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Autore: berlinene    17/08/2010    5 recensioni
Uno spin off-what if delle vicende del "Diario"... o, come dice il titolo, un'altra possibilità: per i protagonisti, in un momento in cui ormai nessuno di loro ci sperava più, e per voi. E per me. Enjoy. [Munemasa Katagiri; Personaggio originale femminile]
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Diario di Irene Price genera storie'
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***EPILOGO***

Yasu sistemò il bagaglio a mano nella cappelliera, ignorando le pretese di Munemasa di aiutarla, poi sprofondò nel suo posto vicino al finestrino.
“Dio benedica la business class” sentenziò, godendosi la comodità del seggiolino.
“Sei una ricca ragazzina viziata” la canzonò lui, chinandosi a sfiorarle le labbra con un bacio.
“Eh già, perché sono io il vecchietto che se non viaggia comodo si incricca…”
“Touché…” sorrise Katagiri, sedendosi.
Yasu si allungò verso di lui, poggiandogli la testa sulla spalla e abbracciandolo. Gli sfregò col naso la guancia e l’angolo della bocca, cercandogli le labbra. Lui si voltò accennando un sorriso e ottemperando la dolce richiesta con un bacio leggero.
“In Giappone” le sussurrò, dovremo essere un po’ più cauti rispetto agli… ehm… ultimi giorni”. Inghiottì a vuoto, ripensando a quei giorni rubati nella meravigliosa Parigi. Vide il visetto di lei rattristarsi e non sapeva dirle quanto quelle parole facessero male anche a lui.
“Potevamo restare ancora un po’…” protestò la ragazza, imbronciata.
“C’è un limite al numero di aerei che si può far finta di perdere” commentò lui, sarcastico.
Yasu rise di cuore. Il primo l’avevano perso sul serio, per essersi trattenuti più del dovuto nella sua stanza. Ma nei tre giorni seguenti non c’era tutto quell’overbooking di cui avevano parlato in giro. Infine erano tornati a Londra, giusto il tempo per Yasu di riempire un paio di valigie.
“Prima o poi si deve tornare” aggiunse Katagiri.
“Immagino di sì”.
“Ehi” la richiamò lui, sollevandole il mento con la mano e avvicinando il volto al suo. “Tutti quei bei discorsi sul non fuggire e sulle cicatrici valgono anche per te, signorina. Hai promesso…”
“Lo so” mugolò.
Negli ultimi giorni, Yasu si era sentita come un palloncino, come su una nuvola. Con un nuovo amore e una delle città più romantiche del mondo ai suoi piedi, aveva dimenticato facilmente tutto il resto. Ma Munemasa aveva dato uno strattone al filo, riportandola a terra. Lo rivedeva appoggiare la cornetta, chiudendo la chiamata con la quale aveva fissato il volo per Londra.
“E così ognuno torna a casa propria” aveva mormorato, accigliato.
A Yasu era crollato il mondo addosso: presa da quella specie di incantesimo che erano stati quei giorni, non aveva assolutamente riflettuto sul dopo. E sul fatto che lui doveva tornare in Giappone.
“Come la mettiamo?” aveva chiesto Munemasa, di fronte al silenzio della ragazza. “Per me non è stata una storiella come un’altra”.
“Neanche per me” si era affrettata a confermare lei.
“Posso parlarti francamente, Yasu?”
“Certo” aveva acconsentito lei, un po’ preoccupata, sedendogli vicina.
“Questi giorni sono stati meravigliosi” aveva detto, lasciandosi sfuggire un sospiro. “Ma se vogliamo andare avanti, c’è qualcosa che tu devi fare. Abbiamo fatto tanti bei discorsi sul non nascondere le cicatrici ma, temo, che le tue ancora non siano tali. Le ferite sul tuo cuore sanguinano ancora…”
La ragazza aveva distolto lo sguardo, mentre gli occhi le si erano riempiti di lacrime.
Katagiri l’aveva tratta a sé, stringendola forte e carezzandole la schiena, come piaceva a lei.
“Yasu, devi far guarire quelle ferite. Quando saranno cicatrici, allora, potremmo costruirci sopra il presente e il futuro che vogliamo. Non piangere, amore mio.” le mormorò stringendola a sé. “Non voglio forzarti, non è per me che lo dico. Lo dico per te e, se vorrai, per noi…”
La voce gli era morta in gola sentendola singhiozzare violentemente contro il proprio petto. Ma aveva continuato a sussurrarle: “Devi tornare in Giappone per chiarire e chiudere con Ken”.
L’aveva lasciata sfogare un po’, poi l’aveva spinta dolcemente, facendola distendere sulle proprie ginocchia. “Basta adesso” l’aveva esortata con un sorriso. “La realtà è che voglio che tu venga con me in Giappone… non saprei stare a lungo così lontano da te… adesso”.
Lei aveva sorriso debolmente, asciugandosi le lacrime. Ci aveva pensato tutta la notte, infine, aveva detto di sì.
Erano volati a Londra, dove erano rimasti un paio di giorni durante i quali Yasu aveva sistemato le proprie cose e avvertito la famiglia. Sua madre era stata entusiasta, Genzo, manco a dirlo, un po’ meno. “Lo sapevo che facevi una cazzata” era stato il suo commento.

“Inoltre…” La voce di Munemasa la riscosse dai suoi pensieri, riportandola al presente, sull’airbus diretto in Giappone. Lo vide alzarsi dal seggiolino darsi un’occhiata intorno. “Qui nessuno ci conosce quindi, direi, che hai ancora diverse ore per coccolarmi quanto vuoi…”
“Pensa che culo…”
Lui la guardò male, poi le mise una mano sulla bocca. “Yasuko Wakabayashi, te la lavo col sapone quella bocca”.
“Uh, che palle”.
“Yasuko!”
“Smettila! Solo mi madre mi chiama così!”
“Smetto quando tu la finisci di dire parolacce”
“Mi tratti come una mocciosa” sbuffò lei, sprofondandosi a braccia conserte nel seggiolino.
“Solo quando ti comporti come tale” ridacchiò lui, dandole un buffetto. Fece una pausa studiata, poi guardandola di sottecchi, buttò là: “Avevo anche un regalino per te, ma se non fai la brava bambin-ahia” protestò ridendo e incassando una gomitata. “Le maniere forti non ti aiuteranno, Wakabayashi… non sai che si prendono più mosche con il miele?”
“Le mosche non lo so… i pipistrelli- anzi i pettirossi, sì” disse, chinandosi su di lui e infilandogli le mani sotto la giacca.
“Ahahah queste non sono coccole, è una perquisizione… ferma, dai mi fai il solletico. Aspetta…” Liberandosi dalle sue mani, l’uomo si allungò a prendere qualcosa nel suo bagaglio a mano, un involto che lanciò fra le braccia di Yasu.
Felice, la ragazza lo aprì: era una specie di quaderno blu, rilegato con eleganza: sulla copertina lettere svolazzanti componevano la parola “Journal”.
Yasu scorse pensosa le pagine bianche. “Ho smesso tempo fa di tenere il diario”.
“Nel caso ti venisse voglia di scrivere di noi” disse lui, stringendole la mano, mentre l’aeroplano iniziava il decollo. Verso il Giappone.



Note di chiusura:

Deluse? Spero di no... il fatto è che questa storia era nata come un "prequel" a un'altra cui lavoro da un po'... spero di farvela leggere al più presto, ma non prima della long per il contest;)

(visto Mela? non me ne sono scordata!)

Grazie a tutti i lettori e i commentatori!

bacini sparsi^^

nene

   
 
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