Capitolo XVIII
Los Angeles
- Otto anni prima
<< E quello
chi sarebbe? >> chiede William, facendo un cenno con il capo verso il
ragazzo seduto al bancone del Gold
Bunny, il capo chino sulla sua vodka con ghiaccio. Sembra totalmente estraneo a
quello che gli accade intorno, comprese le due ragazze che lo stanno
adocchiando con aria famelica, e appare sordo anche alla musica.
<< Il russo
>> risponde Hanck, poco interessato, <<
Dimitri Goryalef. Uno piuttosto bravo >>.
William da poco
peso a ciò che ha appena detto Hanck: lo conosce
abbastanza da sapere che non è bravo nel valutare il potenziale dei piloti. Però ha sentito parlare di qualche gara di quel russo, in
giro nella sua zona da qualche settimana, e capisce che potrebbe fare al caso
suo: gli manca solo un membro per completare il suo progetto, la Black List, e ogni pilota con un
po’ di talento ha il diritto di essere preso in considerazione.
Appoggia il bicchiere
vuoto del suo drink sul tavolo e si fa strada in mezzo
alla gente, ricambiando qualche saluto da parte degli ormai abitudinari
frequentatori del suo locale. Raggiunge il ragazzo e prende
posto di fianco a lui, ordinando una birra.
<< Da dove
arrivi? >> domanda abbastanza forte da farsi sentire in mezzo al brusio,
guardando il barista che stappa la sua bottiglia.
Il russo finisce la
sua vodka prima di rispondere, come se non sapesse con chi avesse a che fare.
Poi gli rivolge un’occhiata, e William capisce all’istante che quello che ha
davanti è un perfetto elemento per la sua Black List.
Sguardo di ghiaccio, espressione dura e sicura di sé.
<< Da Mosca, Challagher. E tu da dove arrivi? >> risponde il
russo, la voce roca e strafottente.
William ghigna,
ignorando la sua domanda. << Girano strane storie, su di te >>
dice, ricordando qualche conversazione avuta con i suoi amici, << Dicono
che hai ucciso tante persone quante sono le cicatrici
porti… >>.
Dimitri rimane di
ghiaccio, insensibile al suo commento. << Se anche fosse così, non lo
verrei a dire a te >> ribatte.
<< Cosa sei venuto a fare qui? >> domanda lo Scorpione,
sorseggiando la sua birra, lo sguardo che solca disinteressato la gente che si
affolla nel locale.
<< Ero stufo
di guadagnare cicatrici >> risponde duro Dimitri.
William accetta il
tono vagamente stizzito del russo, perché sente che c’è qualcosa in lui che lo
rende diverso dagli altri piloti sbruffoni e sicuri di sé, perché è sicuro di trovarsi di fronte qualcuno che potrebbe rivelarsi
importante nella sua carriera di boss delle corse clandestine. Non lo conosce,
ma sa già che Dimitri non è uno che finge. E gli piace.
<< Vorrei che
gareggiassi con me >> dice, tranquillo, << Uno contro uno, per vedere
quanto sei forte… A patto che tu non sia di passaggio
>>.
Dimitri gli rivolge
un’occhiata. << Non sono di passaggio, Challagher.
Non posso esserlo >>.
William annuisce.
<< Accetti? >>.
<< Va bene
>>.
Lo Scorpione gli
stringe la mano, sentendo la sua presa salda e stranamente calda, in contrasto
con la sua aria gelida, e nella sua testa si forma già l’immagine di quella
gara che sicuramente avrebbe portato all’ultimo pilota della Black List. Gara al termine della quale era certo che avrebbe proposto
a Dimitri di diventare uno dei suoi piloti, di accettare di essere un membro
della Lista che lo avrebbe consacrato come lo Scorpione, il più forte pilota di
corse in circolazione. L’unica cosa che non sapeva, in quel momento, era che
posto il russo si sarebbe guadagnato.
Ore 01.00 – Mosca, Casa di Dimitri
Irina spense il
motore della Punto e scese dall’auto, il garage illuminato a giorno, silenzioso
e tranquillo come era adesso il suo cuore. Si guardò
intorno, e scoprì che Dimitri era fermo vicino alla Ferrari California, ad
aspettarla.
Lo raggiunse, senza
sapere bene che cosa dire: per la testa le frullavano troppe cose.
<< Siamo nei
guai, vero? >> chiese lei alla fine, pronta a una frase acida da parte
sua.
<< Di sicuro
lo siamo più di prima… >> commentò lui.
Si guardarono per
qualche momento, Irina a disagio. Per un attimo era entrata nel suo passato,
nella sua vita, e la cosa la faceva sentire strana, quasi un’intrusa. Come
minimo doveva essere furioso, ma non poteva nemmeno darle la
colpa: nessuno aveva immaginato che si ritrovasse davanti proprio Buinov.
<< Senti…
>> iniziò, anche se non aveva idea di cosa doveva dire.
<< E’ andata
come doveva andare >> ribatté Dimitri,
distaccato, << Non c’è niente da dire a riguardo. Provvederò
a comunicare a Nikodim e gli altri l’esito
della missione >>.
Si voltò per
andarsene, ma Irina lo afferrò per il braccio, senza pensare a quello che
poteva comportare.
<< Aspetta un
attimo… >>.
Dimitri si girò,
gli occhi di ghiaccio che la trafissero da parte a parte.
<< Aspetta un
attimo >> ripetè Irina, calma, << Non ti farò domande sul tuo passato, se è questo che temi. Volevo
solo chiederti cosa ne pensavi della missione… E ringraziarti >>.
Per un momento credette che Dimitri gli rifilasse un pugno, così lasciò il
suo braccio di colpo. Lui però si girò completamente, la squadrò e disse:
<< Saliamo >>.
Irina lo seguì fin
sopra, in silenzio, sperando di non averlo fatto arrabbiare davvero troppo,
questa volta. Solo quando furono seduti in soggiorno, sul divano di pelle,
Dimitri sembrò calmarsi. Sul tavolino era appoggiata una bottiglia di vodka,
mezza vuota, e due bicchieri. Li riempì fino all’orlo, poi gliene passò uno. Il
resto doveva averlo bevuto già lui prima.
<< Cosa ne
penso? >> disse alla fine il russo, << Penso che quel bastardo di Nikodim sapesse che c’era Vladimir, e che gli abbia fatto
il favore di mandare te. Penso che ci ha voluti infilare
in un bel casino, per ostacolarci ulteriormente. E penso che tu non debba
incontrare un’altra volta Vladimir, né tantomeno accettare la sua proposta
>>. La guardò, quasi minaccioso.
Irina cercò di
capire cosa intendesse con le sue parole, poi rinunciò e rigirò il suo
bicchiere di vodka.
<< Secondo te
perché mi ha chiesto di passare dalla sua parte? >> domandò. Non riusciva
a capire se fosse arrabbiato, offeso o preoccupato.
Dimitri fece una
smorfia. << Perché è molto furbo >> rispose, << Spera di
poterti usare contro di noi >>. La sua voce ebbe una strana inflessione
sull’ultima parola. << Voleva gareggiare con te nella Mosca-Cherepova
per cercare di farti vincere: per questo ti ha chiesto con chi avresti partecipato. In quel caso, avresti potuto fare la
spia per lui >>.
“A proposito di quella gara…” pensò Irina,
drizzando le antenne. Attese un momento prima di porre la sua domanda, per
scrutare la sua espressione.
<< Dicevi sul
serio quando hai detto che avresti corso con me?
>>.
Dimitri iniziò a
versarsi un bicchiere di vodka. << Anche se avessi mentito, sarei
comunque costretto a farlo, ora >> rispose.
Irina lo guardò
male.
<< Non puoi
dirmi semplicemente sì o no? >> chiese.
Ci fu un attimo, ma
solo uno, in cui Irina credette di veder balenare un
sorriso sul volto di Dimitri, ma poteva anche solo essere una sua illusione.
Non sorrideva mai, e non lo avrebbe mai fatto con lei.
<< Avevo
pensato di fare da secondo pilota già prima, se è questo che vuoi sapere
>> disse.
Irina provò uno
strano senso di sollievo, a quella notizia. In effetti, guidare per tremila
chilometri da sola, in mezzo al ghiaccio e alla neve, anche se a bordo della
sua Punto, le metteva un po’ di ansia.
<< Cosa ha fatto alla gola? >> chiese lei, cambiando
argomento per evitare di innervosirlo ancora di più, << Aveva un’enorme cicatrice
>>. Oltre che una voce che faceva venire i brividi.
<< Hanno
tentato di tagliargli la gola, purtroppo con scarso successo… >> commentò
Dimitri, abbassando la testa come per fissare il pavimento.
Irina si abbassò
appena per cercare di guardarlo in volto.
<< Sei stato
tu? >>.
<< No… E’
stato Emilian ad avere quell’onore >>. Dimitri
puntò lo sguardo su di lei, e per un momento si ritrovarono
faccia a faccia, a guardarsi negli occhi.
Irina si raddrizzò,
perplessa, e rimase in silenzio. Voleva chiedergli perché Vladimir lo avesse
definito un assassino, ma c’erano due cose a frenarla: la prima era che
sicuramente si sarebbe offeso; la seconda era che temeva di conoscere la
risposta.
<< Pensi che
parteciperà anche Vladimir, alla Mosca-Cherepova?
>>.
<< Non lo so,
ma sicuramente si farà vedere >> rispose Dimitri, << Mi vuole
incontrare, quindi seguirà i miei movimenti… >>.
<< Ma i Referenti lo lascerebbero partecipare? >>.
<< Sì, se lui
in cambio accettasse la tregua. Potrebbe farlo e poi tirarsi indietro…
>>.
Irina abbassò lo
sguardo sul tappeto per un momento.
<< E se ce lo troviamo davanti? >>.
<< Perché non
mi stai chiedendo come mai mi ha definito “assassino”? >> ribatté
Dimitri, secco.
Irina gli rivolse
un’occhiata, stupita per la sua uscita. Anche se era una sua abitudine
ribattere a una domanda con un'altra domanda.
<< Perché so
che non mi risponderai >> disse lei, cauta, << So che non mi dirai
nulla, perché riguarda il tuo passato… O mi sto sbagliando? >>. Sorrise
per fargli capire che non se la sarebbe presa, e non doveva farlo nemmeno lui.
<< No, non ti
stai sbagliando… >> mormorò il russo, abbassando la testa, come per
mascherare la sua espressione.
C’era qualcosa di
strano in Dimitri, in quel momento. Era come se volesse aggiungere qualcosa,
cose se per la prima volta volesse parlare, ma fosse indeciso.
<< Domani
telefonerò a Nikodim per dirgli come
è andata la missione >> disse alla fine.
<< Ok, ma… Non
sono riuscita a convincere Vladimir >> obiettò Irina, << Ci lascerà
partecipare lo stesso? >>.
Dimitri si alzò.
<< Sì, altrimenti dovrà vedersela con me… E sa bene con chi ha a che fare
>>. Le augurò buonanotte e sparì in camera sua, lasciandola sola.
Ore 09.00 –
Londra, Aeroporto di Heathrow
William abbassò il
giornale che aveva acquistato all’edicola dell’aeroporto, una smorfia sul volto
camuffato: i baffetti finti gli davano fastidio, e ogni volta che parlava gli solleticavano le labbra. Dietro le lenti degli
occhiali da sole i suoi occhi cercarono Daniel, intento a sorseggiare il suo
caffè nel bicchiere di plastica, seduto della hall dell’aeroporto.
<< Di questo ne parlano, però >> disse, gettandogli il
giornale.
Aveva appena letto
un articolo che raccontava della strage di narcos
avvenuta nel giro di un giorno nei pressi di Città del Messico, a opera di uno sconosciuto che sembrava essere venuto per
saldare qualche conto in sospeso. I media avevano occupato molto spazio parlando
di quella strana vicenda e domandandosi chi fosse l’autore, ma non avevano
menzionato nemmeno una volta la sua fuga rocambolesca e un eventuale
collegamento.
<< Credi che l’F.B.I. stia cercando di insabbiare la storia? >> domandò
Daniel, la pelle del viso resa più scura dal trucco che si era messo per
assomigliare a un messicano.
<< Di sicuro
non vogliono far sapere che sono fuggito >> commentò William, strusciando
la mano sui pantaloni del vestito che indossava, << E non so a che gioco
stanno giocando… >>.
Il suo pensiero
corse a poche ora prima, quando aveva appreso che
Dimitri era fuggito dal carcere. Lo aveva saputo mentre faceva qualche ricerca
per sapere in quale prigione era detenuto, e in un
piccolissimo articolo di stampa aveva trovato la notizia della sua fuga. Una
cosa poco pubblicizzata, come se anche in quel caso si volesse nascondere la
cosa. Dov’era andato e come aveva fatto di preciso non
era indicato, ma era chiaro che Dimitri era riuscito a fuggire prima di lui,
come se si aspettasse che scappasse anche lo Scorpione, e si fosse andato a
nascondere prima di essere trovato.
Non capiva perché l’F.B.I. volesse far passare tutto sotto silenzio: sia lui
che Goryalef erano soggetti estremamente pericolosi,
pronti a qualsiasi cosa per rimanere in libertà. Non aveva senso non mettere in
allarme le autorità e la gente comune, che nel ritrovarseli davanti potevano
avere brutte sorprese. Lo facevano forse per evitare far
sapere che avevano fallito, che non erano stati in grado di tenere d’occhio due
detenuti in cella di massima sicurezza?
<< Andiamo…
>> borbottò, recuperando la valigetta ventiquattro ore che fungeva da suo bagaglio.
Si sentiva strano,
nei panni di un rispettabile agente d’affari, in completo
giacca e cravatta blu, seguito dal suo assistente di origini indefinite,
interpretato da Daniel. Il travestimento, però, per quanto fastidioso, aveva
funzionato, ed erano riusciti a eludere i controlli della polizia
all’aeroporto, con tanto di ottimi documenti falsi. Avevano messo piede in Gran
Bretagna senza nessun intoppo, anche se all’imbarco a Città del Messico uno
sbirro lo aveva guardato decisamente molto a lungo;
alla fine però non si era accorto del travestimento e li aveva lasciati
passare.
Uscirono in strada,
passando perfettamente inosservati in mezzo alla gente che andava e veniva, con
le valige che strisciavano sull’asfalto umido di Londra, e chiamarono un taxi,
uno di quei vecchi veicoli scuri dall’aria lenta e datata. Nell’aria c’era
odore di smog e di pioggia, e il cielo sulle loro teste era plumbeo.
<< Ci porti a
Bayswater road >>
ordinò William secco, all’autista che li guardava dallo specchietto
dell’autovettura in vecchio stile.
Mentre percorrevano
le affollatissime strade di Londra, con autobus a due piani che sbarravano la
visuale e gente che camminava dappertutto, imbacuccata
in cappotti scuri, William continuava a pensare alle ultime ore della sua
rinnovata vita da libero.
Fuggiva dal carcere
senza che nessuno dicesse niente, senza che la polizia allarmasse
tutte le sue unità e si mettesse alla sua ricerca… Poi veniva a sapere che
Irina non c’era, che era partita per Parigi lasciando il suo adorato Went a Los Angeles, da solo… La Punto si faceva di nuovo
vedere per strada, quando erano due anni che molto probabilmente stava chiusa
nel suo garage… E infine, anche Dimitri era fuggito senza che nessuno o quasi
ne avesse notizia.
C’erano troppe cose
strane, per i suoi gusti. Troppe cose che non avevano senso…
Rifugiarsi a Londra
per qualche tempo era l’unica alternativa che aveva,
se voleva far calmare le acque e monitorare da lontano la situazione. Anche se
la polizia non aveva diramato l’allerta, era sicuro che gli sbirri gli avrebbero dato la caccia, e nascondersi per un po’ la
cosa migliore da fare. Oltretutto, ora era in Europa, e se Irina stava davvero
a Parigi, aveva ampie possibilità di trovarla…
Già, quando
l’avesse trovata? Cosa avrebbe fatto?
Forse l’avrebbe
uccisa; forse avrebbe giocato un po’ con lei e poi le avrebbe fatto provare
l’angoscia di sapere che il suo agente dell’F.B.I.
stava per morire per mano sua, questa volta per davvero… Le possibilità che
aveva erano davvero molte, e forse solo nell’esatto istante in cui se la
sarebbe ritrovata davanti, avrebbe deciso.
<< Chi è il
tuo amico? >> domandò Daniel, guardando fuori dal finestrino, mentre
qualche goccia di pioggia iniziava a cadere.
<< Richard,
il Lord >> rispose William, ricordando la faccia anonima dell’inglese che
amava le Aston Martin, << Un vecchio amico che
non mancava mai ai miei raduni a Las Vegas >>.
Fece attenzione che
l’autista non gli prestasse molta attenzione, e si sistemò
i baffetti finti. Richard lo avrebbe sicuramente accolto e nascosto nella sua
grande villa, in cui i poliziotti non mettevano mai piede, e gli avrebbe
fornito quello di cui aveva bisogno.
<< E’ un tipo
affidabile? >> chiese Daniel.
<< E’ un
inglese >> rispose William.
Il taxi si fermò
davanti a una villa in stile medioevale, contornata da un alto cancello in ferro battuto nero e da un prato perfettamente curato
nonostante la stagione fredda. Le luci sotto il porticato erano accese, come
quelli ai primi piani. Un venticello freddo spazzava gli alberi del vialetto.
William pagò il
tassista con i soldi che erano contenuti all’interno della valigetta, e lui e
Daniel scesero. Rimasero a guardare per qualche istante la villa, poi lo
Scorpione si strappò i baffetti finti, si tolse gli
occhiali e si scompigliò i capelli, e mise tutto dentro la valigetta per non
lasciare tracce in giro. Sapeva di essere ancora poco riconoscibile, perché aveva tinto i capelli di una tonalità diversa, e che la
cicatrice sul sopracciglio era stata coperta alla perfezione con delle ciglia
finte, ma a quello ci avrebbe pensato più tardi, in bagno. Doveva solo accertarsi
che Richard lo riconoscesse.
Suonò il citofono,
illuminato di blu, e attese.
<< Chi è?
>> domandò una voce dall’altra parte.
<< Devo
vedere il signor Richard >> rispose William, con un ghigno alla parola
“signore”.
<< Chi devo
annunciare? >>.
<< William Challagher >>.
Il maggiordomo
tacque, ma si sentì il rumore del citofono che veniva
chiuso. Dopo poco il cancello venne aperto, e William
e Daniel entrarono dentro, raggiungendo velocemente la porta di ingresso
aperta.
Quando misero piede
nel salone d’ingresso, si ritrovarono in una stanza
lunga e riccamente arredata, con un tappeto che copriva il pavimento e numerose
lampade a rischiarare l’atmosfera. Il maggiordomo che doveva avergli aperto il
cancello, vestito in un perfetto frac, stava in piedi, impettito, lo sguardo
sprezzante posato su di loro. Nello stesso momento caracollò giù dalle scale
Richard, ancora in vestaglia, l’espressione impaurita.
<< Ma tu non
dovevi essere in carcere?! >> gridò.
<< Sono
scappato… >> rispose William, sorridendo.
Richard, il
classico volto da inglese, anonimo e dai capelli color topo, lo fissò senza
sapere cosa dire. Rimase in piedi a guardarlo, il
maggiordomo perfettamente fermo al suo fianco, spettatore silenzioso della
scena. Il Lord cambiò lentamente espressione, passando dallo stupito al nervoso e infine al preoccupato, come se il suo cervello
lavorasse a mille e lui non riuscisse a starci dietro.
<< Non puoi
rimanere qui >> disse alla fine.
Il sorriso morì
sulle labbra di William veloce come veloci erano stati
i pensieri di Richard. Sentì montare l’irritazione, trovandosi davanti la stessa situazione che aveva dovuto affrontare con i
messicani, cosa a cui aveva pensato ma che sperava di non dover ripetere. Aveva
fatto tutto quel viaggio per ritrovarsi punto e a capo? No, non si ricordavano
più con chi avevano a che fare…
<< Invece
rimarrò finché sarà necessario >> ribatté, furioso.
<< La polizia
verrà a cercarti! >> sbottò Richard, afferrandosi la vestaglia, <<
Se piombano qui gli sbirri, ci arrestano tutti e due,
lo sai. L’F.B.I. sarà già sulle tue tracce… >>.
William si avvicinò
puntando il dito contro l’inglese, con rabbia.
<< Hai
qualche vecchio favore da contraccambiare, ti ricordo >> ringhiò,
<< Ho bisogno di un posto sicuro per un po’ di tempo, dove decidere cosa
fare e pensare a un piano, e tu sai meglio di me che a casa tua gli sbirri non
si faranno vedere… Tuo fratello non è ancora il capo
del distretto, o sbaglio? >>.
Richard deglutì.
<< Questo non centra… Potrebbero comunque ricevere un mandato di
perquisizione da parte dell’F.B.I….
>> esalò, << In quel caso, non può impedire che vengano qui
>>.
<< Non
succederà >> ribatté William, << Almeno non adesso. Non credo che
sospettino che sia già riuscito a lasciare gli Stati Uniti… E comunque sembra
che non siano particolarmente interessati a catturarmi di nuovo: come vedo
nemmeno tu sapevi della mia fuga >>.
Richard lo guardò
dubbioso.
<< Cosa stai dicendo? >> domandò.
William si
allontanò. << Dopo ti spiego >> disse, << Dov’è la mia
stanza? Ho bisogno di una doccia… >>.
Il maggiordomo
guardò Richard, aspettando ordini. L’inglese rivolse un cenno verso Daniel,
alle sue spalle.
<< Lui chi è?
>>.
<< Il mio
nuovo braccio destro >> rispose William, secco.
Richard rimase in
silenzio per qualche momento, come se stesse pensando a quali guai lo avrebbe portato quella situazione. Poi sospirò e
disse: << Dagli le solite stanze >>.
Il maggiordomo
annuì rigidamente, e William lo seguì di sopra.
Ore 10.30 –
San Pietroburgo
<< Mi
dispiace che tu debba andartene… >> commentò Nina, lo sguardo languido
puntato su Xander seduto di fronte a lei, il drink
stretto tra le mani con le dita smaltate di rosso, << E’ solo per qualche
giorno, vero? >> aggiunse, sbattendo le ciglia lunghe come quelle di un
cerbiatto.
Xander sorrise di fronte
all’espressione della ragazza, chiedendosi se fosse una brava attrice o se
fosse veramente dispiaciuta. La gente lì intorno sembrava pensare lo stesso,
come se si chiedesse chi fosse quel tizio che si era meritato
l’attenzione di Nina. Si trovavano in un vecchio bar dall’aria anonima, ma che
lei diceva essere assolutamente tranquillo e sicuro. Dalle facce che lo popolavano però non lo avrebbe mai detto.
<< Sì, vado
via un paio di giorni per sbrigare un paio di affari, e vedere se trovo
un’altra auto… >> rispose, guardando il piano del tavolo pieno di righe
ma tirato a lucido, << Tornerò per il fine settimana,
in tempo per le vostre gare >>. Ghignò.
In realtà, la sua
destinazione sarebbe stata Mosca: aveva chiesto e ottenuto il permesso da McDonall di raggiungere Irina per qualche giorno, per
vedere com’era la situazione dalle sue parti ma soprattutto per passare del
tempo con lei. Nel frattempo si sarebbe informato se Boris o qualcuno dei russi
avesse sentito parlare di lui o fossero al corrente
che si trovava in Russia, oltre che eventualmente adeguare i suoi piani con
l’andamento della missione di Irina.
<< D’accordo…
>> fece Nina, tutta zucchero, gli occhi azzurro
ghiaccio che lo percorsero come se lo volessero radiografare, << Mi
mancherà la tua compagnia, sai? >>.
Xander scosse il capo,
sconcertato. Si erano visti sì e no un paio di volte in quei
giorni, e sempre durante una gara o in un locale circondati da gente del giro,
senza che mai lui le desse l’impressione di nutrire un certo interesse nei suoi
confronti, e senza nemmeno che le desse la possibilità di metterlo in
situazioni “scomode”… Per il momento preferiva tenersi a una certa distanza,
anche se sapeva che avrebbe potuto sfruttare il debole che quella Nina sembrava
avere nei suoi confronti, sempre che fosse reale. Un paio di volte
l’aveva vista accettare la “corte” sfrontata di alcuni russi pieni di soldi con
aria soddisfatta, quando credeva che lui non fosse nei paraggi. Appena lo
vedeva, liquidava chiunque e lo raggiungeva, rivolgendogli occhiate piuttosto
eloquenti.
Alla fine era giunto alla conclusione che quella ragazza fosse una furba:
lo sapeva di essere bellissima, e non si faceva problemi a sfruttare la sua
avvenenza, quasi volesse collezionare gli uomini come molto probabilmente
collezionava i rossetti. L’unico problema era che non era riuscito a capire se
Nina sospettasse anche qualcosa su di lui, e stesse cercando di fregarlo.
<< Come mai?
C’è un sacco di gente che è disposta a farti
compagnia… >> disse lui, incrociando le braccia, un mezzo sorriso sul
volto. << Tipo quei russi dell’altra sera >>.
Nina ammiccò,
mostrando il suo sorriso perfetto, come a dire: “Allora li hai visti, eh?”.
<< Oh, ma
sono tutti così… Normali >> rispose, << E tu sei così diffidente e
misterioso… Hai un’aria molto sexy, carino. Loro di interessante
hanno solo i soldi >>.
Xander non riuscì a non
sorridere di fronte alla sfacciataggine di quella ragazza: da quand’è che non
né incontrava una così?
“Da quando mi piaceva divertirmi…”.
Quando giocare era la parola d’ordine…
Gli occhi di Nina
non si staccavano da lui, e suo malgrado ne rimase colpito:
erano di un azzurro così intenso, così chiaro da ricordargli quelli di un lupo
delle tundre gelate, sicuri, senza un velo di timidezza, quasi sfacciati nel
loro modo di ammiccare. Il contrario di quelli di Irina, scuri, però caldi,
dolci, gentili… Non erano stati come quelli di Nina nemmeno ai tempi di Fenice,
quando dal suo sguardo traspariva una ostentata
sicurezza, ma anche un immenso dolore; quando comunicavano sfida, ma chiedevano
anche aiuto… Quando anche i suoi erano in grado di risvegliare i bollenti
spiriti a molti.
<< Perché mi
hai chiesto di vederci? >> chiese Xander, forse
per cambiare argomento, o forse per evitare di indugiare ancora su quegli occhi
che iniziavano a turbarlo.
Nina sorrise.
<< Sono riuscita a fare in modo di farti
partecipare alla Mosca-Cherepova >> rispose
lei, contenta, << Sai cos’è, immagino >>. Percorse una venatura del
tavolo con l’unghia.
Xander annuì.
<< Come ci
sei riuscita? >> domandò, colpito. Era ancora presto per valutare una sua
partecipazione, soprattutto data la lentezza con cui procedeva la missione.
<< Ho fatto
pressione su mio padre >> rispose lei, divertita, << Non rifiuta
mai niente, alla sua bambina… >>. Gli rivolse un’altra occhiata delle
sue.
<< Ok, ma…
>>.
In quel momento a Xander venne in mente una cosa: sicuramente a quella gara
ci sarebbe stato Boris, e lui non poteva farsi vedere… Ma non poteva nemmeno rifiutare senza insospettire Nina.
<< Cosa c’è?
>> chiese lei.
<< Niente…
>>.
Cavolo, doveva trovare un
soluzione. Non poteva rifiutare quell’opportunità, perché aveva il
presentimento che non gli sarebbe capitata di nuovo.
Per risolvere il problema di Boris aveva bisogno dell’appoggio di qualcuno, che lo sostituisse nel caso avesse dovuto
prendere parte a qualche incontro dove ci fosse stato anche il russo…
<< Hai un
compagno? >> domandò Nina, distogliendolo dai suoi pensieri.
Colto alla
sprovvista, Xander rispose: << Ehm, no, per il
momento no… >>.
Nina sorrise.
<< Allora posso farti da co-pilota, che ne dici? >>.
“Cazzo! Mi sono messo nei guai da
solo!”.
<< Ehm… Non
so se è una buona idea >> commentò Xander,
evasivo, << E’ molto pericoloso, e non ti ho mai vista
guidare… >>. Quello era vero, non sapeva se fosse in grado di sostenere un gara, e solo il fatto che avesse una Audi TT non era
certo una garanzia.
<< Oh, ma sono
brava, se voglio >> disse lei, guardandolo, << Dicono che sono
dotata, al volante. E non solo in quello >> Sorrise. << Ma secondo me il tuo problema è un altro… Hai forse paura
che la tua fidanzatina sia gelosa di me? >>.
Xander le scoccò
un’occhiata, chiedendosi se stesse bluffando e se
sapesse davvero che aveva una ragazza… Doveva essere stato il ciondolo, a
tradirlo di nuovo.
<< Non devo
dare conto a nessuno, su quello che voglio fare >> ribatté, vagamente
seccato.
<< Allora non
c’è nessun problema, no? >> fece Nina, alzandosi e raccogliendo la sua
pelliccia bianca, << Avermi in macchina ti sarà di aiuto… Ti sarai
accorto che sono piuttosto influente da queste parti… Potresti vincere molto
più facilmente >>. Raccolse la borsetta e chiuse i bottoni della
pelliccia, sorridendo. << Chiamami, quando torni. E fammi sapere come è andata con la tua ragazza >>.
Ore 19.00 –
Mosca, Casa di Dimitri
Il fatto che Xander sarebbe arrivato lì, per trascorrere qualche giorno
dalle loro parti, rese Irina leggermente nervosa. Non era il
fatto che era la prima volta che si vedevano da quando erano partiti,
perché le mancava molto ed era contenta di incontrarlo, ma era tutto ciò che la
circondava a farle temere quell’incontro. Sicuramente, una volta arrivato, Xander si sarebbe accertato del posto in cui stava, della
gente che la attorniava e delle possibilità che aveva di portare a termine la
missione. Ma soprattutto, avrebbe avuto modo di vedere
come Dimitri si muoveva nel suo ambiente, e di sicuro non gli sarebbe andato a
genio.
Sapeva che Xander ricordava bene che anche grazie al Mastino lei era
ancora viva, e che per quello aveva fatto in modo che scontasse qualche anno di
carcere in meno, ma sapeva anche che lui aveva considerato la faccenda chiusa due
anni fa, e che non aveva calcolato che si vedessero di nuovo. Doveva aver
sempre pensato di aver chiuso in conti in quel modo. Per quanto gli fosse grato
della sua collaborazione, per lui era inconcepibile che Irina convivesse con il
russo che per poco non lo aveva fatto fuori e che era stato il braccio destro
di Challagher, anche se era stato lui stesso a
proporlo come suo compagno. Molto probabilmente si era già pentito, e sarebbe
arrivato pronto a trovare una scusa per rimandarlo dietro le sbarre, e magari
spedire a casa anche lei.
Irina lo conosceva
troppo bene per sperare che la sua visita fosse indolore: doveva dire addio a
quel minimo di pace che era nata tra lei e Dimitri, e che si era guadagnata con
molta pazienza. Xander avrebbe sicuramente cercato di
mettere il naso nel passato di Dimitri, e lui non lo avrebbe tollerato; quando
sarebbe venuto al corrente che il Mastino faceva anche il pugile nel tempo
libero, sicuramente si sarebbe infuriato, con tutte le conseguenze che quello
comportava.
Sospirò, mentre
stava seduta sul divano del soggiorno, da sola, a pensare come fare per rendere
meno traumatica quella visita… Pensò che era assurdo
trovarsi in quella situazione: al posto di essere in estasi per l’arrivo di Xander, era nervosa e preoccupata. Non era così che doveva
andare, ma comprese cosa significava fare quel genere di lavoro e avere
l’agente Alexander Went come fidanzato. E capì che se
mai nella sua vita avesse voluto fare l’agente dell’F.B.I.,
le loro esistenze avrebbero potuto risultare incompatibili, per certi versi…
<< Dove
dormirà Went? >>.
Irina si riscosse e
guardò Dimitri, che stava scendendo dalle scale che portavano in mansarda.
Aveva un’aria abbastanza assassina, segno che la visita non gli
era particolarmente gradita, visto anche lo scarso preavviso con cui era
arrivata.
<< Non lo so,
ma credo che abbia affittato una stanza in qualche albergo… >> rispose
lei, incerta, << Perché ti interessa saperlo?
>>.
Dimitri accese lo
stereo, cosa che faceva spesso. Sembrava odiare il silenzio di quella casa,
certe volte.
<<
L’appartamento di sotto è libero >> rispose, aprendo un paio di custodie
di cd, senza guardarla, << Può anche andare lì, se vuole… >>.
Spiazzata, Irina
guardò le spalle di Dimitri, cogliendo il significato di quella
affermazione. Avrebbe permesso a Xander di
occupare uno dei suoi appartamenti, in modo che lei non si dovesse spostare per
stare con lui… Sorrise.
<< Ti
ringrazio, ma non credo che Xander voglia fermarsi
qui… >> disse, imbarazzata.
<< Non è
l’unico a pensare in questo modo… >> ribatté Dimitri, infilando un cd nel
lettore con aria distaccata.
Irina annuì, in
modo automatico, senza rendersi conto di avergli appena dato ragione. Ormai tra
loro era nata una sorta di empatia, per la quale iniziava a capirlo, e a cui le dispiaceva rinunciare… Sperava che non dovesse
ricominciare da zero.
Sobbalzò, quando il
suo cellulare squillò all’improvviso, lo schermo illuminato. Lo afferrò rapida,
per scoprire con piacere che era Xander.
“Sono qui sotto…”.
Il cuore di Irina
iniziò a battere forte, di felicità e di impazienza.
Saltò in piedi e raggiunse la finestra, scostando la tenda: una Porsche Cayman
blu, ammaccata e rigata, era ferma vicino al marciapiede, con Xander che guardava in alto, verso la palazzina. Gli fece
un saluto con la mano, sorridente, poi si girò.
<< E’
arrivato… >> disse, anche se sapeva che Dimitri non condivideva la sua
felicità.
Lui la guardò, con
aria sofferente. << Fallo parcheggiare in garage… E’ meglio che nessuno lo
veda da queste parti >>.
Irina recuperò le
chiavi e si lanciò di sotto, alla velocità della luce. In un attimo, era scesa
in strada, affrontando il gelo di Mosca, ed era corsa verso Xander,
trattenendosi dal gridare. Gli saltò addosso stampandogli un bacio in bocca
senza troppo pudore, abbracciandolo.
<< Quanto mi
mancavano le tue accoglienze… >> mormorò Xander,
tenendola stretta, la fronte incollata alla sua, mostrando il suo ghigno da
lupo. Aveva gli occhi color oceano che brillavano.
<< Quanto mi
mancavi tu >> ribatté Irina, << Come stai?
>>.
<< Io bene,
tu? >>.
<<
Stupendamente… >>.
Xander la catturò in un
altro bacio in grado di farle smettere di sentire l’aria gelida intorno a loro,
poi fece un cenno verso l’alto, in direzione degli appartamenti illuminati.
<< E’ qui che
state? >>.
Irina annuì.
<< Vieni, devi lasciare l’auto di sotto. Dimitri non vuole che ti vedano
qui >>.
Notò la smorfia di Xander al nome del russo, ma la ignorò per gettare
un’occhiata alla Porsche: non era tanto messa bene, perché il paraurti davanti
sembrava essere stato messo a posto con un po’ di nastro adesivo ed era tutto
scrostato; i fari dovevano essere stati sostituiti, perché erano integri, anche
se avevano l’aria di essere di seconda mano; e le fiancate erano incavate, come
se avesse ricevuto delle sportellate.
<< Xander, ma che hai fatto? >> domandò Irina,
preoccupata, indicando l’auto, << Sembra uscita da uno sfascia carrozze…
>>.
Xander si rabbuiò.
<< Ho fatto
una gara piuttosto movimentata, e questo è il risultato >> rispose.
<< Ma non potevi fartela mettere a posto? >> chiese lei,
<< Demidoff ti ha avrà fornito un supporto… Che
so, un meccanico >>.
Xander la guardò con un
sopracciglio inarcato.
<< Prima di
questo mi avevano dato una Scirocco >> disse, innervosito, << Per
avere la Porsche ho dovuto discutere con Sokòlova per
mezz’ora… Quando mi sono presentato per farla riparare, mi hanno detto che
avrei dovuto aspettare per avere i pezzi, e le hanno dato un’aggiustata
un po’ così… >>. Sembrava profondamente stizzito dalla cosa.
<< In realtà credo che l’abbiano fatto solo per vendicarsi del fatto che
ho voluto un’altra auto… >>.
Irina non riuscì a
reprimere un sorriso, cogliendo la situazione.
<< Quanto sei
viziato… >> mormorò.
Xander la catturò
un’altra volta, trascinandola verso di sé.
<< Non ti ci
mettere anche tu, altrimenti te la faccio pagare… >> sussurrò, il suo
fiato caldo che le solleticava le labbra.
<< Ok. Porta
l’auto dentro, allora >> fece lei, sorridendo.
Irina si staccò,
gli aprì la porta del garage e lo seguì a piedi fin sotto, sentendo il paraurti
della Cayman scricchiolare mentre scendeva la rampa.
Lo guardò uscire dalla macchina ed esaminare il sotterraneo con aria critica.
<< E tutte
queste auto dove le ha prese? >> domandò, guardando la Ferrari California
bianca che faceva sfigurare la sua Porsche semidistrutta.
<< Non me lo
chiedere >> rispose Irina, << So solo che quella l’ha comprata, le
altre le avrà vinte… >>. Si strinse nelle spalle:
lezione numero uno: mai fare troppe domande a Dimitri.
Xander guardò la
California, come se pensasse qualcosa, poi la seguì in ascensore fino
all’ultimo piano.
<< Si
trattano bene, qui… >> commentò.
<< Dimitri mi
ha detto che tutto il palazzo appartiene alla sua famiglia, ma che non ci viene
quasi mai nessuno >> spiegò Irina, << Ci vivono solo sua sorella
con la figlia e il marito… Gli altri sembra stiano da
altre parti >>.
Quando arrivarono
sul pianerottolo, trovarono la porta socchiusa, segno che Dimitri gli aveva evitato
lo sforzo di suonare. Entrarono, con Xander che si
guardava intorno e studiava tutto con estremo interesse e un solco sulla fronte
in mezzo alle sopracciglia.
<< Con tutto
il palazzo libero, era proprio necessario che tu stessi nel suo stesso appartamento?
>> domandò Xander, vagamente innervosito.
<< Questo è
il suo, gli altri appartengono al resto della sua famiglia >> rispose
Irina, con un sorriso, << Ma comunque non preoccuparti, è stato più bravo
di quanto potessimo immaginare >>. Si concesse il commento perché Dimitri
sembrava essere di sopra.
<< Certo,
come no… >> borbottò Xander, << Dov’è,
adesso? >>.
<< “Bravo” è
un termine sbagliato >> disse Dimitri, scendendo dalla scala della
mansarda, << Io direi piuttosto “paziente” >>.
I suoi occhi grigi
dardeggiarono verso Irina, segno che il commento gli aveva dato fastidio, poi tornarono a posarsi su Xander,
forse con l’intenzione di congelarlo all’istante.
<< Buona
sera, agente Went >> disse in tono sprezzante.
<< Ciao
Dimitri >> ribatté Xander, rigido.
Si guardarono in
cagnesco per qualche istante, prima che Irina decidesse di intervenire e
allentare la tensione.
<< Ehm… Come
procede dalle tue parti, Xander? >> domandò,
facendolo sedere sul divano.
Lui la guardò.
<< C’è di peggio… >> rispose con una scrollata di spalle, <<
Ma forse comincio a ingranare… Sembra sia simpatico a
qualcuno >>. Aggiunse evasivo. << E voi? >>.
Irina guardò per un
momento Dimitri, prima di rispondere.
<< Bene. Se
tutto va per il verso giusto parteciperemo alla Mosca-Cherepova, che ci consentirà di avvicinarci alla
Lince… >>.
<<
Parteciperemo? >> fece Xander, un sopracciglio
inarcato.
Irina non capì.
<< Sì… Io e Dimitri >>.
Xander assunse una strana
espressione. << Fammi capire >> disse, << Gareggerete insieme,
nella stessa macchina? >>.
Irina capì al volo
che l’idea non gli andava a genio, e cercò di rispondere nel migliore dei modi,
anche se non c’erano alternative, ormai.
<< Ehm… Sì
>>.
La faccia di Xander non mutò, ma i suoi occhi si rabbuiarono.
<< Ne avete
parlato con McDonall? >> domandò solo, rigido.
<< Il tuo
capo è d’accordo, Went >> disse Dimitri, una
nota di sfida nella voce, << Tu, piuttosto, ci sarai?
>>.
Xander gli rivolse
un’occhiataccia.
<< Potrò
esserci, se voglio >> rispose, << Ma se ci sarà anche Boris, non
potrò farmi vedere da lui… E potrebbe risultare
impossibile >>.
<< Quindi ti hanno chiesto di partecipare? >> chiese
Irina, interessata, << Allora significa che stai andando bene… >>.
<< Non sono
più vicino alla Lince di quando sono arrivato >> ribatté Xander, vagamente stizzito, << Il mio contatto forse
può aiutarmi, ma non ne sono pienamente sicuro… >>.
Irina lo scrutò:
c’era qualcosa di strano nella sua espressione, quando parlava di quella
persona, come se fosse turbato.
<< Come mai?
>> domandò lei.
Xander scosse il capo.
<< Forse ha qualche secondo fine… >> rispose, evasivo.
“Non ne vuole parlare ora” pensò Irina, “Forse centra qualcosa Dimitri”.
Decise di rimandare
a più tardi il discorso, quando sarebbero rimasti da soli.
<< Hai preso una stanza da qualche parte? >> chiese,
attirando l’attenzione di Dimitri.
<< Sì…
>> rispose Xander, e si alzò, << E credo
di aver bisogno di riposarmi un po’, dopo il viaggio… Andiamo? >>. Guardò
Irina.
Lei sorrise.
<< Ok >>. Recuperò velocemente la borsa che aveva preventivamente
preparato e il giubbotto, e si avvicinò alla porta. Si voltò, guardando Dimitri
che sembrava una statua di marmo, seduto sul divano. << Ci vediamo domani mattina… Buona notte >>. Chissà perché
le faceva tristezza saperlo da solo.
Il russo fece una
smorfia. << Buona notte a voi… >> ribatté, guardandoli andare via.
Ore 7.00 –
Mosca, Albergo
Irina sospirò, distesa
a pancia in giù sul letto, il tepore delle coperte a cullarla in quello stato
di veglia, la presenza di Xander alla sua destra a
farla sentire come a casa. Si girò e si sporse per accendere la lampada sul
comodino, cercando con lo sguardo i suoi abiti, buttati un po’ alla rinfusa per
la stanza dell’albergo di lusso in cui soggiornavano.
Una volta arrivati
in albergo non c’era stato tempo di mettersi a parlare di missioni, piani,
russi o qualsiasi cosa che riguardasse la loro vita da agenti dell’F.B.I.. Tutti e due avevano
bisogno di staccare per qualche ora, ritornare un attimo alla loro vita
“normale” e ordinaria, e nel breve tragitto in auto l’unico argomento di cui
avevano discusso era stato come stavano e cosa gli mancava di casa e di Los
Angeles. Poi si erano concessi la solita routine di quando si rivedevano dopo
tanto tempo.
Sbadigliò,
chiedendosi come mai si fosse già svegliata: di solito il primo era Xander. Si voltò a guardarlo dormire, cosa che succedeva
raramente, e si domandò come mai era vagamente teso, cosa di cui si era accorta.
Si andò a fare una
doccia, e quando ritornò vestita in camera, Xander dormiva ancora. Ordinò la colazione e lo svegliò
solo quando decise di porgergli una briosche che
sarebbe stata sicuramente molto più buona ancora calda.
<< Come mai
sei così mattiniera, oggi? >> domandò Xander.
Irina si strinse
nelle spalle, sedendosi di fianco a lui.
<< Credo sia
un po’ la tensione della vita in mezzo ai russi >> rispose.
Xander le accarezzò il
collo, con aria affettuosa, e buttò giù tutto il suo caffè; poi andò a farsi
una doccia anche lui.
Mentre Irina lo
aspettava, seduta di fianco alla finestra, cercava di capire davvero a che
punto fosse la sua missione: era riuscita a infiltrarsi tra i russi, a
incontrare i Referenti e a ottenere il permesso di gareggiare nella Mosca-Cherepova. In più, aveva avuto un incontro
ravvicinato con Vladimir Buinov, che sembrava essere
il nemico numero uno di Dimitri, e che le aveva proposto di passare dalla sua
parte. Chissà cosa ne avrebbe pensato Xander, di quella storia…
Poi c’era il
passato di Dimitri, di cui non aveva praticamente
scoperto nulla e di cui non era tenuta a occuparsi, ma che l’affascinava più
della sua missione…
Jess sicuramente aveva
già scoperto qualcosa, riguardo a Buinov. Pensò al
suo computer, che aveva lasciato nascosto sotto il letto a casa di Dimitri, e
si chiese se ci fosse qualche e-mail per lei. Nella borsa di Xander vide spuntare l’angolo del suo portatile, ed ebbe la
tentazione di controllare da lì. Poi però ci ripensò.
Se voleva mantenere
il segreto sulle sue ricerche, era meglio non controllare la sua posta
elettronica dal computer di Xander: ne sarebbe
rimasta traccia, e anche se lui non faceva l’hacker,
non era certo stupido. Meglio non rischiare e attendere quando fosse tornata a
casa.
“Cavolo, sto diventando davvero una spia…” pensò poco dopo,
divertita.
Una volta che Xander uscì dal bagno, iniziarono i resoconti delle loro
missioni, e fu lui il primo a raccontare per sommi capi come procedeva: era
chiaro che andava molto più a rilento di lei. Solo quando menzionò una certa
Nina, che a quanto pareva guidava una Audi TT bianca,
sembrò voler liquidare la cosa in fretta. Irina ci fece caso, ma dall’aria poco
in colpa che aveva Xander
capì che non c’era niente da preoccuparsi: non era una tipa gelosa, e si fidava
di lui.
Quando fu lei a
raccontare cosa era successo in quel mese, Xander
ascoltò tutto con estrema attenzione, anche se alla notizia della sua ultima
missione, quando si era trovata faccia a faccia con
Vladimir, una vena sulla sua tempia pulsò un po’ più del normale. Irina evitò
di dirgli che sembrava avere una questione in sospeso con Dimitri, visto che non doveva saperne niente.
<< Mi stai
dicendo che ti hanno mandata laggiù da sola? >> chiese
Xander, << E McDonall
era anche d’accordo? >>.
Irina sbuffò.
<< Sì, McDonall lo sapeva >> rispose,
<< E poi non ero proprio da sola. Dimitri mi
seguiva via radio, e mi ha suggerito cosa fare… >>.
Xander fece una smorfia.
<< Già,
perché lui è affidabile… >> borbottò, stizzito, << Certo che anche
tu, hai accettato senza calcolare i rischi… >>.
Irina si irritò leggermente, gettandogli un’occhiata.
<< Cosa avrei dovuto fare? Dire “no, scusate, troppo
pericoloso, non me la sento”? >> chiese, mantenendo il tono controllato. Poi aggiunse: << E non prendertela con Dimitri: si sta
comportando bene, nei miei confronti >>.
La faccia di Xander cambiò totalmente espressione, e Irina capì di aver
detto qualcosa di troppo. Però non poteva negare di
sentirsi nel giusto.
<< Da quand’è
che difendi il migliore amico di Challagher? >>
ringhiò lui.
Irina incrociò le
braccia, decisa a non dargliela vita. In fondo,
Dimitri non si era comportato male, con lei, a parte essere se stesso. Non
poteva pretendere che fosse Xander, Max o Jess, gentile e simpatico, e lo aveva capito.
<< Da quando siamo
qui non mi ha mai fatto niente >> rispose,
<< Non mi ha mai toccata, se è questa la tua paura. Forse non è simpatico
o cortese, ma non credo che stia facendo il doppio gioco con noi. E poi sei tu
che lo hai mandato con me, ti ricordo >>.
<< Infatti me ne sono già pentito >> ribatté Xander, << Bisogna tenere gli occhi aperti, quando si
ha che fare con persone come loro… >>.
Irina sbuffò.
<< Credi che non sappia tenere gli occhi aperti, come dici tu? Sto
andando bene, McDonall è soddisfatto di come vanno
avanti le cose… Parteciperò anche alla Mosca-Cherepova.
E sono ancora viva e vegeta. Non ci avresti mai scommesso, immagino >>.
Lo disse con una punta di tristezza mista a sarcasmo.
Xander però ignorò la sua
ultima domanda.
<< Come mai
ti fa da secondo pilota? >> chiese.
<< Si è
offerto lui >> rispose Irina, << Io non gli ho chiesto nulla. Forse
crede che abbiamo più possibilità di vincere, così >>.
Xander aveva una strana
espressione, come se stesse pensando a qualcosa che lo tentava.
<<
Parteciperò anche io, allora >> disse alla fine,
<< Tanto ho già il mio secondo pilota >>. La guardò, dicendo
chiaramente che voleva che gli chiedesse chi fosse.
<< E sarebbe?
>> fece Irina, neutra.
Xander sembrò trattenere
un ghigno.
<< Nina, la
tipa della TT >> rispose.
Irina lo fissò per
un istante, ben sapendo che la sua faccia non lasciava trasparire nessuna
emozione, ma che gli occhi la stavano tradendo. Forse non avrebbe voluto
ammetterlo, ma era un filino preoccupata… Non sapeva
chi fosse quella Nina, che genere di persona potesse mai essere, ma sapere che
stava aiutando Xander e che gli avrebbe fatto da
seconda nella Mosca-Cherepova la rendeva inquieta. Non è che la ragazza aveva messo gli occhi su di lui?
<< Ah
>> fece alla fine, indecisa su cosa dire. Non sapeva se doveva
arrabbiarsi, ridere oppure offendersi.
<< Si è
offerta lei, io non gli ho chiesto niente >> aggiunse Xander,
ma non lo stava dicendo per rassicurarla. Sembrava quasi farle il verso,
ripetendo la sua frase di prima.
Irina sentì
crescere l’irritazione, rendendosi conto che la stava prendendo in giro, ma si
limitò a un mezzo sorriso. Non voleva litigare, ma non voleva
nemmeno passare per la stupida della situazione.
<< Immagino
che io non mi debba preoccupare, vero? >> disse, piccata, << Tanto
tu sei libero di fare un po’ quello che ti pare… In compenso io non posso fare
una semplice gara con Dimitri, persona che conosciamo entrambi… E di cui io mi
fido >>.
<< E’ diverso
>> sbottò Xander, come se quello spiegasse
tutto.
<< No, non è
diverso >> ribatté Irina, << Io e te
dovremmo essere sullo stesso piano, non credi? Non dovremmo giudicarci a
vicenda per quello che stiamo facendo, visto che siamo agenti dell’F.B.I. che lavorano su due fronti diversi. McDonall non mi tratta come fai tu >>.
<< Perché, io
come ti tratto? >> chiese Xander.
Irina si voltò,
esasperata.
<< Non lo so…
Certe volte mi tratti come se fossi una ritardata, una bambina >>
rispose, << Sembra quasi che io non sia in grado di prendere una
decisione da sola, che non sappia valutare i rischi di ciò che faccio >>.
<< Non è così
>> ribatté Xander, << Lo so che non sei
stupida, ma in questa situazione hai dei precedenti che non ti rendono
pienamente affidabile >>.
<< Guarda che
i pericoli li so riconoscere, Xander >> disse
Irina, << So valutare i rischi, forse anche più di te, che fai sempre la
parte dell’incosciente. Ci sono situazioni in cui uno li deve evitare, altre in
cui bisogna affrontarli. La nostra missione è una di queste, non credi?
>>.
<< Infatti io non volevo che ne prendessi parte >>
rispose Xander.
Irina sbuffò. Capiva
la sua preoccupazione nei suoi confronti, ma detestava il
fatto che lui non volesse comprendere le sue ragioni e continuasse a trattarla
come una incompetente.
<< Volevi
tenermi sotto una campana di vetro per sempre? >> disse, << Fare in
modo che dimenticassi tutto, che cancellassi il mio passato? Lo volevo anche io. Anche io volevo
dimenticare Challagher e tutto quello che è successo,
ma ci sono riuscita solo in parte. Lo devo a te, e di questo ti sarò per sempre
grata. Ma non posso vivere aspettando sempre che
qualcuno venga a salvarmi. E non posso nemmeno negare che correre mi piaccia
ancora. Sto solo cercando di crescere, di affrontare quello che ho dentro
facendo qualcosa di utile, e forse anche con un po’ di egoismo. E’ pericoloso,
ma sto imparando a cavarmela da sola… Dovresti capirlo, questo >>.
Xander la guardò, gli occhi azzurri profondi in cerca di qualcosa sul
suo viso. Si era sforzato di stare zitto, fino a quel momento.
<< No, non
capisco Irina >> disse alla fine, stancamente, << Non capisco
perché tu debba fare qualcosa di così avventato solo perché ti vuoi liberare
del tuo passato… Credevo che il problema maggiore fosse superato, che stessi
vivendo la vita normale che volevi. Non volevo certo isolarti dal mondo, ma mi
ricordo quanta fatica abbiamo fatto per cancellare il dolore che ti teneva
sveglia la notte… >>.
Irina scosse il
capo. Xander non capiva, non capiva
perché la sua preoccupazione principale era quella che non si facesse male, che
non soffrisse, che non avesse di nuovo paura. La stessa che aveva avuto lei
all’inizio, quando aveva dovuto decidere se accettare
la proposta di McDonall o meno; ma quando la missione
era cominciata, aveva capito che non poteva sperare che tutto andasse sempre
bene, che non ci fosse mai nulla di cui avere paura… Faceva parte della vita
stessa, non si poteva negare. E capiva perché Xander
la pensava così, perché su quello erano di due opinioni contrastanti: venivano
da due mondi diversi, mondi opposti che solo per caso si erano incontrati in
loro due. E con dolore se ne era resa conto e ne era
consapevole.
<< Xander… >> disse lei, a bassa voce, << Mi
dispiace che tu non riesca a capire, ma io sono una pilota clandestina, e tu un
agente dell’F.B.I., questa è la verità. Tu non hai un
passato che può venirti a cercare, e se anche lo avessi
non sarebbe sicuramente come il mio. Correvo perché mi piaceva farlo,
gareggiavo perché ero brava a farlo… Tutto il resto è stata
una conseguenza. Tutto il resto era in più. Tu fai questo lavoro perché hai uno
scopo, perché farai del bene, e anche perché un po’ ti piace. Ma io, io ero una pilota clandestina, e non posso
cancellarlo >>.
Xander la guardò.
<< Vuoi dire
che se non ci fosse stato Challagher, avresti
continuato? >> chiese.
Irina abbassò lo
sguardo.
<< Forse, Xander… Ma in quel caso le cose sarebbero state molto
diverse >> rispose.
Nella stanza piombò
il silenzio, un silenzio strano per due come loro.
C’era un muro a dividerli, in quel momento, a tenerli chiusi nei loro mondi che
sembravano non volersi più incontrare.
Eppure Irina sapeva
di aver appena detto la verità, che era davvero quello
che sentiva. Era entrata nelle corse clandestine perché era stata obbligata, se
lo era sempre detto, ma era certa che se non ci fosse
stato Challagher, sicuramente ci sarebbe stato
qualcun altro. Ci sarebbe comunque arrivata, alla fine, se lo sentiva. Amava le
auto già prima di diventare Fenice, e il passo non era troppo lungo. Prima o poi, in strada ci sarebbe finita.
Ma quello non
cambiava ciò che provava per Xander: se anche si
fossero incontrati in circostanze diverse, si sarebbe comunque innamorata di
lui. Molto probabilmente anche se lui avesse avuto il compito di arrestare
proprio lei. E poteva anche dire di essere contenta di aver passato tutto ciò
che aveva passato, visto che lo aveva portata a lui. Aveva
accettato il fatto che partisse, andasse a rischiare
la vita e poi tornasse, anche se era doloroso. Non gli aveva chiesto di
smettere, perché sapeva che era come imporgli di non respirare. Lo aveva
accettato, perché lui non poteva accettare per una
volta ciò che stava facendo lei?
<< Non… Non
hai avrei mai pensato che potessimo trovarci in una situazione del genere
>> mormorò Xander, e sembrava triste. << Ma… Irina, io comincio a non riconoscerti più >>.
La ragazza si
abbassò su di lui, cercando di apparire tranquilla, anche se quella frase l’aveva
turbata.
<< Eppure è
così che mi hai conosciuto, ricordi? >> disse a
bassa voce, << E’ così che mi hai visto la prima volta. Non ero Irina,
ero Fenice… Eppure ti sono piaciuta lo stesso, no? >>. Aggiunse
scherzosamente.
Xander scosse il capo.
<< Irina…
>> iniziò.
Lei gli prese il
volto con le mani, costringendolo a guardarla.
<< Xander, tu vai in giro a catturare pirati della strada e
criminali, e non ti ho mai detto di non farlo >> disse,
<< Eppure ti amo lo stesso, anche se a volte fai il presuntuoso e il
viziato. Ti amo e continuerò a farlo qualunque siano le scelte che farai nella tua vita >>.
Xander sospirò. << Anche io ti amo Irina, ed è per questo che mi preoccupo in
questo modo per te >> disse, << Cercherò di rassegnarmi, se è
questo che vuoi >>.
Irina sorrise e lo
catturò in un bacio.
Spazio Autrice
Allors… Bé, notare che
tra i nostri due eroi ultimamente le discussioni si fanno frequenti. Brutto
segno? Forse… Che ne pensate, voi?
Per il resto,
capitolo poco movimentato e di transizione, quindi non c’è molto da dire:
William è a Londra, Nina sembra sempre più interessata a Xander.
Sono poche le novità, mi rifarò con il prossimo.
Ringrazio
annalisa70, marty89 e naturalmente Smemo92 per aver recensito e le invito a
continuare a farlo! Un bacione a tutti voi!