Fanfic su attori > Orlando Bloom
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Autore: NiNieL82    08/08/2010    2 recensioni
POSTATO IL FINALE
“Non me ne frega niente di questo Orlando Bloom, non so se hai capito, Laura. Di pure al boss che questa me la paga. Non me lo sarei mai immaginato che avrebbe fatto una cosa simile!” esclamò Edith dirigendosi verso l’entrata del privè, dove avrebbe tenuto l’intervista.
“Ma miss Norton, Orlando Bloom e un attore di fama mondiale, il capo ha affidato a lei questa intervista proprio per questo motivo” rispose una terrorizzata Laura, segretaria personale di Edith, dall’altro capo del telefono.
[Dal primo capitolo].
“Sono lieta di conoscerla, mister Law.”
Jude sorrise e replicò:
“Ti prego, non mi far sentire più vecchio di quello che sono dandomi del lei. Chiamami Jude e tagliamo la testa al toro. Che ne dici?”
Edith sentì le gambe cederle. Certo, se lo avesse raccontato anche a Rachel sarebbe stramazzata al suolo per la sorpresa. Dare del tu a Jude Law mica è cosa di tutti i giorni.
Sorrise, un po' nervosa e disse:
“Ok, Jude!”
Gli occhi azzurri dell'attore ebbero come un lampo. Edith sentì una strana molla allo stomaco.
[Dal capitolo 22].
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ' I was born to love you.'
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Capitolo 11: From London to Paris.


Orlando guardava i paesaggi susseguirsi dal finestrino, pensieroso. Non sapeva come si era trovato in macchina con Edith. Ricordava solo di essere sceso in portineria e aver visto la ragazza dentro una '206' ultimo modello, fiammante.

Gli aveva fatto cenno di salire e, per quanto fosse permesso in un centro abitato, uscirono da Londra e presero la strada, in direzione di Parigi, correndo come pazzi.

Era una follia. E Orlando lo sapeva.

Lo aveva capito da quando Edith aveva detto 'andiamo!', ingranando la marcia, chiedendogli da che parte dovessero uscire per andare verso la Manica.

Percorsero le strade che lui conosceva, le stesse che faceva quando ritornava a Canterbury da sua madre.

La strada che lo avrebbe portato da Kate e ad un probabile perdono.

Probabile, appunto! Non sapeva quanto fosse sensato mettersi in macchina, quando, al telefono, Kate, aveva fatto capire di non volerlo più vedere.

Non sapeva se Kate avrebbe accettato di parlargli vedendoselo davanti.

Ma, infondo, è meglio provare e non avere nessun rimpianto nella vita. Perché i rimpianti non portano a nulla.

Guardava le mani di Edith, dalle lunghe dita, tipiche di una persona che suona il piano, strette al volante. Guidava guardando dritto di fronte a se, voltandosi di tanto in tanto per fare qualche battuta acida delle sue.

Non si sarebbe mai aspettato che la stessa donna che lo aveva trattato con sufficienza solo un mese prima, ora stesse in macchina con lui cercando di aiutarlo a riconquistare la sua donna e a rimettergli in sesto il cuore.



Stavano già in territorio francese. La radio trasmetteva musica francese vecchia e nuova. O, almeno, Orlando pensava che fosse così, dato che capiva davvero poco di quello che dicevano. Edith se ne rese conto e sorridendo gli chiese:

Non sarai mica annoiato?”

Orlando la guardò e non rispose. Edith sapeva che era così perché era giù di corda, ma non voleva che si deprimesse troppo. Voleva essere positiva, ma se le cose non andavano per il verso giusto non voleva trovarsi addosso famiglia Bloom, manager e avvocati che l'accusavano di istigazione al suicidio. Quindi cercando di tenere alto il morale continuò:

Non capisci una sola parola di quello che dicono, vero?”

Sorridendo appena, Orlando chinò la testa e annuì, senza emettere il minimo suono.

Edith schioccò la lingua diverse volte, in segno di diniego. E sarcastica come suo solito,disse:

Bloom mi deludi. Non conosci il francese. Un attore dovrebbe conoscere le lingue per recitare?”

Orlando sollevò un sopracciglio e rispose:

A dire il vero, l'industria cinematografica è americana in gran parte e quindi la lingua principale usata è l'inglese!”

Non faceva una grinza! Non lo poteva attaccare! Invece...

Ecco il sano spirito colonialista di mio nonno che credeva che l'Inghilterra fosse padrona del mondo e che tutti dovessero parlare la sua lingua...”

Ma è vero. Mica è colpa mia se hanno ben pensato di colonizzare ovunque gli inglesi...” replicò Orlando.

Edith stava per ribattere quando dalla radio uscirono delle note.

Shhh!” fece guardando l'autoradio e cercando il volume.

Orlando la guardò contrariato e disse:

Guarda che sei tu che hai cominciato...”

SHHH! Fammi sentire la canzone...” rispose Edith.

Imbronciato, con le braccia incrociate al petto, Orlando non ribatté nulla. Poi riconobbe le note della canzone. Era una canzone di Edith Piaf. 'La vie en rose'.

Stupendo Orlando, Edith cominciò a cantare la canzone, dolcemente.

E al ritornello, voltandosi verso Orlando disse:

Questa era la canzone preferita di mia nonna. Mi chiamo Edith per questo motivo...”
e canticchiando ancora aggiunse: “I miei nonni, il padre e la madre di mia madre, erano francesi. Vennero in Inghilterra quasi subito dopo la fine della guerra e cercarono fortuna. La trovarono e resistettero anche ai brutti momenti di crisi. Infondo, qua da noi, è un po' come negli Stati Uniti. Se vuoi, dal nulla, puoi diventare qualcuno... Mio nonno ci riuscì, ma mia nonna non conobbe a lungo il benessere. Morì che mia mamma aveva appena scoperto di aspettarmi. Spirò ascoltando questa canzone e questa è stata la mia canzone per tutta l'infanzia. La canzone che mi ha dato anche il nome. Edith. Come la cantante. L'unica con un nome non propriamente inglese dei tre fratelli Norton...”

Inevitabilmente la mente di Edith vagò. Tutto era lontano, ma dolorosamente vicino. Emma e Paul che giocavano con lei nel grande salotto di casa. Il pianoforte che suonava a qualsiasi ora, mentre la sua nonna paterna ascoltava deliziata ammettendo:

Patrick non ha mai suonato così. Mai...”

La mamma, Eloise che leggeva libri di fiabe davanti al camino in inverno. Suo padre, Patrick, vestito da Babbo Natale che entrava dalla porta di ingresso dopo essere uscito dalla porta sul retro, mentre Spunky, lo Yorkshire che avevano preso quando Edith aveva compiuto sette anni, abbaiava come un pazzo, cercando di mordere la gamba del suo stesso padrone.

Il loro primo viaggio con il nonno materno in Francia. E le mille risate.

Rimase un attimo in silenzio e guardando Orlando, per un fugace momento, gli chiese:

Per te quando diventiamo adulti?”

Orlando rimase in silenzio. Poi rispose:

Non so. Forse quando finisci la scuola, ti diplomi e ti butti nel mondo del lavoro...”

Edith sorrise annuì, dicendo:

Devo dire che è una buona risposta. Una volta mi fece la stessa domanda una ragazza. Aveva deciso che strada seguire e sapeva che le cose non sarebbero state semplici per lei. Ma lei aveva fatto in modo che le cose, almeno per lei, non lo fossero. Diciamo che aveva capito che per far successo, per arrivare in alto, doveva concedersi...”

Vuoi dire che è andata a letto con qualcuno per avere successo?”

Edith annuì e continuò:

Pensa che aveva solo quindici anni. Mi fece quella domanda, chiedendomi appunto quando pensavo si diventasse adulti. Risposi che si diventa adulti quando non si smette di essere figli e si è pronti per divenire genitori....”

Buona risposta!” sorrise Orlando.

Edith sorrise e ingranò una marcia superiore aumentando la velocità, guardando la spia della benzina, ancora a metà. E seria proseguì il racconto.

Lei mi disse che si diventa adulti la prima volta che si fa sesso. La prima volta che penetri o vieni penetrato, perché ti rendi conto che qualcuno ti sporca e non puoi più essere quello di prima...”

Ma la ragazza non è stata..?” chiese allarmato Orlando dalla risposta della ragazzina di cui stava parlando Edith.

Edith fece un cenno con le spalle per far capire che non sapeva se fosse successo o no e aggiunse:

Io credo di si. Fare sesso per la prima volta non ti fa sentire così male. Certo, lei si è concessa per arrivare in alto. E ha ottenuto quello che ha voluto. Non so se l'uomo -o la donna- in questione l'avesse violentata o se, semplicemente, prendendo coscienza del fatto che aveva venduto la sua prima volta, si sentiva così. So che mi rispose così. E che questa risposta mi ha lasciato sbigottita. Non avevo fatto ancora sesso. Avevo appena sedici anni. Non ero una che stava ore ed ore in giro dato che aveva il doppio dei compiti da fare, studiando sia musica che andando a scuola. Ma non dovetti aspettare molto per la mia prima volta.. Accadde e scoprì che non mi sentivo sporca. Che ero cambiata, mentalmente, ma solo in quello che riguardava l'approccio con il sesso maschile. E che, nonostante tutto, non mi sentivo matura, adulta. Anzi. Ebbi un ritardo mostruoso, e l'unica cosa che posso ricordare, di cui posso essere sicura, fu una strana sensazione di paura, che mi attanagliò per giorni e giorni, fino a che non ebbi il ciclo. Fu allora che presi il coraggio a quattro mani e parlai con mia madre, dicendole quello che mi era successo. Forse perché avevamo solo ventitré anni di differenza, forse perché ha sempre cercato di essere una vera amica, prima di una mamma apprensiva, mia madre mi capì e mi stimò. E fu allora che capì, a mia volta, che cosa voleva dire essere adulta. Voleva dire affrontare le cose di petto, senza paura. Solo allora, quando ci si riesce, si diventa adulti. Lo dissi a quella ragazza...”

Si bloccò, gli occhi divennero lucidi e Orlando, piano chiese:

Che ti disse lei?”

Edith tirò sul col naso. Odiava farsi vedere così davanti a qualcuno. Perfino da Rachel. Per lei le lacrime erano un segno di debolezza. E cercando di sembrare serena, rispose:

Rise. E solo allora mi resi conto che l'avevo irrimediabilmente persa...”

Piombò di nuovo nel silenzio. Orlando si rese conto che, stavolta gli occhi di Edith erano asciutti, ma le mani erano strette al volante. La osservò per qualche istante e chiese ancora:

Chi era quella ragazza?”

Edith emise uno strano verso, un mezzo tra uno sbuffo e una risata e seria rispose:

Era Emma Norton, la modella. Mia sorella minore.”



Orlando non seppe mai se Edith gli fece quel discorso sul sentirsi adulti per metterlo davanti alla realtà. E quella era unica. Perfino lui lo sapeva. O almeno, per il momento lo sentiva.

Kate non lo avrebbe perdonato e ci sarebbe stato davvero poco da fare.

Si addormentò e fece un sonno disturbato dalla scomodità e dal discorso fatto prima di parlare. Per non parlare dell'articolo che, per quanto cercasse di non pensarci, occupava maggior parte dei suoi pensieri.

Si svegliò di soprassalto. E con sua sorpresa, erano arrivati a Parigi.

Guardò l'orologio e vide che erano già le due.

Sospirò e stropicciando gli occhi, disse, sistemandosi nel sedile:

Dobbiamo chiedere informazioni. Altrimenti ci perdiamo...”

Edith sorrise e rispose:

Di che hai paura. Ho il tom-tom!”

Ah! Quell'aggeggio infernale che ho anche io in macchina ma che non so usare!” esclamò Orlando stordito, chiedendo poi: “Ma quanto ho dormito?”

Quasi due ore. Ti sei addormentato che eravamo vicino a Parigi” rispose Edith svoltando e fermandosi davanti ad un semaforo rosso. E guardando Orlando gli chiese: “Sei pronto? Tra poco saremo da lei!”

Orlando guardò la strada. Erano vicini all'appartamento di Kate.

Che cosa le avrebbe detto in sua discolpa? Perché, ora che sapeva di essere nel giusto, non riusciva a trovare uno spunto per cominciare un discorso?

Edith sembrò quasi che gli leggesse nel pensiero e girando il volante, disse:

Sei solo nervoso. Ricorda che ci sono anche io con te! E che farò di tutto per toglierti dai guai. Non ti lascio da solo”

Orlando sorrise nervoso. Proprio in quel momento entrarono in una strada lussuosa al centro di Parigi. Era quella la strada dove Kate aveva affittato la casa. La ricordava benissimo.

Guardò Edith e disse:

Non mi vorrà parlare”

Edith sorrise e dandogli una pacca sulla gamba, ribatté:

Credo che a qualsiasi persona farebbe piacere vedere la persona che ama arrivare in macchina da Londra solo per chiederle scusa”

Era vero. Non era mica da tutti avere un'idea simile, anche se l'idea non era stata sua ma di Edith. Però Kate non lo poteva sapere.

Sorrise e guardò Edith che allungava il collo per cercare un parcheggio.

La casa di Edith era in un stabile a più piani, organizzato similarmente a quello di Londra dove Orlando abitava.

Aveva una reception, una sala d'attesa e una sorta di portinaio che annunciava l'arrivo degli ospiti per gli abitanti dei vari appartamenti, al posto dell'usuale -e più 'terreno'- citofono.

Lo trovarono subito, massiccio in mezzo agli altri palazzi. Edith si bloccò davanti e disse:

Scendi e comincia ad andare. Io cerco il parcheggio. E mi raccomando. Non farti prendere dal panico. E non dire cose che potrebbero rovinarti. E se ti dovesse essere di aiuto, fammi chiamare. Ti vengo a dare una mano.. Te l'ho promesso e ogni promessa e debito. E non sono venuta qui per niente...”

Orlando annuì. Era pallido in viso. Edith provò un moto di tenerezza. Scosse la testa. Se avesse messo le mani su quel cretino che aveva scattato le foto, gli avrebbe volentieri spaccato la faccia. E non solo per quello che aveva fatto. Ma anche perché, per quattro ore non aveva fatto altro che guidare ed ora le mani erano piene di vesciche che si sarebbero trasformate in calli se non c'avesse messo una crema sopra.

E sospirando andò a parcheggiare.



Arrivò nello stabile qualche minuto dopo. Orlando era già salito e, per non disturbare i due amanti ritrovati, Edith si mise a sedere nella sala d'attesa, dove cominciò a sfogliare una rivista scandalistica francese.

Passò qualche secondo poi si tuffò su una copia di Vanity Fair lasciata da una donna di mezz'età che uscì camminando claudicante per via dei tacchi.

Guardò la copertina e sorrise. Era la copia dove c'era la sua intervista ad Orlando. Sfogliò il giornale e lesse qualche brano dell'intervista, stupendosi di non ricordarne neanche il minimo passo.

Sorrise rileggendone la parte centrale.

Ho conosciuto molte star di Hollywood e nostrane. Tutte, anche la più 'no global' si sono presentate da me con una guardia del corpo che mi ha chiesto di non turbare la quiete del protetto o della protetta con domande equivoche o sulla vita privata. Come è ben noto, io non amo i gorilla dalle scarpe croccanti, pronti a schiacciarti con le loro mani possenti. Quindi è stata una grandissima sorpresa vedere Orlando Bloom arrivare al punto del nostro incontro da solo, vestito come un comune normale e sedersi a bere un caffè con me come se mi conoscesse da tempo...”

Si diede dell'ipocrita. Aveva cercato di non distruggere Orlando solo perché il suo capo diceva che un'intervista con lui sarebbe valsa un mucchio di ristampe, ma non aveva trovato la minima particolarità, un qualche cosa che la sorprendesse in Orlando Bloom. Ci sarebbe voluto un mese da quel 13 Novembre 2005, prima che Edith ritrattasse e pensasse che Orlando era un ragazzo apposto.

Curiosa continuò a leggere, sapendo che le sue critiche erano molto più feroci di quelle dei suoi detrattori e, quindi, più sincere e più costruttive.

Una cosa che mi stupisce è che si muove sempre quando parla. Lo fa con le mani, con la testa, con le gambe... Insomma, quando parla di qualche cosa a cui tiene o che, presumo, gli piaccia, si muove tutto, entusiasta nella voce, come un bambino che ti descrive un suo nuovo giocattolo. Incantata lo sto a guardare, non volendo interrompere quel fiume inarrestabile di parole e di energia...”

'Quel fiume inarrestabile di parole e di energia'.

Si trattenne dal ridere come una pazza, dandosi della cretina per quella intervista. Lei la stroncatrice di carriere Edith Norton, il mastino della redazione di Vanity a Londra, quella i cui pezzi facevano il giro del mondo, aveva scritto quell'insulsa frase?

Frugò nella memoria. Per quanto le fosse possibile tornò all'intervista con Orlando. A quel giorno di metà novembre, quasi due mesi prima.

In un certo senso non fu difficile ricordare. Il loro primo incontro era stato a dir poco comico, quasi surreale. Era cominciato con la rabbia cieca di Edith per il mostruoso ritardo di Orlando che, probabilmente non sapeva con chi aveva a che fare, dato che –e non lo diceva per vantarsi- anche Sean Connery che di lei poteva benissimo fregarsene, era stato puntuale, arrivando perfino in anticipo.

Ricordava bene che subito dopo l'arrivo di Orlando, che si aspettava come minimo che svenisse alla sua vista, Edith lo scambiò per un cameriere e gli chiese un espresso e una mezza minerale naturale. Sorrise portando una mano alla bocca ricordando la faccia di lui all'insolita richiesta e cercò di immaginare la sua quando Orlando prese la sedia e si mise a cavalcioni facendole notare che lui era tutto, meno che un cameriere.

Da lì in poi fu guerra aperta. Però una cosa la ricordava. E questo giustificò l'intervista scritta. Quando premette il tasto rec del registratore e cominciò a fare domande all'attore, calò una sorta di strana atmosfera, non brutta, anzi... Sembrava quasi che nessuno esistesse vicino a loro e che ci fossero solo le domande di Edith e le risposte di Orlando. Solo quando l'intervista finì e il dito di Edith pigiò il pulsante stop, il suono metallico del registratore che si ferma fece ritornare tutto alla normalità e tra di loro fu di nuovo guerra.

Lesse ancora qualche pezzo dell'articolo quando sentì la porta dell'ascensore aprirsi. Voltandosi, vide Orlando. Non era andata bene. Aveva una faccia da funerale e sembrava smarrito quasi cercasse qualche appiglio nel mondo che, per lui, forse, in quel preciso istante, girava troppo veloce.

Si sollevò e torcendosi le dita imbarazzata, disse:

Non ti chiedo com'è andata. Lo vedo dalla tua faccia. Ti chiedo solo se posso fare qualche cosa per aiutarti..”

Orlando indicò l'ascensore e disse:

Vuole parlarti...”

Kate?!” esclamò esterrefatta Edith.

Orlando annuì ed Edith deglutì. Che cosa voleva Kate da lei? Dargliele per qualche cosa che non aveva fatto?

Perché vuole che salga anche io scusa?”

Ha detto che vuole parlarti... Ecco tutto...”

Orlando era infastidito. Edith, quindi, non ebbe il coraggio di ribattere nulla. E passando una mano sui capelli, disse:

A che piano sta?”

Quarto. Appartamento 16.”

Edith annuì e si allontanò. Prese l'ascensore e si chiese perché si andava sempre a immischiare in fatti più grandi di lei.



Quarto piano. Appartamento... Tredici” e dicendolo allungava la 'e' guardando la porta interessata. “Quattordici” e come prima, stavolta allungò la 'o'. “Quindici” e stavolta allungò la 'i' e fermandosi davanti alla porta di Kate, disse: “Ed eccoci qua. Numero sedici”

Allungò la mano nel piccolo campanello e suonò.

Aspettò qualche secondo e poi la porta si aprì. Conosceva Kate da un po' di tempo. L'aveva sempre vista impeccabile, perfetta, una piccola Barbie Malibù, visto che era americana, che sorrideva dolcemente qualsiasi cosa le dicessero. La stimava perché voleva studiare psicologia. E lo stava facendo egregiamente.

Ora, però, era lo spettro di quello che aveva sempre visto. Le occhiaie. I capelli sconvolti. Era ancora in camicia da notte.

Entra. Ti stavo aspettando!”

Edith deglutì a vuoto. Perché la stava aspettando? Guardò intorno alla ricerca di qualche oggetto contundente. E si accorse che ce n'erano svariati. Un grosso vaso di vetro dal dubbio gusto. Una ceneriera enorme e oblunga. Gli alari del camino.

Spaventata Edith guardò Kate che le sorrideva e non capiva perché lo facesse. Per tutta la stampa britannica e, per come erano andate le cose, anche per la stessa Bosworth, Edith si era portata a letto Orlando e avevo una relazione clandestina con lui. Questo non incoraggiava sorrisi, anzi... Visto che spesso Brian aveva detto che la piccola Kate aveva pensato al matrimonio con Orlando, Edith, presumeva, dovesse aspettarsi una coltellata in pieno petto.

Già immaginava i titoloni:

ATTRICE AMERICANA FERITA DA ARTICOLO SU GIORNALE SCANDALISTICO, UCCIDE FAMOSA GIORNALISTA SUA RIVALE IN AMORE CON SVARIATE COLTELLATE E OCCULTA IL CADAVERE. (articolo pagina 8,9,10,11)”

Ok! Aveva paura.

Ti prego, siediti!” disse Kate dolce indicandole il divano.

Non volendola contraddire, Edith fece come ordinato e si mise a sedere. Deglutì per l'ennesima volta a vuoto e guardò Kate che, sedendosi nella poltrona davanti a lei, sorridendo, disse:

Non credo che tu ed Orlando abbiate una storia, sia inteso...”

Edith spalancò occhi e bocca per la sorpresa.

Se credeva che non avesse una storia con quello che, presumeva, era ormai il suo ex ragazzo, perché le voleva parlare?

Ti starai chiedendo perché ho chiesto ad Orlando di farti salire”

Appunto.

Kate sorrise e guardando Edith con dolcezza le spiegò:

Ho lasciato Orlando stamattina perché quel giornale mi ha fatto capire che non posso vivere per sempre nella paura di perderlo. Non ci vediamo spesso e per quanto, questo, sia utile alla passione, col tempo, finisce per logorare una storia. E la storia tra me ed Orlando è finita da molto, troppo tempo ormai...” sospirò trattenendo le lacrime e continuò: “Ed è per questo che ti ho chiesto di venire qua. Ti devo chiedere un favore!”

Edith era troppo confusa per parlare. Lasciò che Kate continuasse senza dire la minima parola. E l'attrice colse l'opportunità, involontariamente.

Voglio che badi ad Orlando. So che ti sembrerà strano. So che vi conoscete da poco tempo, ma lui mi parla molto di te. E ti stima. Se non sapessi che infondo è ancora innamorato di me, –me lo ha detto prima, ecco perché sono così sicura- direi che si sta innamorando di te...”

Le due donne sorrisero: Kate per la sua stessa battuta; Edith per il nervoso.

Edith.. So che alle volte Orlando è insopportabile. Che è troppo egocentrico per rendersi conto che intorno a lui gira un mondo meraviglioso. Che è malizioso allo sfinimento. Ma è un ragazzo d'oro se vuole. E sa dare il cuore a chi gli vuole bene e fa qualche cosa per lui di davvero importante. E credo che, visto quello che ha detto pochi minuti fa, pensi lo stesso di te, Edith. Non tutti sono disposti a salire su di una macchina, viaggiare ad alta velocità per due stati, lasciando una capitale per raggiungerne un'altra. Ed è per questo che voglio che gli stai vicino e lo aiuti a superare questo momento di dolore. Perché sei l'unica persona che può farlo...”

Ma io...!”

L'esclamazione di Edith arrivò come da un pianeta lontano. Dopo mezz'ora che stava la dentro, era la prima volta che apriva la bocca e la sua voce era quasi innaturale, acuta, sia per il lungo silenzio, sia per la sorpresa.

Kate allungò un mano per chiederle di tacere, cortesemente. Edith obbedì e Kate continuò:

Tu sei l'unica che sa tenere a bada Orlando. Lo so. Si capisce. Tu sai tenere a bada chiunque, uomo, donna, vecchio o bambino. E sei intelligente e acuta. E puoi aiutare Orlando. Perché lui lo merita e, nonostante tutto, dietro quella scorza da 'so tutto io che ti credi?' c'è un bravo ragazzo di campagna, un bambino cresciuto che gioca a fare cose pericolose e non pensa che si può fare male, come è già successo una volta. Un ragazzo meraviglioso che ti fa ridere e sa ridere fino alle lacrime. Un ragazzo di cui è facile innamorarsi se non si sta attenti. Un ragazzo che darebbe il suo braccio destro per chi ama. Una persona che finirai per amare. Ne sono sicura...”

Ma se lo ami ancora, perché non gli dai una seconda opportunità?” chiese Edith piano.

Kate sorrise, con gli occhi incredibilmente lucidi.

Te l'ho già detto. Siamo stati per troppo tempo lontani e questo ci ha allontanati. E poi, non so se Orlando te lo ha detto, ma non sarebbe la prima volta che lo perdono...”e guardando Edith, con urgenza nella voce, le chiese: “Edith, davvero. Me lo prometti?”

Edith sospirò. Era in trappola. Non poteva dire di no. Sorrise e dolce disse:

Ok. Te lo prometto...” e porse la mano a Kate che stringendola, tra le lacrime, disse:

Grazie Edith, grazie davvero..”

Edith fece un cenno con la mano come per dire che non era niente di importante, poi, con imbarazzo, indicando la porta, continuò:

Io vado da Orlando. Mi sta aspettando da un pezzo e si starà chiedendo che fine mi hai fatto fare..” e sorrise nervosa.

Anche Kate sorrise e precedendo Edith l'accompagnò alla porta. E prima di aprirla, poggiando una mano sull'uscio chiuso, chinando la testa disse:

Un ultima cosa..”

Edith la guardò senza muovere un muscolo. Forse aveva aspettato l'ultimo momento per picchiarla, ingannandola e facendole credere che si fidava di lei, quando non era vero?

Kate sollevò la testa e piangendo, disse:

Non dirgli quello che ti ho chiesto di fare. Fallo, ma senza che lui se ne renda conto”

Edith sorrise e abbracciò Kate e dolcemente le rispose:

Tranquilla, farò come mi hai detto!”

Kate annuì, asciugando le lacrime e sorridendo, con le guancia bagnate aprì la porta dicendo per ultima cosa:

Buona fortuna Edith!”

Edith uscì si voltò e rispose:

Buona fortuna anche a te, Kate!” e lasciò che l'americana chiudesse la porta e, così, la sua storia con Orlando.



Era di sopra da tanto tempo, ormai. Troppo a dire il vero. Orlando, nervoso, tamburellava le dita della mano sinistra sul bracciolo della poltrona dove, qualche minuto prima stava seduta Edith, mentre, con la mano destra, faceva ruotare tra le dita il suo accendino.

Stava pensando che fosse successo qualche cosa di irreparabile, quando una luce si accese nel suo cervello. Edith era brava con le parole. E se fosse riuscita a convincere Kate a tornare con lui? E se in quel momento stessero parlando proprio di quello, invece di picchiarsi, come Orlando aveva pensato quando i minuti cominciarono a diventare un po' troppi?

Stava pensando a questo, quando, per l'ennesima volta, la porta dell'ascensore si aprì e, per l'ennesima volta, Orlando si voltò e guardò nella direzione da cui veniva il rumore delle porte scorrevoli che si aprivano.

Stavolta, però, non vide una vecchia o un distinto signore uscire dall'ascensore. Vide Edith e, saltando in piedi, le chiese:

Allora? Che ti ha detto? Ti ha detto di farmi salire? Che possiamo fare pace?”

'E puoi aiutare Orlando. Perché lui lo merita e, nonostante tutto, dietro quella scorza da 'so tutto io che ti credi?' c'è un bravo ragazzo di campagna, un bambino cresciuto che gioca a fare cose pericolose e non pensa che si può fare male, come è già successo una volta. Un ragazzo meraviglioso che ti fa ridere e sa ridere fino alle lacrime...'

Edith sorrise, guardando Orlando. Aveva promesso. Lo avrebbe protetto. E avrebbe cominciato da subito.

Lenta si avvicinò e scuotendo la testa, disse:

Orlando... Non mi ha chiamata per dirti di salire. Mi ha chiamata perché voleva vederci chiaro su questa storia. Abbiamo provato a capire chi potesse essere, ma non siamo arrivate a capo a nulla. E mi ha promesso che farà di tutto per aiutarmi con Brian se ci sarà bisogno...”

Aveva mentito, ma lo aveva fatto a fin di bene,.

Non sapeva però che Orlando avrebbe preferito la verità che gli avrebbe fatto meno male di quello che si era inventata. Chinò la testa e strinse i pugni. Edith lo guardò e la voce di Kate risuonò ancora:

'Edith, davvero. Me lo prometti?'

Gli poggiò una mano sulla spalla e lo accompagnò fuori. Troppo orgoglioso per piangere, Orlando rimase in silenzio, con i pugni ancora chiusi e la testa china.

Quando furono fuori dallo stabile, Edith gli sistemò la sciarpa, con la stessa cura che si usa per un bambino e disse:

Metti gli occhiali da sole..”

Orlando la guardò senza capire. Quella giornata era successo spesso che rivolgesse ad Edith quello sguardo, ma mai come quella volta sentì di aver ragione a farlo.

Edith lo guardò prendendo i suoi dalla borsetta e disse:

Metti gli occhiali da sole e in macchina metti il cappellino. Quello orrendo che avevi su stamattina quando sono venuta a prenderti...”

Perché mi dovrei camuffare?” chiese Orlando confuso.

Edith sorrise e disse:

Mi spiace vederti giù. Così ho deciso che, prima andiamo al 'Louvre' e poi, magari, andiamo a mangiare qualcosa prima di partire. Conosco un ristorante molto carino vicino alla Torre Eiffel... Basta che ti togli quel muso però...”

Orlando la guardò. Sorrise malizioso e chiese:

Ammettilo. Ti spezza il cuore vedermi così perché ti piaccio!”

Edith sollevò un sopracciglio e sospirando, scuotendo la testa disse:

Ecco, vai a fare del bene alla gente..” e inforcando gli occhiali disse: “Muovi quelle chiappe rinsecchite Bloom e sappi che non è uno dei miei passatempi preferiti andare in giro con te, dato che, le rare volte che lo faccio finisco nei casini”

Orlando trasecolò e seguendo Edith, replicò all'affermazione:

Sappi che ci sono ragazze che pagherebbero milioni per il contrario. Sono uno amato, io..”

Edith lo guardò da capo a piedi, bloccandosi un attimo e rispose:

Continuo a dire che la gioventù moderna non ha più ideali sani su cui basarsi. E questo è dimostrato dal fatto che deve guardare te per avere un mito...”

Orlando la seguì e malizioso, chiese:

Ammettilo ti piaccio!”

Se non la smetti ti lascio a Parigi e riparto da sola. Ora!” rispose Edith sorridendo alle angherie del ragazzo. “E muoviti, altrimenti non ce la facciamo. Stasera devo riportare la macchina a Rachel, te lo devo ripetere altre mille volte?”

Orlando si bloccò e preoccupato chiese:

Perché dove hai parcheggiato?”

Lontano. Qua non c'era posto!” rispose con voce cantilenante Edith.

Orlando si avvicinò e sorridendo disse:

Ammettilo, non sai parcheggiare come tutte le donne”

Ho una guida sportiva io...”

Non sai parcheggiare...”

Non lo ammetterei, se fosse vero, nemmeno sotto tortura. Quindi, smettila Bloom..”

Ma Orlando non aveva nessuna intenzione di smettere. Prendere in giro Edith e vederla così disponibile nel farsi far prendere in giro, lo aiutava a cacciare il dolore.

Cominciarono a giocare e ridere per la strada.

Non sapevano che una ragazza bionda, da una finestra dello stabile che avevano lasciato, piangeva calde lacrime, guardandoli allontanarsi.

Era Kate, distrutta dal dolore, ma tranquilla nonostante tutto.

Sapeva di aver fatto la scelta giusta per lei ed Orlando.

E sapeva di averlo lasciato in buone mani.

   
 
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