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Autore: Blue Flower    05/08/2010    2 recensioni
Cosa succederebbe se... i ruoli di Edward e Bella, dopo Breaking Dawn, si capovolgessero nel vero senso della parola? Cosa ne sarebbe dell'eterna storia d'amore? Cosa ne penserebbe loro figlia? Questo lo scoprirete...
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tic tic tic. Finalmente riuscivo a sentire un suono che non mi era nuovo: il rumore della macchina per il cuore. La macchina per il cuore?
Mi sembrava di aver brancolato per mesi nell’oscurità e non sapevo neppure il perché.

Poi sentii una voce: “Come sta?” era una voce lontana e maschile, non ero abituato a percepire i suoni così. Poi ce ne fu una più dolce, ma soprattutto più vicina: “Non si riprende, è ancora immobile ma respira” chi respirava? “Mamma... Basta! Ho passato quattro lunghi mesi, senza mio padre. Non mi ha visto crescere, non ho avuto il suo appoggio e forse non lo avrò mai. Dimmi la verità: tornerà mai come prima?” la voce era di una ragazzina.

“Tesoro... Tornerà tutto come prima e non ti devi preoccupare per questo” “Nessie tua madre ha ragione...” Nessie? Mia figlia stava parlando di me? “No! Sono stufa di aspettare che un morto si risvegli!” urlò con la voce rotta dal pianto. No, non ero morto! Volevo dire “Reneesme sono qui!” ma riuscii solo ad emettere dei brontolii confusi, come qualcuno che si è appena risvegliato da un sonno profondo.

 “EDWARD!” sussultò la voce dolce. “Amore mio, come stai? Ti prego svegliati! Se mi senti apri gli occhi” volevo farlo, ma per qualche strana ragione avevo paura di aprire gli occhi. Poi ci riuscii, ma ebbi la netta sensazione di non vedere le cose nitidamentim
e come quando stavo giocando con Reneesme poco prima... O almeno pensavo che fosse poco prima... Poi vidi Bella che mi abbracciava, ma... provai dolore.

La sua stretta mi faceva male e gemetti. “Oh mio Dio scusa!” così allentò la presa. Come poteva, Bella farmi male? Poi arrivò Jacob. “Bells, ricordati che non è forte come te” disse sghignazzando. Certo che ero forte come Bella... io ero un vampiro come lei. Subito dopo lei fece una strana affermazione: “Lo sai che prima della trasformazione i tuoi occhi erano comunque bellissimi?” mi stupì più quella considerazione che la freddezza delle sue labbra sulle mie. Stranamente mi sentii avvampare quando il suo bacio finì. Mi guardava con i suoi bellissimi occhi d’oro e alcune ciocche dei suoi capelli scuri mi finivano sul collo. Poi una constatazione terribile: non riuscivo a sentire gli odori come li sentivo prima.

 “PAPA’!Sei vivo, non è un sogno...” una ragazzina sui tredici anni mi abbracciò e non sapendo cosa fare contraccambiai: era Reneesme? Poi si distaccò dall’abbraccio e disse: “Sei cambiato...” finalmente la voce mi tornò. “Bella...” lei mi fu subito vicina. “Sì?” “Perché eri fredda prima?”. Distolse lo sguardo che sembrava contenere una nota di dolore. Mi accorsi che la voce non era la mia o meglio, non era quella che mi aspettavo uscisse dalla mia bocca. 

“Edward tu sei...” “... Vivo!” fu Carlisle a finire la frase e anche lui mi abbracciò. “E’ un miracolo! Sei proprio tu...” stavo per dire “Certo che sono io!” ma trovai più opportuno alzarmi o almeno mettermi seduto. “Vivo?Non capisco...” “Edward!” dissero all’unisono Alice, Rosalie e Esme. In una frazione di secondo anche loro furono accanto a me. “Caspita fratello! Prima eri così?” era Emmett a domandarmelo, seguito da Jasper. “Così come?” domandai frastornato. “Bella” disse Carlisle in tono severo. “Non gliel’hai ancora spiegato?” “Io... No... Si è appena svegliato...” lui annuì. “Svegliato?” domandai ancora più confuso di prima. “Alice porta uno specchio” in un lampo mia sorella teneva uno specchio in mano e con aria rammaricata me lo porse. “Forse è meglio che ti guardi allo specchio” disse con dolcezza Esme.
Quello che vidi non era quello che mi aspettavo. Allo specchio c’ero io, ma non ero... io. Il ragazzo riflesso era più fragile di me e aveva gli occhi verdi. I capelli erano pur sempre bronzei, ma più opachi e tendenti al castano e il viso era di un sano rosa chiaro. Niente occhiaie, niente pelle bianca come il marmo, niente di niente. La mia certezza fu confermata dal brontolio del MIO stomaco: ero caduto nella macchina della riumanizzazione. Sempre con lo specchio in mano, tastai la pelle “morbida”, mi toccai il viso sbalordito e rimasi paralizzato. “Non ti preoccupare amore, si risolverà tutto adesso che ti sei svegliato” “Si risolverà tutto?!Sono umano... e voi siete tutti vampiri! Io sto invecchiando e voi no...” Bella rise. “Ora lo capisci cosa provavo io!”arrossii. Arrossire? Era un concetto del tutto nuovo per me! Quello nello specchio era Edward Masen, ma dentro di lui, sepolto nelle macerie c’era ancora Edward Cullen.

“Esme, cortesemente, prepareresti qualcosa da mangiare per Edward?” “No, aspettate... mangiare? Questo è un incubo. Io non sono vivo. Io sono un vampiro” Bella e Carlisle scossero il capo all’unisono e lei si sedette vicino a me. “Se fossi ancora come noi allora non avresti fame, non arrossiresti e non ci troveresti... ecco, freddi” “Basta Carlisle... mordimi subito” gli dissi mostrando il collo esasperato. “Mi dispiace Edward, ma c’è solo una persona che può morderti e quella persona non sono io” quindi indicò Bella. “Ma perché?” domandai sussurrando. “Per tornare vampiri dopo una trasformazione di questo genere, serve del veleno di un vampiro giovane” annuii. “Bella, sono pronto” dissi solennemente. Sul suo viso apparve una smorfia. “Non sei tu quello che deve essere pronto...” l’imbarazzo mi invase e mi sentii un bambino sciocco.

Un bambino che però aveva alle spalle centonove anni di esperienza.

Alice mi si parò davanti con un paio di jeans slavati, una canottiera e una felpa dei Rolling Stones, il tutto abbinato ad un paio di All Star nere. Feci una smorfia: “Posso benissimo usare i miei vestiti” “Se non te ne fossi accorto ti stanno grandi” disse con un filo di comprensione nei miei confronti. In effetti la camicia era troppo grande e anche i jeans che indossavo. “Tesoro, vai a vestirti e ti facciamo trovare qualcosa da mangiare giù in cucina” disse Esme in tono materno. Mi diressi lentamente verso il bagno con Bella al mio fianco. “Ci vediamo tra poco” disse d’un tratto e con un enorme sforzo mi diede un bacio. Rimasi per un istante a fissare la porta, arrossendo. Poi aprii la porta e mi guardai allo specchio un’altra volta. Sembravo un bambino che si era messo gli abiti del padre così decisi di mettermi le cose che aveva preparato per me Alice.

Una volta cambiato, Edward Masen, sembrava un comune ragazzo un po’ fragile con un bel po’ di difetti, ma nella norma. Mi mancava Edward Cullen, ma per un po’ dovevo abituarmi a quel corpo. Sentii bussare. “Sì?” fece capolino Reneesme e chiese: “Posso entrare?” io le sorrisi. “Non è meglio andare in camera mia se mi vuoi parlare?” lei annuì e ci dirigemmo là. Quando entrai nella stanza mi accorsi che qualcosa mi era rimasto familiare: presi un disco di musica e feci sedere Reneesme sul divanetto. La prima cosa che disse fu: “Sembri molto più... ehm... giovane...” io risi di gusto. “E’ strano...” continuò lei. “Non puoi immaginare quanto lo sia per me...” le dissi. “Comunque ti vorrei chiedere... scusa” “Di cosa?” domandai io stupefatto. “Quando sei caduto stavi giocando con me e sono stata io a spingerti... E’ colpa mia” aveva le lacrime agli occhi. Io la abbracciai teneramente: lei era la più umana nella casa e di conseguenza la più vicina a me. “Non ti preoccupare, va tutto bene” con le sue lacrime mi stava inzuppando la felpa ma non mi importava più di tanto. “Posso chiederti un favore?” le domandai con tutta l’onesta possibile.

Lei annuì.

“Posso vedere com’ero prima?” non lo ricordavo bene. Reneesme appoggiò il palmo della mano sulla mia fronte e riuscii a vedere me stesso: sorridevo e le cantavo la ninna nanna. La abbracciai di nuovo. Una delle cose che ricordavo bene era proprio la ninna nanna così la cullai sulle note della canzone. “Mi fa uno strano effetto...” “Cosa?” le domandai. “Sembra che tu sia solo poco più grande di me, invece sei mio padre” io mi misi a ridere. “Se vuoi comunque posso mangiare con te...” disse d’un tratto. “Mi farebbe piacere...” così scendemmo. A casa era rimasta solo Esme. Gli altri erano a caccia, compresa Bella. “Edward, Reneesme, vi ho preparato un piatto di pasta... Io non ho molta esperienza con la cucina, ma spero di aver usato gli ingredienti giusti” ci sedemmo a tavola e iniziammo a mangiare. La pasta era molto buona e mi sembrò strano dato che non avevo mai provato altro a parte il sangue per cento anni. Esme si sedette con noi e mi chiese: “Allora come stai Edward?” annuii senza sapere il perché. “Bene... credo...” “So che tutta questa faccenda è strana sia per te che per tutti noi, ma devi resistere. Bella deve essere pronta: capisci cosa intendo?” annuii di nuovo. Quando finii di mangiare arrivarono anche gli altri e Emmett mi diede una pacca sulla spalla che mi tolse il fiato. “Scusa fratello... non immaginavo che fossi tanto gracilino...” “Divertente Emmett” “Ehi, su queste cose bisogna scherzarci non credi?” “Sì, hai ragione” sorrisi. “Comunque oggi io e Jazz andiamo a fare un giro... sei dei nostri?” anche se ero sicuro che mi sarei sentito in imbarazzo vicino a loro due che erano comunque perfetti dissi: “Certo” “Allora partiamo di qui alle... dieci?” Bella venne vicino a me e disse: “Alle dieci per lui è troppo tardi... dovrà pur dormire...” mi sentivo un bambino controllato dalla madre. Emmett e Jasper annuirono e l’ultimo disse: “Allora usciamo oggi pomeriggio alle cinque?” “Va bene” dissi io. “Mi fa uno strano effetto vederti così... I vestiti non sono da te” disse Jasper ironico. Bella sembrava non partecipare alle risate generali su di me, ma poi disse: “Edward...” “Sì?” “Vorrei che mi facessi un favore...” feci spallucce. “Va bene” “Salta” “C-cosa?” “Salta, fai un salto” io feci un salto. “No intendevo dal terzo scalino delle scale” mi incamminai verso le scale e saltai. Per poco non atterrai di faccia, perché ero inciampato nei lacci delle scarpe, ma c’era Bella che mi sosteneva. “Volevo vedere se ero l’unica che quando era umana era anche goffa...” “E ti sembra giusto fare gli esperimenti su di me?” tutti si misero a ridere e dopo un lieve imbarazzo iniziai a ridere anche io. “Scommetto che non sai più correre più veloce di me” disse Bella sorridendo. Probabilmente voleva provocarmi. “No... ma so ancora fare questo” detto ciò mi avvicinai a lei e la baciai, con tutta la forza e l’intensità che riuscivo a dare. Quando mi scostai da lei avvampai e tutti scoppiarono in una risata fragorosa. “Ti amo” sussurrò lei.


Alle cinque, come da promessa, io Jasper e Emmett uscimmo a fare una passeggiata. “Ehi fratello, ti ricordi ancora come si guida?” domandò Emmett. Che domande: “Certo” “Allora sali in macchina” e mi lanciò le chiavi che ovviamente non riuscii ad afferrare. Misi in moto la volvo. Era da tanto, troppo, che non sentivo le fusa del motore della mia macchina. Anche se non ero più un vampiro, ciò non significava che avevo perso la passione per le auto sportive. Spinsi il piede sull’acceleratore e la macchina partì, superando il limite massimo, come una saetta sulla strada deserta.

 “Edward sei pazzo?” mi urlò Jasper. “Mettiti la cintura e rallenta, ti devo ricordare che sei un umano?” pian piano la macchina rallentò sotto il peso di quelle parole e mi fermai per allacciare la cintura. “Jazz... non c’era bisogno... so guidare” “Sì, ma trovi un po’ di difficoltà nel rispettare il limite di velocità” rispose Emmett. “Giusto” ridacchiò Jasper. Controllai gli specchietti retrovisori e rimisi in moto la macchina. Dopo un po’ di strada Emmett mi indicò di fermarmi all’entrata di un centro commerciale. “Ehm... un centro commerciale?” domandai diffidente. “Sì... sai Alice non ha preso altri vestiti e quindi...” “Ragazzi, io non voglio restare umano a lungo, Bella mi trasformerà presto... ne sono sicuro...” “Bella è giovane, Edward. Ti ama, ma pensa a come deve essere difficile per lei ucciderti... Del resto ci sei passato anche tu e sai ciò che si prova” “Non mi deve uccidere. Deve trasformarmi. Io non voglio invecchiare mentre lei e tutti voi rimanete giovani” “Ti rendi conto che Bella ci è già passata?Dalle tempo Edward e vedrai che ci riuscirà... Ora esci dalla macchina” disse Emmett. Aprii lo sportello e ci dirigemmo verso il centro commerciale. “Edward... c’è una cosa di cui non ti abbiamo ancora parlato...” “Cosa?” domandai io. “Domani Charlie verrà a trovare te Bella e Reneesme” ansimò Jasper. “Cosa?!Come faccio... cosa ci inventiamo?” “Charlie sa che la nostra famiglia ha un segreto, ma raccontargli tutto per colpa tua sarebbe una mossa incosciente perciò tu sarai il cugino più piccolo di Edward...” “Più piccolo?” “Ed, non dimostri i diciannove anni che dovresti avere adesso...” “E questo cosa c’entra con il centro commerciale?” “Niente suppongo”.

Quel giorno Emmett e Jasper mi fecero comprare jeans, T-Shirt, giacche, scarpe e chi più ne ha più ne metta. Edward Cullen non avrebbe mai indossato quei vestiti, ma a Edward Masen stavano bene. Ci fermammo lì ed io mangiai un pezzo di pizza mentre Emmett e Jasper mi guardavano mangiare. Ad un certo punto Jasper si mise a ridere. “Cosa c’è?” domandai io a bocca piena. “Non sei tu” fu la sua risposta. “Lo so” dissi conciso. “Non ho detto che il nuovo Edward non mi stia simpatico...” e tutti e due sorrisero. “Era da un po’ che non stavamo tutti e tre insieme...” “Già... davvero tanto tempo” sussurrai io. 


Emmett e Jasper mi accompagnarono fino alla casetta nella radura, dove mi aspettavano Bella e Reneesme. Nostra figlia dormiva già, Bella no. Lei non ne aveva bisogno. Io sì: sentivo le palpebre pesanti e sbadigliavo ogni due minuti. “Ciao” la voce di Bella nell’oscurità della stanza da letto mi fece sobbalzare. Non immaginavo di trovarla lì, seduta sul letto con un libro sulle ginocchia. Stava leggendo per l’ennesima volta Cime Tempestose. Mi sedetti anche io sul letto. “Di’ la verità. Non è la stessa cosa...” “No, non è la stessa cosa, ma io ti amo Edward e ti amerò per sempre. E’ solo questione di tempo io...” in quel momento riuscii a mettermi nei suoi panni. “Non c’è bisogno. Posso aspettare. Adesso tutti possono aspettare” e la baciai. Fu il bacio più tenero e dolce che io mi ricordassi, fu il bacio più umano di tutta la mia esistenza. “Io sono pronta...” annuii. “Ne sei sicura?” le domandai a bassa voce. “Dammi due giorni” “Due giorni” ripetei io. Del resto potevo rimanere umano per altri due giorni, soprattutto se al mio fianco avevo Bella e i miei familiari. Poco dopo, non so quando, crollai in un sonno profondo: la prima dormita dopo cento anni.
  
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