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Autore: purepura    09/08/2010    1 recensioni
Credo che questa sarà l’ultima volta che seguirò l’istinto e la stanchezza.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'La Signora e la Signorina'
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Leggendo il Profeta






Febbraio 1980, Inghilterra.

    Cammino. Senza neanche guardare dove metto i piedi, mi faccio strada tra i rami alti. In lontananza, un gufo e una cicala cantano una vecchia nenia che probabilmente apparteneva a mia nonna.
    Non so come sono arrivata fino a qui, e non me lo domando neppure. Continuo a muovermi, avvertendo i brividi sulle braccia infreddolite e il vento che mi scompiglia i capelli.
    Sento addosso una grande agitazione, e inizio ad accelerare. Le gambe si graffiano contro i rovi, e frusciano facendo scricchiolare la terra.
    Dopo qualche altro secondo, mi fermo. All’improvviso non so più da che parte andare, e mi sono smarrita nel bosco.
   
Ma Cappuccetto Rosso abbandonò il sentiero, mentre io non ne ho mai avuto uno tracciato.
    ‹‹Da questa parte!›› Sento una voce che mi chiama in lontananza. ‹‹Avanti, sbrigati! Prima che sia troppo tardi››
    Troppo tardi? Troppo tardi per cosa?
    Mi volto, e Prince è lì, parzialmente nascosta da un albero. Mi fissa per un poco, poi si volta e comincia a camminare svelta. Mi affretto a seguirla.
    ‹‹Aspetta! Ma si può sapere dove stiamo andando?››
    ‹‹Svelta, Lily, svelta! O sarà troppo tardi››
    ‹‹Troppo tardi per cosa?››
    Non mi risponde, come è logico che faccia in questi casi. Troppo facile altrimenti…
    Continuo a seguirla domandandomi se ne vale davvero la pena, se non sia un trucco, un inganno: non devo dimenticarmi di chi è la madre.
    Il vento spazza via i canti del gufo e della cicala. Ora non sento altro che silenzio, in questo bosco così fitto e che percepisco oscuro e sinistro: questa non è una Missione, uno di quei momenti incontrollabili ma a tratti quieti e aspri. Non sai, certamente, come andrà a finire, ma sai cosa stai facendo, sai perché e quando. Sai che prima o poi avrà fine, e che al termine di una corsa o di un omicidio che ovviamente non verrà mai scontato, ti ritroverai a casa, davanti il camino, a fianco tuo marito.
    Ti ritroverai.
    Ma ora io, Lily Evans, non riesco, non voglio, non posso rendermi conto di ciò che succede realmente. E mentre proseguo il mio cammino, lontano da un sentiero che mai è esistito, mi ritrovo a pentirmi, a pentirmi di tutta la fiducia che ho dato.
    Lei cammina ancora, imperturbabile, e sembra accennare ad una piccola rientranza ad un lato impreciso tra gli alberi fitti. La imbocca senza neanche un avvertimento, un suono, e così, la perdo di vista. Per fortuna la raggiungo quasi subito, correndo, e questa volta mi metto al suo fianco.
    ‹‹Mi dici dove mi stai portando? Si può sapere come hai fatto a ritrovarti qui?››
    ‹‹Sbrigati›› ripete di nuovo. ‹‹O sarà troppo tardi››
    ‹‹Ma che significa? Me lo spieghi? Come posso aiutarti se tu non mi spieghi?››
    Niente. Parla quando vuole e dice quel che le serve.
    Non mi piace non sapere le cose, e tanto meno le bugie. E suo figlio, prima ancora di mettere piede a Hogwarts, non mi disse alcune cose e in cambio mi mise in testa delle bugie. Cosicché, quando arrivò il momento di controbattere a quel Mulciber che ero certa stesse godendo nel vedermi offesa, non riuscii a farlo, perché non riuscii a comprendere l’offesa, non del tutto. Non che questo la rese meno offensiva, ma quando venni a conoscenza del suo reale significato (‹‹Hai capito la Sanguesporco! Osa addirittura respirarmi davanti!››) mi sentii ancora più provocata, e furente urlai, io, piccola dolce e tenera dalle treccine ramate e lo sguardo angelico, urlai come mai prima; e Severus disse che aveva compreso, che non mi avrebbe mai più tenuto segreto qualcosa, che l’aveva fatto per non farmi rattristare e che non c’era ragione perché io lo sapessi.
    Ma ora devo camminare verso l’ignoto, ignorando la stizza e ignorando Eileen, che fa altrettanto.
    Poi, dopo qualche altro passo, si ferma.
    ‹‹Ecco›› mi dice. ‹‹Laggiù››
    Piano, come se fosse fatto di piombo, solleva un braccio e punta il dito verso un indistinto luogo ancora più buio. Sento il gorgoglio dell’acqua e il fruscio delle foglie.
    ‹‹Sbrigati, o farai tardi››
    Faccio due passi. Poi mi volto e vedo che non mi segue. Anzi, sta tornando indietro, lenta e monotona, come un fantasma. La vedo scomparire in lontananza, senza fare il benché minimo rumore. Troppo leggera, poco consistente, fatta di dubbio e paura, fatta di incubo.
    Mi domando perché ancora resto ferma qui, perché non mi volto e me ne vado. Ma più cose nel tono di Eileen mi hanno fatto comprendere che qualcosa c’è davvero, che devo proseguire. Che il tempo scorre, come sabbia in una clessidra impaziente.
    Mi volto e ascolto attentamente i rumori: rumori rassicuranti, che ricordano il giardino di casa…
   
Casa…
    Ed eccola che mi si materializza davanti, la mia vecchia e bellissima casa, che profuma di detersivo e latte. Pulita e luminosa. Solita.
    Faccio qualche passo in direzione di quell’insieme di cemento e mattoni rosati. La finestra si spalanca, e insieme all’odore di pancetta appena abbrustolita, mia madre mette fuori la testa e mi osserva.
    ‹‹Prosegui›› mi dice. ‹‹Laggiù. Presto, o farai tardi!››
    Lo sguardo va oltre casa mia. E subito la via di Spinner’s End, che a memoria d’uomo non era così vicina a casa mia, ma qualche metro lo dovevo fare, appare.
    Sarà troppo tardi…
    ‹‹E’ troppo tardi›› mi ritrovo a mormorare, una volta adocchiata la casa in fondo alla via, come le luci spente e l’aria di non vedere più Prince da un po’…


    Spalanco gli occhi e ho un piccolo sussulto.
    Per quasi un minuto, non riesco a rendermi conto di dove mi trovo, poi faccio mente locale e afferro il lenzuolo, riscaldato dai nostri corpi.
    Lancio uno sguardo alla finestra; oltre i vetri è ancora tutto buio. Potrei giurare che il sogno sia durato un’eternità. E invece è ancora buio, e secondo la mia sveglia, sono ormai le sei del mattino.
    Mi rigiro sull’altro fianco e mi assicuro che mio marito ci sia. Lui dorme, all’apparenza abbastanza tranquillo,, il respiro leggero.
    Scosto le coperte e mi metto seduta sul bordo del letto. I piedi gelidi, a contatto col pavimento, fanno rabbrividire l’intero corpo.
    Mi alzo in piedi e vado alla finestra. La spalanco, in cerca di un po’ d’aria, e per un istante credo di potermi dimenticare di questo sogno. Non posso sobbarcarmi anche questo genere di preoccupazioni, ora. Ho un marito, e un figlio in arrivo di cui occuparmi; una guerra da combattere e lo stress da tenere sotto controllo. Non credo di poter affrontare altro per adesso.
    Ma questo non vieta all’ansia di attanagliarmi lo stomaco. Forse è anche a causa della gravidanza, presumo, che mi fa vivere ogni sensazione duplicata di cento volte.
    Mi tocco il ventre, leggermente rotondo ma altrimenti ancora del tutto invisibile alla presenza di una terza persona in questa casa.
    ‹‹Lil, va tutto bene?››
    Sorrido. Come ha fatto a svegliarsi? Non ho fatto rumore!
    ‹‹Sì, certo›› dico, voltandomi verso di lui, che ha alzato la testa e si è leggermente coperto col lenzuolo e col piumone, che io ho calciato in fondo al letto molte ore fa: forse dovrei chiudere la finestra, ma non lo faccio. Invece, mi avvicino e mi rimetto sdraiata accanto a lui, poggiando la testa sul suo petto. Chiudo gli occhi e mi concentro sul suo battito cardiaco. Regolare. Confortante.
    Un battito, due battiti, tre, quattro…
    ‹‹Sei sicura?››
    La sua voce interrompe i miei conti e mi deconcentra.
    Alzo lo sguardo e lo fisso.
    ‹‹Ma certo›› dico. ‹‹Mi era solo venuto caldo››
    Mi guarda anche lui, mi studia, ma sono sempre stata difficile da leggere. Leggo tutto degli altri, tutto (o almeno così credevo), ma riesco ad evitare di mostrare sentimenti inutili. Come adesso, che se lasciassi trasparire tutta la mia preoccupazione, mio marito come minimo non chiuderebbe più occhio sino all’alba.
    ‹‹Che c’è, non mi credi?›› domando, fingendomi offesa per cercare di deconcentrarlo, in modo che non legga più a fondo di quanto già stia facendo.
    ‹‹No›› dice. ‹‹Va bene, ti credo››
    ‹‹Ma?››
    ‹‹Niente ma, davvero!››
    ‹‹Certo, come no! Allora, che cosa c’è?››
    ‹‹Sono io che l’ho chiesto a te››
    ‹‹E io ribadisco che non ho niente. Quindi?››
    ‹‹Quindi a posto, direi. Anche se c’è qualcosa, ti si vede in faccia››
    ‹‹Questo non è certo il periodo più spensierato della mia vita, amore. Scusa se ogni tanto mi prendono certi pensieri!››
    ‹‹E c'è qualcosa che posso fare?››
    ‹‹No. Cercherò di riposare. È solo il clima in cui versiamo al momento. Ed è più che normale, non credi?››
    ‹‹Sì. Sì lo è››
    ‹‹Bene. Buonanotte, amore!››
    Lo bacio dolcemente e mi rigiro dall’altra parte.
    Un istante di silenzio.
    ‹‹Dormi›› gli ordino. ‹‹Avanti. Sai che ci sarà una riunione in questi giorni, e non apprezzerò un’altra tua dormitina››
    ‹‹Ma io sto prendendo sonno!››
    ‹‹No. Non ti sei mosso dalla posizione in cui ti ho lasciato. Esigo che tu dorma, ora››
    ‹‹Ma sono preoccupato››
    ‹‹Piantala. Anche io lo sono, ma se non dormi come combatti lo stress e i Mangiamorte?››
    Ride. ‹‹E va bene, ci provo. Buona notte››
    Ridacchiando chiudo gli occhi, ed ho la fortuna di dormire senza sogni né incubi sino a tarda mattinata.

    Mi sveglia un suono leggero, indistinto. Apro gli occhi, piano, mettendo a fuoco.
    Questo è un gufo, che sbatacchia il becco contro la finestra della nostra stanza.
    A tentoni la raggiungo e apro la finestra, potendo constatare che non è una giornata mite, per nulla. Il febbraio scorso non è stato così freddo. Sembra pieno gennaio, anche se la neve si è sciolta qualche settimana fa.
    Il gufo entra e si scrolla per bene il manto soffice. Lascia cadere una lettera e vola via di nuovo. La riconosco immediatamente: sulla busta, con una grafia sottile e obliqua, sono scribacchiati il nome mio e di James. Riunione straordinaria? Morte di qualche amico? Con le mani sudate prendo la busta in mano e la apro facendo poca attenzione a non strappare la carta.

    Cari James e Lily,
    non allarmatevi, per carità! So già cosa state pensando, e dunque no: stanno tutti molto bene.
    Se non vi dispiace, comunque, vorrei che questa mattina, appena possibile, vi recaste al Quartier Generale. Ci sono novità che è meglio non discutere per lettera. Remus ha fatto proprio un buon lavoro in questi giorni, dovreste complimentarvi.
    Un affettuoso saluto, vi aspetto!

Silente.


    P.S. Crisantemi.

    Con un sospiro ripiego la lettera e guardo la sveglia sul comò: le nove! Non è nemmeno così tardi come temevo.
    ‹‹Amore›› dico, mentre apro l’armadio ed inizio a tiare fuori un vestito dopo l’altro. ‹‹Amore, sveglia!››
    ‹‹Sì, fra dieci minuti›› borbotta.
    ‹‹Subito. Abbiamo una riunione››
    ‹‹Non è vero›› dice, aprendo appena un occhio. ‹‹Non fino a martedì della prossima settimana››
    ‹‹Riunione straordinaria, amore. Alzati!››
    Lui infatti si tira a sedere molto in fretta.
    ‹‹Che cosa è successo?!›› domanda. ‹‹Qualcuno…››
    ‹‹No, stanno tutti bene›› dico. ‹‹Ma Silente ha novità››
    ‹‹Spero siano almeno positive››
    ‹‹Sembra di sì. Ci ha detto di complimentarci con Remus. Chissà››
    In poco meno di un quarto d’ora siamo pronti.
    ‹‹Niente caffè?›› borbotto, guardando sconsolata verso la cucina.
    ‹‹Ce ne sarà a quintalate al Quartier Generale, visto che l’unico modo per fare stare tranquilla Emmeline è che le si lasci fare caffè››
    Rido.
    In poco tempo siamo davanti alla casa scelta per questo periodo come ritrovo.
    Iindiseggnabile e protetta da ogni sorta di incantesimo, ci appare davvero sicura.
    ‹‹Buongiorno››
    Questo è il saluto sonnacchioso di Peter, che probabilmente è stato svegliato anche lui dal gufo solitario.
    ‹‹‘Giorno, Pete›› borbotta James. ‹‹Anche tu qui?››
    ‹‹Già, ma credo che abbiano richiamato tutti››
    Infatti non appena entriamo nella vasta sala, la troviamo già piena. Ci sono tutti, conto velocemente.
    Alice è la prima a scorgermi, e mi invita a sedermi accanto a lei; in questo modo non intralcio Sirius e James che si stanno salutando a mo’ di fratelli ritrovati dopo anni e anni, a seguito di un’eterna solitudine trascorsa senza affetto.
    Un girono amerà me quanto ama lui!*
    Scorgo Silente che entra in quel momento da una porticina laterale.
    ‹‹Benvenuti e ben svegliati›› esordisce, ed il silenzio è istantaneo, come a scuola, quando incominciava il discorso d’inizio anno.
    Mentre Silente parla di scoperte fatte tra i Lupi Mannari, e di conseguenza di scoperte fatte tra i Mangiamorte, mi ritrovo ad adocchiare il giornale che Alice stava leggendo. Non sono una di quelle persone che si distrae quando una persona parla di cose così importanti, ma ora è il mio stesso cervello a chiedermelo. È sovraccaricato da troppe cose, forse ha bisogno di staccare. E così i miei occhi si accorgono del giornale e lo afferrano. Lo sfoglio, non degno di attenzione la prima pagina, ma le mie mani e i miei occhi vagano all’interno.
    Ed eccolo lì, scritto piccolo piccolo. Un presentimento? Una premonizione? Magia? Coincidenza?

BRUTALE ASSASSINIO:
Purosangue uccisa dal marito Babbano.
In questi tempi così bui, ci si sarebbe potuto aspettare di tutto. Mentre molti Babbani muoiono a causa degli stessi Purosangue seguaci di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, un Babbano, residente con la moglie nel nord dell’Inghilterra, uccide la moglie, strega Purosangue e di stirpe conosciuta come quella dei Prince. Le autorità Babbane si stanno occupando dell’inchiesta e della condanna del coniuge.

    Credo che questa sarà l’ultima volta che seguirò l’istinto e la stanchezza.
    Mi guardo intorno: nessuno fa caso a me, ora come ora. Sembra che Silente dica veramente delle cose molto interessanti.
    Febbrilmente aspetto la fine della riunione. Per fortuna nessuno osa chiedermi nulla, perché non credo che avrei la testa per rispondere.
    Mentre tutti sono intenti a commentare, ed Emmeline ha portato tre milioni di caffè per tutti, adocchio Silente e mi avvicino.
    ‹‹Dimmi, cara›› esordisce, ancora prima che io possa aprir bocca.
    ‹‹Niente. Leggevo il giornale e…››
    ‹‹Brutte notizie?›› domanda.
    ‹‹Un po’›› sorrido. ‹‹Volevo avvisarti che sto uscendo. Torno appena posso››
    Annuisce.
    ‹‹Mio marito si preoccuperebbe troppo. Magari diglielo più tardi. Ma ci metto poco, davvero››
    ‹‹D’accordo. Stai attenta››
    ‹‹Come sempre››

    Non è sicuro, lo so. È un suicidio vagare per le strade da sola, ma devo sapere, e non c’è altro modo.
    Mi Smaterializzo in fretta. La strada è sempre quella, il vento gelido che mi colpisce sempre uguale.
    Mi faccio strada e cammino veloce.
    E poi la vedo, circondata da uomini in uniforme, quella casa. È tutto vero, ma d’altronde che cosa mi aspettavo?
    ‹‹Credevo che lui se ne fosse andato›› mormoro.
    Non c’è stato bisogno che iniziasse a parlare, né che io mi voltassi per caprie chi ci fosse dietro di me. So che non mi attaccherà, perché entrambi siamo qui per rivangare il passato. Entrambi siamo dei quindicenni che scrutano Tobias Piton da lontano.
    ‹‹Era così. Ma non chiedermi di comprendere persino che cosa stesse pensando››
    Niente rabbia, né per suo padre e né per sua madre. Forse per me, forse.
    ‹‹Mi dispiace›› dico.
    ‹‹Lo so. Grazie per essere venuta››
    Non mi volto, non voglio.
    ‹‹E tu che cosa farai ora?››
    ‹‹Come se avessi mai avuto bisogno di loro››
    ‹‹Ma…››
    ‹‹Le darò una degna sepoltura, se è questo che intendi. E no, non ho intenzione di cercare mio padre. Può marcire in prigione per quanto mi riguarda››
    ‹‹Ma…››
    ‹‹Lei non era migliore di lui. Lei era debole come lui››
    ‹‹Non puoi pensarlo seriamente. Lei era una vittima, come te››
    Ora mi volto. Lo guardo in faccia. Il mio Severus è ancora lì, è sopravvissuto ai tanti anni di distacco. Forse sono io quella che è morta.
    Un secondo, posso sentire il tempo ticchettarmi nello stomaco. Poi lui si volta e si avvia verso la casa, quella che odia, quella che non vorrà mai più vedere.
    Non mi resta che scomparire di nuovo.
    I legami con il passato, ora, scarseggiano.
______________________________________________
Salve!

Eccomi di nuovo, incredibile ma vero! ^^
Questa One-Shot, di cui l’inizio mi soddisfa ma la fine no, è una sottospecie di seguito di Conseil…. E, bé, parla da sola credo.
L’ultimo incontro tra Lily e Severus e uno strano sogno che poi si rivelerà esatto.
Ma, non saprei che altro aggiungere…
Non mi resta che ringraziare MissBlackspots e malandrina4ever per le loro bellissime recensioni: già, devo ammettere anche io di non aver letto molte fic che parlano di questo incontro e di queste due donne, per questo ho cercato di scriverla. Grazie infinite e a presto! xD
Ho dimenticato l'asterisco! Che tonna che sono!
*L'ho presa da un episodio di Scrubs, quando Carla e Turk tornano dalla Luna di Miele, e lei vede il neomarito abbracciare J.D. e pronuncia questa frase. Era un modo per sottolineare il legame saldo di Sirius e James, ecco! xD

  
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