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Autore: Ciribiricoccola    12/08/2010    2 recensioni
* STORIA TEMPORANEAMENTE SOSPESA * Clarissa e Danny insieme, come entrambi avevano sempre desiderato (ma mai ammesso!). E adesso che cosa succederà? L'amore sarà idilliaco? Nah, altrimenti sopraggiungerebbe la noia! Qualcosa succederà, e una grossa, enorme, spaventosa crepa ignorata da tutti si aprirà in questo quadretto perfetto. Provate a indovinare chi sarà la persona che per prima causerà questa crepa...
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Jones, Dougie Poynter, Harry Judd, Nuovo personaggio, Tom Fletcher
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'McClaire- She's the young, she's not alright'
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claire

Ciao, cari/e!

Nessuna recensione per il capitolo all'insegna delle schifezze! Uhm... U_U... O siete proprio tutti in ferie, o volete farmi capire che faccio schifo come scrittrice! Opto per la prima, mi fido di voi :)

L'ultima volta che ho postato vi ho proposto un capitolo breve, invece stavolta gli appassionati della lettura potranno gioire di una luuuunga serie di righe! Scusate l'irregolarità, ma spezzettare i vari momenti di questa storia non è sempre facile!

Le jonesiane potrebbero aver bisogno dei fazzoletti.
Per asciugarsi la saliva, intendo.

Vi ho avvertite! Adesso vi lascio alla lettura!

Alla prossima e grazie per il vostro sostegno, seppur silenzioso... :) Quanto siete timide!

Ciry

***

Ad occhi socchiusi, osservava il quartiere in cui viveva, grigio a causa delle nuvole minacciose che si erano presentate dopo pranzo e non se ne erano più andate.
Almeno c’era un po’ di vento fresco.
Lo sentiva sul viso, le faceva pizzicare il naso.

I pomeriggi vuoti in cui non aveva niente da fare le davano sempre da pensare.
Per dire la verità, avrebbe avuto qualcosa con cui occupare il tempo, per esempio pulire i vetri.
Ma con quel tempo che minacciava un acquazzone, no, non se la sentiva.

Rifletteva, con la fronte ancora calda per la febbre, fortunatamente in calo.
Rimuginava.
Una cosa che non l’aveva mai portata a niente di buono.

A farle da sottofondo musicale, Danny nel suo studio di registrazione, con la porta aperta; non lo sentiva granché bene, in lontananza, semi- coperto dal brusio dei motori e del chiacchiericcio umano in strada, ma forse si stava riscaldando, canticchiando qualcosa di tranquillo, accompagnandosi con la chitarra, che produceva sempre un giro in Mi minore, plni- plen, plin- plen

Aveva scoperto che cosa l’aveva fatta stare male, la sera prima.
La crema di carciofi avariata.
Ne era certa, perché anche Dougie l’aveva ordinata, e la mattina seguente l’aveva chiamata apposta per annunciarle che aveva passato la notte sul water.
Harry e Danny, invece, non avevano avuto proprio niente, perché avevano mangiato carne.
Frankie e Cassie avevano cenato con un piatto unico, un’insalatona mista, quindi anche loro non erano rimaste intossicate.

Forse il suo stomaco non aveva retto alla tremenda centrifuga di crema scaduta mescolata agli alcolici.
Avrebbe dovuto stare più attenta, perché lo sapeva, era sempre stata abituata ai boccali di birra chiara, sempre piccoli, sempre leggeri, sempre consumati a stomaco pieno, dopo una cena preparata dalle sue stesse mani…
Ma quella sera, la testa era da tutt’altra parte.

Cassie.
Fissazioni infondate o idee con una base solida, non le importava che cosa fossero quelle che in quel momento stavano invadendo pian piano il suo cervello.
Stava iniziando a detestarla.
Era gelosa.

Ci aveva ballato praticamente tutta la sera.
Non che si fossero attaccati l’uno all’altra per un lento.
Ma, guarda caso, se lui diceva “A”, allora anche lei diceva “A”. E se lei andava a ballare, lui la seguiva.

Doveva riconoscere, nonostante tutto, che era anche un po’ colpa sua.
Si era mostrata asociale, insofferente, cosa poteva aspettarsi?
Avrebbe solo desiderato un po’ più d’attenzione, ecco tutto.
Ma questo non bastava a giustificarla, anzi, serviva solo a farla apparire ancora più stupida ed egoista.

Aveva vomitato l’anima.
Che razza di figura…
L’unica soddisfazione, in mezzo a quello schifo, era stato rigurgitare sul suo piedino immacolato, vestito di un tacco dodici, un sandalo aperto con gioiello, un tantino pacchiano.
Lo avrebbe rifatto.

Così impari a fare la socievole soltanto col mio uomo.
Stronza.

Decise di zittire il proprio cervello e di accendersi una sigaretta: ne prese una dal pacchetto di Danny, lasciato proprio lì, sul tavolo della terrazza, e la accese con gesti secchi, gli occhi infastiditi dal fumo che, mosso dal vento, le era entrato negli occhi.

Irishgirl in London…” la chiamò il suo ragazzo, cantilenando sulle note di Sting “Non dovresti fumare quando stai male…”

Si voltò per fulminarlo: era spuntato silenziosamente, non l’aveva sentito smettere di suonare, e ora stava per mangiarsi del gelato.

“Fammi fumare in pace, Jones… cazzo… Non lo faccio da un’eternità e mezzo…” sbottò, prima di ficcarsi nuovamente la Marlboro in bocca.
Diventava volgare, quando si arrabbiava.

Danny sghignazzò divertito, facendola stizzire ancora di più, e posò sul tavolo gelato e cucchiaio per abbracciarla da dietro.

“Va bene, sei convalescente, puoi anche picchiarmi, se vuoi…” le propose, giocoso, mentre infilava il naso nei suoi capelli.

Clarissa lo ignorò, rigida e determinata, sbuffando fuori il fumo.
Lui non demorse.

“Che cos’hai, amore?” domandò, premuroso.

La ragazza sospirò rumorosamente prima di rispondere, lo sguardo fisso davanti a sé.
“Ho passato una serata un po’ movimentata: ho mangiato roba andata a male in un locale francamente barboso, ho bevuto per noia, sono rimasta seduta quasi sempre per via delle scarpe e ho vomitato sui piedi altrui. Quindi credo, ma forse è solo una mia impressione, di avere il diritto almeno ad un po’ di pace e a un po’ di fumo!”

La lasciò parlare, animata, mentre faceva volteggiare la sigaretta.
Sembrava un dittatore durante un comizio.
Non le fece capire che, quando le venivano i cinque minuti, era ancora più divertente del solito.
“E se dopo cena andassimo a teatro?”

Bingo.

Clarissa si voltò verso di lui con aria interrogativa.
“A teatro? A vedere cosa?”
Le rispose con un piccolo sorriso: “Priscilla… Sono riuscito ad accaparrarmi due biglietti, volevo farti una sorpresa…”

I suoi occhi si spalancarono, euforici.
La sua voce, invece, mantenne un certo contegno.

“Ma tu avevi detto che il film non ti era sembrato un granché…” insinuò, in cerca di un pretesto per discutere.

Prevedibile.
Prese subito la palla al balzo.

“Sì, il film non mi è piaciuto, è vero. Ma chissà, sul palcoscenico magari è tutta un’altra storia… Ho spulciato tra alcune recensioni e sembra fenomenale!”
Lei lo scrutò, un po’ sospettosa, poi replicò con aria confusa: “Tu a teatro… Non accade quasi mai, un evento del genere… Te ne accorgi, vero?”

Danny ridacchiò, disinvolto.
“Non sono il tipo da teatro, ma ogni tanto la tua influenza mi porta a cambiare idea, tutto qui!”

La vide sorridere sotto i baffi, al di là del fumo.
E con quella conferma assodata, smise di preoccuparsi.

 

 

~~~.~~~

 

 

Mangiando schifezze dolciarie di vario tipo, seduti ad un angolo della piazza del mercato a Covent’s Garden, Clarissa gesticolava animatamente; gli occhi le brillavano.

“Ma hai visto i costumi?! Li hai visti?! Erano la fine del mondo, con quelle parrucche poi, vuoi che non pesassero un chilo l’una?!”
“Questo non lo so, però quella con tutti i fiori e le paillettes… Io non credo di aver mai visto niente di simile in vita mia…” concordò il suo ragazzo con un sorriso, ancora intontito dallo spettacolo, che effettivamente gli era piaciuto moltissimo.
“E quando c’è stata la coreografia di I will survive? Le hai sentite le coriste? Mi sono venuti i brividi!!!” intervenne di nuovo la ragazza, prima di imboccarlo con un marshmellow alla fragola.
L’altro annuì con la bocca piena e replicò dopo qualche secondo…
“Bravissime, sì, da urlo… Ne è valsa proprio la pena andarci, sì! Mi è piaciuto tutto ciò che ho visto, per una volta che sono stato a teatro!”
Clarissa lo investì con un abbraccio, gli baciò la guancia con le labbra cosparse di zucchero di caramella ed esclamò: “Tu, uomo rozzo delle caverne, dedito al videonoleggio, apprezzi il teatro, finalmente! Stare con me ti è servito a qualcosa!”
Per tutta risposta, Danny ribatté imitando i gesti ed i versi di una scimmia, facendola scoppiare a ridere.

Quando entrambi si ritrovarono con i dolci finiti e lo stomaco dolorante per le troppe risate, Danny le chiese: “Come ti senti? La febbre è scesa?”
Con la sua grande mano sulla fronte, lei gli rispose: “Me la sono misurata prima di uscire, praticamente non ce l’ho più! Credo che alla fine sia stato vomitare che mi ha fatto bene, perché dovevo aver fatto indigestione o qualcosa di simile…”
Il ragazzo la abbracciò e ammise: “Ci hai fatto… e mi hai fatto… prendere un infarto…”
Clarissa immerse una mano nei suoi ricci, si mise a ridere piano e ribatté: “Vi preoccupate come tante balie anche se mi taglio con la carta… Tu poi, mi hai viziata peggio di Nora…”
Il chitarrista si finse offeso, così si staccò dall’abbraccio della fidanzata e sbottò: “Ok, allora adesso faccio lo stronzo: mi alzo e me ne vado, tu torni a casa a piedi!”
Nel vederlo scattare in piedi per andarsene, la ragazza rimase indifferente di proposito, e anche dopo che si era allontanato da lei, non fece alcuna mossa per trattenerlo, anzi…
“Va bene!” esclamò a voce alta “Aspetterò che arrivi qualcuno più bello di te che mi dia un passaggio, Jones! E quando sarò arrivata a casa, sbatterò ben bene la porta, così ti sveglierai!!!”

In quel momento, si stupì del suo stesso tempismo: vide due sagome spuntare dal marciapiede; Danny passò loro accanto senza battere ciglio.
“Daniel!!!”  gridò invece la ragazza, alzandosi in piedi.

 

Il giovane francese, accompagnato da una ragazza, si voltò verso di lei, e la guardò confuso per qualche attimo, non avendola riconosciuta.
Anche Danny si voltò, domandando: “Cosa?”
“Clarissa?” la chiamò il collega, avvicinandosi a piccoli passi.
La bionda gli andò incontro, salutandolo con la mano, e gli disse: “Ti fai un giro turistico by night?”
Il ragazzo annuì con un sorriso ed aggiunse: “Siamo andati a vedere un film qui vicino… non ho capito granché, ma era bello!”
Si mise a ridere, seguito a ruota dal novello collega e dalla sua accompagnatrice, che si presentò per prima: “Piacere, sono Pilar!”
Mentre la bionda le stringeva la mano dicendole il proprio nome, Daniel spiegò: “Pilar viene dalla Spagna e vive nel mio stesso palazzo… Tra studenti, abbiamo subito fatto amicizia!”
“Aspetta, anche io ti devo presentare il mio ragazzo!” intervenne Clarissa, che invitò Danny a gesti per farlo avvicinare.
Di fronte ai due studenti, il chitarrista salutò con un “Salve!” i nuovi arrivati e strinse loro le mani; Pilar gli disse, vagamente confusa: “Sai che assomigli tantissimo ad un cantante famoso?”
“Ah, davvero?” si finse stupito il ragazzo, trattenendo una risata.
Clarissa gli diede una gomitata nelle costole ed esclamò: “Smetti di fare lo scemo, Dan…”
“Dan? Come… Danny Jones?” intervenne la ragazza, spalancando gli occhi.
“E’ il mio nome, sì…” ammise lui con un sorriso.
Pilar si mise una mano sul petto, stupefatta, e sibilò: “Danny Jones dei McFly, non ci credo…”
“Pilar…” la rimbrottò Daniel, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa.
La spagnola lo ignorò totalmente e continuò, tutto d’un fiato: “Mi piacciono tutte le vostre canzoni, mia sorella è letteralmente pazza di voi! Non pensavo avrei mai incontrato nessuno di voi!”
“Grazie!” le disse Danny, lusingato “Per il prossimo tour, terremo in conto anche la Spagna, sicuramente… Sei spagnola, vero? Non avrò fatto una figura di m…”
“No, no, sono spagnola, è vero!” lo interruppe la studentessa, al settimo cielo “Si sente così tanto?”
“Sì… ma il tuo inglese è buono!”
“Concordo!” affermò anche Clarissa, mentre la ragazza stava diventando rossa per le lusinghe.
Daniel ridacchiò nervosamente e disse: “Scusatela, ha quasi 25 anni, capisco che a volte può sembrare incredibile…”
“Piantala, mangialumache!” lo rimproverò scherzosamente Pilar, riprendendosi dall’imbarazzo per poi voltarsi di nuovo verso Danny e chiedergli: “Posso chiederti un autografo?”
“Certo!” accettò il chitarrista; automaticamente, Clarissa trovò nella sua borsa un pezzo di carta ed una penna, e glieli allungò…
“La dura vita delle fidanzate delle celebrità…” sospirò teatralmente, ammiccando alla ragazza, che le sorrise per poi commentare: “Non sono affari miei, ma state veramente bene insieme!”
“Che carina, grazie…” ribatté la bionda, compiaciuta.
“Un autografo l’ho fatto!” annunciò il chitarrista, che poi si rivolse a Pilar “Tua sorella, invece, come si chiama?”
“Ah, già, mi stavo quasi dimenticando di lei! Si chiama… si chiama Lola, sì!” sogghignò lei, di nuovo rossa per la vergogna e l’euforia.
“Anche tu sei qui in erasmus, come Daniel?” le chiese Clarissa.
L’altra affermò: “Sì! Vengo dalla facoltà di Legge, sono qui per un praticantato di sei settimane, seguo i processi, mi faccio un po’ le ossa, un giorno vorrei diventare avvocato!”
“Non ti chiamerò mai per farmi assistere!” la canzonò il francese.
“Sei cattivo, Daniel!” lo ammonì scherzosamente Clarissa “Interessante, l’avvocato! Buona fortuna!”
“In bocca al lupo per il praticantato!” aggiunse Danny, porgendole il secondo autografo.
“Grazie, grazie mille… Siete stati gentilissimi! Complimenti ancora per la musica e… non so più che dire!” concluse la spagnola con un sorriso da orecchio a orecchio.
“Grazie a te!” le fece Danny, sorridendole.
“Pilar, vieni, torniamo a casa, basta rompere le scatole!” intervenne Daniel, ridacchiando mentre la prendeva forzatamente sottobraccio.
“Sì, anche noi ce ne andiamo a nanna adesso… ci vediamo domani in libreria, Daniel! Buonanotte, ciao Pilar, è stato un piacere!” si congedò Clarissa; accanto a lei, Danny agitò la mano per salutare i due studenti.
“Ok, Clarissa, a domani! Ciao a tutti!”

 

 

 

“Che carina! Quando sono così, piacciono anche a me!” commentò Clarissa con un tenero sorriso.
“Sì, dài, ci ha raccontato tutta la sua vita, ma era simpatica… Tutti gli spagnoli sono simpatici, specie se parlano inglese…” ribatté Danny, il sorriso e lo sguardo rivolti alla strada, mentre guidava verso casa.
La fidanzata gli diede un colpetto sulla coscia ed esclamò ridacchiando: “Quando sei tu a parlare spagnolo, fai pena!”
Hola, como estas!”
“Julio Iglesias dei poveri!”
“Cara piccola irlandese, non giocare con il fuoco, lo sai che potresti bruciarti…” la provocò lui, allungando una mano per solleticarle la pancia.
Clarissa prontamente gliela schiaffeggiò e disse: “Uh, che paura, è meglio che me ne stia zitta in questo caso, non sia altro che per evitare di sentire le tue acrobazie linguistiche mentre borbotti in dialetto, contadinaccio inglese!”
“Claire…” cantilenò il chitarrista, allargando il sorriso “Smettila…”
“Hai paura, eh, Jones?” sghignazzò l’altra “Irlanda - Inghilterra: uno a zero, palla al centro!”

Danny sterzò improvvisamente nella prima traversa alla sua sinistra, abbandonando la strada principale, deserta, per poi addentrarsi in un viottolo ancora più deserto.

“Dan, dove cazzo vai?!” domandò la sua ragazza, colta alla sprovvista.
Lui non le rispose ed accostò la vettura al muro di un vicoletto.

“Ebbene?!” insistette lei, spazientendosi.

Fece a malapena in tempo a slacciarsi la cintura.

Danny le fu addosso in tempo zero: la prese per la vita, la attirò a sé e la baciò a lungo e intensamente, vincendo senza problemi la magra resistenza di lei.

“Che… che significa questo?” balbettò, riprendendo fiato, spiazzata, dopo che era riuscita a staccarsi da lui.

Danny, ansante, ghignò nella penombra, dopodiché si riavvicinò a lei, così tanto da farla aderire allo sportello con la schiena.

“Ti avevo avvertito, non mi hai voluto ascoltare…” le sussurrò sulle labbra per poi assalirle il collo con le proprie.
Clarissa trasalì e sbottò, assai poco convinta della sua stessa irritazione: “Oh, mio Dio, ma è da perfetti cretini reagire così ad una battuta, Jones, perché non capisci mai quan…”
“Ssshhh!” la ammonì lui, rimanendo con la bocca a pochi millimetri dalla sua pelle, nell’incavo della spalla.
“Adesso non parlare e sconta la pena, da brava…” le ordinò, insinuando la mano destra sotto la sua gonna, mentre la sinistra, abilissima, sganciava i bottoni della sua camicetta.
La ragazza, eccitata eppure indispettita, replicò con un tono che voleva sembrare deciso: “Non ho intenzione di… Dan, domani mattina apro io la libreria, non possiamo fare tardi, lo sai…”

Lo sentì mugugnare mentre tentava di allontanare la sua mano da sotto la gonna, stringendo le cosce l’una contro l’altra, ma non riuscì a farlo desistere.
Continuò a toccarla, ad avvicinarsi sempre di più ai suoi punti più sensibili.

Con la mano sinistra, ormai libera dall’ostacolo del tessuto, passò le dita sotto i seni.
Il suo petto minuto e sollevato gli fece capire che stava trattenendo il fiato per la tensione, in attesa che accadesse qualcos’altro, il passaggio successivo, quello più spinto.

Continuò ad accarezzarla in quella fascia, osservandone con muta soddisfazione gli effetti: Clarissa si stava mordendo il labbro inferiore, gli occhi chiusi, il fiato corto e le narici dilatate… Con una mano, stringeva spasmodicamente il corrimano dello sportello, con le nocche bianche per la pressione… L’altra mano se ne stava sulla spalla del chitarrista, ferma, forte, con le unghie piantate nel tessuto della camicia, bramose di arrivare alla pelle nuda…

“Danny…” lo chiamò in un sospiro, aprendo gli occhi per puntarli nei suoi.

Si ritrovò con la sua faccia sopra, muta e in attesa.
Gli occhi blu così famelici e maliziosi da far paura.
Gli sorrise, eccitata da quella situazione.
Danny le morse piano il labbro inferiore.
Lei lo baciò velocemente per poi parlare…
“Danny, ti prego, dico sul serio… Non possiamo star qui tutta la notte… Non che non ci stia pensando, ma…”
Con una mossa di cui lei non si accorse minimamente, il suo ragazzo abbassò del tutto il sedile su cui era seduta, di scatto.
L’aria si smosse sotto i suoi vestiti a causa dell’improvviso spostamento: un brivido freddo le attanagliò il petto, e da sotto il suo reggiseno Danny notò le sporgenze dei capezzoli turgidi.

“Danny… Oh, cazzo, ti prego, ascoltami…” gemette Clarissa mentre lo vedeva abbassarsi sul suo petto,  senza spostare il reggiseno e continuando con la tortura della lenta carezza poco sopra lo stomaco.
“Ti adoro quando fai la difficile…” le disse, sorridendo dolcemente, prima di afferrare tra i denti il laccio elastico tra le coppe dell'indumento intimo; lo sollevò di qualche centimetro per poi rilasciarlo e farlo scattare.
Clarissa inarcò la schiena trattenendo un gemito, poi strinse gli occhi e catapultò le mani sulla testa del ragazzo.

“Dan. Ascoltami. Porca puttana, non farti pregare e non farmi essere volgare.” gli intimò, tirandolo per i capelli affinché la guardasse.
Per tutta risposta, ricevette uno sguardo degno di un paio di sonori schiaffi: sorridente, soddisfatto, forse persino un po’ sadico.
“Potresti…” gli chiese, sbattendo freneticamente le palpebre ed incespicando nelle parole “Potresti… ecco, voglio dire… velocizzare le cose? Almeno questo?”

Danny strisciò sul suo corpo fino a fissarla negli occhi.

“Sei un’incorruttibile donna in carriera…” la canzonò con un ghigno insopportabile, mentre con una mano le sollevava la coscia destra.
“Ho un posto da mantenere, non faccio parte di nessun gruppo famoso, io…” sibilò lei, fingendosi arrabbiata, mentre le dita di entrambe le mani scendevano sulla camicia, insinuandosi tra le asole.
“Potresti diventare famosa anche tu, sai?” le propose il ragazzo, facendo strusciare pian piano i loro nasi “Se dichiarassi alla stampa, che so, di essere la mia groupie, allora…”

 
Il rumore secco di uno strappo lo gelò.
Sentì tintinnare qualcosa di piccolo nei meandri della sua macchina.
Sotto di lui, Clarissa alzò un sopracciglio, insieme all’angolo destro della bocca, mentre un bottone solitario terminava la sua caduta al centro del suo petto.

“Io sono la tua fidanzata, non la tua groupie. E tu chiacchieri troppo…” gli bisbigliò, lasciando andare i lembi della camicia strappata.

 
Il chitarrista trasformò lentamente la sua espressione inebetita in un altro sorriso, ancora più euforico dei precedenti.
“Sei proprio un’impertinente, sai? Cosa devo fare con te?” gli chiese, mentre faceva scendere la mano dalla coscia all’inguine.
“Devo dirti tutto io?” domandò la ragazza a sua volta, buttandogli le braccia al collo, aspettando fremente che lui scoprisse che era pronta, e lo era da un pezzo.

Sentì le sue dita spostarle le mutandine.

Sorrise, gettando indietro la testa mentre inspirava profondamente.

“… Non ce n’è bisogno…” affermò il chitarrista con voce roca, estraendo indice e medio dalla sua vagina.

L’aveva sentita calda, bagnata, gonfia.

Vi si avvicinò con il bacino, liberato dai pantaloni in pochi secondi.

 "Ti punirò come si deve per essere stata così indisponente… e per avermi strappato la camicia…” le disse piano all’orecchio.
“Cristo, Jones…” rantolò l’altra, in risposta, ridacchiando “Al tuo posto, a quest’ora mi sarei punita già da un pezzo, mentre tu parli, parli, non stai zitto un secondo e int…”

Non finì la frase.

Spalancò la bocca e strinse gli occhi, nell’espressione di un grido soffocato.
Dopo qualche attimo, mosse morbidamente eppure con decisione il bacino; Danny la imitò e ben presto si ritrovarono a gemere senza ritegno.

 

“Jones, non… non fermarti… Così, sì… Non smettere!” ansimò Clarissa, aggrappata alla sua schiena.
Danny aumentò la forza delle sue spinte e si abbassò sul suo viso, chiedendole con la voce rotta dall’eccitazione: “Ti piace?”

La ragazza rispose con altri gemiti, sempre più forti e frequenti, finché pochi minuti dopo non raggiunse l’orgasmo, piantando le unghie nella schiena del fidanzato, che arrivò all’apice pochi istanti più tardi, spingendo il bacino fino in fondo a quello della fidanzata.

 

 

 

 

Si insaponò la schiena, attenta a non bagnarsi i capelli raccolti in uno chignon alto e un po’ scomposto.
Danny aprì la tenda della doccia e si piazzò alle sue spalle.

“Faccio io, dammi…” le propose, prendendole la spugna dalla mano.
“Grazie…” rispose lei, girando la testa per un bacetto veloce.

Il ragazzo lavò ogni centimetro del suo piccolo dorso, sorridendo lievemente alla vista della cicatrice poco sotto il collo, la stessa che aveva Tom.
Si soffermò per qualche secondo sulla curva della vita, poi sui fianchi…

“Danny! Lavati!” sbottò subito la ragazza, che aveva percepito la sua erezione sulle natiche.
Si voltò per strappargli la spugna dalle mani, salvo poi tirargliela sul viso.
“Va bene, va bene! Cazzo…” imprecò il chitarrista ad occhi chiusi, sommersi dalla schiuma.
Clarissa si sciacquò in fretta e lo lasciò nella doccia da solo, scoppiando a ridere.

 

 

La trovò a letto, i capelli sciolti, il pigiama, la vaschetta di gelato al fior di latte tra le mani, il cucchiaio in bocca.

Ridacchiò.
Dopo aver fatto l’amore, aveva sempre voglia di gelato.
Lui si fumava una sigaretta sul balcone e lei correva verso il freezer, alla ricerca della sua dose di zuccheri da reintegrare.

 
“Posso assaggiare?” le domandò, una volta accanto a lei sotto le coperte.

Lei gli ficcò in bocca una cucchiaiata bella carica.

“Morivo di fame…” sospirò, prima di ricominciare a mangiare mentre lui inghiottiva.
“Posso farti una domanda?” le fece, di nuovo a bocca vuota.
Clarissa lo ascoltò e lui disse, un po’ esitante: “E’ una novità… quella di chiamarmi per cognome mentre… mentre lo facciamo…”
Lei annuì, pensierosa, e aggiunse: “Mi è presa così, stasera… Perché?”

“Perché… sinceramente… preferisco quando mi chiami per nome…non so perché, ma...” ammise il ragazzo, grattandosi la testa, lievemente in imbarazzo.
“Oohh… Ma che cucciolo…” la sentì esclamare, toccata, prima che lo abbracciasse calorosamente.
“Ti chiamerò sempre e solo per nome, se ti piace di più, d’accordo…” lo rassicurò, accarezzandogli i ricci.

Danny si accoccolò contro il suo petto e sorrise, beato.

“Ma ad una sola condizione” la sentì aggiungere subito dopo, quasi glaciale.

Si raddrizzò immediatamente, guardandola in viso, confuso.

“Non chiedermi mai più se mi piace come mi stai… trivellando. È volgare e materialista!” gli sputacchiò in faccia, seria.

Ma senti questa!” pensò, esterrefatto, spiazzato dall’incoerenza della sua fidanzata, la stessa che una mezz’ora prima lo stava pregando di scoparla con quanta più forza possibile.

“Ok… va bene, promesso. Non lo farò più!” promise, tacendo le proprie perplessità.
Clarissa ritrovò il sorriso, lo baciò sul naso, macchiandolo di gelato, poi sbadigliò ed annunciò: “Io dormo… non ne posso più… Buonanotte, amore…”
Anche lui le diede la buonanotte, baciandola sulla fronte prima di spegnere la luce.


Si divertì a guardarla nella semioscurità, a debita distanza, mentre cadeva addormentata a bocca aperta e perdeva saliva dall’angolo  sinistro della bocca.

Era proprio lei, sì.

Prima gli faceva fare sesso alla velocità della luce, come un toro, condendo il tutto con le sue provocazioni e i suoi gemiti mirabolanti.
E poi dormiva come i sassi, sbavando sulla federa del cuscino.

Si addormentò con quella buffa immagine di lei, appagato e pacioso come un bambino.

***

"Priscilla", o meglio "Priscilla- Queen of the desert", è un musical australiano del 2006 (che prende spunto da "The adventures of Priscilla- Queen of the desert", film del 1994) approdato con successo in Inghilterra nel 2009! Viene citato senza alcuno scopo di lucro!
Idem per la citazione (nel titolo del capitolo) dal testo di "Stay with me", una cover dei McFly il cui papà è Rod Stewart.

   
 
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