Ciao, cari/e!
Nessuna recensione per il capitolo all'insegna delle schifezze! Uhm... U_U... O siete proprio tutti in ferie, o volete farmi capire che faccio schifo come scrittrice! Opto per la prima, mi fido di voi :)
L'ultima volta che ho postato vi ho proposto un capitolo breve, invece stavolta gli appassionati della lettura potranno gioire di una luuuunga serie di righe! Scusate l'irregolarità, ma spezzettare i vari momenti di questa storia non è sempre facile!
Le jonesiane potrebbero aver bisogno dei fazzoletti.
Per asciugarsi la saliva, intendo.
Vi ho avvertite! Adesso vi lascio alla lettura!
Alla prossima e grazie per il vostro sostegno, seppur silenzioso... :) Quanto siete timide!
Ciry
***
Ad occhi socchiusi,
osservava il quartiere in cui viveva, grigio a causa delle nuvole minacciose
che si erano presentate dopo pranzo e non se ne erano più andate.
Almeno c’era un po’ di
vento fresco.
Lo sentiva sul viso, le
faceva pizzicare il naso.
Per dire la verità,
avrebbe avuto qualcosa con cui occupare il tempo, per esempio pulire i vetri.
Ma con quel tempo che
minacciava un acquazzone, no, non se la sentiva.
Rimuginava.
Una cosa che non l’aveva
mai portata a niente di buono.
La crema di carciofi
avariata.
Ne era certa, perché anche
Dougie l’aveva ordinata, e la mattina seguente l’aveva chiamata apposta per
annunciarle che aveva passato la notte sul water.
Harry e Danny, invece, non
avevano avuto proprio niente, perché avevano mangiato carne.
Frankie e Cassie avevano
cenato con un piatto unico, un’insalatona mista, quindi anche loro non erano rimaste
intossicate.
Avrebbe dovuto stare più
attenta, perché lo sapeva, era sempre stata abituata ai boccali di birra
chiara, sempre piccoli, sempre leggeri, sempre consumati a stomaco pieno, dopo
una cena preparata dalle sue stesse mani…
Ma quella sera, la testa
era da tutt’altra parte.
Fissazioni infondate o
idee con una base solida, non le importava che cosa fossero quelle che in quel
momento stavano invadendo pian piano il suo cervello.
Stava iniziando a
detestarla.
Era gelosa.
Non che si fossero
attaccati l’uno all’altra per un lento.
Ma, guarda caso, se lui
diceva “A”, allora anche lei diceva “A”. E se lei andava a ballare, lui la seguiva.
Si era mostrata asociale,
insofferente, cosa poteva aspettarsi?
Avrebbe solo desiderato un
po’ più d’attenzione, ecco tutto.
Ma questo non bastava a
giustificarla, anzi, serviva solo a farla apparire ancora più stupida ed
egoista.
Che razza di figura…
L’unica soddisfazione, in
mezzo a quello schifo, era stato rigurgitare sul suo piedino immacolato, vestito
di un tacco dodici, un sandalo aperto con gioiello, un tantino pacchiano.
Lo avrebbe rifatto.
Stronza.
Diventava volgare, quando
si arrabbiava.
“Va bene, sei
convalescente, puoi anche picchiarmi, se vuoi…” le propose, giocoso, mentre
infilava il naso nei suoi capelli.
Clarissa lo ignorò, rigida
e determinata, sbuffando fuori il fumo.
Lui non demorse.
“Che cos’hai, amore?”
domandò, premuroso.
La ragazza sospirò
rumorosamente prima di rispondere, lo sguardo fisso davanti a sé.
“Ho passato una serata un
po’ movimentata: ho mangiato roba andata a male in un locale francamente barboso,
ho bevuto per noia, sono rimasta seduta quasi sempre per via delle scarpe e ho
vomitato sui piedi altrui. Quindi credo, ma forse è solo una mia impressione,
di avere il diritto almeno ad un po’ di pace e a un po’ di fumo!”
Sembrava un dittatore
durante un comizio.
Non le fece capire che,
quando le venivano i cinque minuti, era ancora più divertente del solito.
“E se dopo cena andassimo
a teatro?”
Clarissa si voltò verso di
lui con aria interrogativa.
“A teatro? A vedere cosa?”
Le rispose con un piccolo
sorriso: “Priscilla… Sono riuscito ad
accaparrarmi due biglietti, volevo farti una sorpresa…”
I suoi occhi si
spalancarono, euforici.
La sua voce, invece,
mantenne un certo contegno.
“Ma tu avevi detto che il
film non ti era sembrato un granché…” insinuò, in cerca di un pretesto per
discutere.
Prevedibile.
Prese subito la palla al
balzo.
“Sì, il film non mi è
piaciuto, è vero. Ma chissà, sul palcoscenico magari è tutta un’altra storia…
Ho spulciato tra alcune recensioni e sembra fenomenale!”
Lei lo scrutò, un po’
sospettosa, poi replicò con aria confusa: “Tu a teatro… Non accade quasi mai,
un evento del genere… Te ne accorgi, vero?”
Danny ridacchiò,
disinvolto.
“Non sono il tipo da
teatro, ma ogni tanto la tua influenza mi porta a cambiare idea, tutto qui!”
E con quella conferma
assodata, smise di preoccuparsi.
~~~.~~~
Mangiando schifezze
dolciarie di vario tipo, seduti ad un angolo della piazza del mercato a
Covent’s Garden, Clarissa gesticolava animatamente; gli occhi le brillavano.
“Questo non lo so, però
quella con tutti i fiori e le paillettes… Io non credo di aver mai visto niente
di simile in vita mia…” concordò il suo ragazzo con un sorriso, ancora
intontito dallo spettacolo, che effettivamente gli era piaciuto moltissimo.
“E quando c’è stata la
coreografia di I will survive? Le hai
sentite le coriste? Mi sono venuti i brividi!!!” intervenne di nuovo la
ragazza, prima di imboccarlo con un marshmellow alla fragola.
L’altro annuì con la bocca
piena e replicò dopo qualche secondo…
“Bravissime, sì, da urlo…
Ne è valsa proprio la pena andarci, sì! Mi è piaciuto tutto ciò che ho visto,
per una volta che sono stato a teatro!”
Clarissa lo investì con un
abbraccio, gli baciò la guancia con le labbra cosparse di zucchero di caramella
ed esclamò: “Tu, uomo rozzo delle caverne, dedito al videonoleggio, apprezzi il
teatro, finalmente! Stare con me ti è servito a qualcosa!”
Per tutta risposta, Danny
ribatté imitando i gesti ed i versi di una scimmia, facendola scoppiare a
ridere.
Quando entrambi si
ritrovarono con i dolci finiti e lo stomaco dolorante per le troppe risate,
Danny le chiese: “Come ti senti? La febbre è scesa?”
Con la sua grande mano
sulla fronte, lei gli rispose: “Me la sono misurata prima di uscire,
praticamente non ce l’ho più! Credo che alla fine sia stato vomitare che mi ha
fatto bene, perché dovevo aver fatto indigestione o qualcosa di simile…”
Il ragazzo la abbracciò e
ammise: “Ci hai fatto… e mi hai fatto… prendere un infarto…”
Clarissa immerse una mano
nei suoi ricci, si mise a ridere piano e ribatté: “Vi preoccupate come tante
balie anche se mi taglio con la carta… Tu poi, mi hai viziata peggio di Nora…”
Il chitarrista si finse
offeso, così si staccò dall’abbraccio della fidanzata e sbottò: “Ok, allora
adesso faccio lo stronzo: mi alzo e me ne vado, tu torni a casa a piedi!”
Nel vederlo scattare in
piedi per andarsene, la ragazza rimase indifferente di proposito, e anche dopo
che si era allontanato da lei, non fece alcuna mossa per trattenerlo, anzi…
“Va bene!” esclamò a voce
alta “Aspetterò che arrivi qualcuno più bello di te che mi dia un passaggio,
Jones! E quando sarò arrivata a casa, sbatterò ben bene la porta, così ti
sveglierai!!!”
In quel momento, si stupì
del suo stesso tempismo: vide due sagome spuntare dal marciapiede; Danny passò
loro accanto senza battere ciglio.
“Daniel!!!” gridò invece la ragazza, alzandosi in piedi.
Il giovane francese,
accompagnato da una ragazza, si voltò verso di lei, e la guardò confuso per
qualche attimo, non avendola riconosciuta.
Anche Danny si voltò,
domandando: “Cosa?”
“Clarissa?” la chiamò il
collega, avvicinandosi a piccoli passi.
La bionda gli andò
incontro, salutandolo con la mano, e gli disse: “Ti fai un giro turistico by
night?”
Il ragazzo annuì con un
sorriso ed aggiunse: “Siamo andati a vedere un film qui vicino… non ho capito
granché, ma era bello!”
Si mise a ridere, seguito
a ruota dal novello collega e dalla sua accompagnatrice, che si presentò per
prima: “Piacere, sono Pilar!”
Mentre la bionda le
stringeva la mano dicendole il proprio nome, Daniel spiegò: “Pilar viene dalla
Spagna e vive nel mio stesso palazzo… Tra studenti, abbiamo subito fatto
amicizia!”
“Aspetta, anche io ti devo
presentare il mio ragazzo!” intervenne Clarissa, che invitò Danny a gesti per
farlo avvicinare.
Di fronte ai due studenti,
il chitarrista salutò con un “Salve!” i nuovi arrivati e strinse loro le mani;
Pilar gli disse, vagamente confusa: “Sai che assomigli tantissimo ad un
cantante famoso?”
“Ah, davvero?” si finse
stupito il ragazzo, trattenendo una risata.
Clarissa gli diede una
gomitata nelle costole ed esclamò: “Smetti di fare lo scemo, Dan…”
“Dan? Come… Danny Jones?” intervenne
la ragazza, spalancando gli occhi.
“E’ il mio nome, sì…”
ammise lui con un sorriso.
Pilar si mise una mano sul
petto, stupefatta, e sibilò: “Danny Jones dei McFly, non ci credo…”
“Pilar…” la rimbrottò
Daniel, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa.
La spagnola lo ignorò
totalmente e continuò, tutto d’un fiato: “Mi piacciono tutte le vostre canzoni,
mia sorella è letteralmente pazza di voi! Non pensavo avrei mai incontrato
nessuno di voi!”
“Grazie!” le disse Danny,
lusingato “Per il prossimo tour, terremo in conto anche la Spagna, sicuramente…
Sei spagnola, vero? Non avrò fatto una figura di m…”
“No, no, sono spagnola, è
vero!” lo interruppe la studentessa, al settimo cielo “Si sente così tanto?”
“Sì… ma il tuo inglese è
buono!”
“Concordo!” affermò anche
Clarissa, mentre la ragazza stava diventando rossa per le lusinghe.
Daniel ridacchiò
nervosamente e disse: “Scusatela, ha quasi 25 anni, capisco che a volte può
sembrare incredibile…”
“Piantala, mangialumache!”
lo rimproverò scherzosamente Pilar, riprendendosi dall’imbarazzo per poi voltarsi
di nuovo verso Danny e chiedergli: “Posso chiederti un autografo?”
“Certo!” accettò il
chitarrista; automaticamente, Clarissa trovò nella sua borsa un pezzo di carta
ed una penna, e glieli allungò…
“La dura vita delle
fidanzate delle celebrità…” sospirò teatralmente, ammiccando alla ragazza, che
le sorrise per poi commentare: “Non sono affari miei, ma state veramente bene
insieme!”
“Che carina, grazie…”
ribatté la bionda, compiaciuta.
“Un autografo l’ho fatto!”
annunciò il chitarrista, che poi si rivolse a Pilar “Tua sorella, invece, come
si chiama?”
“Ah, già, mi stavo quasi
dimenticando di lei! Si chiama… si chiama Lola, sì!” sogghignò lei, di nuovo
rossa per la vergogna e l’euforia.
“Anche tu sei qui in
erasmus, come Daniel?” le chiese Clarissa.
L’altra affermò: “Sì! Vengo
dalla facoltà di Legge, sono qui per un praticantato di sei settimane, seguo i
processi, mi faccio un po’ le ossa, un giorno vorrei diventare avvocato!”
“Non ti chiamerò mai per
farmi assistere!” la canzonò il francese.
“Sei cattivo, Daniel!” lo
ammonì scherzosamente Clarissa “Interessante, l’avvocato! Buona fortuna!”
“In bocca al lupo per il
praticantato!” aggiunse Danny, porgendole il secondo autografo.
“Grazie, grazie mille…
Siete stati gentilissimi! Complimenti ancora per la musica e… non so più che
dire!” concluse la spagnola con un sorriso da orecchio a orecchio.
“Grazie a te!” le fece
Danny, sorridendole.
“Pilar, vieni, torniamo a
casa, basta rompere le scatole!” intervenne Daniel, ridacchiando mentre la
prendeva forzatamente sottobraccio.
“Sì, anche noi ce ne
andiamo a nanna adesso… ci vediamo domani in libreria, Daniel! Buonanotte, ciao
Pilar, è stato un piacere!” si congedò Clarissa; accanto a lei, Danny agitò la
mano per salutare i due studenti.
“Ok, Clarissa, a domani!
Ciao a tutti!”
“Che carina! Quando sono
così, piacciono anche a me!” commentò Clarissa con un tenero sorriso.
“Sì, dài, ci ha raccontato
tutta la sua vita, ma era simpatica… Tutti gli spagnoli sono simpatici, specie
se parlano inglese…” ribatté Danny, il sorriso e lo sguardo rivolti alla
strada, mentre guidava verso casa.
La fidanzata gli diede un
colpetto sulla coscia ed esclamò ridacchiando: “Quando sei tu a parlare
spagnolo, fai pena!”
“Hola, como estas!”
“Julio Iglesias dei
poveri!”
“Cara piccola irlandese,
non giocare con il fuoco, lo sai che potresti bruciarti…” la provocò lui,
allungando una mano per solleticarle la pancia.
Clarissa prontamente
gliela schiaffeggiò e disse: “Uh, che paura, è meglio che me ne stia zitta in
questo caso, non sia altro che per evitare di sentire le tue acrobazie
linguistiche mentre borbotti in dialetto, contadinaccio inglese!”
“Claire…” cantilenò il
chitarrista, allargando il sorriso “Smettila…”
“Hai paura, eh, Jones?”
sghignazzò l’altra “Irlanda - Inghilterra: uno a zero, palla al centro!”
Danny sterzò
improvvisamente nella prima traversa alla sua sinistra, abbandonando la strada
principale, deserta, per poi addentrarsi in un viottolo ancora più deserto.
“Dan, dove cazzo vai?!”
domandò la sua ragazza, colta alla sprovvista.
Lui non le rispose ed
accostò la vettura al muro di un vicoletto.
“Ebbene?!” insistette lei,
spazientendosi.
Danny le fu addosso in
tempo zero: la prese per la vita, la attirò a sé e la baciò a lungo e
intensamente, vincendo senza problemi la magra resistenza di lei.
“Che… che significa
questo?” balbettò, riprendendo fiato, spiazzata, dopo che era riuscita a
staccarsi da lui.
Danny, ansante, ghignò
nella penombra, dopodiché si riavvicinò a lei, così tanto da farla aderire allo
sportello con la schiena.
“Ti avevo avvertito, non
mi hai voluto ascoltare…” le sussurrò sulle labbra per poi assalirle il collo
con le proprie.
Clarissa trasalì e sbottò,
assai poco convinta della sua stessa irritazione: “Oh, mio Dio, ma è da
perfetti cretini reagire così ad una battuta, Jones, perché non capisci mai
quan…”
“Ssshhh!” la ammonì lui,
rimanendo con la bocca a pochi millimetri dalla sua pelle, nell’incavo della
spalla.
“Adesso non parlare e
sconta la pena, da brava…” le ordinò, insinuando la mano destra sotto la sua
gonna, mentre la sinistra, abilissima, sganciava i bottoni della sua camicetta.
La ragazza, eccitata
eppure indispettita, replicò con un tono che voleva sembrare deciso: “Non ho
intenzione di… Dan, domani mattina apro io la libreria, non possiamo fare
tardi, lo sai…”
Lo sentì mugugnare mentre
tentava di allontanare la sua mano da sotto la gonna, stringendo le cosce l’una
contro l’altra, ma non riuscì a farlo desistere.
Continuò a toccarla, ad
avvicinarsi sempre di più ai suoi punti più sensibili.
Il suo petto minuto e
sollevato gli fece capire che stava trattenendo il fiato per la tensione, in
attesa che accadesse qualcos’altro, il passaggio successivo, quello più spinto.
Continuò
ad accarezzarla
in quella fascia, osservandone con muta soddisfazione gli effetti:
Clarissa si stava mordendo il labbro inferiore, gli occhi chiusi, il
fiato corto e le narici dilatate… Con una mano, stringeva
spasmodicamente il
corrimano dello sportello, con le nocche bianche per la
pressione…
“Danny…” lo chiamò in un
sospiro, aprendo gli occhi per puntarli nei suoi.
Si ritrovò con la sua
faccia sopra, muta e in attesa.
Gli occhi blu così
famelici e maliziosi da far paura.
Gli sorrise, eccitata da
quella situazione.
Danny le morse piano il labbro
inferiore.
Lei lo baciò velocemente
per poi parlare…
“Danny, ti prego, dico sul
serio… Non possiamo star qui tutta la notte… Non che non ci stia pensando, ma…”
Con una mossa di cui lei
non si accorse minimamente, il suo ragazzo abbassò del tutto il sedile su cui
era seduta, di scatto.
L’aria si smosse sotto i
suoi vestiti a causa dell’improvviso spostamento: un brivido freddo le
attanagliò il petto, e da sotto il suo reggiseno Danny notò le sporgenze dei
capezzoli turgidi.
“Danny…
Oh, cazzo, ti
prego, ascoltami…” gemette Clarissa mentre lo vedeva
abbassarsi sul suo petto, senza spostare il reggiseno e
continuando con la
tortura della lenta carezza poco sopra lo stomaco.
“Ti adoro quando fai la
difficile…” le disse, sorridendo dolcemente, prima di afferrare tra i denti il
laccio elastico tra le coppe dell'indumento intimo; lo sollevò di qualche centimetro
per poi rilasciarlo e farlo scattare.
Clarissa inarcò la schiena
trattenendo un gemito, poi strinse gli occhi e catapultò le mani sulla testa
del ragazzo.
“Dan. Ascoltami. Porca
puttana, non farti pregare e non farmi essere volgare.” gli intimò, tirandolo
per i capelli affinché la guardasse.
Per tutta risposta,
ricevette uno sguardo degno di un paio di sonori schiaffi: sorridente, soddisfatto,
forse persino un po’ sadico.
“Potresti…” gli chiese,
sbattendo freneticamente le palpebre ed incespicando nelle parole “Potresti…
ecco, voglio dire… velocizzare le cose? Almeno questo?”
Danny strisciò sul suo
corpo fino a fissarla negli occhi.
“Sei un’incorruttibile
donna in carriera…” la canzonò con un ghigno insopportabile, mentre con una
mano le sollevava la coscia destra.
“Ho un posto da mantenere,
non faccio parte di nessun gruppo famoso, io…” sibilò lei, fingendosi
arrabbiata, mentre le dita di entrambe le mani scendevano sulla camicia,
insinuandosi tra le asole.
“Potresti diventare famosa
anche tu, sai?” le propose il ragazzo, facendo strusciare pian piano i loro
nasi “Se dichiarassi alla stampa, che so, di essere la mia groupie, allora…”
Il rumore secco di uno
strappo lo gelò.
Sentì tintinnare qualcosa
di piccolo nei meandri della sua macchina.
Sotto di lui, Clarissa
alzò un sopracciglio, insieme all’angolo destro della bocca, mentre un bottone
solitario terminava la sua caduta al centro del suo petto.
“Io sono la tua fidanzata,
non la tua groupie. E tu chiacchieri troppo…” gli bisbigliò, lasciando andare i
lembi della camicia strappata.
Il chitarrista trasformò
lentamente la sua espressione inebetita in un altro sorriso, ancora più
euforico dei precedenti.
“Sei proprio
un’impertinente, sai? Cosa devo fare con te?” gli chiese, mentre faceva
scendere la mano dalla coscia all’inguine.
“Devo dirti tutto io?”
domandò la ragazza a sua volta, buttandogli le braccia al collo, aspettando fremente
che lui scoprisse che era pronta, e lo era da un pezzo.
Sentì le sue dita
spostarle le mutandine.
Sorrise, gettando indietro
la testa mentre inspirava profondamente.
“… Non ce n’è bisogno…”
affermò il chitarrista con voce roca, estraendo indice e medio dalla sua
vagina.
L’aveva sentita calda, bagnata, gonfia.
Vi si avvicinò con il
bacino, liberato dai pantaloni in pochi secondi.
“Cristo, Jones…” rantolò
l’altra, in risposta, ridacchiando “Al tuo posto, a quest’ora mi sarei punita
già da un pezzo, mentre tu parli, parli, non stai zitto un secondo e int…”
Spalancò la bocca e
strinse gli occhi, nell’espressione di un grido soffocato.
Dopo qualche attimo, mosse
morbidamente eppure con decisione il bacino; Danny la imitò e ben presto si
ritrovarono a gemere senza ritegno.
“Jones, non… non fermarti…
Così, sì… Non smettere!” ansimò Clarissa, aggrappata alla sua schiena.
Danny aumentò la forza
delle sue spinte e si abbassò sul suo viso, chiedendole con la voce rotta
dall’eccitazione: “Ti piace?”
La ragazza rispose con
altri gemiti, sempre più forti e frequenti, finché pochi minuti dopo non
raggiunse l’orgasmo, piantando le unghie nella schiena del fidanzato, che
arrivò all’apice pochi istanti più tardi, spingendo il bacino fino in fondo a
quello della fidanzata.
Si insaponò la schiena,
attenta a non bagnarsi i capelli raccolti in uno chignon alto e un po’
scomposto.
Danny aprì la tenda della
doccia e si piazzò alle sue spalle.
“Faccio io, dammi…” le
propose, prendendole la spugna dalla mano.
“Grazie…” rispose lei,
girando la testa per un bacetto veloce.
Si soffermò per qualche
secondo sulla curva della vita, poi sui fianchi…
Si voltò per strappargli
la spugna dalle mani, salvo poi tirargliela sul viso.
“Va bene, va bene! Cazzo…”
imprecò il chitarrista ad occhi chiusi, sommersi dalla schiuma.
Clarissa si sciacquò in
fretta e lo lasciò nella doccia da solo, scoppiando a ridere.
Ridacchiò.
Dopo aver fatto l’amore,
aveva sempre voglia di gelato.
Lui si fumava una
sigaretta sul balcone e lei correva verso il freezer, alla ricerca della sua
dose di zuccheri da reintegrare.
“Posso assaggiare?” le
domandò, una volta accanto a lei sotto le coperte.
Lei gli ficcò in bocca una
cucchiaiata bella carica.
“Morivo di fame…” sospirò,
prima di ricominciare a mangiare mentre lui inghiottiva.
“Posso farti una domanda?”
le fece, di nuovo a bocca vuota.
Clarissa lo ascoltò e lui
disse, un po’ esitante: “E’ una novità… quella di chiamarmi per cognome mentre…
mentre lo facciamo…”
Lei annuì, pensierosa, e
aggiunse: “Mi è presa così, stasera… Perché?”
“Perché… sinceramente…
preferisco quando mi chiami per nome…non so perché, ma...” ammise il ragazzo, grattandosi la testa,
lievemente in imbarazzo.
“Oohh… Ma che cucciolo…”
la sentì esclamare, toccata, prima che lo abbracciasse calorosamente.
“Ti chiamerò sempre e solo
per nome, se ti piace di più, d’accordo…” lo rassicurò, accarezzandogli i
ricci.
Danny si accoccolò contro
il suo petto e sorrise, beato.
“Ma ad una sola
condizione” la sentì aggiungere subito dopo, quasi glaciale.
Clarissa ritrovò il
sorriso, lo baciò sul naso, macchiandolo di gelato, poi sbadigliò ed annunciò:
“Io dormo… non ne posso più… Buonanotte, amore…”
Anche lui le diede la
buonanotte, baciandola sulla fronte prima di spegnere la luce.
Prima gli faceva fare
sesso alla velocità della luce, come un toro, condendo il tutto con le sue
provocazioni e i suoi gemiti mirabolanti.
E poi dormiva come i
sassi, sbavando sulla federa del cuscino.
***
"Priscilla",
o meglio "Priscilla- Queen of the desert", è un musical
australiano del 2006 (che prende spunto da "The adventures of
Priscilla- Queen of the desert", film del 1994) approdato con successo
in Inghilterra nel 2009! Viene citato senza alcuno scopo di lucro!
Idem per la citazione (nel titolo del capitolo) dal testo di "Stay with
me", una cover dei McFly il cui papà è Rod Stewart.