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Autore: VampiraEstreghetta    08/08/2010    0 recensioni
Jennifer è una ragazza semplice, dai ragazzi è definita passabile. Un giorno, sull'autobus che la porterà a Forks, incontra un ragazzo che poi scopre chiamarsi Nahuel. Da quel giorno la sua vita cambia radicalmente.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2
Nessie mi notò e mi salutò, facendomi segno di avvicinarmi. Anche il brunetto mi guardava, ma non fece niente che potesse sembrare un saluto. MI avvicinai a loro e Nessie disse: «Ciao Jennifer! Ieri sera ho parlato con Jake e mi ha detto che voi due e mia madre eravate amici da piccoli!». 
«Si, me lo ricordavo a malapena. Ma comunque, tu saresti?», dissi infine rivolgendomi al brunetto.
«Mi chiamo Nahuel». La sua voce era stupenda, sembrava un canto di usignolo.
«Ti ricordi che ieri ci siamo incontrati sull'autobus?», chiesi, sicura che avrebbe negato. Mi faceva una certa antipatia.
«Si mi ricordo. E mi sei subito stata simpatica! Sembri una... gatta ribelle. Si, una gatta ribelle». Alle sue parole spalancai la bocca. E a me che sembrava che fosse antipatico! D'un tratto Nessie disse: «Nahuel dobbiamo andare!! Ciao Jennifer!»
«Ciao Jennifer!». Io li salutai con un cenno della mano. Un po' prima del suono della campanella, mi diressi verso la segreteria a consegnare i miei documenti.
«Lei è la signorina Jennifer Hustie?». Io annuii e la rotonda segretaria mi sorrise affabilmente, dicendo: «Benvenuta a scuola! Il suo primo corso è trigonometria»
«Grazie!». MI diressi verso l'aula di trigonometria, una materia che odiavo con tutto il mio cuore. In classe c'erano già tutti. Il professor Neil vide i documenti e disse: «Benvenuta signorina Hustie! Si sieda vicino a Nahuel Cullen». Appena sentii il nome Nahuel seguii lo sguardo del professore e vidi il bellissimo brunetto, Nahuel, con cui avevo parlato prima. Lui mi sorrise e io mi avvicinai.
«Ciao Jenny! Ci rivediamo!», sussurrò, per non farsi sentire dal prof. Visto da così vicino era ancora più bello. Non l'avevo notato, ma aveva gli occhi a mandorla con ciglia lunghissime. Aveva anche un profumo meraviglioso di... sembrava odore di rugiada e biancospino. Un odore dolcissimo. Frastornata da quell'odore, balbettai: «Si... Ciao...». Lui sorrise, un sorriso stupendo, luminoso. A suo confronto la classe era buia. Due ore dopo suonò la campanella e insieme a Nahuel, andammo alla mensa. Mi riempii la vaschetta e chiesi: «Nahuel, tu e Nessie dove vi sedete?».
«Là», disse indicando un tavolo, dove distinguevo i capelli di Nessie, «Oggi c'è anche la sua famiglia». Nella mente mi balenò un'idea.
«C'è anche Bella, sua madre?». Lui annuì e io sorrisi. La dovevo vedere. Senza aspettarlo mi diressi verso il tavolo, ma là mi bloccai. C'era Carlisle, il rosso, che doveva essere il padre di Nessie. Nahuel era bello, si, ma Carlisle era un dio. I lineamenti perfetti, i muscoli guizzanti sotto il dolcevita attillato che glieli metteva in risalto. Lui mi vide e sorrise. Io distolsi lo sguardo e guardai la modella bruna seduta al suo fianco. Appena la vidi spalancai la bocca. Era Bella. Ma era molto più bella di dodici anni fa. Aveva il corpo di una pantera, il viso stupefacente. Gli occhi color castano dorato, i capelli scuri, mossi, fino alla vita. Il viso pallido, ma con una bellezza sbalorditiva. Anche lei aprì la bocca alla mia vista, e disse: «Jennifer? Jennifer Hustie?». La sua voce sembrava quella di un soprano, tanto era melodiosa. Io mi vergognavo un po' a parlare, al suo confronto la mia voce era stridula e insignificante. «Si. Tu sei... Bella?». Lei sorrise - un sorriso da togliere il fiato e da fare invidia anche ad Afrodite - e disse: «E' un sacco che non ci vediamo! Ricordi quando io, tu e Jake facevamo i castelli nel fango?»
«Si, io ero piccolissima, avevo appena cinque anni!». Lei rise - un coro di campanellini - e guardò Nahuel.
«Jenny, lui è mio marito, Edward». Allora avevo frainteso tutto! Lui non era Carlisle. Probabilmente Carlisle era il biondo che avevo visto con Nahuel il giorno precedente.
«Piacere, Jennifer!», dissi, affabile. Lui sorrise - un sorriso sghembo, stupefacente, da togliere il fiato - e disse: «Piacere, Edward». La sua voce sembrava uscire dai quei film dove tutti avevano una voce perfetta. Lui ridacchiò e io non capii il motivo. Poi mi venne in mente il motivo più importante per il quale ero qui. «Bella, tu hai avuto una figlia!». Il sorriso di Bella si congelò, sospirò e poi rispose: «Si, nostra figlia. Ma l'abbiamo adottata». No, non poteva essere. La somiglianza era troppa con Edward e aveva gli stessi occhi di Bella, anche se ora portava le lenti a contatto. Aveva lo stesso, identico colore di capelli di Edward. Quante erano le persone che potevano vantare un colore così stupefacente? Quasi nessuna. E il viso, esattamente la stessa forma di quello di Edward. Aveva anche i ricci di Charlie Swan. Ma, allora, perchè mi mentiva? Cosa c'era sotto? Edward notò la mia faccia e chiese: «Non per essere indiscreto, ma cosa pensi?». Io mi riscossi dai miei pensieri e cercai un alibi plausibile.
«Alla vostra bellezza. E' impressionante. E tu, Bella, da piccola, non ti offendere, ma non eri una bellezza. Ora se cambiata moltissimo!». Bella sorrise al complimento, ma a uno sguardo di Edward la sua espressione ritornò seria. Suonò la campanella e io salutai. La prossima lezione era inglese ed l'avevo insieme a Nahuel. Ci sedemmo nei posti in fondo.
«Sei fidanzata?», mi chiese a bruciapelo, sussurrando.
«No, perchè?». Lui esitò. «Così, tanto per sapere. Sai, tu mi fai molta più simpatia di tutte le ragazze della scuola. Ci potremmo frequentare». Io trattenni il fiato, non tanto rumorosamente da farmi sentire, però sentii Nahuel ridacchiare. Oddio, mi stava chiedendo di frequentarci. Era... era incredibile. Acconsentii subito e programmammo un uscita per quella sera.
«Dove andiamo?» sussurrai. Lui sorrise e disse: «Una sorpresa!». Anche io sorrisi, ma poi sui costretta ad ascoltare la lezione, perchè il professor Jhon passava tra i banchi.
«Ehy, Nahuel, sai se qui a Forks c'è una scuola di ginnastica ritmica?». Ero molto appassionata di ginnastica ritmica, a New York andavo in una palestra. Ero anche abbastanza portata, perchè ero snodata di schiena ed ero anche aperta di gambe.
«No mi dispiace. QUa non ci sono scuole di ballo. Perchè, ti piace la ginnastica ritmica?». Io annuii e mi dispiacque, e non poco, che non c'era nessuna palestra. Peccato, mi dissi, ma dovrai fartene una ragione. Casomai ti allenerai a casa, Jenny. Suonò la campanella della fine delle lezioni, salutai Nahuel, Nessie e i suoi genitori e mi diressi a casa. Vidi l'auto di Edward - una Volvo C30 grigio metallizzato - e spalancai la bocca: era stupenda. Appena arrivai a casa, preparai un piatto di spaghetti col sugo, all'italiana. Poi, dopo aver lavato i piatti, indossai una tuta comoda e iniziai il riscaldamento. Mi sedetti per terra con le gambe aperte e mi sdraiai con il petto per terra. Poi feci una spaccata sagittale con il piede alla testa. Dopo mi alzai, feci una veloce rovesciata, prima in avanti e poi indietro, e poi presi il piede e me lo portai alla testa. Lentamente lo raddrizai e rimasi ferma in quella posizione. Poi mi sedetti con le ginocchia per terra e feci un ponte con le punte. D'un tratto mi accorsi che non ero sola. Nahuel era davanti alla porta con la bocca spalancata. Io sorrisi e dissi: «Scusami se sono in queste condizioni! Mi stavo allenando». Ero molto imbarazzata.
«No, scusa tu! Continua!». Lui era sbalordito. Arrossii imbarazzata e dissi: «Se vuoi ti faccio vedere un balletto con il nastro!». Lui annuì e io presi il nastro, attaccai la musica e iniziai a ballare. Durante il balletto mi sentivo me stessa, ero perfetta. La musica mi scorreva nelle vene, insieme al sangue. Appena la musica finì, sentii gli applausi di Nahuel. Gli sorrisi e lui disse: «Sei... sei bravissima! Complimenti!». Io sorrisi, imbarazzata, e borbottai un "Grazie" appena accennato.
«Dai vieni! Ti porto in un posto bellissimo!»
«Un secondo! Mi lasci il tempo di una doccia?». Lui arrossì e disse: «Oh, scusa...».
Io salii le scale di corsa e mi fiondai nel bagno. Dovevo essere velocissima. In un attimo mi asciugai i capelli e mi vestii. Indossai un paio di jeans e una maglia a maniche lunghe con scollo a V. Mi truccai e quella era una dote mia naturale. Avevo l'abilità di sembrare un'altra persona quando mi truccavo. Con fard, cipria e pennello sapevo fare miracoli, però quella sera non volevo sembrare un'altra. Scesi e vidi Nahuel seduto sul divano. Gli sorrisi e mi accompagnò nella sua auto. Spalancai gli occhi apenna la vidi. Era una bellissima Porsche giallo canarino, che sembrava brillare anche se non c'era sole. Con la macchina fece qualche chilometro, fino a un cancelletto di legno. Poi scendemmo.
«Nahuel, non dirmi che dobbiamo andare a piedi?!» esclamai terrorizzata.
«Non ti preoccupare, se cadi ci sono io!», disse con dolcezza. Quelle parole mi fecero un effetto strano. Mi sentii molto legata a lui, che infondeva un senso di protezione. Iniziammo a camminare tra sentieri e sentierini, alcuni ripidi, altri più scorrevoli. Per fortuna non inciampai mai. Dopo un po' Nahuel si fermò e disse: «Chiudi gli occhi...», poggiandomi le sue mani sul viso. Le sue mani erano fredde, nonostante avessimo fatto una sfacchinata. Avenzamo piano piano, io con gli occhi chiusi e lui che mi guidava. Dopo un po' tolse le mani dal mio viso e quello che vidi fu uno spettacolo. Era una radura, perfettamente circolare, con moltissimi fiori di campo colorati. Era stupenda, anche senza sole. Guardi Nahuel, estasiata e dissi: «Grazie è... è bellissima!». Lui sorrise e si avvicinò a me. Io andai in iperventilazione e lui sorrise, allontanandosi.
«Non sai che fai questo effetto su tutte?» dissi io, esasperata. Lui ridacchiò.
«Anche su di te?», mormorò avvicinadosi. Io mi sentii avvampare e lui sorrise, avvicinandosi ancora. «Nahuel... per... per favore...», balbettai, confusa dal suo profumo pungente. Oddio, il suo profumo era frotissimo, così vicino. Perchè non la faceva finita? Perchè non mi baciava o non se ne andava? Perchè doveva prolungare la mia "sofferenza"? Mi morsi un labbro, così forte che mi uscì una goccia di sangue. Appena il sangue mi colò sul mento, Nahuel si allontanò di scatto, come se si fosse fatto male. Mi asciugai il sangue con il dorso della mano mentre guardavo Nahuel che mi guardava il labbro, preoccupato.
«Come... come te lo sei fatto?», disse indicando la piccola ferita.
«Oh, niente. Mi sono morsa il labbro», dissi ridacchiando, ma lui sembrava preoccupato.
«Scusa Jenny, ho... ho visto una cosa... là...», disse vago, indicando la foresta. «Vado e torno». Si incammino verso il fitto degli alberi e scomparve.

CAPITOLO 2
Nessie mi notò e mi salutò, facendomi segno di avvicinarmi. Anche il brunetto mi guardava, ma non fece niente che potesse sembrare un saluto. MI avvicinai a loro e Nessie disse: «Ciao Jennifer! Ieri sera ho parlato con Jake e mi ha detto che voi due e mia madre eravate amici da piccoli!». 

«Si, me lo ricordavo a malapena. Ma comunque, tu saresti?», dissi infine rivolgendomi al brunetto.

«Mi chiamo Nahuel». La sua voce era stupenda, sembrava un canto di usignolo.

«Ti ricordi che ieri ci siamo incontrati sull'autobus?», chiesi, sicura che avrebbe negato. Mi faceva una certa antipatia.

«Si mi ricordo. E mi sei subito stata simpatica! Sembri una... gatta ribelle. Si, una gatta ribelle». Alle sue parole spalancai la bocca. E a me che sembrava che fosse antipatico! D'un tratto Nessie disse: «Nahuel dobbiamo andare!! Ciao Jennifer!»

«Ciao Jennifer!». Io li salutai con un cenno della mano. Un po' prima del suono della campanella, mi diressi verso la segreteria a consegnare i miei documenti.«Lei è la signorina Jennifer Hustie?». Io annuii e la rotonda segretaria mi sorrise affabilmente, dicendo: «Benvenuta a scuola! Il suo primo corso è trigonometria»

«Grazie!». MI diressi verso l'aula di trigonometria, una materia che odiavo con tutto il mio cuore. In classe c'erano già tutti. Il professor Neil vide i documenti e disse: «Benvenuta signorina Hustie! Si sieda vicino a Nahuel Cullen». Appena sentii il nome Nahuel seguii lo sguardo del professore e vidi il bellissimo brunetto, Nahuel, con cui avevo parlato prima. Lui mi sorrise e io mi avvicinai.

«Ciao Jenny! Ci rivediamo!», sussurrò, per non farsi sentire dal prof. Visto da così vicino era ancora più bello. Non l'avevo notato, ma aveva gli occhi a mandorla con ciglia lunghissime. Aveva anche un profumo meraviglioso di... sembrava odore di rugiada e biancospino. Un odore dolcissimo. Frastornata da quell'odore, balbettai: «Si... Ciao...». Lui sorrise, un sorriso stupendo, luminoso. A suo confronto la classe era buia. Due ore dopo suonò la campanella e insieme a Nahuel, andammo alla mensa. Mi riempii la vaschetta e chiesi: «Nahuel, tu e Nessie dove vi sedete?».

«Là», disse indicando un tavolo, dove distinguevo i capelli di Nessie, «Oggi c'è anche la sua famiglia». Nella mente mi balenò un'idea.

«C'è anche Bella, sua madre?». Lui annuì e io sorrisi. La dovevo vedere. Senza aspettarlo mi diressi verso il tavolo, ma là mi bloccai. C'era Carlisle, il rosso, che doveva essere il padre di Nessie. Nahuel era bello, si, ma Carlisle era un dio. I lineamenti perfetti, i muscoli guizzanti sotto il dolcevita attillato che glieli metteva in risalto. Lui mi vide e sorrise. Io distolsi lo sguardo e guardai la modella bruna seduta al suo fianco. Appena la vidi spalancai la bocca. Era Bella. Ma era molto più bella di dodici anni fa. Aveva il corpo di una pantera, il viso stupefacente. Gli occhi color castano dorato, i capelli scuri, mossi, fino alla vita. Il viso pallido, ma con una bellezza sbalorditiva. Anche lei aprì la bocca alla mia vista, e disse: «Jennifer? Jennifer Hustie?». La sua voce sembrava quella di un soprano, tanto era melodiosa. Io mi vergognavo un po' a parlare, al suo confronto la mia voce era stridula e insignificante. «Si. Tu sei... Bella?». Lei sorrise - un sorriso da togliere il fiato e da fare invidia anche ad Afrodite - e disse: «E' un sacco che non ci vediamo! Ricordi quando io, tu e Jake facevamo i castelli nel fango?»

«Si, io ero piccolissima, avevo appena cinque anni!». Lei rise - un coro di campanellini - e guardò Nahuel.

«Jenny, lui è mio marito, Edward». Allora avevo frainteso tutto! Lui non era Carlisle. Probabilmente Carlisle era il biondo che avevo visto con Nahuel il giorno precedente.

«Piacere, Jennifer!», dissi, affabile. Lui sorrise - un sorriso sghembo, stupefacente, da togliere il fiato - e disse: «Piacere, Edward». La sua voce sembrava uscire dai quei film dove tutti avevano una voce perfetta. Lui ridacchiò e io non capii il motivo. Poi mi venne in mente il motivo più importante per il quale ero qui. «Bella, tu hai avuto una figlia!». Il sorriso di Bella si congelò, sospirò e poi rispose: «Si, nostra figlia. Ma l'abbiamo adottata». No, non poteva essere. La somiglianza era troppa con Edward e aveva gli stessi occhi di Bella, anche se ora portava le lenti a contatto. Aveva lo stesso, identico colore di capelli di Edward. Quante erano le persone che potevano vantare un colore così stupefacente? Quasi nessuna. E il viso, esattamente la stessa forma di quello di Edward. Aveva anche i ricci di Charlie Swan. Ma, allora, perchè mi mentiva? Cosa c'era sotto? Edward notò la mia faccia e chiese: «Non per essere indiscreto, ma cosa pensi?». Io mi riscossi dai miei pensieri e cercai un alibi plausibile.

«Alla vostra bellezza. E' impressionante. E tu, Bella, da piccola, non ti offendere, ma non eri una bellezza. Ora se cambiata moltissimo!». Bella sorrise al complimento, ma a uno sguardo di Edward la sua espressione ritornò seria. Suonò la campanella e io salutai. La prossima lezione era inglese ed l'avevo insieme a Nahuel. Ci sedemmo nei posti in fondo.

«Sei fidanzata?», mi chiese a bruciapelo, sussurrando.

«No, perchè?». Lui esitò.

«Così, tanto per sapere. Sai, tu mi fai molta più simpatia di tutte le ragazze della scuola. Ci potremmo frequentare». Io trattenni il fiato, non tanto rumorosamente da farmi sentire, però sentii Nahuel ridacchiare. Oddio, mi stava chiedendo di frequentarci. Era... era incredibile. Acconsentii subito e programmammo un uscita per quella sera.

«Dove andiamo?» sussurrai. Lui sorrise e disse: «Una sorpresa!». Anche io sorrisi, ma poi sui costretta ad ascoltare la lezione, perchè il professor Jhon passava tra i banchi.

«Ehy, Nahuel, sai se qui a Forks c'è una scuola di ginnastica ritmica?». Ero molto appassionata di ginnastica ritmica, a New York andavo in una palestra. Ero anche abbastanza portata, perchè ero snodata di schiena ed ero anche aperta di gambe.

«No mi dispiace. Qua non ci sono scuole di ballo. Perchè, ti piace la ginnastica ritmica?». Io annuii e mi dispiacque, e non poco, che non ci fosse nessuna palestra. Peccato, mi dissi, ma dovrai fartene una ragione. Casomai ti allenerai a casa, Jenny. Suonò la campanella della fine delle lezioni, salutai Nahuel, Nessie e i suoi genitori e mi diressi a casa. Vidi l'auto di Edward - una Volvo C-30 grigio metallizzato - e spalancai la bocca: era stupenda. Appena arrivai a casa, preparai un piatto di spaghetti col sugo, all'italiana. Poi, dopo aver lavato i piatti, indossai una tuta comoda e iniziai il riscaldamento. Mi sedetti per terra con le gambe aperte e mi sdraiai con il petto per terra. Poi feci una spaccata sagittale con il piede alla testa. Dopo mi alzai, feci una veloce rovesciata, prima in avanti e poi indietro, e poi presi il piede e me lo portai alla testa. Lentamente lo raddrizai e rimasi ferma in quella posizione. Poi mi sedetti con le ginocchia per terra e feci un ponte con le punte. D'un tratto mi accorsi che non ero sola. Nahuel era davanti alla porta con la bocca spalancata. Io sorrisi e dissi: «Scusami se sono in queste condizioni! Mi stavo allenando». Ero molto imbarazzata.

«No, scusa tu! Continua!». Lui era sbalordito. Arrossii imbarazzata e dissi: «Se vuoi ti faccio vedere un balletto con il nastro!». Lui annuì e io presi il nastro, attaccai la musica e iniziai a ballare. Durante il balletto mi sentivo me stessa, ero perfetta. La musica mi scorreva nelle vene, insieme al sangue. Appena la musica finì, sentii gli applausi di Nahuel. Gli sorrisi e lui disse: «Sei... sei bravissima! Complimenti!». Io sorrisi, imbarazzata, e borbottai un "Grazie" appena accennato.

«Dai vieni! Ti porto in un posto bellissimo!»

«Un secondo! Mi lasci il tempo di una doccia?». Lui arrossì e disse: «Oh, scusa...».

Io salii le scale di corsa e mi fiondai nel bagno. Dovevo essere velocissima. In un attimo mi asciugai i capelli e mi vestii. Indossai un paio di jeans e una maglia a maniche lunghe con scollo a V. Mi truccai e quella era una dote mia naturale. Avevo l'abilità di sembrare un'altra persona quando mi truccavo. Con fard, cipria e pennello sapevo fare miracoli, però quella sera non volevo sembrare un'altra. Scesi e vidi Nahuel seduto sul divano. Gli sorrisi e mi accompagnò nella sua auto. Spalancai gli occhi apenna la vidi. Era una bellissima Porsche giallo canarino, che sembrava brillare anche se non c'era sole. Con la macchina fece qualche chilometro, fino a un cancelletto di legno. Poi scendemmo.

«Nahuel, non dirmi che dobbiamo andare a piedi?!» esclamai terrorizzata.

«Non ti preoccupare, se cadi ci sono io!», disse con dolcezza. Quelle parole mi fecero un effetto strano. Mi sentii molto legata a lui, che infondeva un senso di protezione. Iniziammo a camminare tra sentieri e sentierini, alcuni ripidi, altri più scorrevoli. Per fortuna non inciampai mai. Dopo un po' Nahuel si fermò e disse: «Chiudi gli occhi...», poggiandomi le sue mani sul viso. Le sue mani erano fredde, nonostante avessimo fatto una sfacchinata. Avenzamo piano piano, io con gli occhi chiusi e lui che mi guidava. Dopo un po' tolse le mani dal mio viso e quello che vidi fu uno spettacolo. Era una radura, perfettamente circolare, con moltissimi fiori di campo colorati. Era stupenda, anche senza sole. Guardi Nahuel, estasiata e dissi: «Grazie è... è bellissima!». Lui sorrise e si avvicinò a me. Io andai in iperventilazione e lui sorrise, allontanandosi.

«Non sai che fai questo effetto su tutte?» dissi io, esasperata. Lui ridacchiò.

«Anche su di te?», mormorò avvicinadosi. Io mi sentii avvampare e lui sorrise, avvicinandosi ancora. «Nahuel... per... per favore...», balbettai, confusa dal suo profumo pungente. Oddio, il suo profumo era frotissimo, così vicino. Perchè non la faceva finita? Perchè non mi baciava o non se ne andava? Perchè doveva prolungare la mia "sofferenza"? Mi morsi un labbro, così forte che mi uscì una goccia di sangue. Appena il sangue mi colò sul mento, Nahuel si allontanò di scatto, come se si fosse fatto male. Mi asciugai il sangue con il dorso della mano mentre guardavo Nahuel che mi guardava il labbro, preoccupato.

«Come... come te lo sei fatto?», disse indicando la piccola ferita.

«Oh, niente. Mi sono morsa il labbro», dissi ridacchiando, ma lui sembrava preoccupato.

«Scusa Jenny, ho... ho visto una cosa... là...», disse vago, indicando la foresta. «Vado e torno». Si incammino verso il fitto degli alberi e scomparve.

  
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