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Autore: Sanya    11/08/2010    1 recensioni
Alice Cullen non riesce a ricordare nulla del suo passato. Vede solo uno spesso muro nero, quando ci pensa. Ma vi siete mai chiesti cosa c'era esattamente nel suo passato? Quali sono state le decisioni che l'hanno portata a finire in manicomio e ad essere trasformata in una vampira?
E poi, siamo davvero sicuri che il suo creatore rappresentasse per lei solo uno sconosciuto?
Capitoli in via di revisione. Work in Progress
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Eccomi qui!!!!

Dopo un periodo di latitanza inspiegata...rieccomi a rompere come sempre!!! Scusatemi, ma sono indietrissimo con i compiti e mi sto concentrando moltissimo su un sacco di cose (mi sono iscritta a due contest e non so dove trovare il tempo per scrivere). Oltrettutto mi sto dedicando alla lettura dell'Ospite della zia Steph<3: qualcuno di voi l'ha letto???? IO lo adoro!!! Mi chedo che cosa infili nei suoi romanzi la zia Steph visto che tutti quelli che scrive mi rapiscono....Boh!

Allora in questo capitolo si capiranno meglio i pensieri del povero Byron....Lo sto facendo soffrire moltissimo, lo so, mi piange il cuore anche a me per questo!!!

Allora vorrei specificare una cosa: magari molti di voi si chiederanno come mai Byron pensi che ogni cosa succeda a Alice sia colpa sua. In effetti, è una cosa stupida, Alice si è presa l'influenza (non la spagnola), non è stato lui in prima persona a metterla in pericolo. Ma il nostro povero protagonista pensa che ogni disgrazia succeda a Alice sia colpa della sua presenza, in particolare della sua natura.

Ah, altra cosa importante. Alice non sa niente di ciò che è Byron! Non sospetta nulla dell'esistenza dei vampiri, ma dopo questa malattia molte cose cambieranno....

Allora passiamo ai ringraziamenti!

Come al solito lodo con tutto il mio cuore quelli che commentano! Do un grosso bacio a Mafra (Oooh, che bello cara sei tornata!!!!!! *Me felicissima*) BHe, già sai quanto sono fiera di poter leggere le tue recensioni e i tuoi consigli! Hai l'imensa pazienza di leggere tutte le mie storie...Grazie davvero!!! (O.Mio.Dio.Non.Ci.Posso.Credere. sei tu la famosa _mafra_ del contest???????????????? Allora devo assolutamente scrivere qualcosa da presentarti!!!! NOn posso lasciarti a mani vuote! Cmq ho notato che partecipiamo insieme anche a un altro contest 'Family, My Love....'! Waaa, Che bello!!!!)

E non dimentichiamoci di Kloe!!! Grazie!!! che bello sapere che ti piaccia la mia storia!!! ^^

Ringrazio anche quelli che leggono e non si fanno vedere....Sappiate che sono un po' arrabbiata con voi perchè non commentate! *Tzè* Noooo, Scherzo!!!

Ah, colgo il momento per ringraziare tutti quelli che hanno letto la mia prima One-Shot Nightmare (Per chi vuole dare un'occhiata questo è il link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=544386&i=1) Sono contenta che sia piaciuta!!!

Ora vi lascio leggere!!!

Grazie per la pazienza ;D

CAPITOLO 5

Ero ancora appollaiato sulla grande quercia. Udivo la madre continuare a piangere e la governante tentare di consolarla. Percepivo il respiro di Cynthia, che ascoltava dalla sua stanza ciò che stava accadendo, impietrito quanto il mio dalla rivelazione.

-Signora Meg, forza. Andiamo a letto. Vedrà che domani tutto andrà meglio. Guarirà, ne sono più che certa- disse la governante per tentare di schiodare la donna da quello stato. A quella frase seguirono dei passi e lo sbattersi di una porta.

Se ne erano andati tutti. Il silenzio regnava in quella casa. Solo i cuori che battevano mi suggerivano che c’era vita.

Silenzio. Buio.

E così era la mia vita. Silenziosa, buia.

Non un stella luccicava pallida in lontananza, nell’universo. Nemmeno la luna faceva capolino tra le fronde scure degli alberi o tra le nuvole spesse che la nascondevano.

La mia stella era malata e forse non ce l’avrebbe fatta.

Alice. La mia piccola Alice.  

Chiusi gli occhi e nascosi il viso tra le mani.

Era colpa mia se era ridotta in quello stato. Avrei dovuto accorgermene che quel giorno non stava bene. Avrei dovuto pensare prima a lei, questa volta, che non a me stesso. Ora, a causa della mia non-curanza, rischiavo di perderla. Per sempre.

Che senso aveva restare ancora lì? Non era questo il segnale che aspettavo per andarmene?

L’avevo messa abbastanza in pericolo per decidere di prendere una strada diversa per la mia eternità. Avrei potuto ritornare alla mia vita di sempre, almeno quella che seguivo prima di incontrare lei.

Ero fermamente convinto che fosse la scelta migliore eppure rimanevo a fissare quella casa. Perché non me ne andavo da quel luogo e la lasciavo in pace una volta per tutte?

“Facile, perché lei significa troppo per te.” Suggerì una parte di me. Ed, effettivamente, aveva ragione. Lei era troppo per me.

Un demonio, un seguace del diavolo non avrebbe dovuto desiderare in quel modo un angelo del genere. Non ne aveva il diritto. Era un’ossessione più che un amore irrealizzabile.

“Mostro. Byron, sei semplicemente un mostro.”

Già, ero un mostro; un mostro che non poteva fare a meno della parte più buona della sua vita. Un mostro che, nonostante sapesse di far del male alla sua unica ragione di vita ogni secondo che passava accanto a lei, non poteva fare a meno di sentire la sua presenza. Desiderava sentire i morbidi capelli di lei tra le sue dita; immaginava in ogni secondo di sentire la sua vocina dolce e squillante che parlava del più e del meno; bramava di vedere il suo sorriso sulle labbra, di sentire il suo odore intenso per rendersi conto che lei fosse reale, viva.

Se quella creatura perfetta fosse scomparsa, cos’era il mostro senza di lei? Cosa sarei stato io, senza di lei?

Cercai di concentrarmi su quei rari e leggeri rumori che mi circondavano. Per lo più, badavo a quelli che provenivano dalla casa, precisamente dalla stanza che si affacciava sulla parte più rigogliosa del giardino.

Era la più ampia, la più luminosa. Mi ero affacciato tante volte a quella finestra per poter vedere cosa la mia piccola stava combinando. Per lo più giocava, si divertiva, leggeva. Ora non volevo nemmeno pensare alle condizioni in cui versava la sua salute.

Aguzzai l’udito e sentii un leggero, quasi impercettibile, battito cardiaco. Era quello di Alice. Il suo piccolo cuore batteva stanco nella sua cassa toracica. Ogni pulsazione sembrava sempre più affaticata, decisa a smettere. Sentivo il suo respiro annaspare in cerca di ossigeno. Il suo petto si gonfiava e sgonfiava a fatica, come se fosse costretto a compiere quei gesti naturali. Mi sembrò di sentirla tossire.

Un impeto di rabbia mi scosse da capo a piedi. Lei doveva vivere; era ancora troppo presto per abbandonare tutto quello che era il suo mondo. Era troppo presto per abbandonare me. Non ero ancora pronto.

Le mie dita si contrassero di più intorno alla forma del mio viso. Mi sarei staccato la testa e bruciato da solo, se ciò fosse servito a far tornare tutto come prima. Ma anche se non fosse servito a niente lo avrei fatto. Almeno avrei evitato di scontrarmi con i sensi di colpa.

Avevo paura. Non ero solamente preoccupato, avevo paura per quello che riservava il futuro. Sarebbe stato brutto e indesiderato come lo immaginavo? Probabilmente sì.

Sospirai profondamente e cercai di scacciare via ogni possibile pensiero pessimista. Dovevo avere fede, per quanto possa essere difficile per un vampiro. Avere fede nel fatto che Alice guarisse e ritornasse a essere la ragazza spensierata di un tempo, che crescesse nella donna che avevo sempre desiderato che diventasse, che avesse un marito fedele che la facesse sentire unica, che avesse dei figli a cui badare.

E io, che ruolo avrei avuto nella sua vita? Nessuno.

Io non avrei potuto darle niente di ciò che desideravo. Le avrei dato dolore, delusione. Niente di stabile su cui fondare un rapporto, una vita. Solo incertezze.

L’avrei curata come avevo fatto un tempo: da lontano, cercando di rimanere estraneo alla sua vita, per quanto ci fossi riuscito.

No, non sarebbe bastato a renderla felice, realizzata. E neppure io sarei riuscito a occuparmi di lei senza che interferissi di nuovo nella sua esistenza.

Probabilmente avrei dovuto prendere una decisione definitiva. Una scelta da cui non sarei più potuto tornare indietro.

Vagliai con la mente tutte le possibili alternative. Tra le tante non sapevo quale seguire.

Alzai la testa e guardai verso quella finestra.

“È per il suo bene, Byron. Non essere egoista.” Mi urlò contro la parte più protettiva di me. Chiusi gli occhi, serrando le palpebre. Quando li riaprii, avevo preso la mia decisione.

Dovevo allontanarmi. Velocemente.

Basta. Alice non avrebbe più avuto a che fare con me. Non le avrei più fatto del male. Lei si meritava di vivere.

Certo, sarei tornato a vedere come versava il suo stato di salute. Ma niente di più.

Niente più pomeriggi passati a guardare le nuvole, niente più passeggiate nella boscaglia.

Balzai giù dall’albero e corsi via veloce verso la notte gelide del bosco.

   
 
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