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Autore: Novantadue    03/08/2010    0 recensioni
Charles Hughes aveva dei dubbi sulla sua normalità, ma la visita di un uomo eccentrico li ha risolti: Chuck è un mago e frequenterà la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Seguitelo nelle sue avventure al Castello, e (ri)scoprite con lui i luoghi di cui tutti avete letto nei libri della grande JK Rowling: la storia è infatti basata su ciò che la JKR ha inventato, con la semplice differenza che i personaggi che popolano il suo mondo sono completamente di mia invenzione.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II
I giorni che seguirono furono tormentati e difficili.
La signora Hughes ancora non aveva accettato il fatto di doversi separare da suo figlio per così tanto tempo, e quindi passava la maggior parte del suo tempo seguendo quest’ultimo come un’ombra.
Il signor Hughes, invece, trascorreva la giornata chiuso nel suo ufficio a fare telefonate a parenti ed amici per informarli che suo figlio, il piccolo Chuck Hughes, era stato ammesso al famoso conservatorio svizzero e sarebbe partito all’inizio di settembre per passare l’intero anno scolastico lì, tornando solo per Natale.
-Non sapevo che Charles fosse un amante della musica classica!- Aveva detto la nonna Elizabeth udendo la notizia.
-No, mamma, infatti non lo è.- Si giustificava Oliver –è solo che lo vogliamo allontanare da questa città…conosce gente che non ci piace.-
In tutto ciò, poi, Chuck doveva fingere di essere arrabbiato con i suoi genitori, mentre in realtà erano giorni e giorni che rileggeva la lettera di Hogwarts, ancora incredulo dell’accaduto, e non riusciva a togliersi quel sorriso ebete dalla faccia.
Il signor Robinson aveva spiegato ai signori Hughes come arrivare alla via magica dove si compra l’occorrente per la scuola, Origon Anney o una cosa simile, e come raggiungere il treno che avrebbe condotto loro figlio presso la sua nuova scuola, ma Chuck era troppo occupato a contemplare il bicchiere volante e la lettera per ascoltarlo.
Quando il signor Robinson se ne era andato, la signora Hughes si era accasciata sul divano e non aveva spiccicato parola fino al mattino seguente, mentre il signor Summers aveva parlato con Chuck.
-Sei sicuro della tua scelta?- gli chiese in tono apprensivo.
-Sicurissimo, al cento per cento! Non vedo l’ora di partire!-
Lo sguardo di Oliver si addolcì vedendo la determinazione di suo figlio, e decise subito di appoggiarlo nella sua scelta.
Dopo quel “momento di debolezza”, come lo definiva lui, sul suo volto riaffiorò l’espressione seria e composta che da sempre lo contraddistingueva. Quando la bocca si mosse, Chuck pensò subito che il padre gli volesse vietare di partire, ma quando sentì le parole del genitore si tranquillizzò e lo abbracciò.
-Bene- aveva detto il padre –allora preparati, comincio ad avvertire i parenti che andrai in un conservatorio svizzero e poi tra una settimana andiamo in quel posto che diceva il signor Robinson!-
Chuck era al settimo cielo, e non riusciva a fingere di essere arrabbiato.
Camminava per casa senza una meta e sembrava volare. Stringeva sempre la famosa lettera in mano, e l’aveva letta così tante volte che ormai poteva recitarla a memoria.

I ritmi famigliari ormai si erano ristabiliti quando il signor Hughes decise di portare suo figlio a fare acquisti per la scuola.
All’interno della sua Mercedes nera con i finestrini oscurati, percorreva con lo sguardo tutti i numeri civici della via datagli dal signor Robinson.
Sul sedile posteriore dell’auto Chuck guardava fuori dal finestrino, ma i suoi pensieri erano ben diversi da ciò che poteva lasciar trasparire: non vedeva l’ora di varcare la soglia di Diagon Alley per comprare tutto ciò che gli sarebbe servito. Più di tutto non vedeva l’ora di avere una bacchetta.
La Mercedes nera si parcheggiò all’angolo della strada e padre e figlio scesero dall’auto velocemente.
La signora Hughes aveva deciso di non accompagnarli perché, diceva, aveva troppo da fare con le faccende di casa. Chuck non ci credeva, anzi sospettava che la madre fosse spaventata dalla situazione che era nata, ma comunque fece finta di nulla ed accettò la scusa senza dire una parola.
Cercando di non farsi vedere, si diressero verso un piccolo locale che sembrava invisibile agli occhi delle persone che correvano per la strada e vi entrarono.
Chuck non aveva mai visto nulla di così strano, e a quanto pare nemmeno il signor Hughes, lo si capiva dal suo sguardo esterrefatto: c’erano ovunque persone vestite in modo eccentrico, con strani cappelli e lunghi mantelli di tutti i colori. Sulle spalle di alcuni si potevano trovare piccoli o grandi gufi, e quasi ogni persona aveva, davanti a sé, un bicchiere colmo di quella che sembrava essere birra.
-Buongiorno signori!- strillò una donna al di là del bancone.
Era una donna molto burbera, con lineamenti marcati e braccia muscolose. I capelli corvini le ricadevano sulle spalle in due trecce disordinate da sotto una bandana rossa intonata al vestito, e uno degli occhi era di vetro.
Chuck rabbrividì alla sua vista, ma cercò di mascherare la sensazione quando suo padre si avvicinò alla donna e le sussurrò qualcosa. Passarono pochi attimi che la donna uscì da dietro il bancone, lo prese per la cravatta e lo trascinò nel retrobottega.
-Vieni!- urlò il padre a Chuck, che lo seguì correndo.
Arrivati nel retrobottega, la donna disse:
-Ricordate bene questa combinazione…primo anno eh! Devi essere un Nato Babbano, altrimenti sapresti come accedere!-
Con queste parole tirò fuori la bacchetta da sotto il mantello e colpì in sequenza quattro mattoni del muro di fronte a loro. Fatto ciò se ne andò senza aggiungere altro, ma Chuck avrebbe giurato che gli avesse fatto l’occhiolino.
Quando portò nuovamente lo sguardo al muro, vide prima suo padre a bocca aperta, e poi che alla massiccia parete si era sostituito un arco.
Oltre l’arco c’era uno degli spettacoli più affascinanti che Chuck avesse mai visto: un mare di persone vestite in modo tanto strano quanto quelle che erano nel locale si affrettava a fare acquisti, mentre bambini si rincorrevano per la strada e gufi di tutti i colori e dimensioni volavano in aria, alcuni con dei foglietti attaccati alle zampe.
Incantato da quella visione, Chuck sussultò quando il padre gli disse, in modo burbero ma che nascondeva l’ammirazione:
-Andiamo? Prima fermata, la banca! Dobbiamo pur cambiare i nostri soldi, no?-
Chuck annuì, e seguendo il padre attraversò quell’infinità di persone per arrivare poi, dopo cinque minuti di camminata, davanti ad un edificio altissimo, bianco e antico. L’insegna sopra il grande portone d’ingresso recitava chiaramente “Gringott “.
Il signor Hughes e suo figlio stettero qualche attimo a gustarsi lo spettacolo, ma presto Oliver prese il ragazzo per mano e lo trascinò dentro, attraverso la grande porta di legno massiccio.
Ormai Chuck non riusciva più a immaginare cos’altro di strano potesse esserci in quel mondo a lui nuovo: tantissimi piccoli uomini con delle dita lunghissime e dei nasi adunchi si aggiravano per l’atrio e dietro i banconi, contando soldi, parlando con maghi di tutte le età e pesando ogni genere di oggetti su bilance d’oro.
Sempre trascinato dal padre, Chuck si avvicinò ad un bancone vuoto, dove uno di quegli esseri li accolse con uno strascicante e annoiato –Prego, in cosa posso aiutarvi?-
-Buongiorno- Esordì il padre di Chuck, evitando accuratamente di chiamarlo “signore” e cercando di dissimulare l’inquietudine per la vista di una cosa tanto fuori dal comune. –volevamo cambiare del denaro-
A queste parole la creatura si tirò su e disse, più energicamente di prima:
-Perfetto…posizioni ciò che vuole cambiare qui, davanti a me.- Disse indicando con il lungo dito una rettangolo di cuoio posizionato sopra il bancone. Chuck notò che quel cuoio aveva qualcosa di stano…forse perché lo caratterizzava una sfumatura verde?
Titubante, Oliver Hughes tirò fuori dalla tasca un portafoglio rilegato in pelle di una delle marche Babbane più prestigiose ed estrasse mille sterline tonde. Indugiando ancora le posò davanti a “quel coso” e attese.
Chuck guardava tutta la scena affascinato. In fondo si trattava solo di un cambio di denaro, ma non vedeva l’ora di poter osservare da vicino la moneta magica.
-Un attimo, prego-disse l’essere in tono autoritario, per poi sparire oltre una tenda dietro il bancone.
Padre e figlio stettero zitti a guardarsi intorno, finché dalla tenda non tornò la creatura con un sacchetto che sembrava essere abbastanza pesante pieno di monete tintinnanti.
-Prego- sussurrò al signor Hughes, e senza altre parole tornò ai suoi calcoli. Gli Hughes intuirono che l’operazione fosse finita.
Insieme cominciarono a camminare verso l’uscita, e giunti fuori, sotto il sole caldo e cocente dell’estate, il signor Hughes, impettito, domandò al figlio, fiero:
-Da dove vogliamo cominciare?-
E Chuck sorrise.
  
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