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Autore: Dark Magic    16/08/2010    5 recensioni
Storia ambientata dieci anni dopo gli eventi di Breaking Dawn. La famiglia dei Cullen viene distrutta da una tragedia che è stata pianificata ancor prima della nascita di Isabella Swan. Nuovi misteri, eventi ed esseri soprannaturali sconvolgeranno il mondo degli attuali immortali. Una nuova era dove i Volturi non risulteranno più il clan più potente, ma solo il braccio di esseri che agiscono all'oscuro persino degli immortali stessi.
Genere: Avventura, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Successivo alla saga
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Scomparsa

 

Capitolo 1

 

Lanciai l’ennesimo diario contro il muro. Cadde con un rumore sordo sul pavimento.

Era tutto inutile. Li avevo letti e riletti fino all’esasperazione, conoscevo ogni maledetta parola di quelle vecchie pagine ingiallite dal tempo. E come ogni volta, appena il volto di mio padre affiorava nella mia testa, la rabbia ribolliva in me e la tentazione di distruggere la sua stanza era troppo forte perché potessi riuscire a controllarla. A quel punto, come adesso, era intervenuto mio zio Jasper a “iniettarmi”, per così dire, una dose invisibile di camomilla.

Strinsi i pugni fino a far diventare le nocche bianche. Sollevai il capo e puntai lo sguardo in direzione della porta. Come già avevo intuito anche soltanto dall’odore, mio zio stava appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate.

Nei suoi occhi non c’era pietà, né compassione. Lui sapeva che odiavo chiunque mi guardasse così, lo sentiva ogni volta che mi era vicino.

«Va tutto bene, zio Jasper, non preoccuparti» dissi.

Inarcò un sopracciglio, lanciando una rapida occhiata al diario che avevo gettato lì.

Scrollai le spalle. «Lo sai, questa stanza mi fa uno strano effetto».

Altro che strano, direi furioso, pensai.

«Se è così» guardandomi con l’aria di uno che non se la beveva «dovresti evitare di entrarci».

Come se non ci avessi già provato…

«Sì, forse…» replicai poco convinta.

«Leggere quei diari non ti sta aiutando ad andare avanti».

M’irrigidii. «Forse non voglio andare avanti, non trovi?»

Si scostò dallo stipite e avanzò fino alla grande vetrata, poggiando un palmo su di essa. «Dovresti farlo, invece, anche se aggrapparsi al passato sembra la via più facile. I ricordi belli resteranno tuoi anche quando volterai pagina. Non preoccuparti di questo».

Abbassai il capo. Aveva ragione, ma il passato non era fatto solo di ricordi belli ed era proprio questo il problema: erano quelli brutti a prendere il sopravvento ogni volta che il pensiero volava a mio padre.

«Lui non sa che aspetto ho, adesso. O se lo conosce, è solo per merito delle foto che mi avete scattato durante questi anni. Capisci? Foto che avete fatto voi, perché lui non c’è mai stato». Riesci a sentire l’amarezza che si cela dietro queste parole?, avrei voluto dire ad alta voce se si fosse trattato di qualche altro Cullen, ma con Jasper non ce n’era bisogno. Era un empatico, il suo era sia un dono che una maledizione, proprio come la sua incontrollabile sete.

Anche se si era esercitato molto negli ultimi anni, non era ancora riuscito ad eguagliare lo straordinario controllo che aveva ottenuto mia madre sin dall’inizio.

Il nonno era giunto alla conclusione che la forza di volontà di Jasper non aveva raggiunto l’apice e che ci doveva lavorare sopra. Il periodo passato con i vampiri del Sud non lo aiutava, anzi… lo tormentava.

«Tu sai perché tuo padre non è qui. E sai anche che se lui ci dicesse dove si trova in questo momento, non esiteremmo a partire» disse.

Sì, lo sapevo, ma questo non faceva meno male. Anche i miei zii sarebbero stati lontani, no? Altre persone che mi lasciavano indietro perché mi ritenevano troppo fragile, delicata come un fiore, per poter aiutare nella ricerca di mia madre.

Erano passati dieci lunghi anni dalla sua scomparsa e ancora adesso brancolavamo nel buio. Nessun indizio di dove cercarla.

Sapevamo solo che un giorno era uscita a caccia con me, Jacob e Seth.

Qualche ora dopo, di lei e Seth si erano perse le tracce.

Io e Jacob avvertimmo mio padre e il resto dei Cullen, che si precipitarono lì dove si erano diretti il giovane lupo e mia madre.

I loro odori erano svaniti non appena capitammo in una piccola radura.

Mio padre dovette riconoscerla, così come mia zia Alice, perché si irrigidirono e si scambiarono una breve occhiata.

Era la prima volta che vedevo mio padre in quello stato. Non che io fossi messa meglio, ma non avrei più dimenticato quell’espressione: un misto di smarrimento, paura e rabbia.

Si era diretto verso il centro della radura, cadendo in ginocchio sotto lo sguardo preoccupato dei Cullen e aveva gridato il nome di mia madre, accompagnato dall’ululato straziante del branco di La Push che probabilmente stava chiamando per via telepatica il loro compagno disperso.

Quel giorno capii che ciò che era accaduto qualche mese prima con i Volturi era stato solo una piccola scheggia conficcata nel palmo della mano.

Un dolore che ero riuscita a superare quasi subito, perché tutto si era risolto per il meglio. Ma non la volta successiva. Ancora adesso il coltello piantato nel cuore sanguinava e l’unica in grado di cacciare via il dolore era colei che lo aveva piantato.

Mia madre.

Ritornai al presente. Ripensare a quel maledetto giorno era come rigirare quel coltello nella ferita aperta.

Mi voltai verso mio zio e notai che mi stava fissando adesso.

«Ma è proprio qua che sta il nocciolo della questione» sollevai dal pavimento il diario e glielo porsi. «Mio padre è un egocentrico. Contano solo i suoi sentimenti, solo lui sta soffrendo per una perdita».

M’incamminai verso l’uscita. «Ha mai capito cosa significa essere padre, secondo te? Io direi proprio di no».

 

 

   
 
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