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Autore: Daphne Chasseur    05/08/2010    0 recensioni
Ma intanto, in quel lontano 23 ottobre, eri semplicemente un ragazzo, come me, sotto la pioggia avida di bagnarti. E tu, incurante delle sue gocce senza pudore, con lo sguardo perso e insicuro dall’altra parte della strada.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Come nei film, quando il protagonista percepisce il tempo fermarsi e gode di quell’inspiegabile dilatazione sensoriale, venni riportata alla realtà da una voce che, inizialmente, sentivo arrivare da lontano e che, poi, si fece solida e concreta. Mia zia, uscita dal piccolo ristorante che gestiva col suo compagno, avvolta in malo modo in uno scialle turchese, mi prese per il braccio costringendomi a staccare gli occhi da quel ragazzo e trascinandomi nel locale, caldo e soprattutto asciutto.
“Ma che ti prende! Sei completamente bagnata. Su, corri ad asciugarti che fra poco arriverà una mandria di ragazzi affamati”. Severa, ma benevola come sempre, mi lanciò diverse occhiate sospettose mentre andavo a cambiarmi.
Tornai subito poiché ero ben consapevole che a quell’ora, e con quel tempo, ci sarebbero state parecchie persone da servire. Mi legai un grembiule alla vita e mentre lo allacciavo non potei non gettare uno sguardo fuori.
Lui era ancora là.
Con il volto leggermente coperto dal cappuccio del giubbotto in cui si stringeva senza, apparentemente, sentire davvero freddo.
L’entrata di una decina di ragazzi mi costrinse a impostare i miei pensieri sul lavoro. Iniziai a prendere un paio di ordinazioni, ma ero comunque distratta da quell’ombra ormai indistinguibile sotto la pioggia.
Mentre servivo una coppia vicino alla finestra, mi accorsi che era sparito.
Confusa, senza alcun motivo, mi allontanai dal tavolo, ma andai a sbattere contro qualcuno che in quel preciso istante apriva la porta del locale.
“Oddio, scusa, io non so cosa…” inizia a farfugliare, ma poi annegai, oh sì!, annegai in due occhi d’un azzurro intenso e depresso.
“Scusami tu” disse lui e poi rimase in silenzio, cogliendo come me la momentanea attenzione della sala.
“Ti porto il menù, accomodati pure” mi ripresi.
“No no, grazie, ho solo bisogno del telefono” gesticolò. “E’ laggiù, in fondo a sinistra”.
“Grazie”
“Figurati”.
Il brusio ricominciò, rassicurante, e io tenni d’occhio quel misterioso ragazzo per un paio di minuti, il tempo che durò la sua telefonata. Stavo lucidando un paio di bicchieri quando si avvicinò al bancone e, esitante, si sedette senza ordinare nulla.
Aveva freddo ed era bagnato dalla testa ai piedi, ma se ne restava là, seduto, a fissare il legno segnato dagli anni.
Allora, presi l’iniziativa, e un po’ per intuito, un po’ per compassione gli portai una cioccolata calda che avevo preparato tra un giro e un altro ai tavoli.
“Offre la casa” dissi, abbozzando un sorriso impacciato. All’aroma di cacao che gli ponevo sotto il naso, si calò il cappuccio.
Potei così vedere bene in volto un ventenne dai lineamenti perfettamente disegnati e coi capelli castani arruffati e umidi. Colsi soprattutto la meraviglia, l’incredulità e l’indifferenza: tre emozioni che, rapidissime, attraversarono il suo viso, spostando e cambiandone i tratti.
“Perché?” mi chiese, più come un’accusa che come una domanda.
Ma ero pronta a mettermi sulle difensive anch’io. “Se sei così estraneo alla gentilezza, la bevo io e mi scuso per il disturbo” e feci per andarmene con la tazza in mano. Ma allora, mi fermò e quel contatto con quelle mani lisce e fredde mi fece venire i brividi. Quante volte, dopo la prima, rabbrividii ancora, ancora e ancora. L’abitudine, distrutta ogni volta dalla meraviglia di quel tocco.
“Grazie” e la tensione si sciolse in un sorriso. Prese la tazza e accolse con piacere il calore che ricevevano le sue mani.
“Grazie” ripeté.

Mi allontanai, sbirciandolo con la coda dell’occhio mentre gustava quella bevanda calda e notando che spesso si soffermava a guardarmi.
Poi parlò, rivolgendosi a me: “Sai se c’è qualche buon appartamento in affitto, qui vicino?”. Continuava a fissarmi. Sentivo quegli occhi perforarmi l’anima.
“Io.. io, non so, sì, ma appartamenti piuttosto grandi”.
“Ah, ok…”. Deluso.
Idea! Stupida, senza senso e inaspettata.
“Ma se vuoi, sopra questo ristorante affittano una camera abbastanza spaziosa con un appartamento in comune a un prezzo stracciato”.
Si illuminò.

“Davvero? E puoi dirmi quale persona devo cercare?”.
Seria. Sii seria, mi dissi. Ma non ce la feci e sorrisi.
“Ce l’hai davanti”.
   
 
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