Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: ElizabethBennet    16/08/2010    1 recensioni
La battaglia al Ministero è raccontata dal punto di vista degli adulti.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quiete dopo la tempesta

Lupin uscì dalla cucina di Grimmauld Place. Salì la scala di quella casa morta, incurante degli strilli della signora Black.
Quella casa era l’unica cosa che gli era rimasta. Il rumore dei suoi passi era attutito dalla coltre di polvere che, impietosa, si era depositata dappertutto in quei giorni vuoti.
Raggiunse camera sua, dove aveva vissuto l’ultimo periodo insieme a Sirius. Accanto al massiccio letto a baldacchino c’era Fierobecco, che sollevò il suo muso aquilino. Remus gli accarezzò la testa, e l’Ippogrifo glielo permise, chinandosi. Povero Beccuccio, Sirius gli mancava tanto. Erano stati entrambi fuggitivi e non colpevoli vittime della legge del più forte.
Remus si accovacciò sul letto sentendosi più vicino agli animali che agli uomini, nei quali ormai non aveva più fiducia.
Era solo. Era l’ultimo Malandrino rimasto. James era stato il primo a cadere in quella guerra di perversa supremazia. Poi era toccato a Sirius, vittima del suo stesso sangue. Anche Peter era morto, o per lo meno per lui era come se lo fosse. Aveva venduto James e Lily, si era lasciato irretire dalle smanie di potere dell’Oscuro Signore, o forse era stato vittima della paura.
Remus era solo, e per davvero.
Si coprì con una coperta polverosa, sperando che lo celasse dai problemi del mondo. Agli adulti questo non succede. I problemi sono come i tentacoli di un Tranello del Diavolo, si aggrappano a te, non lasciandoti respirare e soffocandoti.
Remus si sentiva stanco. Privo di vita e di forze. Ciò che gli rimaneva erano solo dei ricordi sbiaditi come vecchie fotografie in un album di famiglia.
E poi c’era Harry. Anche lui era rimasto di nuovo solo. Remus si rialzò, e si sedette con la coperta sulle spalle.
Avrebbe dovuto stare accanto al figlio dei James e Lily e figlioccio di Sirius. L’avrebbe protetto come e più di prima. Promise a sé stesso di stargli accanto e di non abbandonarlo, di colmare il vuoto lasciato dai suoi parenti ormai scomparsi. Non sapeva se Harry l’avrebbe accettato, se Silente l’avrebbe approvato, ma ci avrebbe provato. Sarebbe stato un ombra silenziosa alle sue spalle, perché era così Remus. La voce della coscienza dei Malandrini.
Sospirò.
E poi c’era Tonks. Ora era al San Mungo, dove l’avrebbero curata e rimessa in sesto. Il suo cuore accelerò bruscamente. L’amava forse? Non lo sapeva. Non sapeva più nulla.
Quando l’aveva vista soccombere sotto i colpi di Bellatrix si era sentito mancare. Se fosse morta, non se lo sarebbe mai perdonato. E’così giovane e, sotto quell’apparenza da dura che in genere l’ammantava, si nascondeva una ragazza a tratti fragile, ma coraggiosa allo stesso tempo.
Sorrise per la prima volta dopo giorni.
Ripensava a quei capelli rosa cicca e alla voce di Ninfadora, anzi Tonks. Sentì una fitta allo stomaco.
Un rumore sordo giunse dall’ingresso, seguito da passi esitanti lungo le scale.
“Buonasera Tonks”, disse l’uomo prima che la porta si aprisse.
“Come facevi a sapere che ero io?”, rispose la ragazza, scuotendo incredula i suoi capelli, che si tinsero di un rosa scuro.
“Di solito si usa salutare”, disse Remus con un sorriso forzato, per poi continuare: “Comunque ti ho percepita da quando ti sei Smaterializzata nell’ingresso”.
“Non mi sembra di aver rotto nulla.” rispose con noncuranza l’altra, accomodandosi  a fianco a Remus.
“Non sapevo che saresti uscita oggi dall’ospedale. Ti senti un po’meglio?” tagliò corto l’altro.
“Oh, sì. Mi hanno rimessa in sesto in un batter d’occhio i Guaritori. Fortunatamente la mia cara zietta mi ha solo Schiantata. Comunque non sono queste ferite a fare male…”, mormorò gravemente la ragazza.
“Già sono quelle dell’anima che bruciano”. Concluse tristemente Remus.
“Sì… non fartene una colpa Remus”, sussurò Tonks, sfiorandogli la spalla con la mano.
Remus sorrise debolmente.
“Se solo l’avessimo fermata”, disse sospirando.
“La colpa non è tua Remus, ma mia. Se fossi riuscita a batterla, se non fossi svenuta, non saresti corso in mio soccorso”
“No, non è colpa tua. Tu hai fatto del tuo meglio, come tutti noi”
Si guardarono in silenzio, percependo la comune tristezza.
“Sirius ha sofferto?”, chiese Tonks, che subito si pentì.
“No, è morto come avrebbe voluto, duellando. Non è rimasto come un topo nella sua tana che attende il nemico. Si è lanciato nella battaglia, sapeva ciò che sarebbe potuto accadere”, concluse Remus, ammettendo la scomoda verità che cercava di nascondere a sé stesso.
Sirius era un Membro dell’Ordine, sapeva che la Morte era una variabile con cui doveva fare i conti.
Tonks sentì una lacrima bagnarle le guance. Voleva bene al cugino, era ciò che più simile ad un fratello aveva avuto. Le era stato accanto negli ultimi tempi e la madre, Andromeda, le aveva insegnato a credere in lui e nella sua innocenza.
Ricacciò indietro le lacrime, stringendo le dita in un pugno.
Lupin se ne accorse e l’abbracciò, stringendola a sé.
“Gli volevo bene Remus”, mormorò Tonks, che si ritrasse imbarazzata all’abbraccio.
Per Lupin fu come ricevere uno schiaffo. Si domandò come aveva fatto a non pensarci prima: Sirius e Tonks erano molto amici.  Probabilmente erano più che amici, si disse mentre guardava la ragazza, che sembrava assorta.
Tonks, dal canto suo, non sapeva come sentirsi. Sirius era stato come un fratello per lei e parlare di lui era come riaprire una ferita da poco rimarginata. Inoltre quell’abbraccio le aveva fatto sentire le farfalle nello stomaco.
“Anch’io, Tonks.” Mormorò tristemente Lupin, guardando il pavimento.
Gli riusciva molto più facile posare lo sguardo altrove, piuttosto che negli occhi della ragazza.
Fra i due cadde un eloquente silenzio imbarazzato e, per l’ennesima volta, entrambi eressero fra loro un muro di incomprensioni.
Tonks si fece coraggio e, sperando che il suo gesto somigliasse più a quello di una amica che di un’innamorata, l’abbracciò.
Remus lasciò che lo facesse sentendosi come quando, da bambino, la madre lo stringeva al petto per proteggerlo dai pericoli del mondo.
Poi accadde l’inaspettato. Remus e Tonks si guardarono negli occhi, cogliendo tutta la tristezza che provava l’altro. L’abbraccio si trasformò lentamente in un bacio, dolce e imbarazzato come il Primo. Forse per entrambi fu davvero il Primo. Già il primo bacio d’amore, come direbbe qualche favolista ottocentesco.
Si allontanarono lentamente, quasi a non voler interrompere il meraviglioso incantesimo che si era instaurato fra di loro.
Fu Lupin il primo a parlare.
“Mi dispiace…” mormorò arrossendo, quasi fosse tornato un ragazzino inesperto delle cose del Mondo e della Vita.
Tonks lo guardò smarrita. Per pochi attimi la sofferenza che l’accompagnava in quei giorni difficili si era dissolta. Per pochi attimi aveva accarezzato l’idea di tornare ad essere felice. E ora, Remus si stava comportando esattamente in modo opposto a ciò che aveva immaginato. Non l’avrebbe permesso.
“Ti dispiace, per cosa?” chiese sulla difensiva, incrociando le braccia al petto.
I suoi capelli si stavano tingendo in un poco promettente nero.
Dal canto suo Lupin stava arrovellandosi il cervello. I suoi sentimenti avevano preso il sopravvento. Non voleva che Tonks si lasciasse coinvolgere nei suoi problemi. Lui era un lupo Mannaro e non poteva dimenticarselo. Con calma, cercò di trovare le parole giuste per esporle il suo rifiuto. Era stato uno sbaglio e, proprio perché le voleva bene, doveva proteggerla.
“Ninfadora,” disse cercando di prendere tempo, mentre la ragazza trasaliva a quel nome, per poi proseguire: “credo che siamo entrambi sconvolti, n-non siamo lucidi…”
“Non mi sembravi confuso poco fa.” Sibilò Tonks in un modo che gli ricordò Andromeda.
“Lasciami parlare. Io ti voglio bene, e sebbene io abbia sempre cercato di mentire a me stesso, quando ti ho vista perire sotto i colpi di Bellatix, mi sono accorto di quanto fossi importante per me. Sono tuttavia conscio della realtà ed è per questo che non voglio che qualcosa inizi ancora prima di cominciare.” disse gravemente,  facendosi del male.
“Anch’io ti voglio bene, da sempre. Da quando ci siamo conosciuti, prima ancora della mia entrata nell’Ordine! Proprio per questo, ti chiedo, ora: perché no? Non abbiamo il diritto di essere felici?”
“Sì, che ne abbiamo. Ma sarebbe meglio che tu sia felice con un altro che ti possa rendere più felice di quanto possa farlo io. Tu sei giovane, Ninf…Tonks, io sono vecchio per te, povero e troppo pericoloso. Ti sembrano buone ragioni?” sbottò, assomigliando di più a Piton che a Lupin.
“Uffa, Remus! Molly me l’aveva detto che avresti reagito così!” disse la ragazza, furente.
“Hai detto qualcosa a Molly?” chiese Lupin, leggermente innervosito.
“Dovevo pur dire a qualcuno come mi sentivo! Ma non ti preoccupare non ha parlato troppo male di te…”
“Cosa ti ha detto?” incalzò l’altro, mentre Tonks cominciò a trovare la situazione assurdamente buffa.
“Ha detto che tu avresti usato come scusa la tua vecchiaia, la tua povertà e il tuo problemino mensile!” disse la ragazza, distendendo le labbra in un sorriso liberatorio.
Lupin la trovò splendida e cominciò ad accarezzare l’idea di infischiarsene dei suoi problemi e di agire come avrebbero fatto James o Sirius e correre il rischio.
Si avvicinò alla ragazza e la baciò. Tonks si stupì di  quel gesto, ma ricambiò, trasognata.
“Remus…” mormorò la ragazza, mentre gli accarezzava i capelli.
Lupin sorrise debolmente e a malincuore ritrovò sé stesso e la sua triste situazione.
“Ninfadora, io non ho niente da offrire ad una ragazza come te, così bella e piena di vita, se non il mio sentimento e i miei guai…”
“A me non importa!”
“Ma a me sì. Non voglio stare con te sapendoti in pericolo, e che questo pericolo sia io.”
Remus la guardò negli occhi e Tonks capì che non l’avrebbe smosso dalle sue posizioni nemmeno se l’avesse supplicato.
Fra i due non vi furono più parole, ma gesti carichi di emozioni, attesa e tristezza.


Il giorno seguente Tonks uscì dalla vecchia casa, sbattendo rumorosamente la porta. Gettò un ultimo sguardo all’edificio, cercando la finestra al primo piano, dove si trovava Lupin. Non lo vide. Si preparò alla Smaterializzazione, faticando a concentrarsi. Le lacrime, ribelli e non volute, come quelle che sua madre aveva represso quando lei era scesa in battaglia, sgorgarono copiose dai suoi occhi. Le guance si coprirono di quella pioggia salata, che cadde a terra, bagnando il grigio asfalto della strada.
Negli stessi istanti Lupin la spiava da dietro la finestra. Non voleva che lei lo vedesse di nuovo triste, voleva che di lui le rimanessero solo i dolci ricordi della notte precedente. Gettò uno sguardo alla strada e la vide in lontananza. I capelli di Tonks stavano lentamente cangiando colore, passando dall’ordinario rosa cicca ad uno squallido e spento grigio topo.
La ragazza si Smaterializzò e Lupin rimase alla finestra, guardando il marciapiede sgombro.










  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: ElizabethBennet