Capitolo II – Sectumsempra
<< Non riuscirò
mai a terminare quell’infinità di compiti che ci hanno assegnato! >>, si
lamentò preoccupata Hermione.
<< Hermione, ma se ti lamenti tu, io ed Harry cosa dovremmo
fare? >>, ribattè Ron scuotendo
la testa, seguito dall’amico. Hermione,
imperterrita, continuò senza dar loro retta.
<< Pozioni,
divinazione e trasfigurazione! >>, contò sulle dita, sbarrando gli occhi.
<< Senza
contare le tre pergamene di incantesimi e storia della magia! >>.
<< Hermione, avrai tutto il tempo di terminare i compiti dopo,
ma ora andiamo a pranzo, sto morendo di fame >>, la supplicò Ron.
<< Assolutamente
no! Devo iniziare immediatamente >>, continuò Hermione, portandosi le mani davanti come a voler respingere
ogni tentativo di persuaderla.
Li salutò con un
cenno della mano e si diresse verso l’amata biblioteca, con i pensanti libri
che non era riuscita a far stare nella tracolla, sotto mano.
La biblioteca, a
quell’ora, era deserta ed Hermione prese il
solito posto ad un tavolo sotto una luminosa finestra tra la sezione di
Incantesimi e quella di Antiche Rune.
Stese un lungo foglio di
pergamena e iniziò a scrivere tutto ciò che sapeva sull’incantesimo di
disillusione. “L’incantesimo di disillusione induce l’obiettivo a cambiare
la propria fisionomia per nascondersi”. Prese un respiro profondo e poggiò
la testa sul braccio, bagnando la penna d’oca nell’inchiostro e continuò. “La
disillusione è una tecnica molto simile alla mimetizzazione”.
<< Ciao Hermione! >>, la salutò un ragazzo snello con un
casco di capelli castano chiaro.
<< Neville!
>>, ricambiò la ragazza con un caldo sorriso.
<< Anche tu
da queste parti? >>, chiese poggiando la penna nella boccetta
dell’inchiostro per evitare che gocciolasse e lasciasse grosse macchie sulla
pergamena nuova.
<< La
professoressa Sprite mi ha chiesto di fare una ricerca sull’Orclumpo >>,
spiegò, ricambiando il sorriso. Hermione annuì
in tutta risposta.
Neville si sporse sulla
pergamena di Hermione, riducendo gli occhi a due
fessure, incuriosito.
<< Incantesimi… >>, spiegò Hermione,
leggermente scocciata. Di quel passo non sarebbe riuscita a finire i compiti
per l’ora di cena.
Neville guardò
l’orologio appeso alla parete dietro alle spalle di Hermione e
senza proferir parola iniziò a leggere i titoli dei libri che gli passavano
sotto gli occhi. Sparì per un po’ dalla vista diHermione per
poi tornare con un grosso libro tra le mani. La copertina marrone e smunta
lasciava intravedere una scritta nera, sbiadita ai bordi. “La grande
enciclopedia delle erbe magiche”.
Hermione finì di scrivere le tre pergamene di incantesimi e un tema sulla vita
delle streghe nel Medioevo che era già pomeriggio inoltrato. In quella parte
della giornata la biblioteca, come sempre, tendeva a popolarsi di ragazzi che
prendevano in prestito libri, scribacchiavano frasi su pergamene stropicciate e
si lamentavano continuamente per l’enorme quantità di compiti che gli
insegnanti di Hogwarts assegnavano.
Hermione stiracchiò le braccia dietro la schiena prima di passare a pozioni. “La
Felix Felicis è una pozione che rende
l’utilizzatore incredibilmente fortunato”, lesse muovendo le labbra senza
però produrre alcun suono. “E’ molto complessa da preparare; richiede almeno
sei mesi di preparazione e particolare attenzione. Il colore ricorda quello
dell’oro fuso”.
Hermione si premette le tempie con le dita. “E’ molto complessa da
preparare; richiede almeno sei mesi di preparazione e particolare attenzione.
Il colore ricorda quello dell’oro fuso”, rilesse.
<< Non ci siamo,
non ci siamo per niente >>, sbuffò, lanciando occhiatacce al gruppo di
ragazzini del terzo anno che chiacchieravano animatamente dietro di lei,
distraendola dai suoi studi. Spostò poi lo sguardo su Neville, ancora immerso
nel’enorme libro di erbologia, per niente
infastidito dal vociare dei tavoli intorno. Hermione raccolse
i libri e si alzò facendo raschiare la sedia per terra e attirando l’attenzione
del ragazzo.
<< Vai già via?
>>, chiese sinceramente dispiaciuto. Hermione gli
sorrise flebilmente, facendosi scorrere la tracolla intorno alle spalle.
<< C’è un po’
troppo chiasso qui. Credo terminerò i compiti nella Sala Comune >>.
Neville annuì e la
salutò con un gesto della mano.
<< A questa sera,
allora! >>, disse prima di immergersi nuovamente nel suo libro.
Hermione annuì sorridendo ed uscì dalla biblioteca. Appena chiuse la porta
dietro di se, il vociare si spense e lei si ritrovò in un corridoio deserto. Prese
un respiro profondo e proseguì fino al corridoio che portava alla sala comune
dei Corvonero, poi scese due scalinate e ne
risalì altre tre.
<< Draco, tu sai come devi agire! Sai cosa devi fare. Fallo!
>>.
Hermione si pietrificò a quella voce fredda e tagliente. Istintivamente si
nascose dietro ad un pilastro di pietra e il respiro le si fece affannoso.
<< Ho paura, padre
>>
<< Schiocchezze! I Malfoy non
conosco la paura! >>.
Hermione cercò di sporgersi per vedere oltre il pilastro. Si appoggiò al
corrimano di marmo e piegò la testa di lato.
Draco era seduto a terra, la testa fra le gambe. Nel corridoio non c’era
nessun altro, eppure Hermione era sicura di
aver sentito una seconda voce. Un singhiozzò sommesso fece trattenere per
svariati secondi il respiro ad Hermione. Draco stava piangendo. Rimasero entrambi in quella
posizione per un paio di minuti, poi Draco si
alzò a si asciugò il volto inumidito e appiccicoso per le lacrime con il bordo
della manica. Anche da quella distanza Hermione poteva
scorgere l’evidente gonfiore dei suoi occhi. Draco si
appoggiò al muro, lo sguardo perso nel vuoto. Hermione fece
scorrere lo sguardo dall’inizio alla fine del corridoio più volte, ma del
secondo uomo, nessuna traccia.
Riportò lo sguardo su Draco, che era rimasto nella stessa identica posizione di
poco prima.
<< Signorina Granger, eccola. L’ho cercata per tutto il giorno >>.
Hermione si voltò di scatto e si ritrovò di fronte alla professoressa McGranitt.
<< Profesoressa! >>, esclamò spaventata.
<< Sono riuscita a
trovare tra le mie vecchie cartacce il saggio di cui ho parlato a lezione e al
quale mi è sembrato lei fosse particolarmente interessata >>, disse
scrutandola da dietro ad un consumato paio di occhiali.
<< Oh, grazie
>>, riuscì solamente a pronunciare Hermione,
afferrando i fogli di pergamena che la professoressa le stava porgendo.
<< Bene, allora
>>.
La McGranitt la osservò ancora un po’, prima di annuire e
voltarle le spalle. Subito Hermione si
voltò e si sporse nuovamente oltre il pilastro, trovandosi però davanti un
corridoio vuoto. DracoMalfoy se n’era
andato.
Si lasciò crollare a
terra, riprendendo fiato. Aveva sentito Draco.
L’aveva sentito parlare con qualcuno e quel qualcuno era quasi sicuramente suo
padre. E l’aveva visto piangere. Non sapeva quale delle due cose la scioccasse
di più, se l’aver scoperto che il signor Malfoy era
entrato ad Hogwarts senza un permesso
valido o l’aver visto Draco Malfoy versare lacrime.
Hermione lo rivide soltanto la mattina seguente nella Sala Grande durante la
colazione. Spinse la pesante porta insieme a Ron ed Harry; un profumo di
pancetta e uova fritte unito a quello dolce del succo di zucca, inebriava la
stanza. I tre presero posto intorno alla lunga tavolata dei Grifondoro riempiendo i propri piatti di tutte le
prelibatezze che con un colpo di bacchetta qualcuno aveva fatto comparire in
larghi vassoi, ovali o rettangolari, d’argento.
Quando a metà colazione
dalla porta d’ingresso entrò Draco Malfoy, lo sguardo di Hermione,
seguito da quelli di Ron ed Harry, si posarono sulla sua figura, in particolare
sulle profonde occhiaie che solcavano il suo viso. Lo seguirono finché non si
lasciò cadere inerte accanto a Blaise Zabini e iniziò a riempirsi il calice di succo di
zucca.
<< Brutta c’era il
nostro Malfoy, oggi >>, osservò Harry,
riducendo gli occhi a fessura per dargli un’ultima occhiata esaminatrice.
<< Cosa avrà
combinato questa volta? >>, si intromise Ron dando un morso ad un toast.
Hermione istintivamente alzò le spalle e rimase zitta nel frattempo che i suoi
due amici studiavano la sua espressione, quasi per capire se stesse mentendo.
Quando distolsero lo sguardo e si lanciarono affamati sui propri piatti, Hermione venne sorpresa da uno strano senso di colpa e
infedeltà verso i suoi due migliori amici e abbassò lo sguardo.
<< In verità
qualcosa so >>, sussurrò così piano che dovette ripetere una seconda
volta prima che Harry e Ron sbarrassero gli occhi e quasi la costrinsero a
raccontare.
<< Nel tardo
pomeriggio, ieri, mi stavo dirigendo nella Sala Comune quando….
>>, iniziò incerta.
<< Quando?!
>>, la incitò Harry.
<< Quando ho
sentito delle voci >>, tirò fuori d’un fiato Hermione.
<< Delle voci?
>>
<< Si, delle voci,
Ron. E non voci qualunque. Erano le voci di Draco Malfoy e di suo padre, Lucius >>
<< Lucius Malfoy era
ad Hogwarts? >>
<< Shh, Ron! Vuoi farti sentire? >>, lo ammonì
controllando che nessuno fosse in ascolto.
<< Stavano di
parlando di qualcosa che avrebbe dovuto fare Draco,
ma che si rifiutava per paura >>, continuò rigirandosi le mani sul
grembo.
<< E che cosa
avrebbe dovuto fare? >>
<< Non lo so, ma
quando mi sono sporta per guardare, Draco era
da solo e stava… piangendo >>
<< Draco Malfoy stava
piangendo? >>, sussurrò con tono sorpreso Harry.
Hermione annuì e abbassò nuovamente lo sguardo. Finirono la colazione
discutendo in sussurri su quale sarebbe potuto essere il compito assegnato a Draco, ma ogni ipotesi era più improbabile dell’altra.
Draco intanto, alzatosi dal tavolo, con passo barcollante si stava
dirigendo verso i bagni del terzo piano. Sul suo volto si poteva leggere
frustrazione, rabbia e stanchezza, e sotto gli occhi erano evidenti due macchie
scure e profonde. Le braccia ondeggiavano accanto al corpo e il capo era
leggermente abbassato; gli occhi gonfi bruciavano di rabbia e lo sguardo vagava
nel nulla.
Si fermò solo quando si
ritrovò davanti ad una porta di un grigio scuro, che si intonava perfettamente
con l’arcata in pietra che la circondava. Diede una spinta violenta e ne diede
un’altra per chiudere la porta dietro di se e, quando si fu accertato di essere
solo, urlò per sfogare tutta la rabbia che aveva in corpo.
Mosse qualche passo,
inciampando in uno dei lacci delle sue scarpe e dovette usare uno dei lavandini
in ceramica come appiglio per non cadere. Emise un singhiozzo e le lacrime
iniziarono a scivolargli sulle guance, fino a scomparire nel coletto della
maglia. Non aveva mai provato una tale sensazione di codardia e debolezza. Si
sentiva imponente e, anche se faticava ad ammetterlo, si sentiva solo. Più
volte, come in quella circostanza, si era ritrovato a pesare che avrebbe voluto
avere vicina una persona che sapesse comprenderlo, che stesse dalla sua parte.
Scrollò la testa per scacciare quei pensieri che suo padre avrebbe considerato
inadatti per un tipo come lui. E quello era ciò che più
lo faceva andare su tutte le furie: aveva la continua sensazione che tutti
avessero la presunzione di conoscerlo, mentre lui stesso, per quanto ci
provasse, non riusciva a capire chi fosse in realtà.
Alzò la testa per
specchiarsi nello specchio appeso sopra il lavandino, circondato da una cornice
in oro. Storse il viso in una smorfia d’orrore verso se stesso, prima di
sfregarsi gli occhi con il mantello. Quando riaprì gli occhi e si guardò
nuovamente nello specchio, si accorse di una seconda figura riflessa, ferma
immobile dietro di lui. I capelli corvini e spettinati lasciavano intravedere
sulla fronte una curiosa cicatrice a forma di saetta.
<< Sempre a
ficcare il naso negli affari altrui, vero Potter? >>, ghignò Draco, voltandosi di scatto e sfilando la propria bacchetta
magica dal mantello con un veloce gesto della mano.
Harry alzò le
spalle.
<< Ho diritto di
stare qui quanto te, Malfoy >>
<< Dove sono i
tuoi amichetti, Potter? Ti hanno lasciato solo? >>, sputò maligno.
Harry allungò una mano
cercando di arrivare alla bachetta.
<< Non ti muovere!
>>, ordinò Malfoy, stringendo la bacchetta
fino a farmi male; il corpo teso e il cuore scalpitante.
Harry si fermò con il
palmo della mano semi aperto.
<< In verità, Malfoy, pare sia tu quello che è stato lasciato solo o
forse ti senti talmente superiore da pensare che non ci sia nessuno, in questa
scuola, che possa solo avvicinarsi al grado della tua arroganza e superbia?
>>
Draco strinse la bacchetta ancora più forte, sentendo le nocche bruciare
per lo sforzo. Una profonda fiamma d’odio si accese dentro il suo corpo e, incapace
di controllarsi, disegnò una spirale per aria e pronunciò l’incantesimo:
<< Stupeficium! >>
Harry scansò
l’incantesimo andando a sbattere contro il muro e nella confusione riuscì ad
estrarre la bacchetta e lanciare una controfattura,
la prima che gli venisse in mente in quel momento.
<< Sectumsempra! >>, urlò di rimando.
Una forte luce colpì Draco in pieno petto, scaraventandolo al suolo e
rompendo parecchie tubature che allagarono la stanza in pochi secondi. Harry
respirava faticosamente e incerto si avvicinò al corpo esanime. Il fiato gli si
mozzò e in gola si formò un grosso nodo. Si sentì sbiancare.
Il corpo di Draco era ricoperto di sangue e la divisa strappata in
parecchi punti lasciava intravedere lacerazioni e tagli di media profondità.
Respirava a fatica e balbettava frasi incomprensibili, mentre il volto si
bagnava di lacrime salate.
Harry sentì il suo corpo
rammollirsi e la bacchetta gli cadde di mano, producendo un rumore che in quel
momento gli parve assordante.
Un tremolio alle mani lo
colse di sorpresa, mentre sentiva avvicinarsi dei passi. Li sentiva sempre più
vicini, nel corridoio, alle sue spalle e poi questi lo superarono. Un ampio
mantello gli diede presto di spalle e un paio di scuri occhi gli lanciarono
un’occhiata mista tra orrore e puro disprezzo. Harry non se la sentì di
ricambiare e abbassò gli occhi. In verità, non aveva il coraggio di affrontare
il professor Piton, non se gli avesse chiesto il
perché e il come. Non lo sapeva neanche lui. Si abbassò per recuperare la sua
bacchetta e, ancora tremante, scappò via. L’immagine del corpo esanime di Draco Malfoy ancora
impresso nella sua testa.
E mentre Harry fuggiva
via, Piton fece scorrere la sua bacchetta
magica sul corpo di Draco, pronunciando
incantesimi e contromaledizioni in lingua
latina.
Intanto Harry arrivò
davanti all’aula di trasfigurazione e vi entrò senza fermarsi a riprendere
fiato. La professoressa McGranitt lo
trafisse con lo sguardo, pronta a rimproverarlo per il ritardo, ma quando si
accorse della sua espressione terrorizzata e del suo viso pallido, corrucciò la
fronte perplessa e preoccupata.
<< Tutto bene,
signor Potter? >>, chiese titubante.
Harry annuì mentre
prendeva posto accanto ad Hermione e Ron e
proprio mentre guardò questi negli occhi, decise che non avrebbe riferito loro
parola dell’accaduto. Sarebbe stata una cosa tra lui, Draco Malfoy e il professor Piton soltanto,
o almeno così sperava.
Note dell’autrice:
Eccoci di
nuovo dopo aver terminato il secondo capitolo. Allora? Impressioni, pareri?
Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? Ringrazio ancora una volta per le
bellissime recensioni e un grazie anche a coloro che hanno inserito il racconto
tra le storie preferite, ricordate e/o seguite. Ho seguito anche vostri consigli, cercando di andare
maggiormente a capo per i discorsi, seguendo anche un po’ lo schema della
Rowling stessa. Mi piacerebbe vedere crescere il numero delle
recensioni con la crescita del racconto, perché mi danno seriamente una strana
voglia di mettermi a scrivere. Al prossimo capitolo! Ylenia.