi sorridendo.
Cominciammo a dire tutte le battute e ridavamo come delle sceme.
-Non vorrete farci vedere tutto il film così vero?- chiese Simo divertito.
-No.
Partì una canzone stra bella e la ballammo e la cantammo.
-Dovreste andarvene.- disse ad un certo punto la Ila.
-E perché?- chiesero insieme i nostri due ragazzi.
-Mia mamma sta per arrivare e non è il giorno giusto per conoscervi.
-Ah certo. Il giorno del pranzo. Ok, va bene. Ce ne andiamo.
-Sarà meglio che andiamo davvero.- disse Edo a pochi centimetri dalla mia bocca. Il respiro sulla mia bocca, mi provocò un brivido.
Ci baciammo e se ne andò.
Uscirono tutti e due di casa.
Andammo alla porta e guardammo l’Audi TT nera di Edo che partiva.
Quella stessa sera a casa, ripensavo a quello che ero successo il pomeriggio. Immaginavo che Edo ad un certo punto volesse di più, ma non pensavo così presto, ok, va bene, era un uomo e per un uomo non era mai presto, ma pensavo fosse diverso, che fosse diverso dagli altri. Era normale che comunque volesse approfondire il rapporto con me, voleva dire che ci teneva a me, ma non pensavo di dover pensare a questa cosa così presto. Pensavo che avrebbe aspettato o che comunque non avesse queste voglie.
Forse era solo la foga del momento, non potevo pensarci oltre, magari non sarebbe più successo e poi aveva detto che mi avrebbe aspettato, che avrebbe aspettato finché io non fossi stata pronta.
Feci fatica ad addormentarmi quella notte, la scena del pomeriggio continuava a rigirarmi per la testa.