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Autore: lyrapotter    05/08/2010    5 recensioni
Quarta classificata al contest "One Day: raccontami di..." indetto da Fabi_Fabi e vincitrice del premio speciale "Caratterizzazione dei Personaggi"
Alcuni dei più importanti momenti della vita di Sirius Black, dall’inizio della sua amicizia con i Malandrini fino alla reclusione ad Azkaban, in parte filtrati dal punto di vista esterno di Narcissa Black in Malfoy.
Primo atto: Not a Black. Finalmente Narcissa se ne rendeva conto: il Cappello Parlante non aveva sbagliato smistandolo a Grifondoro, perché Sirius era diverso, Sirius non era come loro, non lo era e non lo sarebbe mai stato.
Intermezzo: Una goccia di male spesso annerisce tutto ciò che è nobile. (W. Shakespeare)
Secondo Atto: The Heir of the Black "Walburga non ha lasciato testamento, perciò congratulazioni, sei ufficialmente il nuovo padrone di Grimmauld Place e di tutte le fortune dei Black”.
E sorprendentemente, Sirius scoppiò in una risata, una vera risata, per quanto aspra e priva di allegria. “Questa è la migliore di tutte, Narcissa!”.
“Sono mortalmente seria”.
“Lo so… E la cosa rende il tutto ancora più ridicolo! Alla fine, il mio fato mi ha trovato comunque: ho fatto l’impossibile perché non accadesse e alla fin fine, sono l’erede dei Black”.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Narcissa Malfoy, Sirius Black
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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DISCLAIMER: Harry Potter e tutti i suoi personaggi appartengono a JK Rowling e a chi ne detiene i diritti. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

N.B. le parti in corsivo sono i pensieri dei personaggi.

Fanfiction partecipante al contest One Day: raccontami di... indetto da Fabi_Fabi

BLACK LIFE

PRIMO ATTO: NOT A BLACK

NARCISSA

Ottobre 1971

Hogwarts

Narcissa Black osservava con crescente irritazione il gruppetto di Grifondoro del primo anno che rideva e schiamazzava in riva al lago: era uscita soltanto per prendere una boccata d’aria e godersi gli ultimi giorni di bel tempo e chi si ritrovava davanti? Proprio l’ultima persona che voleva vedere, ovviamente…

Quattro settimane, rifletté, erano passate soltanto quattro settimane dallo stupefacente Smistamento di Sirius e già il ragazzino si mescolava con Babbanofili, Mezzosangue e Merlino solo sapeva che altro: era davvero impossibile.

Ripensò alle concitate lettere con cui sua zia Walburga l’aveva bombardata dall’inizio della scuola: le aveva raccomandato di tenere d’occhio il figlio, di accertarsi che, malgrado il terribile sbaglio commesso dal Cappello Parlante, perlomeno si comportasse come ci si aspetterebbe dall’erede della famiglia Black e che frequentasse le persone giuste…

Bel lavoro che ho fatto, pensò amaramente tra sé. Guardalo là, spanciato sull’erba, senza un briciolo di decoro o controllo con simili compagnie!

Del resto, Walburga in prima persona avrebbe dovuto sapere bene che Sirius era a dir poco incontrollabile: aveva cercato di inculcargli un po’ di disciplina per undici anni con risultati decisamente scarsi, per non dire nulli, che speranze poteva avere lei, che del resto non aveva mai avuto un gran rapporto con il cugino.

In verità, tendevano a ignorarsi a vicenda, semplicemente perché di carattere erano quanto di più opposto si potesse immaginare: tanto lei era composta, riflessiva e controllata, tanto lui era impulsivo, istintivo ed estroverso, lei era una Black, si comportava come tale ed era fiera di esserlo, lui odiava la sua famiglia e non perdeva occasione per minarne l’onore e il prestigio.

Insomma, avevano modi di fare e porsi diametralmente opposti e totalmente incompatibili, al punto da non riuscire a comprendersi l’un l’altra, perciò non avevano mai costruito un rapporto degno di questo nome.

Ma, guardandolo in quel momento, in riva al lago circondato dai suoi nuovi amici, si rendeva conto che bisognava fare qualcosa: qualcuno doveva correre ai ripari prima che fosse troppo tardi, tirare le orecchie a quel ragazzino e riportarlo in carreggiata finché si era ancora in tempo… E quel qualcuno doveva essere lei: Sirius era fuori dalla giurisdizione dei suoi genitori in quel momento e lei era l’unica altra rappresentante della famiglia Black ad Hogwarts, perciò non aveva alternative.

Sospirò, rifletté un paio di minuti su cosa dire, dopodichè si avviò a passo deciso verso il gruppetto. Quando fu a una decina di metri da loro, vide uno degli altri ragazzini, quello con gli occhiali e i capelli tutti in disordine, fare un cenno nella sua direzione. Sirius si voltò e il sorriso gli morì sulle labbra non appena la riconobbe. Disse qualcosa ai suoi compagni prima di alzarsi e dirigersi da lei con aria decisamente scontenta e svogliata… Un’aria tipica di Sirius, in effetti.

"Che cosa vuoi, Narcissa?" la apostrofò sgarbatamente quando le fu di fronte.

"A voi Grifondoro non insegnano a salutare?" fece tagliente Narcissa. Cominciamo bene…

"Ciao. Che cosa vuoi Narcissa?" ripeté Sirius, sempre in tono secco. "Mia madre ti ha mandato a fare il lavoro sporco?".

"Può anche essere, Sirius… Si può sapere che stai facendo?".

"Fino a poco fa, stavo passando un piacevole pomeriggio con i miei nuovi amici, pomeriggio che ora tu mi stai guastando…".

"Amici?".

"Sì, a-m-i-c-i…" sillabò il ragazzino con un sorriso straffotente. "Capisco che il concetto ti sia un po’ alieno, ma cerca di venirmi incontro".

"Non intendevo dire questo… Quelli sarebbero i tuoi amici?". Narcissa li additò con fare vagamente accusatorio e per la prima volta li guardò con attenzione: oltre all’occhialuto che l’aveva indicata prima e ora la guardava come se fosse stata spazzatura, c’erano altri due ragazzini, uno magrolino con i capelli castano chiaro e l’aria malaticcia e uno basso e grassottello con espressione insicura. Nessuno dei tre sembrava rientrare nella casta di persone che Walburga sarebbe stata felice di vedere in compagnia del figlio.

Sirius seguì il suo dito e commentò con un’alzata di spalle. "Cos’hanno che non va?".

"Non sono Purosangue" disse Narcissa in tono sicuro. Se quei tre sono Purosangue, io sono un centauro…

"Ah, certamente, che stupido a non arrivarci da solo… James in verità è Purosangue" la corresse Sirius. "Ti dirò di più, è anche nostro parente: suo padre è il fratello del marito di zia Dorea, quindi, tecnicamente, non sto facendo nulla di sbagliato…".

Narcissa, però non lo stava più ascoltando: stava mentalmente ripassando l’albero genealogico per risalire al cognome del ragazzino in questione. Potter! Zia Dorea ha sposato Charlus Potter! Perciò, quello là deve essere il figlio del fratello minore, l’Auror…

Le venne da ridere e piangere insieme: Sirius stava rigirando la frittata a suo favore, una cosa che era sempre stato abilissimo a fare. I Potter potevano anche essere loro parenti, per qualche strana circostanza del destino, ma di certo Walburga non sarebbe stata felice di sapere che Sirius stava diventando amico di uno di loro: erano notoriamente un branco di Babbanofili della peggior specie, molto (troppo) vicini alle idee di Silente.

Scoccò a Sirius un’occhiata rabbiosa. "Sai perfettamente che i tuoi genitori non approverebbero, anche se è Purosangue… E che mi dici degli altri due?".

"Remus e Peter?". Sirius scrollò le spalle, con aria indifferente. "Non lo so, i loro cognomi non mi hanno detto nulla…".

"E quali sarebbero?".

Il ragazzino roteò gli occhi con aria spazientita. "Lupin e Minus, se proprio ci tieni…".

Lupin e Minus, ripeté mentalmente Narcissa. Il nome Lupin le richiamava vagamente qualcosa alla mente, anche se non riusciva a ricollegarlo a un volto o qualche carica importante; Minus invece non le suggeriva proprio nulla. "Non dovresti mescolarti a quella gentaglia" dichiarò in tono perentorio, arrivata alla conclusione di aver visto giusto fin dal principio: non erano persone degne dei Black… Del resto, tra Grifondoro sarebbe stato difficile trovarne!

Sirius le scoccò un’occhiata di fuoco. "Questo sta a me deciderlo, non a te…".

"Invece sta proprio a me, visto che le tue capacità di giudizio lasciano molto a desiderare: i tuoi genitori…".

"Oh, non stare a farmi la predica su quello che direbbero loro, per favore! Le tredici Strillettere che Walburga mi ha mandato sono state più che esplicative!".

"Dovresti dare retta a tua madre" continuò imperterrita Narcissa. "Siamo ancora in tempo per rimediare: la scuola è cominciata solo da un mese…".

"Rimediare a cosa? Il tempo non tornerà indietro e io non diventerò un Serpeverde nemmeno se tutti voi vi metterete a pregare in globinese!".

"Questo è di importanza relativa e lo sai anche tu: se inizierai a frequentare le persone giuste, la tua Casa d’appartenenza diventerà presto un fattore secondario…".

"E immagino che stia a voi decidere chi sono le persone giuste, vero? Se pensi sul serio che mi aggregherò al corteo di esaltati che fa capo al tuo fidanzato ti sbagli di grosso…".

"Non hai altra scelta, Sirius" insistette la ragazza, ignorando il riferimento a Lucius. "Non sei più un bambino: devi cominciare a comportarti come si conviene all’erede dei Black".

Negli occhi di Sirius passò un lampo sinistro, qualcosa che inquietò Narcissa più di tutto il resto. "Allora, forse non voglio essere l’erede del Black".

"Non puoi scegliere, Sirius: tu sei l’erede dei Black, che ti piaccia o no, e dovrai adeguarti di conseguenza…".

"Forse" assentì lui. "O forse no. In queste quattro settimane ho capito una cosa: per quanto vi possa scocciare, né tu, né mia madre, né mio padre, nessuno può costringermi a essere ciò che volete che io sia. Io non sono "l’erede dei Black", sono Sirius e basta e non voglio cambiare! E ora, se non ti dispiace, i miei amici mi aspettano".

Detto questo, girò sui tacchi e si allontanò, lasciando Narcissa a fissare la sua schiena a bocca a aperta.

"Finirà male, Sirius" riuscì a dire. "Finirà molto male!".

Se anche la sentì, comunque, lui non ne diede il minimo cenno: non rallentò e non si voltò, continuò dritto per la sua strada. Guardandolo in quel momento, mentre si riuniva ai suoi amici, quelli che presto sarebbero diventanti noti con il nome di Malandrini, le sarebbe quasi piaciuto poter dare a loro la colpa, a quei tre ragazzini che l’avevano traviato, a quel James Potter e ai suoi stupidi ideali che l’avevano definitivamente allontanato dalla famiglia.

Ma sarebbe stato inutile, oltre che un po’ ipocrita. Perché finalmente Narcissa se ne rendeva conto: il Cappello Parlante non aveva sbagliato smistandolo a Grifondoro, perché Sirius era diverso, Sirius non era come loro, non lo era e non lo sarebbe mai stato. Era nato nel segno dei Black, ma non era mai davvero appartenuto alla loro famiglia. Quella consapevolezza avrebbe dovuto farla arrabbiare ancora di più e invece, paradossalmente, la mise in pace con sé stessa: arrivata a quel punto, sapeva che qualunque cosa avesse tentato di dire o fare sarebbe stata completamente inutile, perciò tanto valeva desistere e lasciarlo andare… Sempre ammesso che potesse lasciare andare qualcosa che non era mai stato davvero suo.

Scosse il capo, incamminandosi verso il castello. Non so cosa tu stia cercando Sirius, ma tutto sommato spero davvero che tu lo possa trovare. Spero che troverai il modo di essere felice…

SIRIUS

Giugno 1976

Grimmauld Place n°12

Sirius era certo che da un momento all’altro sarebbe esploso: sarebbe bastato soltanto un altro rimprovero di sua madre sulla sua scorretta postura o un’occhiata di esasperato scontento di suo padre e sarebbe esploso, esattamente come quel super fuoco d’artificio che lui e James avevano accesso nei bagni dei sotterranei l’ultimo giorno di scuola! Merlino, che botto era stato quello!

Il ricordo gli strappò un mezzo sorriso, che subito si spense, soppiantato dalla solita smorfia annoiata. La scuola era finita da nemmeno due settimane e già aveva voglia di buttarsi dalla finestra. Hogwarts, pensò con una fitta di nostalgia. Quanto gli mancava: gli mancavano la Torre di Grifondoro, il suo letto, i Malandrini, gli scherzi che organizzavano, le scorribande notturne… Merlino, Walburga gli faceva sentire la mancanza perfino di Gazza!

Si guardò attorno: la festa era in pieno svolgimento, un sacco di persone importanti e noiose chiacchieravano e si ubriacavano a spese di Orion e nessuno badava a lui, apparentemente… Sì, perché, anche se non riusciva a vederla, Sirius era certo che sua madre lo stava tenendo d’occhio come un falco, pronta a piombargli addosso appena avesse fatto qualcosa di anche solo vagamente "non Black".

La parte malandrina del suo cervello, quella che parlava con la voce di James, gli stava gridando a gran voce di fare qualcosa di sconveniente e sbagliato, anche solo per potersi togliere lo sfizio: magari, se avesse combinato qualcosa di particolarmente eclatante, i suoi genitori sarebbero stati talmente imbarazzati da porre fine alla festa. Valeva la pena di essere confinati in camera senza cibo per qualche giorno se quello fosse stato il risultato.

Solo che ogni volta che questa tentazione minacciava di prendere il sopravvento, puntualmente il mini Remus che doveva rappresentare i rimasugli della sua coscienza interveniva per ricordargli che ben di rado i suoi genitori si erano lasciati mettere in difficoltà da così poco, anzi, probabilmente ci avrebbe solo guadagnato una lunga punizione.

Bevve un sorso del Vino Elfico che aveva sgraffignato con nonchalance quando Kreacher era passato con il vassoio: non era precisamente la sua passione, ma siccome il Whisky Incendiario era considerato troppo da plebei per quelle occasioni formali e l’alternativa erano i succhi di frutta, faceva buon viso a cattivo gioco. Del resto, se voleva arrivare a fine giornata, gliene sarebbero serviti parecchi di quelli per tirare avanti.

Per un attimo si chiese cosa avrebbero fatto Orion e Walburga se si fosse ubriacato: poteva quasi sentire le strida di sua madre. Onta, vergogna, disonore! Io non so più che fare con te, figlio disgraziato, non sei degno di appartenere a questa famiglia! Non avrò più il coraggio di parlare con i nostri amici! Alzare il gomito alla festa che avevamo organizzato per te!

Già, perché anche se nessuno lo aveva detto a chiare lettere, sapeva bene quale fosse il vero scopo di quella festa: ormai aveva quasi sedici anni, soltanto due lo separavano dai M.A.G.O., era tempo di trovarsi una fidanzata, una bella e rispettabile fidanzata Purosangue che sarebbe poi diventata una bella moglie Purosangue con cui fare tanti bei mocciosi Purosangue… Il solo pensiero gli faceva salire i brividi per tutta la schiena: era intimamente convinto di non essere un animale da matrimonio, men che meno se la sposa l’avesse scelta sua madre. Era certo che Walburga fosse a caccia: più della metà dei presenti aveva figlie circa della sua età e quasi tutti sarebbero stati più che lieti di imparentarsi con i Black attraverso un matrimonio con l’erede di tutta la baracca!

Represse una smorfia: la prima cosa che avrebbe fatto quando suo padre fosse morto sarebbe stata bruciare quella dannata casa… Possibilmente con sua madre ancora dentro… No, ripensandoci, Walburga doveva vivere abbastanza per vederlo dilapidare tutta la loro fortuna in caritatevoli opere pro Nati Babbani o nel sostegno di qualche politico liberale o magari in una scuderia di motociclette Babbane da collezione. Solo allora la strega sarebbe potuta bruciare all’inferno…

Dilettandosi con quei pensieri distruttivi, mandò giù dell’altro vino: quella roba cominciava quasi a piacergli o forse gli stava semplicemente andando tutta al cervello, visto e considerato che stava bevendo a stomaco vuoto…

Senza apparente motivo, provò l’improvviso bisogno di uscire da quella stanza: nessuno stava badando a lui, non riusciva nemmeno a vedere i suoi genitori, ma doveva andarsene, doveva allontanarsi almeno qualche minuto da quell’ambiente falso e fatto di apparenze.

Facendo attenzione a non farsi notare, lasciò il suo angolo buio e strisciando lungo le pareti uscì dal salone inosservato. Strano, di norma Walburga gli sarebbe già piombata addosso come un avvoltoio: forse un pesce di suo gradimento aveva abboccato all’amo…

Sirius preferì non soffermarsi sul pensiero che per la fine della giornata avrebbe potuto ritrovarsi ufficiosamente fidanzato con qualche ochetta aristocratica e salì fino in camera sua, chiudendosi dentro a chiave con un sospiro di sollievo. La sua fortezza in territorio nemico: a parte lui, nessun altro metteva più piede lì dentro, nemmeno Kreacher, da quando gli aveva espressamente ordinato di starne alla larga. E l’elevato grado di disordine ne era la chiara denuncia, non che a lui importasse: ogni cosa che dava fastidio a sua madre era per lui fonte di piacere, fosse anche stata semplicemente una pila di panni sporchi in terra.

Allentò il nodo della cravatta e si sfilò le scarpe, scivolando sul pavimento: si sarebbe sgualcito tutto il vestito, ma la cosa non gli importava minimamente. Fosse dipeso da lui, non si sarebbe più mosso da lì, ma sapeva che era questione di poco prima che qualcuno notasse la sua assenza e spedisse Kreacher a stanarlo.

Abbracciò con lo sguardo la sua stanza, dai marcati toni rosso-oro, indugiando sulla foto che aveva appeso di fronte al letto, quella che lo ritraeva insieme ai Malandrini: l’avevano scattata alla fine del secondo anno e da allora era sempre stata lì, dove poteva vederla tutte le mattine per infondersi la forza necessaria a tirare avanti un’altra giornata nel suo inferno personale.

Chissà che stavano facendo in quel momento i ragazzi, mentre lui languiva lì: Peter sarebbe stato incastrato da una nonna per la maggior parte dell’estate, questo se lo ricordava bene; Remus aveva detto di non avere programmi particolari per l’estate, perciò probabilmente sarebbe stato a casa dei suoi nel Herefordshire; quanto a James, di certo sarebbe stato in panciolle da qualche parte oppure ad allenarsi a Quidditch o a gustarsi qualcuna delle spettacolari torte di sua madre…

Provò una fitta di acuta nostalgia, pensando che mancavano ancora due mesi a quando li avrebbe rivisti. In realtà James l’aveva invitato a più riprese a passare le vacanze da lui, ma i suoi genitori si erano strenuamente opposti, al punto da minacciare di confinarlo in camera fino a settembre. Era il primogenito, era un Black, non poteva mescolarsi a certa gentaglia e continuare a comportarsi come un bambino capriccioso, era sempre la solita solfa…

Ma chi me lo fa fare? Io non voglio essere un Black, voglio solo… Già, che cosa voleva? Pensò alla madre di James, che ogni anno accoglieva il figlio a King Cross come se fosse appena tornato dalla guerra e quanto gli sarebbe piaciuto se una almeno una volta fosse stata sua madre a salutarlo con quel calore. Illusione vana: in sedici anni di vita, non ricordava di aver mai ricevuto da Walburga una sola parola gentile, figurati una carezza o un abbraccio. L’unica persona da cui avesse mai ricevuto un po’ d’affetto materno era Andromeda, ma ormai erano anni che non la vedeva: da quando era scappata di casa non aveva più avuto sue notizie, per quel che ne sapeva poteva anche essere morta.

Si stupì un poco di dove l’avesse condotto il filo dei suoi pensieri: era tanto tempo che non pensava più alla sua cugina preferita, fuggita per sposarsi con un Nato Babbano. Si sorprese a constatare quanto gli mancasse: in tutta la famiglia, era l’unica persona a cui si fosse mai sentito davvero legato, con l’unica eccezione di Alphard e forse un po’ di Regulus, anche se da quando Orion e Walburga l’avevano plagiato non si parlavano praticamente più.

In effetti, che cosa lo tratteneva ancora in quella casa? A Grimmauld Place non era mai stato felice e le cose non sarebbero mai cambiate, ormai non si sentiva nemmeno più parte di quella famiglia… Era stufo marcio che fossero loro a decidere per la sua vita: non voleva essere l’erede dei Black in eterno, intrappolato in un ruolo che non aveva mai sentito suo a fare cose che non voleva fare e frequentare persone che detestava con tutto il cuore.

D’impulso scattò in piedi: il baule con tutte le sue cose era ancora fatto, non si era preso il disturbo di tirare fuori nulla, sarebbe bastato così poco…

Prima ancora di rendersene conto, si era tolto l’abito da cerimonia che era stato costretto a indossare, si era infilato jeans e una maglietta, aveva afferrato il baule e ed era uscito sul pianerottolo: non gli importava che la festa fosse ancora in pieno svolgimento, che fosse presente mezza comunità magica, che non aveva la più pallida idea di dove andare, voleva solo uscire da quella casa e non tornarci mai più.

Ma la sua fuga fu di breve durata: prima ancora di arrivare alle scale, quasi andò a sbattere contro Narcissa, ferma in mezzo al corridoio davanti alla porta del bagno.

"Sirius, buon Merlino, guarda dove vai!" lo rimbrottò con voce meccanica, come se non stesse davvero badando a quello che diceva.

Sirius si bloccò: si aspettava che la cugina si mettesse a rimproverarlo o perlomeno gli chiedesse che cosa stesse facendo, invece dopo quel rimprovero svagato parve dimenticarsi completamente di lui, perdendosi in chissà quali pensieri. Sembrava quasi sul punto di piangere, il che era decisamente poco da Narcissa, così brava a mantenere il controllo in qualunque situazione.

"Narcissa, va tutto bene?" domandò, cercando a non badare all’assurdità del momento: lui con la valigia in mano che si metteva a consolare la cugina in mezzo al corridoio. Per di più una cugina con cui non aveva mai avuto il minimo rapporto: nemmeno ricordava l’ultima volta che avevano avuto una conversazione degna di questo nome.

La giovane annuì senza guardarlo. "Sì, sì, sto bene, sto bene…".

"Non si direbbe… È successo qualcosa?".

"Nulla, non è successo nulla".

"Sei sicura?" chiese ancora Sirius, senza sapere bene la ragione di tanta insistenza da parte sua: in fondo, se anche ci fosse stato un problema, perché Narcissa avrebbe dovuto confidarsi proprio con lui?

Lei scosse il capo e prese un respiro profondo, battendo le palpebre come se volesse ricacciare indietro le lacrime. "Credevo… Credevo di essere incinta… Ma mi sbagliavo…".

Sirius represse una smorfia: com’era prevedibile, era un problema ben al di fuori della sua portata. Non era decisamente la persona più indicata per consolare Narcissa in quella situazione: erano argomenti di ambiente prettamente femminile, senza scordare quello che Remus definiva poco gentilmente "tatto degno di un paracarro".

E di certo se fosse stata un po’ più in sé, anche lei si sarebbe resa conto di star parlando con l’interlocutore sbagliato; invece, continuò, come un fiume in piena una volta che è crollata la diga. "Perché non riesco a restare incinta? Lo voglio così tanto… E Lucius… Presto o tardi si stancherà di aspettare… E come posso dargli torto? Che razza di moglie sono se non riesco nemmeno a dargli un figlio?".

"Mai pensato che forse è lui il problema?". Subito dopo averlo detto, Sirius provò il forte desiderio di staccarsi la lingua a morsi: ma che diavolo gli era saltato in mente? Quante volte glielo aveva detto Remus: pensa prima di dare fiato alla bocca!

Narcissa alzò lo sguardo verso di lui, fissandolo come se lo vedesse per la prima volta. "Come dici, scusa?".

Tanto, ormai sono in ballo, tanto vale… "Beh, da un punto di vista puramente tecnico, potrebbe pure essere Malfoy a non poter avere figli… Non ti pare una concezione un po’ medievale dare la colpa alla donna sempre e comunque?".

Questa è la conversazione più surreale che abbia mai avuto… E dire che ne ho fatti di discorsi assurdi. Ma di certo discorrere dei possibili problemi di fertilità di Malfoy li batteva tutti!

Narcissa, del resto, lo stava guardando come se stesse parlando in giapponese invece che in inglese.

"Senti, lascia perdere" disse, agitando la mano per archiviare la questione. "Parlavo a vanvera… Come sempre, del resto" aggiunse in tono aspro, parafrasando il pensiero di tutti i Black o quasi nei suoi confronti.

Come se si fosse riscossa da uno stato di trance, Narcissa parve finalmente realizzare davvero chi aveva davanti. "Sirius… Ma come ti sei conciato?" proruppe, fissando con aria contrariata i jeans e la maglietta.

Ecco, momento di lirica comprensione finito, la solita, vecchia Narcissa era tornata in tutto il suo splendore… E in men che non si dicesse lui si ridipinse in volto il suo miglior sguardo strafottente. "Mi sono messo comodo: ero stufo di sentirmi un pinguino".

"Vedo… Tua madre ti farà la festa se torni di sotto vestito a quel… Cosa diavolo pensi di fare con quel baule?".

Beh, tanto lo scoprirà comunque tra poco, tanto vale… "Me ne vado".

"Te ne vai? Vai dove?". Per alcuni secondi, Narcissa lo guardò sinceramente confusa, poi capì. "Te ne vai… da questa casa? Sirius, non puoi farlo".

"Vuoi essere tu a fermarmi?" la punzecchiò Sirius. "Non mi farò problemi ad affatturarti se ci provi…". In realtà, stava bluffando: se fosse stato qualcun altro, chiunque altro, gli avrebbe lanciato qualche incantesimo senza pensarci due volte, ma Narcissa aveva sempre avuto quell’aria fragile e indifesa da bambola di porcellana, del tipo che si sarebbe potuta rompere solo a guardarla, sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di colpirla.

Nonostante la minaccia, Narcissa non si mosse di un millimetro. "Tu provaci e io urlerò: quando Lucius avrà finito con te, non ne resterà abbastanza da riempire un posacenere!".

Beh, di certo non era così indifesa come lasciava a intendere… Ma del resto, era sempre sorella di Bellatrix! "Narcissa…".

"Sirius…".

Restarono a squadrarsi per qualche istante, come a volere vedere se ognuno avrebbe messo in atto la sua minaccia, cosa che non avvenne.

"Sii ragionevole, Sirius" disse infine Narcissa, rompendo il silenzio. "Dove pensi di andare? Non hai niente, non hai nessuno…".

Questo era maledettamente vero, ma Sirius non si sarebbe lasciato fermare da questi dettagli tecnici. "Non mi importa: preferisco morire di fame in un vicolo piuttosto che restare qui un solo minuto ancora… Fatti da parte, Narcissa".

La ragazza non si mosse e per un attimo Sirius temette di doverla sul serio spostare con la forza, poi sorrise. "Sapevo che sarebbe successo" mormorò, quasi più a sé stessa.

"Che cosa?".

"Sapevo che sarebbe accaduto presto o tardi" ripeté a voce più alta. "Ne ero certa da quel giorno sul lago di cinque anni fa, quando mi mandasti a quel paese… Mi sorprende solo che tu ci abbia messo tanto".

Sirius non sapeva cosa dire: Narcissa parlava sul serio? Fino a poco prima, nemmeno lui sapeva cosa avrebbe fatto… Certo, ci aveva pensato qualcosa come un milione di volte, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo un oceano.

E non era tutto… "Beh, credo non sia in mio potere fermarti… In ogni caso, non sono io l’ostacolo, ma questo lo sai anche tu: c’è una folla di persone e tua madre tra te e la porta e non sarà per nulla facile superarle".

Detto questo si spostò di lato; Sirius continuò a guardarla con diffidenza. "Perché lo stai facendo? Dovresti come minimo cercare di Schiantarmi…".

Narcissa si strinse nelle spalle. "Perché tu sei un piantagrane e una spina del fianco e il tuo posto non è tra noi… E perché sono certa che nessuno piangerà la tua fuga, anche se Walburga ti maledirà in tutte le lingue del creato e Bellatrix giurerà di lavare con il sangue il tuo tradimento! In sostanza, ti lascio andare via perché sono convinta che staremo tutti molto meglio senza di te".

"Grazie tante, Narcissa" commentò aspro Sirius, anche se sapeva bene che la cugina aveva ragione. "E io starò molto meglio senza di voi, su questo puoi scommetterci".

"Cosa fai ancora qui? Sparisci prima che cambi idea".

Niente "addio" o "buona fortuna" e del resto nessuno dei due ne sentiva la necessità: senza aggiungere altro, Sirius la superò, trascinandosi dietro il baule. Non la ringraziò nemmeno, né si voltò per rivolgere un ultimo saluto: il loro rapporto era fondato sul silenzio e la reciproca indifferenza e non era destinato a cambiare nemmeno in quegli ultimi momenti.

Come aveva giustamente sottolineato anche lei, l’ostacolo più duro doveva essere ancora superato… Com’era prevedibile, Walburga urlò, strepitò e minacciò, ma senza sortire effetto alcuno.

In quella calda sera di giugno, Sirius Black lasciò il numero dodici di Grimmauld Place con la ferma intenzione di non tornarci mai più, senza sapere che dalla finestra della sua camera appena abbandonata, Narcissa Malfoy lo osservava allontanarsi, augurandogli suo malgrado buona fortuna.

Lyrapotter’s corner

Innanzitutto, un sentito ringraziamento a Fabi_Fabi, per il suo dettagliato giudizio, la sua velocità nel fornirci i risultati e per aver indetto il suo stupendo contest, il quale prevedeva di scegliere un numero e una lettera, corrispondenti rispettivamente a un personaggio e una citazione, su cui scrivere una storia. Il mio personaggio era Sirius Black, la citazione Una goccia di male spesso annerisce tutto ciò che è nobile, che troverete nel prossimo capitolo.

Detto questo, io odio il titolo che ho appioppato a questa mini raccolta, non so, ma lo odio: purtroppo nella mia infinita incapacità di dare titoli alle storie, non sono riuscita a inventarmi nulla di meglio. Alla fine, ho pensato, parliamo sempre della vita di Sirius, perciò, eccoci qua.

Questa raccolta, in realtà, era in principio composta solo da un capitolo, il terzo ed ultimo che leggerete prossimamente, ma per esigenze del contest ho deciso di espandere un po’ il progetto. Oltretutto, erano secoli che volevo scrivere un po’ di Narcissa e più in generale della famiglia Black, perciò ecco a voi.

I prossimi capitolo arriveranno presto, grazie a chiunque recensirà o criticherà!

   
 
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