Lupus in fabula: quando i Vampiri diventano fiaba!
Le
vendette contro un povero lupo
Eravamo
nell’immenso salone di casa Cullen, io e il mio lupo, accomodati ad una
certa
distanza dal perfetto divano bianco di nonna Esme. L’ultima volta che
zio
Emmett, durante uno dei suoi soliti scherzi, aveva macchiato la
tappezzeria,
l’ira della nonna era stata tale che il povero vampiro era stato
costretto a
due mesi di lavori forzati.
Completa
ristrutturazione della casa, assecondando ogni volere di quella donna
all’apparenza tanto dolce, ma nell’intimo tanto sadica.
Poveraccio.
Bhe,
io non
intendevo fare la stessa fine!
Quel
giorno
comunque avevo invitato Jacob, per festeggiare il termine della sua
ultima
missione. Nulla di eclatante, ma era stato costretto a fare da balia ad
un
nuovo licantropo alle prese con la sua prima trasformazione e, questo,
ci aveva
costretti a stare lontani per alcuni giorni. Una situazione decisamente
scocciante.
Di
rado
trascorrevamo più di dodici ore senza vederci, ormai la mia maturazione
psicofisica era giunta al suo culmine ed io ed il mio lupo eravamo
ufficialmente fidanzanti da tre anni. Ben poca cosa rispetto
all’eternità e per
tale motivo, ci avevano espressamente vietato di vivere insieme.
Papà
rifiutava
categoricamente l’idea di pensarmi diversamente dalla piccola
pargoletta che
trascorreva i pomeriggi, seduta sulle sue gambe, suonando il piano.
Peccato
che da
allora fosse passato ormai un discreto tempo.
Scossi
il capo,
mortalmente avvilita. « E quindi anche Wel è nel branco! » esclamò
Jacob,
ingurgitando in un sol boccone la fetta di torta al cioccolato, che
avevo
appositamente preparato per lui.
La prossima volta doppia dose. Fui costretta a constatare,
storcendo
il naso, notando la teglia ormai vuota. Ma
cos’ha al posto dello stomaco? Un buco nero?
«
Quindi questo
Well è il figlio di…? » domandai distrattamente, solo vagamente
interessata. Le
questioni del branco non avevano mai attirato la mia attenzione, con le
loro
regole, i loro ordini ma soprattutto i continui problemi che
quell’ammasso di
indisciplinati creavano. Purtroppo, come compagna dell’alpha, ero
costretta a
sorbirmi spesso qualche noiosa e petulante riunione o porre al mio
lupacchiotto
qualche domanda, fingendo di essere interessata.
Cosa non si fa per amore!?
«
Figlio? »
Mi
voltai verso
di lui, tentando di comprendere il perché della sua espressione
vagamente
perplessa. « Che ho detto? »
Increspò
le
labbra, in un sorriso divertito. « Well sta per Welsy, è una ragazza,
una
licantropa? » specificò, come fosse ovvio.
Bhe, di ovvio non c’è
assolutamente
nulla.
Aspetta aspetta… ha detto
donna?!
Scattai
in piedi
come una molla, digrignando i denti. « Vuoi dirmi che per due giorni
non ci
siamo visti perché tu hai fatto da balia, da solo, ad una licantropa
femmina in
giro per i boschi. »ringhiai furente, avvertendo la rabbia montare in
me ed
infrangendo le dighe della ragionevolezza.
Ma stiamo scherzando, per
caso!?
Quasi
non
percepii la forchetta maciullarsi nella mia presa ferrea, notando
appena il
corpo di Jake che si allontanava, timoroso della mia reazione.
«
Amore, ma che
ti prende? » mormorò incerto, deglutendo a fatica.
«
Pezzo di
imbecille. – urlai, oltremodo furibonda. – Esci da questa casa se noi
vuoi che
io decida di torcerti il collo. »
_____________________________
Erano
due giorni
che Jacob tentava in ogni modo di attirare la mia attenzione, per
ottenere il
mio perdono, pur essendo completamente all’oscuro del motivo che mi
aveva
spinta a cacciarlo di casa, in quattro e quattrotto.
C’erano
state le
rose, una serenata sotto il mio balcone – pessima
idea considerando quanto è stonato. - i
biglietti per il concerto del mio gruppo
preferito, una quantità di dolci al cioccolato che avrebbero sfamato un
esercito – che zio Emmett ha usato per i
tiro al piattello - e alla fine mi
aveva addirittura regalato un gatto.
Notai
la palla
di pelo nera saltellare sul mio letto, con il gravoso intento di
catturare la
mosca che la scherniva da oltre dieci minuti, poggiandosi di continuo
sulle sue
orecchie.
«
Briciola,
rinuncia, sei più lenta di un bradipo. » sentenziai, scuotendo il capo.
Forse
comprendevo
perché aveva scelto un gatto tanto adorabilmente tonto, probabilmente
era
l’unico così rimbambito da non tentare di graffiare il mio lupacchiotto.
I
suoi rapporti
con i gatti non erano dei migliori.
Stupido
uomo!
Anzi… stupido botolo! Ha
ragione papà
quando dice che posso trovare di meglio! Pensai stizzita, stringendo
tra le braccia il morbido
cuscino zebrato, regalo di zia Alice. Uno dei tanti in realtà.
Rilasciai
l’ennesimo sospiro carico di esasperazione, ignorando la figura
poggiata allo
stipite della porta, sperando comprendesse l’antifona, allontanandosi
senza una
delle sue solite prediche. Ancora mi meravigliavo che non si fosse
intromessa,
cercando di convincermi a perdonarlo, soprattutto per farlo smettere di
cantare. In quel caso si era limitata ad innaffiarlo con la pompa da
giardino,
pur di allontanarlo.
Uno spettacolo esilarante.
«
Non credi di
esagerare? »
Ed eccola all’attacco.
Scossi
il capo
imbronciata. « Due giorni. – sibilai. – E ribadisco, due giorni, solo
in una
foresta con quella. »
Vidi
il sorriso
di mia mamma divenire sempre più ampio. Sapevo che stava trattenendo a
stento
le risate e questo non poté che aumentare la mia irritazione.
«
Non c’è nulla
da ridere. » l’ammonii, rivolgendole il più truce dei miei sguardi.
« Tu
sei il suo
imprinting. » mormorò ragionevole, come se questo spiegasse tutto, e in effetti è così. So che mi ama, so di
essere al centro del suo mondo, ma ciò non toglie che la logorante
gelosia che
covo in questo momento ha il potere di annebbiare completamente i miei
pensieri.
Avrebbe dovuto avvertirmi, avrebbe dovuto trovare il modo per portare
con sé un
cellulare e soprattutto… non sarebbe dovuto andare lì.
Sono soggiogata dall’immenso
mostro
verde… e non sto parlando di Hulk.
«
Non avrebbe
dovuto. » contestai, increspando le labbra in un broncio. Sono
indiscutibilmente furibonda.
Mia
madre si
avvicinò, sedendosi ai piedi del mio letto, osservandomi con la sua
solita
espressione benevola e dolce, quella che mi rivolgeva sin da bambina. «
Qualcuno era costretto a tenere a bada Well, spiegandole quello che le
stava
accadendo e tenendola lontana dal villaggio. Sai benissimo come
funzionano
queste cose, è accaduto lo stesso con Nathan un paio di mesi fa. »
«
Avrebbe potuto
farsi sostituire da Leath. » rimbrottai,
sbuffando.
Corrugò
la
fronte, osservandomi scettica. « È incinta di due gemelli, non poteva
certo
mettersi in pericolo per un tuo capriccio. – sbottò adombrandosi. –
Jake è il
capobranco ed ha delle responsabilità da cui non può esimersi e tu devi
imparare a sopportare se lo ami veramente. »
Sospirai
colpevole, comprendendo la follia dei miei rimproveri, ma ugualmente
certa che
potessero esserci soluzioni più ragionevoli. Le donne del branco erano
poche ed
era un evento abbastanza raro che una femmina si trasformasse, ma in
quei casi
non mi piaceva di doverlo pensare solo con loro. È più
forte di me, non voglio!
«
Credi che io
non desideri torcere il collo a quella gallina spennacchiata che segue
il
tirocinio medico, con tuo padre? – domandò, e dalla sua espressione
truce intuii
che se l’avesse avuta a portata di zanneo nulla limiterebbe la sua
furia. –
Questo non significa che io lo faccia. Sono consapevole che per tuo
padre quel
tirocinio è importante e non mi immischio nelle sue faccende. »
Avrei
voluto
ricordarle che appena la settimana prima c’era stato un piccolo
incidente con
un candelabro che si trovava inspiegabilmente sulla traiettoria della
testa di
Melany, ma mi astenni dal sottolinearlo. Meglio
non svegliare il can che dorme. Rabbrividii al solo pensiero.
In
compenso non
potei fare a meno di riflettere sulla questione. Se mamma riusciva a
sopportare
di dover dividere il tempo di papà con quella racchia, a causa del suo
lavoro,
io potevo sorvolare su quelle rare occasioni in cui Jake avrebbe dovuto
vegliare su una qualche neo licantropa.
« Ho
esagerato.
» ammisi riluttante, rammaricandomi per il mio comportamento oltremodo
infantile. Jacob non avrebbe potuto fare altrimenti e io avrei dovuto
comprenderlo.
Avvertii
una
dolce carezza di mia madre e non potei non sorridere. « Grazie, mamma. »
Stava
per
rispondere quando una strana scena si palesò ai nostri occhi,
costringendoci a
rivolgerle le dovute attenzioni.
Mio
padre,
camminando baldanzoso, per il corridoio, ci sorrise sornione,
probabilmente non
totalmente consapevole di stringere tra le mani un’accetta dall’aspetto
non
propriamente innocuo.
«
Papà! – esclamai,
corrugando la fronte. – Dove stai andando con quella cosa? »
Lui
mi osservò
sfoderando il suo più sfavillante sorriso. Ha
qualcosa di inquietante la sua espressione, o sbaglio?
«
Carina vero? »
iniziò a sventolarla come se stesse parlando di un giocattolo, e non di
un
oggetto contundente, estremamente pericoloso. Certo, in una casa di
vampiri i
danni sarebbero stati infinitesimale, ma dubitavo che qualcuno di loro
avrebbe
gradito ritrovarsi un’ascia nello stinco.
«
Emmett l’ha
comprata lo scorso week-end. – spiegò, facendola roteare. Mi ritrassi
istintivamente, accucciandomi contro la tastiera del letto. - e non hai
visto
la parte migliore. » aggiunse in tono cospiratorio sotto lo sguardo
profondamente avvilito della mamma, che sembra essere sopraggiunta a
conclusioni a me ancora oscure.
Ho la sensazione non sia un
male non
averlo ancora capito.
Lo
osservai
mentre tirava fuori dalla tasca un fazzoletto bianco, iniziando a
lucidare, con
una certa solerzia, il metallo lucido.
Credo abbia battuto la testa…
non ci sono
altre spiegazioni.
Rivolsi
a mia
madre uno sguardo incuriosito, sperando di ottenere le dovute
delucidazioni.
Mio padre mi era sempre parso un uomo piuttosto assennato, ma in
quell’istante
il suo sguardo dava tutt’altra impressione.
Mamy
si
stropicciò stancamente gli occhi. « Edward, che diamine vuoi farci con
quella
cosa? » la sua voce ragionevole mi rammentava il tono paziente che era
solita
usare con me, quando ero una bambina.
«
Vendico la mia
piccola, mi pare ovvio. »
Eh?
«
Edward. – tuonò,
avvicinandosi a lui a passo di carica. – Smettila di impicciarti e di
blaterare
cavolate. »
Credo di non aver capito bene.
« Io
non dico
cavolate! – si impuntò indignato. – E quel cane puzzolente non passerà
impunito
dopo aver fatto soffrire la mia bambina. »
Oh porca miseria.
Mamma
ringhiò di
frustrazione, strappandogli l’ascia dalle mani, con un gesto brusco,
intimandogli con lo sguardo di non discutere. « Nessie è abbastanza
grande da
provvedere da sola e se non vuoi che lei decida di scappare di casa a
causa del
tuo comportamento asfissiante, cerca di essere un po’ più assennato. »
Lo
vidi
spalancare gli occhi inorridito da una simile prospettiva, e fu
difficile
trattenermi dal pensare che il giorno che avrei deciso di vivere con
Jake, per
costruirmi con lui una famiglia, mio padre avrebbe dato di matto. Ci penserò a tempo debito.
Fortunatamente,
dopo un “no” biascicato la mamma
riuscì a farlo desistere dai suoi folli propositi, sequestrandogli
l’arma del
delitto.
«
Per pietà
nascondi questa cosa nel bosco e tienila lontana da lui. » mi intimò,
trascinando papà via per un braccio, seriamente preoccupata per
l’incolumità
del mio piccolo lupo.
Diamine, non credevo potesse
arrivare a
tanto.
Scrollando
il
capo, per mettere ordine tra i miei confusi pensieri, decisi di
nascondere
l’accetta e dedicarmi finalmente al mio Jacob, pronta a porgergli le
mie scuse.
Non che lui non avesse le sue colpe… avrebbe dovuto specificarmi che
Welsy era
una licantropa e non un maschio, ma in fin dei conti ero certa lo
avesse fatto
in totale buona fede.
O almeno lo spero per lui…
oppure finirò
quello che papy aveva iniziato.
Scesi
in cucina,
rimuginando. Per papà ogni scusa è buona
per cercare di torcere il collo a Jake. Non era mai stata una
novità, ma
addirittura un’ascia!? Assurdo.
Tempo
addietro,
mamma si era premurata di informarmi che loro non avevano mai avuto un
gran
rapporto, a causa delle continue interferenze del mio lupo nella loro
storia
d’amore. Quest’ultimo e mia madre erano grandi amici e forse qualcosa
di più.
La notizia non mi era stata particolarmente gradita, ma ero stata
costretta ad
accettarla.
In
fin dei conti
all’epoca non ero ancora nata e Jake continuava a ribadire che il
legame
affettivo con Bella e ciò che lo imponeva a starle vicino, in un modo
diverso
dall’amicizia, dipendeva dal fatto che lei avrebbe generato me, il suo
imprinting.
Solo nella mia famiglia poteva
accadere
una cosa tanto bizzarra…
Entrai
in cucina
fiutando il dolce aroma di muffin al cioccolato, individuando
immediatamente la
fonte del delizioso profumo, mi avvicinai con discrezione alla cesta
riposta
sul ripiano, accanto al frigorifero.
Un biglietto.
“Portagli
questi, per farti perdonare! Sono sicura che Jacob sarà più che lieto
di
spiegarti che tra lui e Welsy non c’è nulla. Non combinare nulla di
stupido!
Mamma.”
Un
sorriso si
dipinse sulle mie labbra, come al solito aveva pensato a tutto. Come
potevo non
adorare mia madre?!
Afferrai
uno dei
deliziosi dolcetti, tentata dal buon profumo, assaporando il gusto dei
pezzetti
di cioccolata fondente, sciolti al suo interno.
Uhm… squisito. Sospirai estasiata
sorprendendomi per
l’ennesima volta della sua abilità in cucina, nonostante la sua natura.
Qualche
volta mi ero trovata a sospettare che un po’ le dolesse non poter
preparare
qualche pranzetto a papà, motivo per il quale si rifaceva con me,
deliziandomi
con favolosi manicaretti.
Benedico la mia natura che mi
permette di
ingozzarmi senza diventare una balena.
«
Diamine, questa
volta ha superato se stessa. » gongolai e stavo quasi pensando di
correre sopra
a complimentarmi con lei, quando un gemito piuttosto forte rischiò di
mandarmi tutto
il boccone di traverso.
Oh mio Dio!
Percuotendomi
il
petto, tentando di evitare una morte per soffocamento, piuttosto
indegna per un
mezzo vampiro, mi avviai verso il frigorifero, recuperando una
bottiglietta di
succo di frutta ed ingurgitandone il contenuto. Lasciai che il liquido
dolciastro lenisse il bruciore, permettendo al muffin di scivolare
all’interno
del mio stomaco, senza ulteriori intralci.
Porco lupo, ci è mancato un
pelo!
Sospirai
di
sollievo, schiarendomi rumorosamente la gola, per riprendermi dallo
spavento.
Devo uscire immediatamente da
questa
casa. Pensai
inorridita,
avvertendo le mie guance surriscaldarsi per l’imbarazzo. Così,
sbuffando
sommessamente, afferrai la cesta con i muffin, pronta ad uscire,
lontana dai
rumori molesti prodotti al piano di sopra, dai miei genitori.
Queste sono quelle cose che i
figli non
dovrebbero sapere.
Rabbrividendo
inorridita indossai mesta la mantellina rossa, per proteggermi dalla
leggera
pioggerella, ben attenta a non lasciar nessun ciuffo di capelli al di
fuori del
cappuccio.
Speriamo bene.
___________________________
Saltellando
tranquillamente per la foresta, diretta a La Push, godei dell’aria
fresca e
temperata, e del profumo di foglie che mi circondava. Nulla
di più rilassante. In primavera, quando ormai il vento
pungente non era che un lontano ricordo, quel genere di passeggiate
acquisivano
tutt’altra gradevolezza. Non che io soffrissi particolarmente il
freddo, ma il
sangue caldo del mio corpo avvertiva ugualmente i cambi di temperatura.
Avvertii
distintamente degli uggioli, non lontani dal confine, ed arrestai il
mio passo,
raggelata. Guaiti di due lupi si fecero eco e prima che potessi anche
solo
rendermene conto, poggiai il cesto dei muffin in terra, avvicinandomi
silenziosa al luogo da cui provenivano quegli inquietanti rumori.
Sottovento
nessuno
mi avrebbe udita arrivare, celando il mio profumo, ed aiutandomi nel
caso fosse
necessaria una fuga improvvisa.
Quatta
quatta
camminai, stringendomi nella mia mantellina rossa, forse un po’ troppo
appariscente per un tentativo di spionaggio
Ma al diavolo… è così carina.
Aguzzai
la
vista, nascondendomi dietro ad un cespuglio, per osservare meglio la
scena. Cos…
Un
lupo, il mio lupo, si stava rotolando tra
foglie, giocando insieme a… quella deve
essere Welsy.
È così che soffri, dunque,
brutto
cagnaccio.
Ringhiai
furente, avvertendo la corteccia dell’albero sbriciolarsi sotto la mia
mano. «
Jacob! » sibilai a denti stretti. « Ti dispiacerebbe spiegarmi quello
che sta
succedendo? »
Il
suo corpo si
paralizzò all’istante, con le zampe all’aria ed un’espressione di puro
terrore
che non avrei mai pensato di poter rimirare sul volto di un simile
animale, ma
in quell’istante poco o nulla mi importava di quei dettagli, l’unico
mio
desiderio era torcere il collo a quella bestiaccia.
Ed
io che mi
sentivo addirittura in colpa.
«
Appena ti
prendo di te non resterà che un pasticcio di carne. » urlai, afferrando
un
sasso dal terreno scrosciante e iniziando a lanciare verso di lui tutto
quello
che le si presentava sulla mia strada.
Lo
vidi scattare
inorridito, iniziando una disperata corsa, sotto gli occhi sbalorditi
di Welsy
che, con grande probabilità, aveva addirittura pensato di attaccarmi ma
che,
sotto ordine di Jake, doveva aver deciso di desistere dai suoi intenti.
Meglio per lei… mai far
arrabbiare un
vampiro.
Ma
soprattutto… mai mettersi contro una donna gelosa.
«
Torna
immediatamente qui, botolo puzzolente e decerebrato, tutto quello che
mangi
deve essersi ammassato nel cervello distruggendo completamente le tue
sinapsi.
»
Una
sequela di
imprecazioni accompagnò la nostra corsa per i boschi, infrangendo la
quiete del
bosco. Incontrammo più di un membro del branco, per non parlare di zio
Emmett
che prese a fare il tifo per la sottoscritta, esultando come un bambino
ad una
partita di della sua squadra preferita. Li ignorai bellamente, ma
accettai
volentieri i consigli di zio Jasper per un attacco efficace, riuscendo
a
colpire più di una volta il lupo in corsa.
Adoro la mia famiglia.
____________________
Due ore dopo e qualche
acciacco più
tardi.
Jacob
mi fissava
furente. « Avresti potuto spiegarmelo prima qual’era il problema. –
sobbalzò,
trattenendo un latrato, mentre applicavo l’ennesima medicazione - Ti
avrei
rassicurata. »
«
Colpa tua! –
esclamai indignata. – Ti sembra normale giocare rotolandosi nelle
foglie con quella?
»
Il
suo sospiro
esasperato mi urtò fortemente, ma evitai di lasciarmi invadere
nuovamente dalla
furia. « Tu sei il mio imprinting e anche Welsy ha il suo. La tua
gelosia è
stupida. »
Stupida, eh!?
Applicai
il
cerotto con una certa irruenza, godendo della smorfia di dolore dipinta
sul suo
viso. « Dicevi? » soffiai, sorridendo
soddisfatta.
«
Niente. -
gorgogliò titubante, schiarendosi la gola. – Non sai quanto ti amo. »
continuò
in un flebile sussurro.
«
Ecco, così va
meglio. »
Lo
vedi chinare
il capo ed osservarmi di soppiatto mentre le sue labbra si piegavano
all’ingiù,
nella patetica imitazione di un broncio. Ma
guarda tu che faccia da schiaffi!
Sbuffai,
alzando
gli occhi al cielo, palesemente irritata. « Ok, forse sto esagerando. –
ammisi
riluttante. – Solo che non voglio che nessuno mi porti via il mio lupo.
»
Il
suo sguardo
si addolcì all’istante, forse ammorbidito dalla mia gelosia, una cosa
non
totalmente estranea alla nostra coppia, solo che di solito era lui ad
abbandonarsi alle scenate. « Non succederà. » mi rassicurò,
accarezzandomi
dolcemente la guancia.
Jacob
osservò
con un sorriso la mia mantellina rossa, di cui non mi ero ancora
disfatta,
troppo attenta a prestare soccorso al mio cucciolo ferito. Il fatto che
fossi
stata io a conciarlo in quel modo era un dettaglio irrilevante, al
momento. «
Sei una cappuccetto rosso decisamente graziosa. »
Inclinai
il
capo, non comprendendo subito la sua allusione.
Sorrisi
sfacciatamente. « Davvero? »
Lui
annuì,
piegandosi sulle ginocchia e avvicinandosi a me con movimenti fluidi e
silenziosi. « E io sono un lupo tremendamente affamato!
» esclamò con un ringhio giocoso, prima di
balzarmi addosso, trascinandomi in una piccola lotta fatta di baci e
morsetti.
Il mio ferocissimo lupacchiotto!
Note
Prossimo aggiornamento: Ed/Bella (La Bella e la Bestia) Jma