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Autore: Lhea    17/08/2010    4 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XVIII

Capitolo XVIII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Los Angeles - Otto anni prima

 

<< E quello chi sarebbe? >> chiede William, facendo un cenno con il capo verso il ragazzo seduto al bancone del Gold Bunny, il capo chino sulla sua vodka con ghiaccio. Sembra totalmente estraneo a quello che gli accade intorno, comprese le due ragazze che lo stanno adocchiando con aria famelica, e appare sordo anche alla musica.

 

<< Il russo >> risponde Hanck, poco interessato, << Dimitri Goryalef. Uno piuttosto bravo >>.

 

William da poco peso a ciò che ha appena detto Hanck: lo conosce abbastanza da sapere che non è bravo nel valutare il potenziale dei piloti. Però ha sentito parlare di qualche gara di quel russo, in giro nella sua zona da qualche settimana, e capisce che potrebbe fare al caso suo: gli manca solo un membro per completare il suo progetto, la Black List, e ogni pilota con un po’ di talento ha il diritto di essere preso in considerazione.

 

Appoggia il bicchiere vuoto del suo drink sul tavolo e si fa strada in mezzo alla gente, ricambiando qualche saluto da parte degli ormai abitudinari frequentatori del suo locale. Raggiunge il ragazzo e prende posto di fianco a lui, ordinando una birra.

 

<< Da dove arrivi? >> domanda abbastanza forte da farsi sentire in mezzo al brusio, guardando il barista che stappa la sua bottiglia.

 

Il russo finisce la sua vodka prima di rispondere, come se non sapesse con chi avesse a che fare. Poi gli rivolge un’occhiata, e William capisce all’istante che quello che ha davanti è un perfetto elemento per la sua Black List. Sguardo di ghiaccio, espressione dura e sicura di sé.

 

<< Da Mosca, Challagher. E tu da dove arrivi? >> risponde il russo, la voce roca e strafottente.

 

William ghigna, ignorando la sua domanda. << Girano strane storie, su di te >> dice, ricordando qualche conversazione avuta con i suoi amici, << Dicono che hai ucciso tante persone quante sono le cicatrici porti… >>.

 

Dimitri rimane di ghiaccio, insensibile al suo commento. << Se anche fosse così, non lo verrei a dire a te >> ribatte.

 

<< Cosa sei venuto a fare qui? >> domanda lo Scorpione, sorseggiando la sua birra, lo sguardo che solca disinteressato la gente che si affolla nel locale.

 

<< Ero stufo di guadagnare cicatrici >> risponde duro Dimitri.

 

William accetta il tono vagamente stizzito del russo, perché sente che c’è qualcosa in lui che lo rende diverso dagli altri piloti sbruffoni e sicuri di sé, perché è sicuro di trovarsi di fronte qualcuno che potrebbe rivelarsi importante nella sua carriera di boss delle corse clandestine. Non lo conosce, ma sa già che Dimitri non è uno che finge. E gli piace.

 

<< Vorrei che gareggiassi con me >> dice, tranquillo, << Uno contro uno, per vedere quanto sei forte… A patto che tu non sia di passaggio >>.

 

Dimitri gli rivolge un’occhiata. << Non sono di passaggio, Challagher. Non posso esserlo >>.

 

William annuisce. << Accetti? >>.

 

<< Va bene >>.

 

Lo Scorpione gli stringe la mano, sentendo la sua presa salda e stranamente calda, in contrasto con la sua aria gelida, e nella sua testa si forma già l’immagine di quella gara che sicuramente avrebbe portato all’ultimo pilota della Black List. Gara al termine della quale era certo che avrebbe proposto a Dimitri di diventare uno dei suoi piloti, di accettare di essere un membro della Lista che lo avrebbe consacrato come lo Scorpione, il più forte pilota di corse in circolazione. L’unica cosa che non sapeva, in quel momento, era che posto il russo si sarebbe guadagnato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 01.00 – Mosca, Casa di Dimitri

 

Irina spense il motore della Punto e scese dall’auto, il garage illuminato a giorno, silenzioso e tranquillo come era adesso il suo cuore. Si guardò intorno, e scoprì che Dimitri era fermo vicino alla Ferrari California, ad aspettarla.

 

Lo raggiunse, senza sapere bene che cosa dire: per la testa le frullavano troppe cose.

 

<< Siamo nei guai, vero? >> chiese lei alla fine, pronta a una frase acida da parte sua.

 

<< Di sicuro lo siamo più di prima… >> commentò lui.

 

Si guardarono per qualche momento, Irina a disagio. Per un attimo era entrata nel suo passato, nella sua vita, e la cosa la faceva sentire strana, quasi un’intrusa. Come minimo doveva essere furioso, ma non poteva nemmeno darle la colpa: nessuno aveva immaginato che si ritrovasse davanti proprio Buinov.

 

<< Senti… >> iniziò, anche se non aveva idea di cosa doveva dire.

 

<< E’ andata come doveva andare >> ribatté Dimitri, distaccato, << Non c’è niente da dire a riguardo. Provvederò a comunicare a Nikodim e gli altri l’esito della missione >>.

 

Si voltò per andarsene, ma Irina lo afferrò per il braccio, senza pensare a quello che poteva comportare.

 

<< Aspetta un attimo… >>.

 

Dimitri si girò, gli occhi di ghiaccio che la trafissero da parte a parte.

 

<< Aspetta un attimo >> ripetè Irina, calma, << Non ti farò domande sul tuo passato, se è questo che temi. Volevo solo chiederti cosa ne pensavi della missione… E ringraziarti >>.

 

Per un momento credette che Dimitri gli rifilasse un pugno, così lasciò il suo braccio di colpo. Lui però si girò completamente, la squadrò e disse: << Saliamo >>.

 

Irina lo seguì fin sopra, in silenzio, sperando di non averlo fatto arrabbiare davvero troppo, questa volta. Solo quando furono seduti in soggiorno, sul divano di pelle, Dimitri sembrò calmarsi. Sul tavolino era appoggiata una bottiglia di vodka, mezza vuota, e due bicchieri. Li riempì fino all’orlo, poi gliene passò uno. Il resto doveva averlo bevuto già lui prima.

 

<< Cosa ne penso? >> disse alla fine il russo, << Penso che quel bastardo di Nikodim sapesse che c’era Vladimir, e che gli abbia fatto il favore di mandare te. Penso che ci ha voluti infilare in un bel casino, per ostacolarci ulteriormente. E penso che tu non debba incontrare un’altra volta Vladimir, né tantomeno accettare la sua proposta >>. La guardò, quasi minaccioso.

 

Irina cercò di capire cosa intendesse con le sue parole, poi rinunciò e rigirò il suo bicchiere di vodka.

 

<< Secondo te perché mi ha chiesto di passare dalla sua parte? >> domandò. Non riusciva a capire se fosse arrabbiato, offeso o preoccupato.

 

Dimitri fece una smorfia. << Perché è molto furbo >> rispose, << Spera di poterti usare contro di noi >>. La sua voce ebbe una strana inflessione sull’ultima parola. << Voleva gareggiare con te nella Mosca-Cherepova per cercare di farti vincere: per questo ti ha chiesto con chi avresti partecipato. In quel caso, avresti potuto fare la spia per lui >>.

 

“A proposito di quella gara…” pensò Irina, drizzando le antenne. Attese un momento prima di porre la sua domanda, per scrutare la sua espressione.

 

<< Dicevi sul serio quando hai detto che avresti corso con me? >>.

 

Dimitri iniziò a versarsi un bicchiere di vodka. << Anche se avessi mentito, sarei comunque costretto a farlo, ora >> rispose.

 

Irina lo guardò male.

 

<< Non puoi dirmi semplicemente sì o no? >> chiese.

 

Ci fu un attimo, ma solo uno, in cui Irina credette di veder balenare un sorriso sul volto di Dimitri, ma poteva anche solo essere una sua illusione. Non sorrideva mai, e non lo avrebbe mai fatto con lei.

 

<< Avevo pensato di fare da secondo pilota già prima, se è questo che vuoi sapere >> disse.

 

Irina provò uno strano senso di sollievo, a quella notizia. In effetti, guidare per tremila chilometri da sola, in mezzo al ghiaccio e alla neve, anche se a bordo della sua Punto, le metteva un po’ di ansia.

 

<< Cosa ha fatto alla gola? >> chiese lei, cambiando argomento per evitare di innervosirlo ancora di più, << Aveva un’enorme cicatrice >>. Oltre che una voce che faceva venire i brividi.

 

<< Hanno tentato di tagliargli la gola, purtroppo con scarso successo… >> commentò Dimitri, abbassando la testa come per fissare il pavimento.

 

Irina si abbassò appena per cercare di guardarlo in volto.

 

<< Sei stato tu? >>.

 

<< No… E’ stato Emilian ad avere quell’onore >>. Dimitri puntò lo sguardo su di lei, e per un momento si ritrovarono faccia a faccia, a guardarsi negli occhi.

 

Irina si raddrizzò, perplessa, e rimase in silenzio. Voleva chiedergli perché Vladimir lo avesse definito un assassino, ma c’erano due cose a frenarla: la prima era che sicuramente si sarebbe offeso; la seconda era che temeva di conoscere la risposta.

 

<< Pensi che parteciperà anche Vladimir, alla Mosca-Cherepova? >>.

 

<< Non lo so, ma sicuramente si farà vedere >> rispose Dimitri, << Mi vuole incontrare, quindi seguirà i miei movimenti… >>.

 

<< Ma i Referenti lo lascerebbero partecipare? >>.

 

<< Sì, se lui in cambio accettasse la tregua. Potrebbe farlo e poi tirarsi indietro… >>.

 

Irina abbassò lo sguardo sul tappeto per un momento.

 

<< E se ce lo troviamo davanti? >>.

 

<< Perché non mi stai chiedendo come mai mi ha definito “assassino”? >> ribatté Dimitri, secco.

 

Irina gli rivolse un’occhiata, stupita per la sua uscita. Anche se era una sua abitudine ribattere a una domanda con un'altra domanda.

 

<< Perché so che non mi risponderai >> disse lei, cauta, << So che non mi dirai nulla, perché riguarda il tuo passato… O mi sto sbagliando? >>. Sorrise per fargli capire che non se la sarebbe presa, e non doveva farlo nemmeno lui.

 

<< No, non ti stai sbagliando… >> mormorò il russo, abbassando la testa, come per mascherare la sua espressione.

 

C’era qualcosa di strano in Dimitri, in quel momento. Era come se volesse aggiungere qualcosa, cose se per la prima volta volesse parlare, ma fosse indeciso.

 

<< Domani telefonerò a Nikodim per dirgli come è andata la missione >> disse alla fine.

 

<< Ok, ma… Non sono riuscita a convincere Vladimir >> obiettò Irina, << Ci lascerà partecipare lo stesso? >>.

 

Dimitri si alzò. << Sì, altrimenti dovrà vedersela con me… E sa bene con chi ha a che fare >>. Le augurò buonanotte e sparì in camera sua, lasciandola sola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 09.00 – Londra, Aeroporto di Heathrow

 

William abbassò il giornale che aveva acquistato all’edicola dell’aeroporto, una smorfia sul volto camuffato: i baffetti finti gli davano fastidio, e ogni volta che parlava gli solleticavano le labbra. Dietro le lenti degli occhiali da sole i suoi occhi cercarono Daniel, intento a sorseggiare il suo caffè nel bicchiere di plastica, seduto della hall dell’aeroporto.

 

<< Di questo ne parlano, però >> disse, gettandogli il giornale.

 

Aveva appena letto un articolo che raccontava della strage di narcos avvenuta nel giro di un giorno nei pressi di Città del Messico, a opera di uno sconosciuto che sembrava essere venuto per saldare qualche conto in sospeso. I media avevano occupato molto spazio parlando di quella strana vicenda e domandandosi chi fosse l’autore, ma non avevano menzionato nemmeno una volta la sua fuga rocambolesca e un eventuale collegamento.

 

<< Credi che l’F.B.I. stia cercando di insabbiare la storia? >> domandò Daniel, la pelle del viso resa più scura dal trucco che si era messo per assomigliare a un messicano.

 

<< Di sicuro non vogliono far sapere che sono fuggito >> commentò William, strusciando la mano sui pantaloni del vestito che indossava, << E non so a che gioco stanno giocando… >>.

 

Il suo pensiero corse a poche ora prima, quando aveva appreso che Dimitri era fuggito dal carcere. Lo aveva saputo mentre faceva qualche ricerca per sapere in quale prigione era detenuto, e in un piccolissimo articolo di stampa aveva trovato la notizia della sua fuga. Una cosa poco pubblicizzata, come se anche in quel caso si volesse nascondere la cosa. Dov’era andato e come aveva fatto di preciso non era indicato, ma era chiaro che Dimitri era riuscito a fuggire prima di lui, come se si aspettasse che scappasse anche lo Scorpione, e si fosse andato a nascondere prima di essere trovato.

 

Non capiva perché l’F.B.I. volesse far passare tutto sotto silenzio: sia lui che Goryalef erano soggetti estremamente pericolosi, pronti a qualsiasi cosa per rimanere in libertà. Non aveva senso non mettere in allarme le autorità e la gente comune, che nel ritrovarseli davanti potevano avere brutte sorprese. Lo facevano forse per evitare far sapere che avevano fallito, che non erano stati in grado di tenere d’occhio due detenuti in cella di massima sicurezza?

 

<< Andiamo… >> borbottò, recuperando la valigetta ventiquattro ore che fungeva da suo bagaglio.

 

Si sentiva strano, nei panni di un rispettabile agente d’affari, in completo giacca e cravatta blu, seguito dal suo assistente di origini indefinite, interpretato da Daniel. Il travestimento, però, per quanto fastidioso, aveva funzionato, ed erano riusciti a eludere i controlli della polizia all’aeroporto, con tanto di ottimi documenti falsi. Avevano messo piede in Gran Bretagna senza nessun intoppo, anche se all’imbarco a Città del Messico uno sbirro lo aveva guardato decisamente molto a lungo; alla fine però non si era accorto del travestimento e li aveva lasciati passare.

 

Uscirono in strada, passando perfettamente inosservati in mezzo alla gente che andava e veniva, con le valige che strisciavano sull’asfalto umido di Londra, e chiamarono un taxi, uno di quei vecchi veicoli scuri dall’aria lenta e datata. Nell’aria c’era odore di smog e di pioggia, e il cielo sulle loro teste era plumbeo.

 

<< Ci porti a Bayswater road >> ordinò William secco, all’autista che li guardava dallo specchietto dell’autovettura in vecchio stile.

 

Mentre percorrevano le affollatissime strade di Londra, con autobus a due piani che sbarravano la visuale e gente che camminava dappertutto, imbacuccata in cappotti scuri, William continuava a pensare alle ultime ore della sua rinnovata vita da libero.

 

Fuggiva dal carcere senza che nessuno dicesse niente, senza che la polizia allarmasse tutte le sue unità e si mettesse alla sua ricerca… Poi veniva a sapere che Irina non c’era, che era partita per Parigi lasciando il suo adorato Went a Los Angeles, da solo… La Punto si faceva di nuovo vedere per strada, quando erano due anni che molto probabilmente stava chiusa nel suo garage… E infine, anche Dimitri era fuggito senza che nessuno o quasi ne avesse notizia.

 

C’erano troppe cose strane, per i suoi gusti. Troppe cose che non avevano senso…

 

Rifugiarsi a Londra per qualche tempo era l’unica alternativa che aveva, se voleva far calmare le acque e monitorare da lontano la situazione. Anche se la polizia non aveva diramato l’allerta, era sicuro che gli sbirri gli avrebbero dato la caccia, e nascondersi per un po’ la cosa migliore da fare. Oltretutto, ora era in Europa, e se Irina stava davvero a Parigi, aveva ampie possibilità di trovarla…

 

Già, quando l’avesse trovata? Cosa avrebbe fatto?

 

Forse l’avrebbe uccisa; forse avrebbe giocato un po’ con lei e poi le avrebbe fatto provare l’angoscia di sapere che il suo agente dell’F.B.I. stava per morire per mano sua, questa volta per davvero… Le possibilità che aveva erano davvero molte, e forse solo nell’esatto istante in cui se la sarebbe ritrovata davanti, avrebbe deciso.

 

<< Chi è il tuo amico? >> domandò Daniel, guardando fuori dal finestrino, mentre qualche goccia di pioggia iniziava a cadere.

 

<< Richard, il Lord >> rispose William, ricordando la faccia anonima dell’inglese che amava le Aston Martin, << Un vecchio amico che non mancava mai ai miei raduni a Las Vegas >>.

 

Fece attenzione che l’autista non gli prestasse molta attenzione, e si sistemò i baffetti finti. Richard lo avrebbe sicuramente accolto e nascosto nella sua grande villa, in cui i poliziotti non mettevano mai piede, e gli avrebbe fornito quello di cui aveva bisogno.

 

<< E’ un tipo affidabile? >> chiese Daniel.

 

<< E’ un inglese >> rispose William.

 

Il taxi si fermò davanti a una villa in stile medioevale, contornata da un alto cancello in ferro battuto nero e da un prato perfettamente curato nonostante la stagione fredda. Le luci sotto il porticato erano accese, come quelli ai primi piani. Un venticello freddo spazzava gli alberi del vialetto.

 

William pagò il tassista con i soldi che erano contenuti all’interno della valigetta, e lui e Daniel scesero. Rimasero a guardare per qualche istante la villa, poi lo Scorpione si strappò i baffetti finti, si tolse gli occhiali e si scompigliò i capelli, e mise tutto dentro la valigetta per non lasciare tracce in giro. Sapeva di essere ancora poco riconoscibile, perché aveva tinto i capelli di una tonalità diversa, e che la cicatrice sul sopracciglio era stata coperta alla perfezione con delle ciglia finte, ma a quello ci avrebbe pensato più tardi, in bagno. Doveva solo accertarsi che Richard lo riconoscesse.

 

Suonò il citofono, illuminato di blu, e attese.

 

<< Chi è? >> domandò una voce dall’altra parte.

 

<< Devo vedere il signor Richard >> rispose William, con un ghigno alla parola “signore”.

 

<< Chi devo annunciare? >>.

 

<< William Challagher >>.

 

Il maggiordomo tacque, ma si sentì il rumore del citofono che veniva chiuso. Dopo poco il cancello venne aperto, e William e Daniel entrarono dentro, raggiungendo velocemente la porta di ingresso aperta.

 

Quando misero piede nel salone d’ingresso, si ritrovarono in una stanza lunga e riccamente arredata, con un tappeto che copriva il pavimento e numerose lampade a rischiarare l’atmosfera. Il maggiordomo che doveva avergli aperto il cancello, vestito in un perfetto frac, stava in piedi, impettito, lo sguardo sprezzante posato su di loro. Nello stesso momento caracollò giù dalle scale Richard, ancora in vestaglia, l’espressione impaurita.

 

<< Ma tu non dovevi essere in carcere?! >> gridò.

 

<< Sono scappato… >> rispose William, sorridendo.

 

Richard, il classico volto da inglese, anonimo e dai capelli color topo, lo fissò senza sapere cosa dire. Rimase in piedi a guardarlo, il maggiordomo perfettamente fermo al suo fianco, spettatore silenzioso della scena. Il Lord cambiò lentamente espressione, passando dallo stupito al nervoso e infine al preoccupato, come se il suo cervello lavorasse a mille e lui non riuscisse a starci dietro.

 

<< Non puoi rimanere qui >> disse alla fine.

 

Il sorriso morì sulle labbra di William veloce come veloci erano stati i pensieri di Richard. Sentì montare l’irritazione, trovandosi davanti la stessa situazione che aveva dovuto affrontare con i messicani, cosa a cui aveva pensato ma che sperava di non dover ripetere. Aveva fatto tutto quel viaggio per ritrovarsi punto e a capo? No, non si ricordavano più con chi avevano a che fare…

 

<< Invece rimarrò finché sarà necessario >> ribatté, furioso.

 

<< La polizia verrà a cercarti! >> sbottò Richard, afferrandosi la vestaglia, << Se piombano qui gli sbirri, ci arrestano tutti e due, lo sai. L’F.B.I. sarà già sulle tue tracce… >>.

 

William si avvicinò puntando il dito contro l’inglese, con rabbia.

 

<< Hai qualche vecchio favore da contraccambiare, ti ricordo >> ringhiò, << Ho bisogno di un posto sicuro per un po’ di tempo, dove decidere cosa fare e pensare a un piano, e tu sai meglio di me che a casa tua gli sbirri non si faranno vedere… Tuo fratello non è ancora il capo del distretto, o sbaglio? >>.

 

Richard deglutì. << Questo non centra… Potrebbero comunque ricevere un mandato di perquisizione da parte dell’F.B.I…. >> esalò, << In quel caso, non può impedire che vengano qui >>.

 

<< Non succederà >> ribatté William, << Almeno non adesso. Non credo che sospettino che sia già riuscito a lasciare gli Stati Uniti… E comunque sembra che non siano particolarmente interessati a catturarmi di nuovo: come vedo nemmeno tu sapevi della mia fuga >>.

 

Richard lo guardò dubbioso.

 

<< Cosa stai dicendo? >> domandò.

 

William si allontanò. << Dopo ti spiego >> disse, << Dov’è la mia stanza? Ho bisogno di una doccia… >>.

 

Il maggiordomo guardò Richard, aspettando ordini. L’inglese rivolse un cenno verso Daniel, alle sue spalle.

 

<< Lui chi è? >>.

 

<< Il mio nuovo braccio destro >> rispose William, secco.

 

Richard rimase in silenzio per qualche momento, come se stesse pensando a quali guai lo avrebbe portato quella situazione. Poi sospirò e disse: << Dagli le solite stanze >>.

 

Il maggiordomo annuì rigidamente, e William lo seguì di sopra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.30 – San Pietroburgo

 

<< Mi dispiace che tu debba andartene… >> commentò Nina, lo sguardo languido puntato su Xander seduto di fronte a lei, il drink stretto tra le mani con le dita smaltate di rosso, << E’ solo per qualche giorno, vero? >> aggiunse, sbattendo le ciglia lunghe come quelle di un cerbiatto.

 

Xander sorrise di fronte all’espressione della ragazza, chiedendosi se fosse una brava attrice o se fosse veramente dispiaciuta. La gente lì intorno sembrava pensare lo stesso, come se si chiedesse chi fosse quel tizio che si era meritato l’attenzione di Nina. Si trovavano in un vecchio bar dall’aria anonima, ma che lei diceva essere assolutamente tranquillo e sicuro. Dalle facce che lo popolavano però non lo avrebbe mai detto.

 

<< Sì, vado via un paio di giorni per sbrigare un paio di affari, e vedere se trovo un’altra auto… >> rispose, guardando il piano del tavolo pieno di righe ma tirato a lucido, << Tornerò per il fine settimana, in tempo per le vostre gare >>. Ghignò.

 

In realtà, la sua destinazione sarebbe stata Mosca: aveva chiesto e ottenuto il permesso da McDonall di raggiungere Irina per qualche giorno, per vedere com’era la situazione dalle sue parti ma soprattutto per passare del tempo con lei. Nel frattempo si sarebbe informato se Boris o qualcuno dei russi avesse sentito parlare di lui o fossero al corrente che si trovava in Russia, oltre che eventualmente adeguare i suoi piani con l’andamento della missione di Irina.

 

<< D’accordo… >> fece Nina, tutta zucchero, gli occhi azzurro ghiaccio che lo percorsero come se lo volessero radiografare, << Mi mancherà la tua compagnia, sai? >>.

 

Xander scosse il capo, sconcertato. Si erano visti sì e no un paio di volte in quei giorni, e sempre durante una gara o in un locale circondati da gente del giro, senza che mai lui le desse l’impressione di nutrire un certo interesse nei suoi confronti, e senza nemmeno che le desse la possibilità di metterlo in situazioni “scomode”… Per il momento preferiva tenersi a una certa distanza, anche se sapeva che avrebbe potuto sfruttare il debole che quella Nina sembrava avere nei suoi confronti, sempre che fosse reale. Un paio di volte l’aveva vista accettare la “corte” sfrontata di alcuni russi pieni di soldi con aria soddisfatta, quando credeva che lui non fosse nei paraggi. Appena lo vedeva, liquidava chiunque e lo raggiungeva, rivolgendogli occhiate piuttosto eloquenti.

 

Alla fine era giunto alla conclusione che quella ragazza fosse una furba: lo sapeva di essere bellissima, e non si faceva problemi a sfruttare la sua avvenenza, quasi volesse collezionare gli uomini come molto probabilmente collezionava i rossetti. L’unico problema era che non era riuscito a capire se Nina sospettasse anche qualcosa su di lui, e stesse cercando di fregarlo.

 

<< Come mai? C’è un sacco di gente che è disposta a farti compagnia… >> disse lui, incrociando le braccia, un mezzo sorriso sul volto. << Tipo quei russi dell’altra sera >>.

 

Nina ammiccò, mostrando il suo sorriso perfetto, come a dire: “Allora li hai visti, eh?”.

 

<< Oh, ma sono tutti così… Normali >> rispose, << E tu sei così diffidente e misterioso… Hai un’aria molto sexy, carino. Loro di interessante hanno solo i soldi >>.

 

Xander non riuscì a non sorridere di fronte alla sfacciataggine di quella ragazza: da quand’è che non né incontrava una così?

 

“Da quando mi piaceva divertirmi…”.

 

Quando giocare era la parola d’ordine…

 

Gli occhi di Nina non si staccavano da lui, e suo malgrado ne rimase colpito: erano di un azzurro così intenso, così chiaro da ricordargli quelli di un lupo delle tundre gelate, sicuri, senza un velo di timidezza, quasi sfacciati nel loro modo di ammiccare. Il contrario di quelli di Irina, scuri, però caldi, dolci, gentili… Non erano stati come quelli di Nina nemmeno ai tempi di Fenice, quando dal suo sguardo traspariva una ostentata sicurezza, ma anche un immenso dolore; quando comunicavano sfida, ma chiedevano anche aiuto… Quando anche i suoi erano in grado di risvegliare i bollenti spiriti a molti.

 

<< Perché mi hai chiesto di vederci? >> chiese Xander, forse per cambiare argomento, o forse per evitare di indugiare ancora su quegli occhi che iniziavano a turbarlo.

 

Nina sorrise. << Sono riuscita a fare in modo di farti partecipare alla Mosca-Cherepova >> rispose lei, contenta, << Sai cos’è, immagino >>. Percorse una venatura del tavolo con l’unghia.

 

Xander annuì.

 

<< Come ci sei riuscita? >> domandò, colpito. Era ancora presto per valutare una sua partecipazione, soprattutto data la lentezza con cui procedeva la missione.

 

<< Ho fatto pressione su mio padre >> rispose lei, divertita, << Non rifiuta mai niente, alla sua bambina… >>. Gli rivolse un’altra occhiata delle sue.

 

<< Ok, ma… >>.

 

In quel momento a Xander venne in mente una cosa: sicuramente a quella gara ci sarebbe stato Boris, e lui non poteva farsi vedere… Ma non poteva nemmeno rifiutare senza insospettire Nina.

 

<< Cosa c’è? >> chiese lei.

 

<< Niente… >>.

 

Cavolo, doveva trovare un soluzione. Non poteva rifiutare quell’opportunità, perché aveva il presentimento che non gli sarebbe capitata di nuovo. Per risolvere il problema di Boris aveva bisogno dell’appoggio di qualcuno, che lo sostituisse nel caso avesse dovuto prendere parte a qualche incontro dove ci fosse stato anche il russo…

 

<< Hai un compagno? >> domandò Nina, distogliendolo dai suoi pensieri.

 

Colto alla sprovvista, Xander rispose: << Ehm, no, per il momento no… >>.

 

Nina sorrise. << Allora posso farti da co-pilota, che ne dici? >>.

 

“Cazzo! Mi sono messo nei guai da solo!”.

 

<< Ehm… Non so se è una buona idea >> commentò Xander, evasivo, << E’ molto pericoloso, e non ti ho mai vista guidare… >>. Quello era vero, non sapeva se fosse in grado di sostenere un gara, e solo il fatto che avesse una Audi TT non era certo una garanzia.

 

<< Oh, ma sono brava, se voglio >> disse lei, guardandolo, << Dicono che sono dotata, al volante. E non solo in quello >> Sorrise. << Ma secondo me il tuo problema è un altro… Hai forse paura che la tua fidanzatina sia gelosa di me? >>.

 

Xander le scoccò un’occhiata, chiedendosi se stesse bluffando e se sapesse davvero che aveva una ragazza… Doveva essere stato il ciondolo, a tradirlo di nuovo.

 

<< Non devo dare conto a nessuno, su quello che voglio fare >> ribatté, vagamente seccato.

 

<< Allora non c’è nessun problema, no? >> fece Nina, alzandosi e raccogliendo la sua pelliccia bianca, << Avermi in macchina ti sarà di aiuto… Ti sarai accorto che sono piuttosto influente da queste parti… Potresti vincere molto più facilmente >>. Raccolse la borsetta e chiuse i bottoni della pelliccia, sorridendo. << Chiamami, quando torni. E fammi sapere come è andata con la tua ragazza >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – Mosca, Casa di Dimitri

 

Il fatto che Xander sarebbe arrivato lì, per trascorrere qualche giorno dalle loro parti, rese Irina leggermente nervosa. Non era il fatto che era la prima volta che si vedevano da quando erano partiti, perché le mancava molto ed era contenta di incontrarlo, ma era tutto ciò che la circondava a farle temere quell’incontro. Sicuramente, una volta arrivato, Xander si sarebbe accertato del posto in cui stava, della gente che la attorniava e delle possibilità che aveva di portare a termine la missione. Ma soprattutto, avrebbe avuto modo di vedere come Dimitri si muoveva nel suo ambiente, e di sicuro non gli sarebbe andato a genio.

 

Sapeva che Xander ricordava bene che anche grazie al Mastino lei era ancora viva, e che per quello aveva fatto in modo che scontasse qualche anno di carcere in meno, ma sapeva anche che lui aveva considerato la faccenda chiusa due anni fa, e che non aveva calcolato che si vedessero di nuovo. Doveva aver sempre pensato di aver chiuso in conti in quel modo. Per quanto gli fosse grato della sua collaborazione, per lui era inconcepibile che Irina convivesse con il russo che per poco non lo aveva fatto fuori e che era stato il braccio destro di Challagher, anche se era stato lui stesso a proporlo come suo compagno. Molto probabilmente si era già pentito, e sarebbe arrivato pronto a trovare una scusa per rimandarlo dietro le sbarre, e magari spedire a casa anche lei.

 

Irina lo conosceva troppo bene per sperare che la sua visita fosse indolore: doveva dire addio a quel minimo di pace che era nata tra lei e Dimitri, e che si era guadagnata con molta pazienza. Xander avrebbe sicuramente cercato di mettere il naso nel passato di Dimitri, e lui non lo avrebbe tollerato; quando sarebbe venuto al corrente che il Mastino faceva anche il pugile nel tempo libero, sicuramente si sarebbe infuriato, con tutte le conseguenze che quello comportava.

 

Sospirò, mentre stava seduta sul divano del soggiorno, da sola, a pensare come fare per rendere meno traumatica quella visita… Pensò che era assurdo trovarsi in quella situazione: al posto di essere in estasi per l’arrivo di Xander, era nervosa e preoccupata. Non era così che doveva andare, ma comprese cosa significava fare quel genere di lavoro e avere l’agente Alexander Went come fidanzato. E capì che se mai nella sua vita avesse voluto fare l’agente dell’F.B.I., le loro esistenze avrebbero potuto risultare incompatibili, per certi versi…

 

<< Dove dormirà Went? >>.

 

Irina si riscosse e guardò Dimitri, che stava scendendo dalle scale che portavano in mansarda. Aveva un’aria abbastanza assassina, segno che la visita non gli era particolarmente gradita, visto anche lo scarso preavviso con cui era arrivata.

 

<< Non lo so, ma credo che abbia affittato una stanza in qualche albergo… >> rispose lei, incerta, << Perché ti interessa saperlo? >>.

 

Dimitri accese lo stereo, cosa che faceva spesso. Sembrava odiare il silenzio di quella casa, certe volte.

 

<< L’appartamento di sotto è libero >> rispose, aprendo un paio di custodie di cd, senza guardarla, << Può anche andare lì, se vuole… >>.

 

Spiazzata, Irina guardò le spalle di Dimitri, cogliendo il significato di quella affermazione. Avrebbe permesso a Xander di occupare uno dei suoi appartamenti, in modo che lei non si dovesse spostare per stare con lui… Sorrise.

 

<< Ti ringrazio, ma non credo che Xander voglia fermarsi qui… >> disse, imbarazzata.

 

<< Non è l’unico a pensare in questo modo… >> ribatté Dimitri, infilando un cd nel lettore con aria distaccata.

 

Irina annuì, in modo automatico, senza rendersi conto di avergli appena dato ragione. Ormai tra loro era nata una sorta di empatia, per la quale iniziava a capirlo, e a cui le dispiaceva rinunciare… Sperava che non dovesse ricominciare da zero.

 

Sobbalzò, quando il suo cellulare squillò all’improvviso, lo schermo illuminato. Lo afferrò rapida, per scoprire con piacere che era Xander.

 

“Sono qui sotto…”.

 

Il cuore di Irina iniziò a battere forte, di felicità e di impazienza. Saltò in piedi e raggiunse la finestra, scostando la tenda: una Porsche Cayman blu, ammaccata e rigata, era ferma vicino al marciapiede, con Xander che guardava in alto, verso la palazzina. Gli fece un saluto con la mano, sorridente, poi si girò.

 

<< E’ arrivato… >> disse, anche se sapeva che Dimitri non condivideva la sua felicità.

 

Lui la guardò, con aria sofferente. << Fallo parcheggiare in garage… E’ meglio che nessuno lo veda da queste parti >>.

 

Irina recuperò le chiavi e si lanciò di sotto, alla velocità della luce. In un attimo, era scesa in strada, affrontando il gelo di Mosca, ed era corsa verso Xander, trattenendosi dal gridare. Gli saltò addosso stampandogli un bacio in bocca senza troppo pudore, abbracciandolo.

 

<< Quanto mi mancavano le tue accoglienze… >> mormorò Xander, tenendola stretta, la fronte incollata alla sua, mostrando il suo ghigno da lupo. Aveva gli occhi color oceano che brillavano.

 

<< Quanto mi mancavi tu >> ribatté Irina, << Come stai? >>.

 

<< Io bene, tu? >>.

 

<< Stupendamente… >>.

 

Xander la catturò in un altro bacio in grado di farle smettere di sentire l’aria gelida intorno a loro, poi fece un cenno verso l’alto, in direzione degli appartamenti illuminati.

 

<< E’ qui che state? >>.

 

Irina annuì. << Vieni, devi lasciare l’auto di sotto. Dimitri non vuole che ti vedano qui >>.

 

Notò la smorfia di Xander al nome del russo, ma la ignorò per gettare un’occhiata alla Porsche: non era tanto messa bene, perché il paraurti davanti sembrava essere stato messo a posto con un po’ di nastro adesivo ed era tutto scrostato; i fari dovevano essere stati sostituiti, perché erano integri, anche se avevano l’aria di essere di seconda mano; e le fiancate erano incavate, come se avesse ricevuto delle sportellate.

 

<< Xander, ma che hai fatto? >> domandò Irina, preoccupata, indicando l’auto, << Sembra uscita da uno sfascia carrozze… >>.

 

Xander si rabbuiò.

 

<< Ho fatto una gara piuttosto movimentata, e questo è il risultato >> rispose.

 

<< Ma non potevi fartela mettere a posto? >> chiese lei, << Demidoff ti ha avrà fornito un supporto… Che so, un meccanico >>.

 

Xander la guardò con un sopracciglio inarcato.

 

<< Prima di questo mi avevano dato una Scirocco >> disse, innervosito, << Per avere la Porsche ho dovuto discutere con Sokòlova per mezz’ora… Quando mi sono presentato per farla riparare, mi hanno detto che avrei dovuto aspettare per avere i pezzi, e le hanno dato un’aggiustata un po’ così… >>. Sembrava profondamente stizzito dalla cosa. << In realtà credo che l’abbiano fatto solo per vendicarsi del fatto che ho voluto un’altra auto… >>.

 

Irina non riuscì a reprimere un sorriso, cogliendo la situazione.

 

<< Quanto sei viziato… >> mormorò.

 

Xander la catturò un’altra volta, trascinandola verso di sé.

 

<< Non ti ci mettere anche tu, altrimenti te la faccio pagare… >> sussurrò, il suo fiato caldo che le solleticava le labbra.

 

<< Ok. Porta l’auto dentro, allora >> fece lei, sorridendo.

 

Irina si staccò, gli aprì la porta del garage e lo seguì a piedi fin sotto, sentendo il paraurti della Cayman scricchiolare mentre scendeva la rampa. Lo guardò uscire dalla macchina ed esaminare il sotterraneo con aria critica.

 

<< E tutte queste auto dove le ha prese? >> domandò, guardando la Ferrari California bianca che faceva sfigurare la sua Porsche semidistrutta.

 

<< Non me lo chiedere >> rispose Irina, << So solo che quella l’ha comprata, le altre le avrà vinte… >>. Si strinse nelle spalle: lezione numero uno: mai fare troppe domande a Dimitri.

 

Xander guardò la California, come se pensasse qualcosa, poi la seguì in ascensore fino all’ultimo piano.

 

<< Si trattano bene, qui… >> commentò.

 

<< Dimitri mi ha detto che tutto il palazzo appartiene alla sua famiglia, ma che non ci viene quasi mai nessuno >> spiegò Irina, << Ci vivono solo sua sorella con la figlia e il marito… Gli altri sembra stiano da altre parti >>.

 

Quando arrivarono sul pianerottolo, trovarono la porta socchiusa, segno che Dimitri gli aveva evitato lo sforzo di suonare. Entrarono, con Xander che si guardava intorno e studiava tutto con estremo interesse e un solco sulla fronte in mezzo alle sopracciglia.

 

<< Con tutto il palazzo libero, era proprio necessario che tu stessi nel suo stesso appartamento? >> domandò Xander, vagamente innervosito.

 

<< Questo è il suo, gli altri appartengono al resto della sua famiglia >> rispose Irina, con un sorriso, << Ma comunque non preoccuparti, è stato più bravo di quanto potessimo immaginare >>. Si concesse il commento perché Dimitri sembrava essere di sopra.

 

<< Certo, come no… >> borbottò Xander, << Dov’è, adesso? >>.

 

<< “Bravo” è un termine sbagliato >> disse Dimitri, scendendo dalla scala della mansarda, << Io direi piuttosto “paziente” >>.

 

I suoi occhi grigi dardeggiarono verso Irina, segno che il commento gli aveva dato fastidio, poi tornarono a posarsi su Xander, forse con l’intenzione di congelarlo all’istante.

 

<< Buona sera, agente Went >> disse in tono sprezzante.

 

<< Ciao Dimitri >> ribatté Xander, rigido.

 

Si guardarono in cagnesco per qualche istante, prima che Irina decidesse di intervenire e allentare la tensione.

 

<< Ehm… Come procede dalle tue parti, Xander? >> domandò, facendolo sedere sul divano.

 

Lui la guardò. << C’è di peggio… >> rispose con una scrollata di spalle, << Ma forse comincio a ingranare… Sembra sia simpatico a qualcuno >>. Aggiunse evasivo. << E voi? >>.

 

Irina guardò per un momento Dimitri, prima di rispondere.

 

<< Bene. Se tutto va per il verso giusto parteciperemo alla Mosca-Cherepova, che ci consentirà di avvicinarci alla Lince… >>.

 

<< Parteciperemo? >> fece Xander, un sopracciglio inarcato.

 

Irina non capì. << Sì… Io e Dimitri >>.

 

Xander assunse una strana espressione. << Fammi capire >> disse, << Gareggerete insieme, nella stessa macchina? >>.

 

Irina capì al volo che l’idea non gli andava a genio, e cercò di rispondere nel migliore dei modi, anche se non c’erano alternative, ormai.

 

<< Ehm… Sì >>.

 

La faccia di Xander non mutò, ma i suoi occhi si rabbuiarono.

 

<< Ne avete parlato con McDonall? >> domandò solo, rigido.

 

<< Il tuo capo è d’accordo, Went >> disse Dimitri, una nota di sfida nella voce, << Tu, piuttosto, ci sarai? >>.

 

Xander gli rivolse un’occhiataccia.

 

<< Potrò esserci, se voglio >> rispose, << Ma se ci sarà anche Boris, non potrò farmi vedere da lui… E potrebbe risultare impossibile >>.

 

<< Quindi ti hanno chiesto di partecipare? >> chiese Irina, interessata, << Allora significa che stai andando bene… >>.

 

<< Non sono più vicino alla Lince di quando sono arrivato >> ribatté Xander, vagamente stizzito, << Il mio contatto forse può aiutarmi, ma non ne sono pienamente sicuro… >>.

 

Irina lo scrutò: c’era qualcosa di strano nella sua espressione, quando parlava di quella persona, come se fosse turbato.

 

<< Come mai? >> domandò lei.

 

Xander scosse il capo. << Forse ha qualche secondo fine… >> rispose, evasivo.

 

“Non ne vuole parlare ora” pensò Irina, “Forse centra qualcosa Dimitri”.

 

Decise di rimandare a più tardi il discorso, quando sarebbero rimasti da soli.

 

<< Hai preso una stanza da qualche parte? >> chiese, attirando l’attenzione di Dimitri.

 

<< Sì… >> rispose Xander, e si alzò, << E credo di aver bisogno di riposarmi un po’, dopo il viaggio… Andiamo? >>. Guardò Irina.

 

Lei sorrise. << Ok >>. Recuperò velocemente la borsa che aveva preventivamente preparato e il giubbotto, e si avvicinò alla porta. Si voltò, guardando Dimitri che sembrava una statua di marmo, seduto sul divano. << Ci vediamo domani mattina… Buona notte >>. Chissà perché le faceva tristezza saperlo da solo.

 

Il russo fece una smorfia. << Buona notte a voi… >> ribatté, guardandoli andare via.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 7.00 – Mosca, Albergo

 

Irina sospirò, distesa a pancia in giù sul letto, il tepore delle coperte a cullarla in quello stato di veglia, la presenza di Xander alla sua destra a farla sentire come a casa. Si girò e si sporse per accendere la lampada sul comodino, cercando con lo sguardo i suoi abiti, buttati un po’ alla rinfusa per la stanza dell’albergo di lusso in cui soggiornavano.

 

Una volta arrivati in albergo non c’era stato tempo di mettersi a parlare di missioni, piani, russi o qualsiasi cosa che riguardasse la loro vita da agenti dell’F.B.I.. Tutti e due avevano bisogno di staccare per qualche ora, ritornare un attimo alla loro vita “normale” e ordinaria, e nel breve tragitto in auto l’unico argomento di cui avevano discusso era stato come stavano e cosa gli mancava di casa e di Los Angeles. Poi si erano concessi la solita routine di quando si rivedevano dopo tanto tempo.

 

Sbadigliò, chiedendosi come mai si fosse già svegliata: di solito il primo era Xander. Si voltò a guardarlo dormire, cosa che succedeva raramente, e si domandò come mai era vagamente teso, cosa di cui si era accorta.

 

Si andò a fare una doccia, e quando ritornò vestita in camera, Xander dormiva ancora. Ordinò la colazione e lo svegliò solo quando decise di porgergli una briosche che sarebbe stata sicuramente molto più buona ancora calda.

 

<< Come mai sei così mattiniera, oggi? >> domandò Xander.

 

Irina si strinse nelle spalle, sedendosi di fianco a lui.

 

<< Credo sia un po’ la tensione della vita in mezzo ai russi >> rispose.

 

Xander le accarezzò il collo, con aria affettuosa, e buttò giù tutto il suo caffè; poi andò a farsi una doccia anche lui.

 

Mentre Irina lo aspettava, seduta di fianco alla finestra, cercava di capire davvero a che punto fosse la sua missione: era riuscita a infiltrarsi tra i russi, a incontrare i Referenti e a ottenere il permesso di gareggiare nella Mosca-Cherepova. In più, aveva avuto un incontro ravvicinato con Vladimir Buinov, che sembrava essere il nemico numero uno di Dimitri, e che le aveva proposto di passare dalla sua parte. Chissà cosa ne avrebbe pensato Xander, di quella storia…

 

Poi c’era il passato di Dimitri, di cui non aveva praticamente scoperto nulla e di cui non era tenuta a occuparsi, ma che l’affascinava più della sua missione…

 

Jess sicuramente aveva già scoperto qualcosa, riguardo a Buinov. Pensò al suo computer, che aveva lasciato nascosto sotto il letto a casa di Dimitri, e si chiese se ci fosse qualche e-mail per lei. Nella borsa di Xander vide spuntare l’angolo del suo portatile, ed ebbe la tentazione di controllare da lì. Poi però ci ripensò.

 

Se voleva mantenere il segreto sulle sue ricerche, era meglio non controllare la sua posta elettronica dal computer di Xander: ne sarebbe rimasta traccia, e anche se lui non faceva l’hacker, non era certo stupido. Meglio non rischiare e attendere quando fosse tornata a casa.

 

“Cavolo, sto diventando davvero una spia…” pensò poco dopo, divertita.

 

Una volta che Xander uscì dal bagno, iniziarono i resoconti delle loro missioni, e fu lui il primo a raccontare per sommi capi come procedeva: era chiaro che andava molto più a rilento di lei. Solo quando menzionò una certa Nina, che a quanto pareva guidava una Audi TT bianca, sembrò voler liquidare la cosa in fretta. Irina ci fece caso, ma dall’aria poco in colpa che aveva Xander capì che non c’era niente da preoccuparsi: non era una tipa gelosa, e si fidava di lui.

 

Quando fu lei a raccontare cosa era successo in quel mese, Xander ascoltò tutto con estrema attenzione, anche se alla notizia della sua ultima missione, quando si era trovata faccia a faccia con Vladimir, una vena sulla sua tempia pulsò un po’ più del normale. Irina evitò di dirgli che sembrava avere una questione in sospeso con Dimitri, visto che non doveva saperne niente.

 

<< Mi stai dicendo che ti hanno mandata laggiù da sola? >> chiese Xander, << E McDonall era anche d’accordo? >>.

 

Irina sbuffò. << Sì, McDonall lo sapeva >> rispose, << E poi non ero proprio da sola. Dimitri mi seguiva via radio, e mi ha suggerito cosa fare… >>.

 

Xander fece una smorfia.

 

<< Già, perché lui è affidabile… >> borbottò, stizzito, << Certo che anche tu, hai accettato senza calcolare i rischi… >>.

 

Irina si irritò leggermente, gettandogli un’occhiata.

 

<< Cosa avrei dovuto fare? Dire “no, scusate, troppo pericoloso, non me la sento”? >> chiese, mantenendo il tono controllato. Poi aggiunse: << E non prendertela con Dimitri: si sta comportando bene, nei miei confronti >>.

 

La faccia di Xander cambiò totalmente espressione, e Irina capì di aver detto qualcosa di troppo. Però non poteva negare di sentirsi nel giusto.

 

<< Da quand’è che difendi il migliore amico di Challagher? >> ringhiò lui.

 

Irina incrociò le braccia, decisa a non dargliela vita. In fondo, Dimitri non si era comportato male, con lei, a parte essere se stesso. Non poteva pretendere che fosse Xander, Max o Jess, gentile e simpatico, e lo aveva capito.

 

<< Da quando siamo qui non mi ha mai fatto niente >> rispose, << Non mi ha mai toccata, se è questa la tua paura. Forse non è simpatico o cortese, ma non credo che stia facendo il doppio gioco con noi. E poi sei tu che lo hai mandato con me, ti ricordo >>.

 

<< Infatti me ne sono già pentito >> ribatté Xander, << Bisogna tenere gli occhi aperti, quando si ha che fare con persone come loro… >>.

 

Irina sbuffò. << Credi che non sappia tenere gli occhi aperti, come dici tu? Sto andando bene, McDonall è soddisfatto di come vanno avanti le cose… Parteciperò anche alla Mosca-Cherepova. E sono ancora viva e vegeta. Non ci avresti mai scommesso, immagino >>. Lo disse con una punta di tristezza mista a sarcasmo.

 

Xander però ignorò la sua ultima domanda.

 

<< Come mai ti fa da secondo pilota? >> chiese.

 

<< Si è offerto lui >> rispose Irina, << Io non gli ho chiesto nulla. Forse crede che abbiamo più possibilità di vincere, così >>.

 

Xander aveva una strana espressione, come se stesse pensando a qualcosa che lo tentava.

 

<< Parteciperò anche io, allora >> disse alla fine, << Tanto ho già il mio secondo pilota >>. La guardò, dicendo chiaramente che voleva che gli chiedesse chi fosse.

 

<< E sarebbe? >> fece Irina, neutra.

 

Xander sembrò trattenere un ghigno.

 

<< Nina, la tipa della TT >> rispose.

 

Irina lo fissò per un istante, ben sapendo che la sua faccia non lasciava trasparire nessuna emozione, ma che gli occhi la stavano tradendo. Forse non avrebbe voluto ammetterlo, ma era un filino preoccupata… Non sapeva chi fosse quella Nina, che genere di persona potesse mai essere, ma sapere che stava aiutando Xander e che gli avrebbe fatto da seconda nella Mosca-Cherepova la rendeva inquieta. Non è che la ragazza aveva messo gli occhi su di lui?

 

<< Ah >> fece alla fine, indecisa su cosa dire. Non sapeva se doveva arrabbiarsi, ridere oppure offendersi.

 

<< Si è offerta lei, io non gli ho chiesto niente >> aggiunse Xander, ma non lo stava dicendo per rassicurarla. Sembrava quasi farle il verso, ripetendo la sua frase di prima.

 

Irina sentì crescere l’irritazione, rendendosi conto che la stava prendendo in giro, ma si limitò a un mezzo sorriso. Non voleva litigare, ma non voleva nemmeno passare per la stupida della situazione.

 

<< Immagino che io non mi debba preoccupare, vero? >> disse, piccata, << Tanto tu sei libero di fare un po’ quello che ti pare… In compenso io non posso fare una semplice gara con Dimitri, persona che conosciamo entrambi… E di cui io mi fido >>.

 

<< E’ diverso >> sbottò Xander, come se quello spiegasse tutto.

 

<< No, non è diverso >> ribatté Irina, << Io e te dovremmo essere sullo stesso piano, non credi? Non dovremmo giudicarci a vicenda per quello che stiamo facendo, visto che siamo agenti dell’F.B.I. che lavorano su due fronti diversi. McDonall non mi tratta come fai tu >>.

 

<< Perché, io come ti tratto? >> chiese Xander.

 

Irina si voltò, esasperata.

 

<< Non lo so… Certe volte mi tratti come se fossi una ritardata, una bambina >> rispose, << Sembra quasi che io non sia in grado di prendere una decisione da sola, che non sappia valutare i rischi di ciò che faccio >>.

 

<< Non è così >> ribatté Xander, << Lo so che non sei stupida, ma in questa situazione hai dei precedenti che non ti rendono pienamente affidabile >>.

 

<< Guarda che i pericoli li so riconoscere, Xander >> disse Irina, << So valutare i rischi, forse anche più di te, che fai sempre la parte dell’incosciente. Ci sono situazioni in cui uno li deve evitare, altre in cui bisogna affrontarli. La nostra missione è una di queste, non credi? >>.

 

<< Infatti io non volevo che ne prendessi parte >> rispose Xander.

 

Irina sbuffò. Capiva la sua preoccupazione nei suoi confronti, ma detestava il fatto che lui non volesse comprendere le sue ragioni e continuasse a trattarla come una incompetente.

 

<< Volevi tenermi sotto una campana di vetro per sempre? >> disse, << Fare in modo che dimenticassi tutto, che cancellassi il mio passato? Lo volevo anche io. Anche io volevo dimenticare Challagher e tutto quello che è successo, ma ci sono riuscita solo in parte. Lo devo a te, e di questo ti sarò per sempre grata. Ma non posso vivere aspettando sempre che qualcuno venga a salvarmi. E non posso nemmeno negare che correre mi piaccia ancora. Sto solo cercando di crescere, di affrontare quello che ho dentro facendo qualcosa di utile, e forse anche con un po’ di egoismo. E’ pericoloso, ma sto imparando a cavarmela da sola… Dovresti capirlo, questo >>.

 

Xander la guardò, gli occhi azzurri profondi in cerca di qualcosa sul suo viso. Si era sforzato di stare zitto, fino a quel momento.

 

<< No, non capisco Irina >> disse alla fine, stancamente, << Non capisco perché tu debba fare qualcosa di così avventato solo perché ti vuoi liberare del tuo passato… Credevo che il problema maggiore fosse superato, che stessi vivendo la vita normale che volevi. Non volevo certo isolarti dal mondo, ma mi ricordo quanta fatica abbiamo fatto per cancellare il dolore che ti teneva sveglia la notte… >>.

 

Irina scosse il capo. Xander non capiva, non capiva perché la sua preoccupazione principale era quella che non si facesse male, che non soffrisse, che non avesse di nuovo paura. La stessa che aveva avuto lei all’inizio, quando aveva dovuto decidere se accettare la proposta di McDonall o meno; ma quando la missione era cominciata, aveva capito che non poteva sperare che tutto andasse sempre bene, che non ci fosse mai nulla di cui avere paura… Faceva parte della vita stessa, non si poteva negare. E capiva perché Xander la pensava così, perché su quello erano di due opinioni contrastanti: venivano da due mondi diversi, mondi opposti che solo per caso si erano incontrati in loro due. E con dolore se ne era resa conto e ne era consapevole.

 

<< Xander… >> disse lei, a bassa voce, << Mi dispiace che tu non riesca a capire, ma io sono una pilota clandestina, e tu un agente dell’F.B.I., questa è la verità. Tu non hai un passato che può venirti a cercare, e se anche lo avessi non sarebbe sicuramente come il mio. Correvo perché mi piaceva farlo, gareggiavo perché ero brava a farlo… Tutto il resto è stata una conseguenza. Tutto il resto era in più. Tu fai questo lavoro perché hai uno scopo, perché farai del bene, e anche perché un po’ ti piace. Ma io, io ero una pilota clandestina, e non posso cancellarlo >>.

 

Xander la guardò.

 

<< Vuoi dire che se non ci fosse stato Challagher, avresti continuato? >> chiese.

 

Irina abbassò lo sguardo.

 

<< Forse, Xander… Ma in quel caso le cose sarebbero state molto diverse >> rispose.

 

Nella stanza piombò il silenzio, un silenzio strano per due come loro. C’era un muro a dividerli, in quel momento, a tenerli chiusi nei loro mondi che sembravano non volersi più incontrare.

 

Eppure Irina sapeva di aver appena detto la verità, che era davvero quello che sentiva. Era entrata nelle corse clandestine perché era stata obbligata, se lo era sempre detto, ma era certa che se non ci fosse stato Challagher, sicuramente ci sarebbe stato qualcun altro. Ci sarebbe comunque arrivata, alla fine, se lo sentiva. Amava le auto già prima di diventare Fenice, e il passo non era troppo lungo. Prima o poi, in strada ci sarebbe finita.

 

Ma quello non cambiava ciò che provava per Xander: se anche si fossero incontrati in circostanze diverse, si sarebbe comunque innamorata di lui. Molto probabilmente anche se lui avesse avuto il compito di arrestare proprio lei. E poteva anche dire di essere contenta di aver passato tutto ciò che aveva passato, visto che lo aveva portata a lui. Aveva accettato il fatto che partisse, andasse a rischiare la vita e poi tornasse, anche se era doloroso. Non gli aveva chiesto di smettere, perché sapeva che era come imporgli di non respirare. Lo aveva accettato, perché lui non poteva accettare per una volta ciò che stava facendo lei?

 

<< Non… Non hai avrei mai pensato che potessimo trovarci in una situazione del genere >> mormorò Xander, e sembrava triste. << Ma… Irina, io comincio a non riconoscerti più >>.

 

La ragazza si abbassò su di lui, cercando di apparire tranquilla, anche se quella frase l’aveva turbata.

 

<< Eppure è così che mi hai conosciuto, ricordi? >> disse a bassa voce, << E’ così che mi hai visto la prima volta. Non ero Irina, ero Fenice… Eppure ti sono piaciuta lo stesso, no? >>. Aggiunse scherzosamente.

 

Xander scosse il capo.

 

<< Irina… >> iniziò.

 

Lei gli prese il volto con le mani, costringendolo a guardarla.

 

<< Xander, tu vai in giro a catturare pirati della strada e criminali, e non ti ho mai detto di non farlo >> disse, << Eppure ti amo lo stesso, anche se a volte fai il presuntuoso e il viziato. Ti amo e continuerò a farlo qualunque siano le scelte che farai nella tua vita >>.

 

Xander sospirò. << Anche io ti amo Irina, ed è per questo che mi preoccupo in questo modo per te >> disse, << Cercherò di rassegnarmi, se è questo che vuoi >>.

 

Irina sorrise e lo catturò in un bacio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allors… Bé, notare che tra i nostri due eroi ultimamente le discussioni si fanno frequenti. Brutto segno? Forse… Che ne pensate, voi?

Per il resto, capitolo poco movimentato e di transizione, quindi non c’è molto da dire: William è a Londra, Nina sembra sempre più interessata a Xander. Sono poche le novità, mi rifarò con il prossimo.

 

Ringrazio annalisa70, marty89 e naturalmente Smemo92 per aver recensito e le invito a continuare a farlo! Un bacione a tutti voi!

 

 

 

 

  
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