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Autore: Opalix    29/09/2005    5 recensioni
Ho pensato di fare una piccola raccolta di aneddoti ispirati alla storia Dangerous Feelings; si tratta di episodi a cui i personaggi fanno accenni nella storia, o semplicemente scene non descritte nella trama. Non so quanti saranno o quali saranno. Alcuni saranno divertenti, altri potranno essere drammatici. Spero che possano piacervi! (Poiché ognuno è una storia a se stante, e poiché li scrivo solo quando mi viene l’ispirazione… non aspettatevi un aggiornamento regolare.)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ritorno con un cookie sul passato di Ginny, questa volta… un episodio che Ginny accenna a Draco in un’imbarazzante conversazione sulle prime esperienze sessuali (uno dei primi capitoli di DF). Forse qualcuno ricorda l’aneddoto.
Nonostante il titolo, non ha niente di hot… non ero ispirata su quel piano, lascio alla vostra immaginazione.

Questo cookie, il primo dopo la fine della lunga avventura di DF e LFF, lo voglio dedicare a Minami77 per ringraziarla di una recensione finale che mi ha colpito ed emozionato tantissimo… grazie!

UNA NOTTE, UN SURFISTA DI BERKELEY

I ragazzi uscirono dall’acqua trascinando un po’ faticosamente le colorate tavole da surf; era quasi il tramonto ed il falò per la festa era già acceso sulla spiaggia. Una canzone rock usciva gracchiante da uno stereo portatile, nel quale probabilmente il vento aveva già fatto entrare un po’ troppa sabbia perché potesse funzionare bene; alcune ragazze, intente a preparare panini e bottiglie i birra su un tavolo pieghevole, scherzavano allegramente, muovendo i fianchi al ritmo della musica… l’aria fresca della sera le aveva già costrette a coprire con magliette e pantaloncini i colorati bikini che avevano indossato fino al pomeriggio. Un paio di visi arrossati dal sole regalarono un sorriso al gruppetto di surfisti, qualche mano si agitò in segno di saluto.

“Ehi Lew! Andavi forte!”
“Ciao Lew! Ciao Bob!”

Mani abbronzate si alzarono in segno di saluto ed esclamazioni di apprezzamento si sprecarono alla vista di ciò che le ragazze stavano preparando.

“Cavoli!...”
“Ragazze, siete favolose! Ho una…”
“Dio che fame!”

Una splendida bionda dagli occhi verdi strillò divertita, vedendoli dirigersi verso i tavolini.
“Eh no!! Doccia, ragazzi… forza!”
Sguardi da cucciolo bastonato si puntarono su di lei, che brandiva minacciosamente una forchetta di plastica.
“Dana…! Siamo affamati!”
La bionda gli fece il verso: “Lewis…! Puzzi di pesce!”
Il ragazzo che aveva risposto al nome di Lewis si finse indignato.
“No! Non è vero!”
“Oh, si… fratellino! Vai a lavarti o non mangi!”

Lew scosse i capelli castani, schiariti dal sole, per staccarli dalla fronte bagnata e sospirò rassegnato; mentre si allontanava salutò allegramente le amiche della sorella, soffermandosi un po’ più a lungo con lo sguardo su una di esse, un sorriso ammiccante appena accennato sulle labbra seccate dal sole... la ragazza, rimasta in silenzio fino a quel momento, sollevò il cavatappi che aveva in mano e inclinò la testa in un gesto di saluto: i capelli, di un intenso rosso rubino, si agitarono nel vento e arrivarono a coprirle i profondi occhi scuri, celando con essi il lampo di piacere che il sorriso di Lew era riuscito ad accendervi… occhi che seguirono, rapiti, la corsa del ragazzo verso gli amici e le docce…

“Attenta tesoro, se lo fissi così potrei anche supporre che mio fratello ti piace…”
La rossa trasalì e si voltò verso Dana, che le era strisciata alle spalle in silenzio e la guardava con aria saputa e divertita; scosse la testa e si legò con noncuranza i riccioli dietro la nuca.
“Sei fuori strada, Dana…” mormorò freddamente.
“Oh, non fare il ghiacciolino inglese con me, Jenny… vi conoscete vero? Cos’è… arte moderna… è quella che frequentate insieme, no?”
La ragazza aveva ormai fatto l’abitudine a sentire il proprio nome storpiato sulle labbra di Dana; si chiamava Ginevra realmente, e il suo soprannome, oltreoceano, era sempre stato Ginny, o al massimo Gin … a detta della bionda californiana “un nome da principessa bigotta e un soprannome da cagnolina d’appartamento”.
“Arte contemporanea.”
Dana masticò quel “contemporanea” tra i molari e i premolari…
“Si… è uguale.” sentenziò. Studiava medicina, lei… mica semantica.

Dana era una delle prime ragazze che Ginny aveva conosciuto, appena arrivata dall’Europa qualche mese prima… fresca fresca di un volo di 8 ore e assolutamente priva di un posto dove stare. Si erano conosciute al cafè dove Ginny aveva iniziato a lavorare, facevano entrambe le cameriere; due settimane dopo la rossa aveva raccattato armi e bagagli dal suo ostello e si era trasferita nella stanza accanto a quella di Dana, al college… il resto è storia: la bionda californiana DOC, di due anni più grande di Ginny, era il vero prototipo di una Reginetta di Maggio ormai cresciuta, con un futuro come brillante chirurgo plastico in una clinica privata, un presente fatto di locali alla moda (e conoscenze altolocate che le permettevano di entrare gratis nei suddetti locali alla moda) e un fratello minore supersportivo, idolatrato dalle ragazze e, guarda caso, della stessa età di Ginny. Per la giovane e inesperta inglesina, Dana aveva costituito una vera e propria manna dal cielo: le aveva fatto conoscere gente simpatica e divertente, l’aveva aiutata ad ottenere la borsa di studio e l’aveva introdotta alla brillante vita di Berkeley.

“Ho semplicemente salutato tuo fratello.” borbottò la rossa mollando il cavatappi e accendendosi una sigaretta.
Bel tentativo, Ginny… peccato che per Dana il discorso fosse tutt’altro che chiuso.
“Jenny, cara…” iniziò la bionda con l’espressione al tempo stesso paziente e apprensiva che normalmente appare sul volto delle madri quando si accorgono che la loro piccolina è cresciuta “…quante volte devo dirti che fingere con me non serve?”
“Non sto fingendo.”
“No… stai facendo la timida, ritrosa, frigida inglese…” snocciolò Dana senza mezzi termini.
“Dana!”
“Dana un corno, tesoro! Se pensi che la cosa mi infastidisca… no, che dico… se credi che la cosa possa anche solo minimamente interessarmi, ti sbagli di grosso! Potresti farti anche mio padre, per quel che me ne frega, così almeno mia madre andrebbe dall’analista per qualcosa… ma voglio vederti smettere di recitare quella parte da perfetta inglese di buona famiglia prima che faccia completamente buio… o sarà mia premura somministrarti qualcosa di utile alla situazione.”
Ginny spalancò la bocca, sbalordita: l’amica la stava guardando di sottecchi, con un lampo di sfida nei begli occhi verdi enfatizzati da una spessa riga di kajal, e Ginny la conosceva abbastanza bene da credere che non avrebbe esitato a mantenere la promessa… Dana trafugava ben più che qualche innocua provetta dal laboratorio in cui lavorava part-time.

“Togliti quella maglietta, è orribile.”
Dana cercò con gli occhi la propria borsa e si chinò ad afferrarla; tirò fuori un top verde chiaro, semitrasparente e luccicante di perline, e lo tirò in faccia alla giovane amica.
“Ah… per inciso: se conosco mio fratello, e credo proprio di si, ha una cotta da manuale per una misteriosa straniera dai capelli rossi…”

La bionda se ne andò, ancheggiando leggiadramente sui sandali alti… come Dana riuscisse a camminare nella sabbia con quelli addosso era probabilmente l’ultimo mistero della fisica quantistica.
Ginny sospirò e si tolse la maglietta, obbediente; il top le donava, le era sempre piaciuto il verde…

Circa due ore dopo

Lew continuava a fissarla.
E più si concentrava per guardare da un’altra parte, più il suo sguardo finiva sempre su di lei, accoccolata in una posa tranquilla al di là delle fiamme alte del falò.
E più la fissava più gli lacrimavano gli occhi per la luce del fuoco.
Una situazione snervante da ogni possibile punto di vista.

Le perline sul top verde luccicavano allegramente, colpite a tratti dalla luce dorata delle fiamme.

…ma non aveva una maglietta, prima?!?...

Teneva la testa inclinata di lato, il mento che sfiorava la spalla nuda, alla sommità del braccio rigido e steso al quale si sosteneva; sembrava ascoltare davvero Dana ciarlare incessantemente sulle delizie di chissà quale nuovo locale in cui avrebbero assolutamente dovuto passare una serata.
Mosse la testa per scansare un ricciolo rosso che le era caduto sull’occhio destro… il movimento fece scivolare sul braccio la precaria spallina intrecciata, scoprendo il segno chiaro del costume da bagno sulla pelle ancora abbronzata. Si sollevò subito, con un movimento fluido, portando la spallina a celare di nuovo quel lembo malizioso di pelle…

…un dolore sordo alla gola, come se quel nastro sottile avesse per un istante mozzato il respiro di Lew…

Piegò leggermente le gambe snelle, lasciate scoperte dai corti pantaloncini di jeans, e si guardò intorno… mentre si allungava verso la borsa, posata sulla sabbia poco distante da lei, il top verde salì sotto al seno, scoprendo quasi completamente la pelle levigata dello stomaco.

L’intensificarsi del bruciore alla gola e il respiro che si ostinava a non proseguire… colpa di quel sorso di birra che sembrava aver perso la giusta rotta per l’esofago…

La borsa non doveva essere esattamente a portata di mano perché la ragazza quasi perse l’equilibrio e si sarebbe ritrovata distesa nella sabbia se… se una mano provvidenziale non l’avesse aiutata in extremis a sorreggersi.
Una mano che ora le porgeva gentilmente una borsa.
Una mano attaccata ad un braccio muscoloso… un braccio attaccato ad una spalla abbronzantissima sopra la quale stava, ovviamente, un collo…
(ancora per poco)
…e sopra ancora una faccia,…
(da riempire di pugni)
… un bel viso sorridente da sano boy scout di Long Beach, con brillanti occhi verdi e capelli scuri e ricciuti. Lo stesso viso che raccoglieva…
(come un merdoso gatto che fa le fusa, dannato sporco ruffiano…)
…la riconoscenza sorridente per il gesto così gentile.

Il dolore alla gola fu soppiantato da un’acuta fitta tra le scapole… il pugnale traditore che attende nell’ombra… o la mano di un amico che non ti lascia soffocare nell’ amaro luppolo della gelosia…

“Ehi, amico! Non sai più come si beve?!?”

Ansimi di tosse nervosa, i polmoni impazziti per il bisogno di aria… il petto inondato di birra versata e di improvvisa, inspiegabile, voglia di lei…

“Eh… eh?!?”
“Lew, hai rantolato per cinque minuti buoni… per fortuna mi sono voltato, stavi soffocando…”
“Ehhr… coff… gra-grazie, Bob…”

Distratta l’attenzione al sorriso bonario su quel viso amico… di nuovo gli occhi che lacrimano per i colpi di tosse… o per le fiamme a lungo fissate: bastarde lingue divampanti nell’aria che nascondono a tratti chi non sa di essere da troppo tempo guardata…

Lo sguardo di Bob incrociò per un istante soltanto quello di Lew, ma bastò per capire cosa ci fosse di tanto interessante nel falò… o meglio al di là del falò.
“Caro mio… sei cotto” decise allegramente il surfista.
“Eh…?”

Capire che cazzo avevano da ridere quegli idioti… o continuare a guardare Ginny rovistare nella borsa… mentre muoveva inconsapevolmente le gambe sulla sabbia in quel modo così sexy… Il pacchetto di sigarette che cadeva nella sabbia da una tasca laterale… lo strillo stizzito di chi non trova mai l’accendino…

… poi ne sfili una
l’accendi piano piano
chiudi gli occhi un attimo
avvolta da quel fumo.
Tutti qui ti osservano
ma non vedi nessuno,
guardi un po’ la gonna e poi
l’accarezzi con la mano…

Lew deglutì di nuovo e si costrinse a distogliere lo sguardo.
“Lew! Per la miseria, vai da lei e portatela a fare un giro! È da quando tua sorella te l’ha presentata che te la mangi con gli occhi!”

Era vero.
Lew mise a fuoco quella triste verità, mentre con un ultimo colpo di tosse si schiariva definitivamente le idee… e liberava i polmoni dagli ultimi residui della Bud andatagli di traverso.
Erano due mesi che se la guardava e riguardava da capo a piedi in quelle uniche ore di arte contemporanea che frequentavano insieme…
…un radiografo non avrebbe potuto conoscere più a fondo di lui quel fisico minuto…
…ed erano due mesi che non riusciva a capire da cosa esattamente le derivasse quel fascino magnetico che tutti avevano avvertito e dal quale lui si era sentito… stregato.
I capelli rossi da fata irlandese erano senza dubbio inconsueti in quel paradiso di Barbie abbronzate, la carnagione chiara e le maliziose lentiggini altrettanto una rarità… ma era tutto lì? O era quell’aria confusa e un po’ spaurita ad attirare tanto l’attenzione dei ragazzi, quella curiosità aperta con cui sembrava guardare il mondo e anche le cose più semplici che incontrava sulla sua strada, quello sguardo da Bimbo Sperduto appena sbarcato dall’Isola che non c’è… lei, che poi prendeva appunti, seria e concentrata, dietro quegli invitanti occhialini da vista dalla montatura celeste? O forse era quella bellezza discreta e mai volgare di principessa medievale il suo segreto, quel nasino aristocratico spruzzato di efelidi dorate, quel modo di muoversi…
…naturalmente sensuale, eccitante senza ostentazione…
Lew ricordava di aver occhieggiato quelle gambe snelle accavallarsi sulle scomode panche dell’aula di arte, sapeva di essersi più volte fermato a fissare la candida linea del collo, scoperta dai riccioli vermigli sollevati disordinatamente con un bastoncino di legno. Sapeva di aver desiderato quella sirena straniera fin da quando…

“Lew… Ecco, Jenny questo è mio fratello Lewis.”
“Piacere, Jenny.”
“Piacere… anche se sarebbe Ginny, in realtà. Ginevra.”
… la speranza realizzata di non fare la conoscenza di un novello Lancillotto…

Lew vuotò d’un fiato la bottiglia e scosse violentemente la testa; guardò fisso per qualche minuto il vecchio Bob seduto al suo fianco, come valutando la sua versione dei fatti… gli prese una mano, ignorando l’espressione di lui che lo fissava come uno che deve al più presto essere rinchiuso, gli chiuse dolcemente le dita attorno alla bottiglia vuota di Bud, poi si alzò in piedi e se ne andò senza una parola, lasciandogliela in mano. Un coro di risate e un allegro “vai, Lew!” raggiunse le sue orecchie, mentre aggirava il falò e si avvicinava alla colpevole del suo quasi-soffocamento.

“Steve, levati dalle palle.”
E con questa entrata di gran classe alla Cary Grant dei tempi d’oro, Lew interruppe dolcemente la fase del “come ti chiami - di che segno sei” che si stava svolgendo tra Mr. Occhi-Verdi-di-Long-Beach e la rossa inglesina.
Il leggero lampo di sollievo che gli occhi di Ginny non riuscirono a nascondere fece sorridere di sadico trionfo il ragazzo in piedi dietro di lei.
“Che cazzo vuoi Lewis…?”
Mr. Occhi-Verdi-di-Long-Beach non sembrava aver intenzione di cedere nemmeno una briciola di terreno di caccia. Il sorrisetto crudele sulle labbra di Lewis si allargò impercettibilmente… con il mento accennò alla bionda che si stava stappando una birra vicino allo stereo, ridendo con alcuni amici.
“Forse è proprio giunto il momento di dire a Dana con chi hai passato la notte di Halloween di un anno fa, Steve, vecchio mio… se non sbaglio stavate ancora insieme all’epoca…”
Steve parve desiderare di trucidarlo con lo sguardo, ma fu costretto ad alzarsi, prendere i suoi stracci e andarsene con la coda tra le gambe; il ghigno di Lew lo seguì per qualche metro, poi il ragazzo si accomodò accanto a Ginny e le sorrise apertamente.
“Non importa che mi ringrazi” le disse in tono leggero.
Ginny scrollò le spalle.
“Non era un gran conversatore” commentò soltanto “Non sapevo che lui e Dana fossero stati fidanzati.”
Lew rise, divertito anche dal suo linguaggio, a volte un po’ strano o antiquato.
“Non ha un gran cervello” si sentì in dovere di spiegare, avendo almeno la buona grazia di assumere un’aria lievemente colpevole “…altrimenti avrebbe capito che il ricatto non stava in piedi.”
“Ah no?”
“No. Dana sa tutto… e non gliene importa assolutamente nulla. Ma a me fa comodo far credere ad un sacco di suoi ex ragazzi di essere l’unico custode dei loro cosiddetti segreti. E mi aiuta il fatto che Dana si sia creata una brutta fama… in materia di pestaggio dei suoi ex amanti…”
Ginny rise, incredula.
“Davvero?”
“Ne abbiamo ridotti male un paio, alla scuola superiore… e lei si è presa tutta la colpa.”
“Sei diabolico.”
“Sopravvivo. È la legge della jungla.”

Entrambi si osservarono sorridendo per qualche istante; la mano di Ginny corse inconsciamente a tormentare la spallina del top e Lew si sentì di nuovo mancare l’aria… peccato che stavolta non avesse sorsi ballerini di birra a cui attribuire la colpa…
Ginny fu la prima ad abbassare gli occhi e tornare a guardare il fuoco… Lew non potè fare a meno di notare che le guance arrossate dal sole della giornata si erano tinte di un colore più intenso; capì che se mai c’era stato un “suo momento”… bè, era quello. E si lanciò: allungò una mano per sfiorare la spalla di lei e ottenere di nuovo la sua attenzione.
“Ti dispiace che l’abbia mandato via?” le chiese sottovoce.
“No. Non mi piacciono i mori con gli occhi verdi.”
Il lampo infastidito che passò negli occhi di lei incuriosì Lew.
“…qualcuno che ti ha spezzato il cuore in passato?”
“Qualcosa del genere. Ma più che il cuore, alla fine dei conti mi ha scassato le palle…”
Entrambi sorrisero di nuovo… forse ad un occhio esterno avrebbero potuto sembrare due idioti, ma l’importanza che avrebbero attribuito ad un tale dettaglio sarebbe stata tendente a zero.
Le dita di Lew incontrarono i riccioli rossi di Ginny nella loro lentissima risalita verso il collo della ragazza… si puntellò sull’altro braccio per avvicinarsi di più a lei.
“Lew…”
Vedeva le labbra del ragazzo dirigersi pericolosamente verso le sue.
“Ssh…” sussurrò lui “lo so che lo vuoi anche tu…”
Ginny allontanò di qualche centimetro la testa e sorrise, maliziosa.
“E cosa ti dà tanta sicurezza?”
Lew sorrise a sua volta.
“Beh… non mi hai ancora spinto via per esempio…”
“Potrei semplicemente essere una persona molto educata…”
Lew rise apertamente e le sue labbra si avvicinarono di nuovo, sfiorando quelle di lei nel respiro di una risata; ormai erano al punto di non ritorno… le loro bocche si unirono in un bacio via via più appassionato.

Solo un poco opportuno “Vai Lew!!” proveniente dal lato opposto del fuoco riuscì ad interrompere il travolgente isolamento in cui Lew e Ginny erano piombati; Lew mugugnò qualcosa e sorrise, come per scusarsi, contro le labbra di Ginny.
“Ti va di allontanarci un po’?” le sussurrò, accennando con la testa al gruppetto di disturbatori che sghignazzava, brindando a loro con le bottiglie di birra.
Si alzarono in piedi e Lew la abbracciò mentre la trascinava via, rivolgendo un sogghignò fugace al gruppo di amici al di sopra della spalla di lei; un coro di fischi e un’occhiata di compiaciuta approvazione di Dana accompagnò l’uscita della coppia dalla zona illuminata vicino al falò.

… la sabbia tiepida sotto la pelle nuda, quasi che la luna avesse potere di scaldarla, come e più del sole… il calore di un altro corpo tanto vicino al proprio…
... la sensazione concreta di lei tra le braccia, sovrapporsi al profumo soffuso del desiderio che i sogni proibiti avevano lasciato nella sua mente… la momentanea ma completa incapacità di distinguere tra l’immaginazione e la ben più appagante realtà.

Cristo, quanto la voleva!
Anche in quel momento appariva diversa dalle altre ragazze con cui era stato, come se davvero appartenesse ad un mondo che non conosceva… anche in quel momento, non solo nei sogni, quelle labbra avevano il potere di inebriarlo, come in preda agli effetti di un poco verosimile Filtro d’Amore…
Gli sembrava di non poter resistere e, allo stesso tempo, di non poter andare oltre per il timore di scoppiare. La prima sensazione ebbe, alla fine, il sopravvento: la mano di Lew sfiorò le perline rivide cucite sugli strati di tulle verde del top…

Concentrarsi sugli spigoli appuntiti di quei granelli di luce per non essere sopraffatto dalla morbidezza eccitante di ciò che celavano… combattere contro l’improvviso istinto frettoloso di un quindicenne, lottare per comportarsi come l’uomo che voleva credere di essere.
Dannata incantatrice, che con la sua presunta solitaria innocenza lo aveva indotto a guardarla e sognarla, a desiderare di toccarla, a perdere il controllo come mai gli era successo…

Notare che non lo respingeva e trovarsi disteso su di lei… fu quasi lo stesso istante.

Intrecciare le mani, accarezzare la pelle fresca e combattere contro tutto ciò che lo separava da quel contatto agognato…

“Lew, io…”
Il ragazzo si sollevò e la guardò negli occhi, intuendo cosa lei stava cercando di dirgli.
“è la prima volta?” sussurrò, con la voce roca per l’intensità di una eccitazione che nemmeno lui riusciva a spiegarsi.
Ginny annuì.
“E non ti piacerebbe fosse con me?”

Dolcezza nel tono della domanda che altrimenti sarebbe suonata brusca a causa dell’urgenza che celava…

La ragazza lo guardò stupita: non era scappato! Non se n’era andato a gambe levate una volta saputo che lei era ancora vergine…
Lew rise, vedendo la sua espressione, poi tornò a guardarla negli occhi, all’apparenza più tranquillo di quanto lui stesso pensasse di essere.
“Ginny… so cosa stai pensando, ma io non voglio che sia solo per stanotte, mi capisci? Mi piaci un sacco, vorrei conoscerti, uscire con te… lo so che non te l’ho detto… bè, se tu vuoi, è ovvio.” Osservò la reazione di lei e vide che non era delusa o altro, perciò proseguì “Io… non avevo programmato, questo! Credimi! Cioè… adesso vorrei, mi piacerebbe, certo… e l’atmosfera c’è tutta…” sorrise “ma se vuoi rispettare la prassi mi aspetti qui mentre vado a farmi una doccia fredda, poi torno e ti invito a cena per domani sera!”
Ginny scoppiò a ridere contro il suo collo e Lew rise con lei.
“Allora?” le domandò sommessamente.
La rossa lo guardò negli occhi.
“Al diavolo la prassi!”

***************

Lo ammetto: mi sono lasciata prendere dalla nostalgia e ho inserito una di quelle canzoni che ascoltavo più o meno quando avevo 10 anni: “Lasciati toccare” degli 883 (risalente ben ai tempi di “hanno ucciso l’uomo ragno”). Non vogliatemene, vi prego.
Secondo voi Ginny ha davvero stregato il nostro amico con un incantesimo?... lo lascio alla vostra fantasia! Un bacio!
Spero di avervi regalato cinque minuti di leggero e divertente romanticismo… intanto ringrazio chi ha già iniziato a seguire la mia nuova storia!

   
 
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