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Autore: Shinalia    03/08/2010    3 recensioni
Salve!!! Questa serie di racconti vuole scoprire il lato comico e demenziale della Saga della Zia Steph. Possiamo divertirci a immaginare i nostri personaggi preferiti nelle insolite vesti degli eroi fiabeschi e catapultarli in situazioni decisamente paradossali.
La raccolta consiste in una serie di racconti che vede come protagonisti:
Alce e Jasper; ( fata dei fiori/Peter Pan )
Emmet e Rosalie;
Edward e Bella;
Carlisle e Esme;
Jacob e Nessie;
e altre coppie citate nella saga o anche coppie inventate e miste.
Se l'idea vi interessa non esitate a partecipare MA vi preghiamo di attenervi alle info e regole che troverete nel primo capitolo! ^^
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Jasper Hale, Renesmee Cullen
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salveeee!! questa volta tocca a me postare la nuova one-shot *O* non aspettatevi nulla di che, è solo un tentativo bislacco di tirar fuori qualcosa di divertente. Baciotti.


Lupus in fabula: quando i Vampiri diventano fiaba!

Le vendette contro un povero lupo


Eravamo nell’immenso salone di casa Cullen, io e il mio lupo, accomodati ad una certa distanza dal perfetto divano bianco di nonna Esme. L’ultima volta che zio Emmett, durante uno dei suoi soliti scherzi, aveva macchiato la tappezzeria, l’ira della nonna era stata tale che il povero vampiro era stato costretto a due mesi di lavori forzati.

Completa ristrutturazione della casa, assecondando ogni volere di quella donna all’apparenza tanto dolce, ma nell’intimo tanto sadica.

Poveraccio.

Bhe, io non intendevo fare la stessa fine!

Quel giorno comunque avevo invitato Jacob, per festeggiare il termine della sua ultima missione. Nulla di eclatante, ma era stato costretto a fare da balia ad un nuovo licantropo alle prese con la sua prima trasformazione e, questo, ci aveva costretti a stare lontani per alcuni giorni. Una situazione decisamente scocciante.

Di rado trascorrevamo più di dodici ore senza vederci, ormai la mia maturazione psicofisica era giunta al suo culmine ed io ed il mio lupo eravamo ufficialmente fidanzanti da tre anni. Ben poca cosa rispetto all’eternità e per tale motivo, ci avevano espressamente vietato di vivere insieme.

Papà rifiutava categoricamente l’idea di pensarmi diversamente dalla piccola pargoletta che trascorreva i pomeriggi, seduta sulle sue gambe, suonando il piano.

Peccato che da allora fosse passato ormai un discreto tempo.

Scossi il capo, mortalmente avvilita. « E quindi anche Wel è nel branco! » esclamò Jacob, ingurgitando in un sol boccone la fetta di torta al cioccolato, che avevo appositamente preparato per lui.

La prossima volta doppia dose. Fui costretta a constatare, storcendo il naso, notando la teglia ormai vuota. Ma cos’ha al posto dello stomaco? Un buco nero?

« Quindi questo Well è il figlio di…? » domandai distrattamente, solo vagamente interessata. Le questioni del branco non avevano mai attirato la mia attenzione, con le loro regole, i loro ordini ma soprattutto i continui problemi che quell’ammasso di indisciplinati creavano. Purtroppo, come compagna dell’alpha, ero costretta a sorbirmi spesso qualche noiosa e petulante riunione o porre al mio lupacchiotto qualche domanda, fingendo di essere interessata.

Cosa non si fa per amore!?

« Figlio? »

Mi voltai verso di lui, tentando di comprendere il perché della sua espressione vagamente perplessa. « Che ho detto? »

Increspò le labbra, in un sorriso divertito. « Well sta per Welsy, è una ragazza, una licantropa? » specificò, come fosse ovvio.

Bhe, di ovvio non c’è assolutamente nulla.

Aspetta aspetta… ha detto donna?!

Scattai in piedi come una molla, digrignando i denti. « Vuoi dirmi che per due giorni non ci siamo visti perché tu hai fatto da balia, da solo, ad una licantropa femmina in giro per i boschi. »ringhiai furente, avvertendo la rabbia montare in me ed infrangendo le dighe della ragionevolezza.

Ma stiamo scherzando, per caso!?

Quasi non percepii la forchetta maciullarsi nella mia presa ferrea, notando appena il corpo di Jake che si allontanava, timoroso della mia reazione.

« Amore, ma che ti prende? » mormorò incerto, deglutendo a fatica.

« Pezzo di imbecille. – urlai, oltremodo furibonda. – Esci da questa casa se noi vuoi che io decida di torcerti il collo. »

_____________________________

 

Erano due giorni che Jacob tentava in ogni modo di attirare la mia attenzione, per ottenere il mio perdono, pur essendo completamente all’oscuro del motivo che mi aveva spinta a cacciarlo di casa, in quattro e quattrotto.

C’erano state le rose, una serenata sotto il mio balcone – pessima idea considerando quanto è stonato. -  i biglietti per il concerto del mio gruppo preferito, una quantità di dolci al cioccolato che avrebbero sfamato un esercito – che zio Emmett ha usato per i tiro al piattello -  e alla fine mi aveva addirittura regalato un gatto.

Notai la palla di pelo nera saltellare sul mio letto, con il gravoso intento di catturare la mosca che la scherniva da oltre dieci minuti, poggiandosi di continuo sulle sue orecchie.

« Briciola, rinuncia, sei più lenta di un bradipo. » sentenziai, scuotendo il capo.

Forse comprendevo perché aveva scelto un gatto tanto adorabilmente tonto, probabilmente era l’unico così rimbambito da non tentare di graffiare il mio lupacchiotto.

I suoi rapporti con i gatti non erano dei migliori.

Stupido uomo!

Anzi… stupido botolo! Ha ragione papà quando dice che posso trovare di meglio! Pensai stizzita, stringendo tra le braccia il morbido cuscino zebrato, regalo di zia Alice. Uno dei tanti in realtà.

Rilasciai l’ennesimo sospiro carico di esasperazione, ignorando la figura poggiata allo stipite della porta, sperando comprendesse l’antifona, allontanandosi senza una delle sue solite prediche. Ancora mi meravigliavo che non si fosse intromessa, cercando di convincermi a perdonarlo, soprattutto per farlo smettere di cantare. In quel caso si era limitata ad innaffiarlo con la pompa da giardino, pur di allontanarlo.

Uno spettacolo esilarante.

« Non credi di esagerare? »

Ed eccola all’attacco.

Scossi il capo imbronciata. « Due giorni. – sibilai. – E ribadisco, due giorni, solo in una foresta con quella. »

Vidi il sorriso di mia mamma divenire sempre più ampio. Sapevo che stava trattenendo a stento le risate e questo non poté che aumentare la mia irritazione.

« Non c’è nulla da ridere. » l’ammonii, rivolgendole il più truce dei miei sguardi.

« Tu sei il suo imprinting. » mormorò ragionevole, come se questo spiegasse tutto, e in effetti è così. So che mi ama, so di essere al centro del suo mondo, ma ciò non toglie che la logorante gelosia che covo in questo momento ha il potere di annebbiare completamente i miei pensieri. Avrebbe dovuto avvertirmi, avrebbe dovuto trovare il modo per portare con sé un cellulare e soprattutto… non sarebbe dovuto andare lì.

Sono soggiogata dall’immenso mostro verde… e non sto parlando di Hulk.

« Non avrebbe dovuto. » contestai, increspando le labbra in un broncio. Sono indiscutibilmente furibonda.

Mia madre si avvicinò, sedendosi ai piedi del mio letto, osservandomi con la sua solita espressione benevola e dolce, quella che mi rivolgeva sin da bambina. « Qualcuno era costretto a tenere a bada Well, spiegandole quello che le stava accadendo e tenendola lontana dal villaggio. Sai benissimo come funzionano queste cose, è accaduto lo stesso con Nathan un paio di mesi fa. »

« Avrebbe potuto farsi sostituire da  Leath. » rimbrottai, sbuffando.

Corrugò la fronte, osservandomi scettica. « È incinta di due gemelli, non poteva certo mettersi in pericolo per un tuo capriccio. – sbottò adombrandosi. – Jake è il capobranco ed ha delle responsabilità da cui non può esimersi e tu devi imparare a sopportare se lo ami veramente. »

Sospirai colpevole, comprendendo la follia dei miei rimproveri, ma ugualmente certa che potessero esserci soluzioni più ragionevoli. Le donne del branco erano poche ed era un evento abbastanza raro che una femmina si trasformasse, ma in quei casi non mi piaceva di doverlo pensare solo con loro. È più forte di me, non voglio!

« Credi che io non desideri torcere il collo a quella gallina spennacchiata che segue il tirocinio medico, con tuo padre? – domandò, e dalla sua espressione truce intuii che se l’avesse avuta a portata di zanneo nulla limiterebbe la sua furia. – Questo non significa che io lo faccia. Sono consapevole che per tuo padre quel tirocinio è importante e non mi immischio nelle sue faccende. »

Avrei voluto ricordarle che appena la settimana prima c’era stato un piccolo incidente con un candelabro che si trovava inspiegabilmente sulla traiettoria della testa di Melany, ma mi astenni dal sottolinearlo. Meglio non svegliare il can che dorme. Rabbrividii al solo pensiero.

In compenso non potei fare a meno di riflettere sulla questione. Se mamma riusciva a sopportare di dover dividere il tempo di papà con quella racchia, a causa del suo lavoro, io potevo sorvolare su quelle rare occasioni in cui Jake avrebbe dovuto vegliare su una qualche neo licantropa.

« Ho esagerato. » ammisi riluttante, rammaricandomi per il mio comportamento oltremodo infantile. Jacob non avrebbe potuto fare altrimenti e io avrei dovuto comprenderlo.

Avvertii una dolce carezza di mia madre e non potei non sorridere. « Grazie, mamma. »

Stava per rispondere quando una strana scena si palesò ai nostri occhi, costringendoci a rivolgerle le dovute attenzioni.

Mio padre, camminando baldanzoso, per il corridoio, ci sorrise sornione, probabilmente non totalmente consapevole di stringere tra le mani un’accetta dall’aspetto non propriamente innocuo.

« Papà! – esclamai, corrugando la fronte. – Dove stai andando con quella cosa? »

Lui mi osservò sfoderando il suo più sfavillante sorriso. Ha qualcosa di inquietante la sua espressione, o sbaglio?

« Carina vero? » iniziò a sventolarla come se stesse parlando di un giocattolo, e non di un oggetto contundente, estremamente pericoloso. Certo, in una casa di vampiri i danni sarebbero stati infinitesimale, ma dubitavo che qualcuno di loro avrebbe gradito ritrovarsi un’ascia nello stinco.

« Emmett l’ha comprata lo scorso week-end. – spiegò, facendola roteare. Mi ritrassi istintivamente, accucciandomi contro la tastiera del letto. - e non hai visto la parte migliore. » aggiunse in tono cospiratorio sotto lo sguardo profondamente avvilito della mamma, che sembra essere sopraggiunta a conclusioni a me ancora oscure.

Ho la sensazione non sia un male non averlo ancora capito.

Lo osservai mentre tirava fuori dalla tasca un fazzoletto bianco, iniziando a lucidare, con una certa solerzia, il metallo lucido.

Credo abbia battuto la testa… non ci sono altre spiegazioni.

Rivolsi a mia madre uno sguardo incuriosito, sperando di ottenere le dovute delucidazioni. Mio padre mi era sempre parso un uomo piuttosto assennato, ma in quell’istante il suo sguardo dava tutt’altra impressione.

Mamy si stropicciò stancamente gli occhi. « Edward, che diamine vuoi farci con quella cosa? » la sua voce ragionevole mi rammentava il tono paziente che era solita usare con me, quando ero una bambina.

« Vendico la mia piccola, mi pare ovvio. »

Eh?

« Edward. – tuonò, avvicinandosi a lui a passo di carica. – Smettila di impicciarti e di blaterare cavolate. »

Credo di non aver capito bene.

« Io non dico cavolate! – si impuntò indignato. – E quel cane puzzolente non passerà impunito dopo aver fatto soffrire la mia bambina. »

Oh porca miseria.

Mamma ringhiò di frustrazione, strappandogli l’ascia dalle mani, con un gesto brusco, intimandogli con lo sguardo di non discutere. « Nessie è abbastanza grande da provvedere da sola e se non vuoi che lei decida di scappare di casa a causa del tuo comportamento asfissiante, cerca di essere un po’ più assennato. »

Lo vidi spalancare gli occhi inorridito da una simile prospettiva, e fu difficile trattenermi dal pensare che il giorno che avrei deciso di vivere con Jake, per costruirmi con lui una famiglia, mio padre avrebbe dato di matto. Ci penserò a tempo debito.

Fortunatamente, dopo un “no” biascicato la mamma riuscì a farlo desistere dai suoi folli propositi, sequestrandogli l’arma del delitto.

« Per pietà nascondi questa cosa nel bosco e tienila lontana da lui. » mi intimò, trascinando papà via per un braccio, seriamente preoccupata per l’incolumità del mio piccolo lupo.

Diamine, non credevo potesse arrivare a tanto.

Scrollando il capo, per mettere ordine tra i miei confusi pensieri, decisi di nascondere l’accetta e dedicarmi finalmente al mio Jacob, pronta a porgergli le mie scuse. Non che lui non avesse le sue colpe… avrebbe dovuto specificarmi che Welsy era una licantropa e non un maschio, ma in fin dei conti ero certa lo avesse fatto in totale buona fede.

O almeno lo spero per lui… oppure finirò quello che papy aveva iniziato.

Scesi in cucina, rimuginando. Per papà ogni scusa è buona per cercare di torcere il collo a Jake. Non era mai stata una novità, ma addirittura un’ascia!? Assurdo.

Tempo addietro, mamma si era premurata di informarmi che loro non avevano mai avuto un gran rapporto, a causa delle continue interferenze del mio lupo nella loro storia d’amore. Quest’ultimo e mia madre erano grandi amici e forse qualcosa di più. La notizia non mi era stata particolarmente gradita, ma ero stata costretta ad accettarla.

In fin dei conti all’epoca non ero ancora nata e Jake continuava a ribadire che il legame affettivo con Bella e ciò che lo imponeva a starle vicino, in un modo diverso dall’amicizia, dipendeva dal fatto che lei avrebbe generato me, il suo imprinting.

Solo nella mia famiglia poteva accadere una cosa tanto bizzarra…

Entrai in cucina fiutando il dolce aroma di muffin al cioccolato, individuando immediatamente la fonte del delizioso profumo, mi avvicinai con discrezione alla cesta riposta sul ripiano, accanto al frigorifero.

Un biglietto.

 “Portagli questi, per farti perdonare! Sono sicura che Jacob sarà più che lieto di spiegarti che tra lui e Welsy non c’è nulla. Non combinare nulla di stupido!

Mamma.”

Un sorriso si dipinse sulle mie labbra, come al solito aveva pensato a tutto. Come potevo non adorare mia madre?!

Afferrai uno dei deliziosi dolcetti, tentata dal buon profumo, assaporando il gusto dei pezzetti di cioccolata fondente, sciolti al suo interno.

Uhm… squisito. Sospirai estasiata sorprendendomi per l’ennesima volta della sua abilità in cucina, nonostante la sua natura. Qualche volta mi ero trovata a sospettare che un po’ le dolesse non poter preparare qualche pranzetto a papà, motivo per il quale si rifaceva con me, deliziandomi con favolosi manicaretti.

Benedico la mia natura che mi permette di ingozzarmi senza diventare una balena.

« Diamine, questa volta ha superato se stessa. » gongolai e stavo quasi pensando di correre sopra a complimentarmi con lei, quando un gemito piuttosto forte rischiò di mandarmi tutto il boccone di traverso.

Oh mio Dio!

Percuotendomi il petto, tentando di evitare una morte per soffocamento, piuttosto indegna per un mezzo vampiro, mi avviai verso il frigorifero, recuperando una bottiglietta di succo di frutta ed ingurgitandone il contenuto. Lasciai che il liquido dolciastro lenisse il bruciore, permettendo al muffin di scivolare all’interno del mio stomaco, senza ulteriori intralci.

Porco lupo, ci è mancato un pelo!

Sospirai di sollievo, schiarendomi rumorosamente la gola, per riprendermi dallo spavento.

Devo uscire immediatamente da questa casa. Pensai inorridita, avvertendo le mie guance surriscaldarsi per l’imbarazzo. Così, sbuffando sommessamente, afferrai la cesta con i muffin, pronta ad uscire, lontana dai rumori molesti prodotti al piano di sopra, dai miei genitori.

Queste sono quelle cose che i figli non dovrebbero sapere.

Rabbrividendo inorridita indossai mesta la mantellina rossa, per proteggermi dalla leggera pioggerella, ben attenta a non lasciar nessun ciuffo di capelli al di fuori del cappuccio.

Speriamo bene.

___________________________

Saltellando tranquillamente per la foresta, diretta a La Push, godei dell’aria fresca e temperata, e del profumo di foglie che mi circondava. Nulla di più rilassante. In primavera, quando ormai il vento pungente non era che un lontano ricordo, quel genere di passeggiate acquisivano tutt’altra gradevolezza. Non che io soffrissi particolarmente il freddo, ma il sangue caldo del mio corpo avvertiva ugualmente i cambi di temperatura.

Avvertii distintamente degli uggioli, non lontani dal confine, ed arrestai il mio passo, raggelata. Guaiti di due lupi si fecero eco e prima che potessi anche solo rendermene conto, poggiai il cesto dei muffin in terra, avvicinandomi silenziosa al luogo da cui provenivano quegli inquietanti rumori.

Sottovento nessuno mi avrebbe udita arrivare, celando il mio profumo, ed aiutandomi nel caso fosse necessaria una fuga improvvisa.

Quatta quatta camminai, stringendomi nella mia mantellina rossa, forse un po’ troppo appariscente per un tentativo di spionaggio

Ma al diavolo… è così carina.

Aguzzai la vista, nascondendomi dietro ad un cespuglio, per osservare meglio la scena. Cos…

Un lupo, il mio lupo, si stava rotolando tra foglie, giocando insieme a… quella deve essere Welsy.

È così che soffri, dunque, brutto cagnaccio.

Ringhiai furente, avvertendo la corteccia dell’albero sbriciolarsi sotto la mia mano. « Jacob! » sibilai a denti stretti. « Ti dispiacerebbe spiegarmi quello che sta succedendo? »

Il suo corpo si paralizzò all’istante, con le zampe all’aria ed un’espressione di puro terrore che non avrei mai pensato di poter rimirare sul volto di un simile animale, ma in quell’istante poco o nulla mi importava di quei dettagli, l’unico mio desiderio era torcere il collo a quella bestiaccia.

Ed io che mi sentivo addirittura in colpa.

« Appena ti prendo di te non resterà che un pasticcio di carne. » urlai, afferrando un sasso dal terreno scrosciante e iniziando a lanciare verso di lui tutto quello che le si presentava sulla mia strada.

Lo vidi scattare inorridito, iniziando una disperata corsa, sotto gli occhi sbalorditi di Welsy che, con grande probabilità, aveva addirittura pensato di attaccarmi ma che, sotto ordine di Jake, doveva aver deciso di desistere dai suoi intenti.

Meglio per lei… mai far arrabbiare un vampiro.

 Ma soprattutto… mai mettersi contro una donna gelosa.

« Torna immediatamente qui, botolo puzzolente e decerebrato, tutto quello che mangi deve essersi ammassato nel cervello distruggendo completamente le tue sinapsi. »

Una sequela di imprecazioni accompagnò la nostra corsa per i boschi, infrangendo la quiete del bosco. Incontrammo più di un membro del branco, per non parlare di zio Emmett che prese a fare il tifo per la sottoscritta, esultando come un bambino ad una partita di della sua squadra preferita. Li ignorai bellamente, ma accettai volentieri i consigli di zio Jasper per un attacco efficace, riuscendo a colpire più di una volta il lupo in corsa.

Adoro la mia famiglia.

____________________

Due ore dopo e qualche acciacco più tardi.

Jacob mi fissava furente. « Avresti potuto spiegarmelo prima qual’era il problema. – sobbalzò, trattenendo un latrato, mentre applicavo l’ennesima medicazione - Ti avrei rassicurata. »

« Colpa tua! – esclamai indignata. – Ti sembra normale giocare rotolandosi nelle foglie con quella? »

Il suo sospiro esasperato mi urtò fortemente, ma evitai di lasciarmi invadere nuovamente dalla furia. « Tu sei il mio imprinting e anche Welsy ha il suo. La tua gelosia è stupida. »

Stupida, eh!?

Applicai il cerotto con una certa irruenza, godendo della smorfia di dolore dipinta sul suo viso.  « Dicevi? » soffiai, sorridendo soddisfatta.

« Niente. - gorgogliò titubante, schiarendosi la gola. – Non sai quanto ti amo. » continuò in un flebile sussurro.

« Ecco, così va meglio. »

Lo vedi chinare il capo ed osservarmi di soppiatto mentre le sue labbra si piegavano all’ingiù, nella patetica imitazione di un broncio. Ma guarda tu che faccia da schiaffi!

Sbuffai, alzando gli occhi al cielo, palesemente irritata. « Ok, forse sto esagerando. – ammisi riluttante. – Solo che non voglio che nessuno mi porti via il mio lupo. »

Il suo sguardo si addolcì all’istante, forse ammorbidito dalla mia gelosia, una cosa non totalmente estranea alla nostra coppia, solo che di solito era lui ad abbandonarsi alle scenate. « Non succederà. » mi rassicurò, accarezzandomi dolcemente la guancia.

Jacob osservò con un sorriso la mia mantellina rossa, di cui non mi ero ancora disfatta, troppo attenta a prestare soccorso al mio cucciolo ferito. Il fatto che fossi stata io a conciarlo in quel modo era un dettaglio irrilevante, al momento. « Sei una cappuccetto rosso decisamente graziosa. »

Inclinai il capo, non comprendendo subito la sua allusione.

Sorrisi sfacciatamente. « Davvero? »

Lui annuì, piegandosi sulle ginocchia e avvicinandosi a me con movimenti fluidi e silenziosi. « E io sono un lupo tremendamente affamato!  » esclamò con un ringhio giocoso, prima di balzarmi addosso, trascinandomi in una piccola lotta fatta di baci e morsetti.

Il mio ferocissimo lupacchiotto!


Note
Prossimo aggiornamento: Ed/Bella (La Bella e la Bestia) Jma
   
 
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