A Squall non era mai
piaciuto viaggiare in treno.
Soprattutto se si trattava di un vecchio pezzo di ferraglia timberiana
che
sembrava tirare il suo ultimo stridente lamento di agonia ad ogni
fermata. E soprattutto
se dall’altro capo dell’interminabile strada
ferrata c’erano questioni
pressanti ad attenderlo. Era stato riconvocato urgentemente a Balamb
dal
Preside, senza spiegazioni. Questo indicava timore di intercettazioni,
il che
era sinonimo di un problema grosso e spinoso.
“Maledetto Laguna, dovevi proprio riprendertela, la
Lagunarock?” pensò, per
l’ennesima volta, mentre camminava stizzito avanti e indietro
per il vagone di
prima classe, il quale, considerata l’età del
treno e le pacchiane
suppellettili di ceramica dipinta, avrebbe piuttosto potuto chiamarsi
‘Vagone
Rievocazione Tempi della Nonna’.
Era stanco e nervoso, aveva dormito poco nei giorni precedenti,
nonostante la
missione che aveva appena portato a termine fosse solamente
diplomatica. Come
rappresentante del Garden di Balamb, aveva dovuto presenziare ad alcune
riunioni ufficiali presso la sede del Consiglio delle Nazioni Unite a
FH.
Il CNU era nato pochi mesi dopo la fine della Seconda Guerra della
Strega, con
lo scopo di prevenire, in futuro, nuove guerre e dittature come quella
di
Vinzer Deling.
Era stato un parto difficile. Il progetto di istituzione del CNU era
partito
dal presidente Loire, ma i suoi tentativi di guadagnarsi la fiducia
delle altre
nazioni erano stati perlopiù vani. Molti paesi diffidavano
di Esthar, che si
era improvvisamente riaperta agli scambi con il mondo dopo un ventennio
di
isolamento, e dalla comunità internazionale si era sollevato
un secco “no”
all’insediamento del nuovo Consiglio su territorio
esthariano.
Comprensibilmente, ricordando gli eventi della Prima Guerra della
Strega,
Galbadia, Dollet e Timber temevano intenzioni imperialiste da parte di
quella
nazione così tecnologicamente avanzata e avvolta nel mistero.
Dopo lunghe trattative si era giunti alla consapevolezza che
l’istituzione di un’organizzazione preposta al
mantenimento dell’equilibrio
internazionale, in ogni caso, si era fatta necessaria, e per non
favorire
nessuno a discapito di altri, si era deciso di cominciare affidando la
sede del
Consiglio alla città-stato neutrale di Fisherman’s
Horizon.
Sorprendentemente, il Capostazione di FH aveva accettato
quasi subito la proposta, allettato dalla crescita, sia in termini
economici
che, forse soprattutto, in termini di prestigio, che una tale
responsabilità
avrebbe portato alla città.
Il ponte di Horizon aveva ripreso a funzionare e FH aveva visto
nascere, quasi
da un giorno all’altro, un nuovo, enorme e modernissimo scalo
portuale per la
gestione del rinnovato traffico navale internazionale.
Ma nonostante tutta quella tecnologia, per viaggiare da
Timber a Balamb c’erano sempre le solite vecchie carrette
arrugginite. Squall
imprecò sottovoce, guardando fuori dal finestrino e
rendendosi conto di essere
ancora sul continente galbadiano.
Quanto odiava i treni. Gli pareva di essere impotente, su un mezzo che
può solo
andare diritto. Odiava non avere il controllo delle cose.
Sicuramente Rinoa l’avrebbe rimproverato per quello. Lei
sembrava così…leggera, in grado di assecondare la
corrente senza mai cadere,
senza mai preoccuparsi della direzione del vento. Squall non ne era
capace. Era
più forte di lui. Era un pignolo insopportabile,
già.
Alla fine si lasciò cadere sul vecchio sedile di velluto
consunto, arrendendosi all’evidenza di un viaggio mortalmente
noioso. Fuori dal
finestrino scorrevano alberi, colline, poi di nuovo alberi e altre
colline.
Timber stava piano piano rinascendo. Grazie alla pace stipulata con la
sconfitta Galbadia, aveva riottenuto il controllo su vasti e fertili
territori
nel sud del continente. In più, una delle prime decisioni
del CNU era stata l’istituzione
di un piano di aiuti internazionale per il ripristino delle foreste,
gravemente
danneggiate dagli incendi durante l’occupazione galbadiana.
Certo, il Paese non poteva ancora dirsi in pace. L’annosa
questione
dell’Eoghain, un territorio settentrionale occupato da
Galbadia già prima
dell’ascesa di Deling, e lungamente rivendicato da Timber,
era ancora una
ferita aperta. La cittadina di Tyrone, capoluogo della regione, era
ridotta a
un campo di battaglia nel quale i ribelli fedeli alla Repubblica di
Timber
tenevano occupati ormai da decenni i militari galbadiani. In
realtà era proprio
dalla storica “Questione dell’Eoghain”
che erano nati i primi gruppi militanti
anti-galbadiani, ai quali si erano ispirati, più
recentemente, i Gufi del
Bosco. Essendo il controllo dell’Eoghain una questione molto
più antica e
complessa della restituzione dei territori invasi durante la politica
imperialista di Deling, il Consiglio si era riservato di discuterla con
più
calma. Ma i timberiani, quando volevano, sapevano dimostrarsi un popolo
estremamente bellicoso: c’era da scommettere che nessuna
delle parti in lotta
avrebbe accettato di ritirarsi, nemmeno davanti a una decisione delle
Nazioni
Unite. E intanto la gente continuava a morire.
Come se non bastasse, c’erano tensioni anche nel sud del
paese: c’era un
malcontento diffuso nei confronti del moderato governo attuale,
soprattutto a
causa del fatto che era stato fortemente appoggiato da Esthar. Numerosi
erano i
rappresentanti politici che si sentivano esautorati
dall’intromissione della
grande potenza orientale nella politica di Timber, e molti di essi
erano ex
Gufi.
E per finire c’era la povertà, ancora opprimente.
Squall
aveva visitato Timber più volte dalla fine della guerra, e
aveva continuato a
vedere sempre le stesse vecchie ferrovie arrugginite, gli stessi
quartieri
diroccati, le stesse scure bettole dove la gente si accalcava per bere,
cantare
e dimenticare.
A volte si era ritrovato a pensare che lei ci era cresciuta,
in quei quartieri grigi, in quelle bettole. Si sentiva stringere lo
stomaco
immaginando ciò che Rinoa doveva aver vissuto. Ma lei non
glie ne parlava quasi
mai. Era strano. Rinoa sembrava una persona senza segreti, tanto era
limpido ed
estroverso il suo cuore. Ma non stavano così le cose. Forse
lei aveva più
segreti di quanti ne avesse mai avuti lui, in realtà.
Sapeva che non era giusto, e si sentiva un dannato bastardo arrogante a
pensarlo, ma avrebbe voluto conoscerli. Nel suo profondo più
egoista, avrebbe
voluto vedere com’era stata la vita di Rinoa prima di
incontrarla, prima…che
fosse sua. Perché quel bambino triste e arrabbiato che
viveva nel profondo del
suo cuore aveva paura, aveva una paura dannata di ciò che
non sapeva, di ciò
che non poteva controllare.
Squall scacciò quei pensieri dalla mente. Aveva imparato a
fidarsi di Rinoa, e quella vecchia, maledetta immagine di sé
stesso che aveva
infestato la sua anima per anni stava sbiadendo poco a poco. Doveva
solo
lasciare che la luce della sua Strega la cancellasse del tutto, per
sempre. Doveva
fidarsi di lei.
Distolse lo sguardo dal finestrino e chiuse gli occhi,
cercando una posizione comoda. A pensarci bene odiava i viaggi in treno
anche
perché lo costringevano a rimuginare, rischiando fin troppo
facilmente di
cadere negli angoli bui della sua coscienza. No, doveva smetterla di
pensarci.
Presto l’avrebbe rivista. L’avrebbe baciata,
avrebbe guardato nei suoi occhi
incredibilmente lucenti e quelle ombre sarebbero svanite.
E avrebbe anche, finalmente, potuto occuparsi di quella
misteriosa faccenda per cui l’avevano richiamato al Garden
con urgenza.
Respirando lentamente e svuotando la mente come un lungo e
rigido addestramento militare gli aveva insegnato a fare, Squall
riuscì ad
addormentarsi, cullato dall’interminabile, sgraziato raglio
metallico del
treno.
L’ascensore
giunse all’ultimo piano del Garden con un lieve
scampanellio. Rinoa e Selphie fecero silenziosamente il loro ingresso
nell’ufficio del Preside. Giunte davanti alla grande
scrivania, si posero
sull’attenti, facendo il saluto formale.
L’espressione di Selphie era grave,
quella di Rinoa inquieta. Da quando avevano lasciato il sito del
ritrovamento
nessuno le aveva più spiegato nulla, aveva solo ricevuto
ordini laconici. Anche
Selphie aveva ripreso a comportarsi con freddezza. Era piena di dubbi,
ma
l’atmosfera non era quella giusta per fare domande, e la cosa
la irritava. La
stavano trattando come se fosse realmente una recluta qualunque che era
rimasta
accidentalmente coinvolta in una questione più grossa di
lei. Anche in quel momento,
aveva l’impressione di trovarsi nell’ufficio del
Preside solo perché non ne
potevano fare a meno.
Cid Kramer si alzò con calma dalla poltrona dietro il
bancone d’ebano.
Il suo volto era un po’ più segnato di un anno
prima, ma i suoi occhi grigi
erano colmi della stessa penetrante decisione di sempre. Nonostante
l’aspetto
bonario, aveva uno sguardo che sembrava sondarti l’anima.
Rinoa l’aveva notato
fin dalla prima volta che l’aveva incontrato.
“Riposo, ragazze”. La sua voce era gentile, e
così tranquilla
che sembrava del tutto fuori posto nella concitazione delle ultime ore.
Ma
chiunque avesse passato un po’ di tempo
nell’Accademia SeeD sapeva che quella
voce non ammetteva repliche.
“Ciò che avete scoperto a Rosfall rappresenta un
bel
rompicapo” cominciò, passeggiando davanti a loro.
“Potete assicurarmi che
nessuno oltre a voi ha visto la macchina e parlato con il prigioniero,
giusto?”
“A parte noi e i militari catturati” rispose
Selphie.
“Nessuno”.
Il Preside annuì, guardando il soffitto con aria assorta.
“Saranno messi in isolamento, almeno per ora”.
“E il loro capo, signore?” domandò
Selphie, con
preoccupazione.
“Non c’è da preoccuparsi di lui,
Selphie” rispose lui, col
tono di un padre di famiglia che spiega ai figli come si monta una
tenda da
campeggio. “Lo terremo in custodia e lo interrogheremo.
Qualsiasi informazione
possieda, sulla macchina o su persone a conoscenza dello status della
nostra
Rinoa, la avremo”.
Il Preside aveva sempre quei modi colloquiali, sia con gli
studenti che con i SeeD. A Rinoa di solito piaceva, ma in quel momento
riusciva
solo a innervosirla di più.
Il Preside si rivolse a lei. “Rinoa, puoi dirmi cosa
hai…avvertito durante la missione?”
Dopo una vita condivisa con Edea, Cid sapeva quali capacità
avesse una Strega.
“In realtà nulla di strano, signore”
rispose. “Ho percepito
molta paura nei soldati galbadiani, ma era comprensibile data la loro
condizione”.
Il Preside annuì lentamente. “Però non
ti sei accorta che
nell’edificio era presente un nemico dotato di G.F. e
paramagia, finché lui non
vi ha attaccati, dico bene?”
Rinoa trasalì. Era vero, non ci aveva pensato. Avrebbe
dovuto avvertire chiaramente la presenza di G.F. estranei, invece il
misterioso
nemico era passato del tutto inosservato.
“No…ha ragione” rispose, sentendosi
improvvisamente in
colpa. “Non mi sono accorta di lui.
Mi…dispiace”.
Cid alzò una mano e le fece cenno di tranquillizzarsi.
“Non
te ne faccio una colpa. Hai detto di aver avvertito lo stato
d’animo dei
soldati. Se non hai percepito qualcosa di ben più evidente,
come un G.F., ci
deve essere un motivo. E lo scopriremo”.
Detto questo, il preside le porse la destra, sorridendole
cordialmente. “Ti faccio le mie congratulazioni per aver
portato a termine la
tua prima missione, cadetto. Ora ti prego di congedarti. Io e la
signorina
Tilmitt abbiamo dettagli alquanto noiosi da discutere”.
“La ringrazio, signore”. Rinoa gli strinse la mano,
fece di
nuovo il saluto militare e fece per voltarsi.
Poi si trattenne. “Signore, ho una domanda”
esordì.
Il Preside si volse verso di lei con sguardo interrogativo.
“Che fine farà adesso la macchina di
Odine?” chiese lei,
tutto d’un fiato. “Mi sembra di aver capito che non
sarà riconsegnata a
Timber”.
Il Preside la osservò un istante senza dire nulla. Poi
spiegò: “Beh, si tratta di materiale coperto dal
segreto militare esthariano.
La macchina verrà presa in custodia dalla SeeD e poi
consegnata alle autorità
di Esthar per essere studiata, naturalmente sotto la supervisione del
Consiglio”.
“E le autorità di Timber?” fece Rinoa,
più grave. “La
macchina è stata ritrovato sul territorio di Timber. Cosa
sapranno loro di
questa storia?”
Cid resse il suo sguardo, senza mostrare fastidio o sorpresa
per la domanda.
“Il rappresentante di Timber al Consiglio sarà
informato, a
tempo debito”.
A tempo debito. Proprio come si era aspettata. Strinse i
denti e si sforzò di non replicare.
“Ho capito, signore” si limitò a dire.
Poi si voltò, senza
sincerarsi di quale varietà di sguardo indagatore stesse
riservando il Preside
alla sua schiena, e uscì.
Quando la porta si fu richiusa, Cid trasse un sospiro e si
avvicinò ad un grazioso bar di mogano che teneva
nell’ufficio, raccogliendo una
bottiglia di whisky.
“Cosa ne dici, Selphie?”
“Intende di Rinoa, Preside?” domandò lei.
“Già. Mi sembra abbattuta”.
Selphie ci pensò un attimo prima di rispondere.
“È sempre
molto legata a Timber. E credo che non le piacciano i metodi del
Consiglio…sa,
i segreti, le bugie per tenere buona l’opinione pubblica...
Rinoa è sempre
stata un’idealista. Forse è ancora un
po’ immatura”.
“Immatura, dici?” fece lui, pensieroso, versandosi
un
bicchiere di liquore. “Io credo che, se avessi la
metà degli anni che ho, la
penserei esattamente come lei. A volte immagino che se fossimo tutti un
po’ più
‘immaturi’ le cose nel mondo andrebbero
meglio”.
“Ah, Selphie” aggiunse poi, in tono più
leggero. “Posso
offrirti qualcosa da bere?”
La ragazza abbandonò il contegno militare e
azzardò: “Beh,
se ha ancora un po’ di quel liquore alla
prugna…”
Cid ridacchiò. “Come no?”
Poco dopo le porse un bicchiere pieno per metà di un liquido
paglierino e profumato. Tornando alla scrivania, svuotò il
suo in un sorso, poi
si appoggiò stancamente al bancone.
“E durante la missione, come si è
comportata?”
Selphie, che stava assaporando la bevanda dolce, si affrettò
a rispondergli. “Uhm, bene, direi. Ha mantenuto il sangue
abbastanza freddo. Ha
avuto un momento di stress, ma è stato quando era quasi
tutto finito”.
Se prendere un superiore e baciarlo poteva chiamarsi
stress…ma Selphie certamente non intendeva scendere nei
dettagli.
“Nella fase di scontro si è dimostrata efficiente.
Pensando
a quello che capita a volte con le reclute, se tutti gli studenti
fossero come
lei sarebbe un paradiso…”
Il Preside annuì. “Nessun problema con il suo
potere,
allora?”
“Nessuno” gli assicurò lei.
“Anzi, devo confessare che le
sue capacità posso rivelarsi estremamente vantaggiose in
battaglia…ma lei
questo lo saprà meglio di me”.
“Eppure, nonostante tutte le precauzioni,
c’è qualcuno che
sa di lei” sospirò Cid, scuotendo il capo.
“Non ne siamo del tutto sicuri, però”
replicò lei.
Il Preside riprese a camminare avanti e indietro, le mani
dietro la schiena. “Considerate le parole che mi hai
riferito, che altro poteva
intendere quel soldato?”
Selphie non aveva una risposta. “A chi affiderà
l’interrogatorio?”
“Il Comandante sta per tornare” rispose lui.
“Squall” fece lei, pensierosa. “Non gli
piacerà l’idea, lo
sa”.
“Si, ma proprio per questo è il
migliore”.
Selphie finì il liquore alla prugna. “Lei cosa ne
pensa?”
domandò poi, grattandosi la testa. “Del fatto che
Rinoa non sia riuscita a
percepire quel tizio, voglio dire”.
Il Preside alzò le sopracciglia. “Pensavo potessi
suggerirmelo tu. Cosa dici di una specie di…dispositivo di
dissimulazione?”
Selphie lo guardò, aggrottando le sopracciglia.
“Esiste una
cosa del genere?”
Cid si strinse nelle spalle. “È
un’ipotesi. D’altronde se
questo nemico è a conoscenza della condizione di Rinoa,
possiamo aspettarci che
sappia anche qualcosa in più. Come funziona il suo potere,
ad esempio. Alla
luce di ciò non mi sembrerebbe neppure una coincidenza che
stessero cercando
proprio una macchina di Odine”.
Selphie obiettò: “Ma perché recuperare
una macchina vecchia
come quella se già possiedono tecnologia sufficiente per
realizzare un
dispositivo che confonde le percezioni di una Strega?”
“È ciò che speriamo ci dica il nostro
nuovo ospite” rispose
il Preside, allargando le braccia. Poi guardò
l’orologio. “Si è fatto tardi,
credo di doverti buttare fuori, ora, ragazza mia. Squall dovrebbe
essere qui
entro breve”.
Selphie gli sorrise. “Grazie ancora per il drink, Preside.
Mi raccomando, non litighi con Squall. Si ricordi che ha una certa
età!”
Lui si finse offeso, mentre rideva. “Sparisci dalla mia
vista o ti degrado alla manutenzione degli scarichi,
impertinente!”
Selphie si congedò, ridacchiando, e lasciò
l’ufficio.
Il Preside attese che fosse sparita dietro la porta, poi
tornò al bar e si fece un secondo bicchiere. Il sorriso
svanì poco a poco dalle
sue labbra. Selphie aveva ragione. Lo aspettava un incontro arduo.
Squall
varcò la porta dell’ufficio del Preside meno di
mezz’ora dopo che Selphie se n’era andata. Il
giovane si limitò a fare
rapidamente il saluto formale, senza dire niente.
“Bentornato” lo accolse Cid, facendoglisi incontro.
“Ho
ricevuto il tuo rapporto ieri. Ottimo lavoro”.
“Per quello che dovevo fare…” si
lamentò Squall. “Tre giorni
ad ascoltare le chiacchiere di vecchi palloni gonfiati”.
Il Preside ridacchiò. “Comandare non è
un lavoro
divertente”.
“Dovresti nominare un nuovo Supremo, Cid. Di questo passo
non riuscirò più ad occuparmi del mio vero
lavoro”.
Era da tempo che Cid aveva convinto Squall a dargli del tu.
Ormai non erano più Preside e studente, ma colleghi, e
probabilmente anche
amici.
“Lo so, lo so…” face l’uomo
più anziano, alzando le mani per
schermirsi. “Ti prometto che me ne occuperò al
più presto, ma adesso ci sono
questioni più urgenti”.
Squall si abbandonò su una sedia di fronte alla scrivania e
incrociò le braccia. “Cosa sta
succedendo?” chiese, senza altri preamboli.
Cid tornò alla sua poltrona. Poi gli raccontò
della missione
intrapresa da Selphie e Rinoa e delle loro misteriose scoperte.
Squall rimase in silenzio per qualche istante, l’espressione
corrucciata. “L’avevo detto che la copertura non
sarebbe durata per sempre” sentenziò,
greve.
“Hai ragione” concesse il Preside.
“Però speravo che
reggesse un po’ di più. Non riesco davvero a
immaginare chi si possa nascondere
dietro a tutto questo”.
“Qualcuno che sa molte cose sulle Streghe e usa tecnologia
avanzata” elencò Squall. “Sinceramente
mi vengono in mente solo gli esthariani.
Hai già parlato con Laguna?”
“No, era occupato. Ho richiesto un incontro per domani,
però”.
“Fammi indovinare: devo andarci io?”
Cid rise al tono pungente del giovane. “No, stavolta no. Me
ne occuperò di persona”.
“Tuttavia” continuò. “Non
cantare vittoria troppo in fretta.
Ho un altro incarico per te, che ti piacerà ancora meno,
temo”.
Squall chiuse gli occhi, presagendo una seccatura. “Quale
incarico?”
“Interrogare il prigioniero”.
“Dannazione”.
Cid si affrettò ad aggiungere: “Dobbiamo ricavare
tutte le
informazioni possibili da lui. La posta in gioco è alta. Mi
fido di te in
questo, Squall”.
Squall sospirò. “Di certo non posso disobbedire,
no?”
Cid gli sorrise stancamente. “È per il bene di
tutti, Squall.
Quello di Rinoa innanzitutto”.
Il giovane sbuffò, sarcasticamente. “Curioso che
per il bene
di Rinoa debba fare qualcosa che lei odierebbe vedermi fare. A
proposito, lei
come sta?”
“Sta bene” rispose il Preside. “Ma
è un po’ arrabbiata
perché probabilmente il Consiglio terrà nascosto
il ritrovamento al governo di
Timber”.
“Non so darle tutti i torti” ribatté
Squall, freddamente.
Cid ridacchiò. “Hai preso a cuore la causa della
tua
ragazza, eh?”
“Non scherzare” sbottò lui.
“Timber è nella merda, e le Nazioni
Unite si preoccupano dei gingilli di Esthar”.
“Beh, col pianto lunare anche Esthar si è presa la
sua dose
di merda” obiettò Cid.
“Esthar ha le risorse per risollevarsi in un paio
d’anni”
disse il giovane. Poi aggiunse, acido: “E se dovesse avere
qualche problema,
c’è il Consiglio pronto ad
accorrere…”
Il Preside scosse la testa, serio. “Il CNU non è
alle
dipendenze di Esthar, lo sai tu come lo so io”.
“Tu forse lo sai, io
comincio a dubitarne”
fece Squall, tagliente.
“Laguna non è uomo da approfittarsi del
potere” ribatté il
Preside, in tono convinto.
Questa volta fu Squall a scuotere il capo, lentamente:
“Laguna non è il sovrano assoluto di Esthar. Lui
può anche essere
benintenzionato, ma i politici spesso si ritrovano con le mani legate.
Prova a
pensare se alle prossime elezioni non venisse riconfermato. Con
l’influenza che
ha attualmente Esthar sul Consiglio, un leader più ambizioso
di lui potrebbe
dettare legge al mondo intero”.
Cid restò in silenzio per un po’. “Per
ora vorrei solo che
Rinoa non facesse sciocchezze, lasciandosi trasportare dal
patriottismo”.
“Non ne farà” gli assicurò
Squall, fermamente. “Mi fido di
lei”.
Poi il giovane cambiò discorso. “Devo interrogarlo
subito?”
“No, aspetta domani, ora sarai stanco. Lo teniamo in cella
di isolamento ancora un po’”.
“D’accordo” fece lui. “Ora se
non ti dispiace vorrei
andarmene a dormire…”
Cid gli fece un mezzo sorriso. “Sei congedato,
Comandante”.
Rinoa
aprì il rubinetto della doccia e un torrente di
sensazioni la colpì in pieno. Ogni volta che si toglieva il
Filatterio, si
stupiva di quanto potenti fossero diventate le sue percezioni. Riusciva
a
sentire lo scorrere di ogni singola goccia di acqua fresca sulla pelle,
avvertiva l’energia latente nei legami delle molecole
d’acqua, e se ne sentiva elettrizzata,
rinvigorita.
L’acqua era il suo elemento. In presenza d’acqua,
in particolare vicino al
mare, l’intensità del suo potere aumentava
sensibilmente, come se vibrasse
dentro di lei, in risonanza con l’elemento naturale.
Dopo essere uscita dall’ufficio del preside era andata ad
allenarsi per un po’
con il gunblade nella palestra del Centro Addestramento, sperando di
riuscire a
sfogare un po’ del nervosismo e del malumore che si sentiva
addosso.
Era un’arma difficile il gunblade, da maneggiare con una
perizia tecnica che
non ammetteva errori. Ogni singolo fendente andava studiato, misurato,
compreso
nella sua essenza perché fluisse in modo naturale e fosse in
grado di tagliare
di netto il bersaglio. Il tempismo e la distanza erano fondamentali, ed
era
necessario mantenere sempre la lama diretta al centro
dell’avversario. Era
un’arte raffinata e dura. E come se non bastasse, bisognava
imparare a gestire
lo sparo. Un modello leggero e moderno come quello che usava lei aveva
una
ridotta potenza di fuoco, ma rinculava poco, risultando adatto al
maneggio da
parte dei principianti. Un modello Revolver, come quello che usava
Squall,
poteva spaccarti una spalla se non veniva brandito nel modo corretto.
Forse era proprio perché era la sua
arma…ma più
progrediva, più si sentiva affascinata dall’arte
del gunblade. E solamente
impugnando di persona l’arma di Squall e apprendendone le
meccaniche, si era
resa pienamente conto di quanto lui fosse abile.
Ora, quando poteva,
adorava guardarlo mentre si allenava. Il modo in cui la lama pesante
del
Revolver danzava tra le sue mani, quasi animata di vita propria, aveva
qualcosa
di veramente difficile da esprimere a parole…qualcosa che
trascendeva i sensi
comuni, come se lui “sentisse” l’arma,
allo stesso modo in cui lei “sentiva” la
magia.
Mentre si insaponava , Rinoa si accarezzò le curve del corpo
con un certo orgoglio. L’allenamento fisico non
l’aveva resa solo più forte in
combattimento. Il suo fisico era diventato più asciutto,
tonico e flessibile, e
non aveva mai avuto un sedere più sodo…
Ridacchiò, appoggiandosi con la schiena
ad una parete fredda, poi staccò l’erogatore della
doccia e portò il getto sul
suo inguine. Rabbrividì di piacere, tanto per la sensazione
tattile dell’acqua
sulle sue zone erogene, quanto per quella provocata dallo scorrere
dell’energia
elementale attraverso il suo corpo.
Sì, decisamente ora si sentiva più rilassata.
Dimenticandosi
della Macchina di Odine e di tutto il resto, lasciò vagare i
suoi pensieri,
mentre quella sensazione piacevole lambiva i bordi della sua coscienza,
distaccandola poco a poco dal momento presente. Proprio come quando si
concentrava per esplorare il suo potere. C’era un sottile,
innegabile filo
conduttore tra piacere erotico e magia. L’esplosione
dell’energia che la attraversava
come un torrente quando veniva liberata era straordinariamente simile
all’orgasmo…a volte toccare i flussi di energia
sul piano etereo, cadere in
estasi abbracciando il respiro vitale delle cose, era come una
piacevolissima
sensazione tattile che coinvolgeva ogni cellula del suo
corpo…e allo stesso
modo, spesso le sensazioni del suo corpo davano vita a percezioni
superiori.
Sostenere che ci fosse separazione tra fisico e spirituale era una
menzogna…corpo e anima…sono la stessa cosa, si
disse…solo chi non conosce
l’essenza della natura può credere il
contrario…
Da quando si era resa conto del suo potere aveva imparato a
guardare ogni sensazione da un nuovo punto di vista. E le sensazioni si
erano
fatte più intense, molto più
intense, da quando si era accorta che non
coinvolgevano solo il suo corpo, ma tutto quanto, dentro di lei e fuori
di lei. E aveva iniziato a desiderarle, a bramare continuamente nuove,
estatiche sensazioni. Il suo desiderio sessuale era più
intenso di quanto lo
fosse mai stato in tutta la sua vita, specialmente quando il potere era
libero
da restrizioni.
Forse questa lussuria è proprio una caratteristica delle
Streghe, pensava. Le Streghe che danzano con i demoni e si abbandonano
ad orge
nelle notti di luna piena…proprio come nelle storie
popolari. Forse era stato
quello anche con Selphie, la notte prima nel sotterraneo.
A volte nella sua vita le era capitato di sentirsi attratta
da una ragazza, soprattutto durante la prima adolescenza. Non era una
cosa
strana. E Sel era così carina… Tuttavia non aveva
mai pensato a lei in quel
modo, non durante la loro battaglia contro le Streghe, un anno prima.
Forse era
davvero a causa degli effetti che il potere stava avendo su di lei, se
si era
scoperta a desiderarla, a voler sentire il profumo della sua pelle ed
assaggiare le sue labbra. E in verità non se ne sentiva
molto imbarazzata. Lei
non l’aveva presa male, ed era stato divertente. Una cosa
piacevole e senza
conseguenze. Perché mai doveva pentirsene?
Quei pensieri furono interrotti da una voce bassa e
tranquilla: “Sei bellissima”.
Rinoa socchiuse gli occhi. Fuori dalla doccia c’era il suo
cavaliere, nudo, con un accappatoio nero in spalla, l’ombra
di un sorriso negli
occhi azzurri come il mare.
Gli sorrise, languida, senza accennare a coprirsi. “Chi ti
ha fatto entrare nello spogliatoio delle donne, maleducato?”
“Devin mi ha detto che eri qua, e non c’era nessuno
in giro,
così…” rispose lui, rendendo esplicito
quel sorriso nascosto. “Ora vado a fare
la doccia in quello degli uomini…poi
possiamo…”
Non fece in tempo a finire la frase che lei lo afferrò,
tirandolo vicino a sé. “E perché non la
vuoi fare qui?”
“Che succede se entra una tua compagna?”
cercò di ribattere
Squall, ma aveva già capito le intenzioni di Rinoa. Come al
solito, una voce dentro
di lui gli diceva di pensare alle possibili conseguenze,
un’altra gli intimava
di cedere alla tentazione. Quando lei iniziò a baciarlo sul
petto, la seconda
voce coprì completamente la prima. La cinse, tirandola a
sé, rispondendo ai
suoi baci. Era così bello sentire finalmente il suo corpo
sottile e morbido tra
le braccia. La sua pelle era fresca d’acqua, e la sua bocca
tiepida. I suoi
capelli bagnati profumavano di bagnoschiuma.
Rinoa lasciò cadere l’erogatore della doccia e si
gettò su
di lui, in un impeto improvviso di desiderio. Cominciò a
morderlo, né troppo
piano né troppo forte. Gli piaceva, lei lo sapeva.
L’energia di Squall la invase: era oscura e piena di
vitalità sensuale e silenziosa, come una foresta buia e
umida nella quale una
belva feroce tende il suo agguato. La voleva così tanto,
poteva sentire il suo
desiderio premere disperatamente, eppure si tratteneva…non
sapeva se lei
volesse accoglierlo subito, non voleva deluderla…
Com’era tenero il suo
cavaliere. Rinoa lo prese, lo condusse dentro di
sé. Poi, gemendo piano, si abbandonò a lui,
mentre il tempo perdeva di
significato, proprio come nell’estasi.