Era da maggio che non
aggiornavo!
Comunque, ce l'ho fatta a
scrivere questa oneshot. È la prima volta che parlo dei
Vizard
(quasi tutti ci sono, eccetto Hacchi) e di Shuhei Hisagi, qui nella
parte di un ragazzo padre.
Al solito, parto con gli
avvertimenti che qui è presente del cross dressing (ossia di
uomini
che si vestono da donne) ma tutto a livello demenziale. A differenza
della prima oneshot, questa ho cercato di puntarmi più sul
lato
comico che introspettivo.
Vi auguro buona lettura, e
spero nel vostro giudizio (positivo e non)
Al solito, ringrazio
Loucylla per il betaggio!
Desire Number 2 “make a good impression” (Vizard and Shinigami)
“Dove sono le
patatine?!”
“Sul tavolino...”
“Sul tavolino dove? È
pieno di roba...”
“Vicino alla pizza, dai
Shinji, lo sai!”
“Uff, la tua cafonaggine
è storica, Kensei”
“La volete piantare
tutti e due? Non riesco a sentire un accidente”
Tre uomini.
Tre uomini attendevano che
il tempo scivolasse via dall'orologio appeso al muro, seduti con fare
svogliato su di un divano sporco di briciole e macchie strane,
guardando una partita di calcio attraverso un vecchio televisore
pieno di polvere e ninnoli vari.
Tre uomini che convivevano
in quell'indecenza di appartamento, passando le serate tutte nello
stesso identico modo.
L'ultimo ad aver parlato,
con tono aspro nonostante l'evidente pigrizia di attendere una
determinata ora, era stato il più giovane della compagnia
presente
in quel piccolo appartamento pieno di fin troppi coinquilini.
“Hisagi, vaffanculo”
“Si Shuhei, vai a quel
paese”
il ragazzo apostrofato in
malo modo da quei due suoi inquilini tutt'altro che angelici,
borbottò verso di loro l'ennesima parolaccia prima di
sprofondare
maggiormente su quel divano sfondato.
Tutta la stanza, il
soggiorno, era inondato dall'unica luce offerta dallo schermo
colorato con i suoi programmi noiosi e dall'audio antiquato. Era come
se al posto della classica sfera a specchietti di una discoteca, ci
fosse quel vecchio catorcio a rendere più colorato
l'ambiente.
Ma nessuno dei tre aveva
tempo, e motivazioni, di sistemare quel vecchio appartamento
squallido.
Campavano di lavoretti
part-time di giorno, mentre alcuni come Yumichika e Ikakku –
pure
loro inquilini di quell'appartamento – lavoravano solo di
notte
riuscendo così, tutti quanti, a gestirsi sui turni di riposo
per
sfruttare i pochi letti presenti e pagando l'affitto per quel buco di
appartamento.
Pochi letti che non
appartenevano in modo fisso ad ognuno di quei ragazzi, eccetto un
solo letto addossato ad un muro, pieno di pupazzi e libri per
bambini, dalle lenzuola sempre pulite.
Almeno quello non andava
toccato, dato che li ci dormiva il figlio di Shuhei.
Storia bizzarra questa. E
Kensei la rimembrò nell'esatto momento in quel moccioso,
dall'età
ormai di quattro anni, gli passò davanti tutto allegro con
un
trapano a pile tra le manine.
Esattamente come tutti i
presenti li in mezzo, ignorò la figura del piccoletto dai
capelli
sbarazzini, limitandosi unicamente ad avvertire il padre del piccolo,
di quello che stava accadendo. Ma sempre e comunque, con tono
svogliato e disinteressato.
“Hisagi, tuo figlio ha
un trapano in mano”
“Figliolo... Mettilo
giù...”
Non vi era molta
convinzione nella voce paterna e nonostante dalla cucina
arrivò uno
squillante “si babbo”, nessuno era disposto a
credere al bimbo.
Muguruma un tempo era
decisamente più critico nei confronti di Shuhei, e se il
bambino ora
viveva con il padre e non in un posto ben peggiore tipo una casa
famiglia, era perchè lui lo aveva convinto con le buone.
Shuhei era sempre stato un
idiota e per quanto alle volte ce la mettesse davvero tutta, alla
minima difficoltà, se si ritrovava da solo era totalmente
perduto.
Bene, esattamente quattro
anni fa, il ragazzo con la faccia da schiaffi peggiore della sua,
aveva fatto la cazzata di intrigarsi in una relazione clandestina con
una donna sposata. Ricca per giunta. Moglie di un giudice per di
più.
Aveva notato spesso che il
ragazzo faceva fin troppi straordinari come
elettricista. E
che spesso saltava gli allenamenti in palestra che si era prefissato
con lui – l'unico ad avere un lavoro valido come istruttore
di boxe
li in mezzo, era Muguruma – solo ed esclusivamente per andare
a
trovare la sua bella. Ci vollero un paio di birrette per fargli
sputare fuori il rospo e, a momenti, quasi si mise a piangere per
essere stato così meschino da tradire il segreto che aveva
sigillato
con quella donna.
Kensei ricordava i volti
stupiti dei ragazzi – da quello contratto dallo stupore di
Ikakku,
fino all'elegante perplessità di Yumichika – dato
che nessuno li
si aspettava che il “piccolo Shuhei” fosse
così tanto scaltro,
oppure così tanto coglione se si guardava nell'ottica del
pugile.
Hisagi ebbe comunque
ancora modo di piangere, quando quella donna, dopo non essersi fatta
vedere per ben quattro mesi, gli consegnò quasi come un
pacco
postale il frutto del loro peccato.
Lei di quel bambino “non
ne voleva sapere” perchè a quanto pare lei
“amava ancora il
marito” e per tanto se era rimasta incinta, era solo per
colpa
dell'elettricista che si scopava quando il marito non era in casa.
Un'altra persona
smidollata assieme a Hisagi per lo scettico Kensei, che ben
pensò di
“aiutare” il suo allievo a prendere una decisione
che, per paura,
non avrebbe affatto preso.
“Ragazzo, o prendi in
casa quel moccioso e ti comporti da uomo una volta tanto, oppure
queste nocche si stamperanno a vita sul tuo bel faccino!”
Diamine,
le minacce erano ciò che riuscivano meglio a Muguruma. Ed
incredibile ma vero, lo aveva convinto con così tante belle
parole a prendersi le proprie responsabilità.
Chiaramente,
dato che alla fine erano un gruppo di maschi disorganizzati che non
sapevano farsi nemmeno una lavatrice, la creatura venne allevata da
una presenza femminile. Almeno per i primi due anni di vita.
Mashiro
Kuna era una loro vicina di pianerottolo. L'unica ad essere
onesti. E a Kensei non andava particolarmente a genio la ragazza.
Era
una tappetta scalmanata che sprizzava energia da
tutti i pori,
risultando per lui – dai rinomati fragili nervi –
veramente
irritante e alle volte ingestibile. Tuttavia rimase sorpreso, come
tutti gli altri ragazzi, della sua offerta di fare da levatrice
al marmocchio.
E sarà
stata una rompiscatole finché si voleva, una che ascoltava
la radio
a tutto volume esasperandoli ma alla fine, in quel mestiere era
davvero capace. Il pugile non aveva mai visto nessuno così
paziente
come lei ai pianti incessanti di quel moccioso; alla
neutralità con
cui gli cambiava il pannolino e alla incredibile pazienza nel dargli
da mangiare.
Schivando
fulminea i cucchiaini di omogenizzato che lui tirava a destra e a
manca. Anzi, trovando pure divertente quel gioco infame.
Infame
perchè toccava spesso e volentieri a Hirako pulire casa,
dato che
lui essendo un tipetto con l'evidente puzza sotto il naso, non
sopportava di vedere troppe macchie in giro.
Il
breve giro di pensieri dell'uomo, venne però interrotto da
un gran
fracasso proveniente dalla cucina.
Un
rumore, preceduto prima dal baccano di un trapano che andava a forare
un muro, seguito poi da quello di una mensola che cadeva portandosi
dietro tutto il pentolame di casa. Padelle, pentole, mestoli di rame
e pure qualche bicchiere che si infrangeva. Tutto nell'arco di pochi
secondi.
Ma
nessuno dei presenti, volle preoccuparsi di quell'ennesimo disastro.
Continuando a guardare svogliati la televisione.
Solo
dopo un po', Hisagi si interessò della cosa, pur continuando
a
guardare l'elettrodomestico come gli altri coinquilini.
“Yo,
figliolo. È tutto a posto?”
“Si
babbo!”
Dalla
voce della creatura si poteva capire che non si era fatto nulla, un
po' meno forse si poteva dire dell'arredamento della cucina. Un
ennesimo disastro che portò Shinji Hirako a sbuffare seccato.
“Diamine
Shuhei, perchè non insegni un po' di bon-ton a quella
peste?”
“Shinji...
Fatti gli affari tuoi che è meglio. Bontton...
Ma
senti questo...”
“Guarda
che sono due frasi separate! E avremo bisogno di sfoggiare bon-ton a
raffica stasera!”
“Ma
cari miei – si intromise improvvisamente il pugile
– se
continuiamo a starcene qui a non fare un cazzo, dubito che andremo a
questo festino”
“È
una festa di gala Kensei!! Una festa di classe! P-possibile che voi
due siate così trogloditi da non comprendere la differenza tra...”
“Shinji,
ci saranno gnocche
e
droga a fiumi da Aizen questa sera. Dubito che ci
sia poi così
tanta differenza! Cazzo!”
In
effetti non aveva tutti i torti.
L'ex
socio in affari di Hirako infatti, Sosuke Aizen, era noto per i suoi
metodi amministrativi piuttosto spicci, per non dire quasi illegali.
E
parecchio tempo fa i due erano, appunto, soci in affari nel gestire
quello che era uno tra i palazzi più eleganti e antichi
della città.
Fu dunque un brutto colpo per Shinji essere liquidato con disarmante
e stavolta legale, facilità dal caro
Aizen.
In
poco tempo il biondo perse tutto. Soldi e un lavoro che gli dava
più
che la semplice pagnotta da mangiare. Divenne insomma, un poveretto a
tutti gli effetti, trovandosi in un appartamento assieme ad altri
scansafatiche.
Incredibile
la forza che possono avere l'astuzia di una mente criminale, che ben
conosce la legge e la sa usare a suo totale piacimento.
Tuttavia,
nonostante anni di silenzi, quella sera era successo che l'ex socio
di Shinji aveva espresso desiderio di riappacificarsi con lui per
tutti i torti inflitti.
Cosa
insolita, cosa davvero molto insolita per uno come Aizen. Che ti
chiedeva “scusa” solo per, magari, pugnalarti
meglio in mezzo
alle scapole. I ragazzi avevano ammonito Shinji a non dar retta a
quella lettera dalla bella grafia, dove con toni morbidi si
invitavano i presenti a tale festa e dove si sarebbe visto una
fornitura di abiti da gala da parte di Aizen stesso.
Una
consegna a domicilio che tardava ad arrivare però.
Ma
nonostante l'ovvia trappola tesa, Shinji consapevole aveva comunque
accettato. Sotto lo sguardo scettico dei suoi compagni, si era
limitato a scrollare le spalle con noia e a pronunciare:
“Tanto, più in basso
di così non possiamo cadere. E poi conoscendolo, gli daremo
più
soddisfazione non assecondandolo che a fare l'incontrario. E poi...
Ragazzi, c'è il sushi gratis!”
Più
che mostrare il proprio culo sfondato e fare la figura dei pagliacci,
a convincerli fu il fatto di mangiare a gratis roba che a stento
potevano permettersi. E cosa non da poco, adocchiare pollastre belle
come dive.
Nel
caso di Shinji, solo il cibo.
Ma
ancora una volta, a interrompere la quiete dei tre uomini furono dei
versi spaventosamente aggressivi provenienti direttamente dal
pianerottolo.
Di
norma, nessuno dei presenti si sarebbe scomodato a voltare la testa
verso la porta, tuttavia quel frangente si dimostrò
particolarmente
insolito.
Perplessi,
Shinji, Kensei e Shuhei, guardarono la vecchia porta dai tanti
catenacci che letteralmente vibrava ad urla di odio e di imprecazioni
varie. Magari poteva essere l'ennesima lite tra vicini, ma quella
voce – accompagnata da una più pacata che con noia
invitava alla
calma – i tre la conoscevano bene.
Una
voce che si apprestò ben presto ad avere un corpo, quando,
in barba
ai tanti catenacci, la porta venne letteralmente spalancata da un
calcio pieno dì odio e risentimento.
“'Fanculo
ai catenacci...” borbottò Kensei.
Ikakku
Madrame quando ci si metteva era davvero un gran coglione. Il
peggiore di tutti nonché grande attaccabrighe assieme al suo
amico
esteta Yumichika.
Un
ragazzo decisamente effeminato presente alle spalle di Madrame, che
in silenzio e con le braccia incrociate, lasciava che l'amico
sbollisse i suoi bollenti spiriti urlando come un folle.
“Quell'infame!
Quel porco bastardo vuole fotterci!! vaffanculo Shinji! Io non ci
vado a sta' cazzo di festa con questa roba schifosa!!”
tra le
mani, il ragazzo dalla testa più lucida di una palla da
bowling
possedeva uno scatolone scartato di fresco la cui bolla citava
chiaramente il loro indirizzo. Con gran fatica poi, Ikakku
sbatté
con rabbia suddetto scatolone nel bel mezzo della stanza, attirando
così del tutto l'attenzione degli amici.
“Madarame,
lavati la bocca quando parli...”
“Vaffanculo
Shinji, ok?!”
“Ikakku,
temo che Hirako abbia ragione. Ti stai scaldando per nulla. E quando
fai così sembri solo una scim...”
“Taci
tu! Io questa roba non la indosserò mai! Forse a te
piacerà... Ma
io per la cronaca sono un uomo!”
Una
battuta che doveva sembrare seria e autoritaria, scatenò
invece una
parziale ilarità in Ayasegawa. Portandolo a portarsi una
mano in
bocca per soffocare le crescenti risate.
“Ma
smettila! Sei talmente uomo che le donne scappano da te. E poi vieni
a spiare nel mio cellulare quante amiche
ho!”
la
rabbia montò ancora nel corpo di Ikakku, divenendo paonazzo
di
rabbia.
“Q-questo
non è vero! Sbirciavo solo i giochini
che hai e...”
“Adesso
piantatela!! E diteci cosa c'è che non va!!”
Ancora
una volta, la voce stentorea di Kensei ebbe la meglio sullo
starnazzare degli altri. Zittendosi tutti, l'attenzione finalmente
venne catalizzata sullo scatolone incriminato.
“Va
bene... Vuoi sapere che cosa c'è che non va? Allora eccoti
servito,
stronzo!”
Con
rabbia repressa, Ikakku dette un calcio al contenitore di cartone,
facendolo ribaltare e svuotare del suo preziosissimo contenuto.
Ciò
che catalizzò l'attenzione dei presenti in quel preciso
momento, non
fu tanto il gesto d'ira del ragazzo, ormai ampiamente giustificato,
quanto per l'osceno contenuto di dubbio gusto.
Aizen
aveva detto che a fornire a loro abiti da gala ci avrebbe pensato lui
stesso. Ed evidentemente, quello che i due ragazzi avevano trovato in
portineria una volta tornati dal lavoro, era il famigerato pacco che
il buon imprenditore aveva spedito loro.
Ma
all'interno, con sommo disgusto dei presenti, vi erano solo squallidi
abiti che di femminile avevano solo lo spauracchio.
“Mio...
Dio...”
“Esatto
Shuhei, questa merda ce l'ha spedita Aizen per farci fare la figura
dei coglioni!”
Ora
era tutto chiaro, dannatamente più chiaro. E le parole di
Madarame
non parvero più così senza senso tipiche di una
bestia priva di
controllo.
Più
di una faccia schifata si stampò sul volto dei presenti,
mentre con
cautela esaminavano quegli abiti indegni addirittura per una drag
queen consumata, constatando che erano tutto meno che indumenti
usciti da una lavanderia.
Al
gruppo di perplessi uomini si aggiunse poi la figura del figlio di
Hisagi, che parve essere l'unico a trovare belli quelle schifezze da
bordello di serie “C”.
“Mio
dio – borbottò sconvolto Yumichika –
sono veramente orrendi.
Sono senza classe e questo materiale è scadente! Ikakku...
Senti qui
che stoffa orribile”
“Genio,
tienimi quella roba lontano! Non mi metto questo schifo per nulla al
mondo!”
Alla
fine dei conti e dopo una rapida occhiata, solo un paio di indumenti
si potevano definire degni di essere chiamati tali.
Un
abito da geisha, già in mano a Yumichika purtroppo, ed un
altro
scuro da gothic lolita anche quello sfortunatamente già
indicato dal
moccioso al padre.
Che
cosa dovevano fare a quel punto? Metterseli?
Onestamente,
in molti li erano decisamente contrari ad indossare quelle schifezze
che puzzavano di muffa, persino lo stesso Kensei ribolliva di rabbia
nello stropicciare un abito rosa con le sue grandi mani.
“No...
Sentite! Direi di lasciar perdere perchè...”
“Allora ragazzi,
vogliamo andare?!”
Nonostante
ormai i ragazzi avessero decretato l'annullamento alla festa,
sconfortati più che mai per quell'ennesima presa per il culo
da
parte di un destino avverso, Shinji se ne uscì con qualcosa
che li
lasciò tutti – ma proprio tutti – a
bocca aperta per lo stupore
misto a shock.
Il
biondo, nel frattempo che quei perditempo discutevano sconvolti per
quei vestiti orrendi, si era cambiato d'abito indossando un orrendo
costume da popstar con tanto di microfono accessoriato.
Un
abito da scena decisamente orrendo, dai pizzi audaci di un intenso
color fucsia e dai tanti cuoricini ricamati, indosso ad una persona
slanciata come lui e decisamente maschile, donavano una idea
totalmente errata di essere umano.
“Ma
per che cazzo... Ti sei conciato a quel modo?!”
A
sbottare indignato, spezzando così un gelido silenzio
interrotto
solo dalle piccole risate del bambino, ci pensò ancora una
volta un
irritato Ikakku.
Ma
Shinji, che si limitò in un primo momento a scrutare con
noia i
presenti, fece spallucce prima di parlare.
“Beh,
non andare alla festa sarebbe proprio quello che Aizen vorrebbe da
noi. E lo dimostra il fatto che ci abbia spedito questa.... Roba,
ecco. Mettendoceli e andandoci, gli dimostreremo il contrario. E io
non ho nessuna intenzione di farmi inchiappettare... Non da
lui...
Si ecco... Avete capito no? E poi questo abito si addice ai miei
splendidi capelli!”
A
quelle parole si portò con stizza una mano tra i suoi lunghi
capelli
dorati, smuovendoli come una diva seccata dalla presenza ingombrante
di troppi paparazzi.
Più
di una faccia perplessa si evidenziò tra i presenti, mentre
i minuti
di silenzio si susseguivano e il povero Shinji iniziava a puntellarsi
sui tacchi alti per il nervosismo crescente. Per quanto lo
nascondesse con uno sguardo ebete al punto giusto.
Ma
dopotutto, dopo un lento e contorto pensiero che costò
più di un
nervo, i ragazzi constatarono che alla fin fine Hirako aveva ragione.
“Direi...
Direi che Aizen ci ha infinocchiato tutti quanti, quindi sarebbe da
vigliacchi non andarci... Che ne pensate ragazzi?”
Fu
Shuhei a parlare, anche se con un tono di perplessità nella
voce un
po' traballante. Ma le sue mani erano ben strette su quell'abito
notato in precedenza, quasi timoroso che uno degli altri ragazzi
potesse sfilarglielo via dalle mani.
Solo
Ikakku e Kensei si ritrovarono ancora disgustati da quella scelta. Ma
dato che persino Yumichika indossò quell'abito da geisha in
perfetto
silenzio – serio come un guerriero che si mette l'armatura
–
riluttanti alla fine cedettero a vestirsi da transessuali.
Era
uno schifo, era davvero un autentico schifo. Ma quel lavoro sporco
andava comunque fatto.
Quindi,
nonostante tutte le profanazioni mentali che Kensei si ripeteva
mentalmente gonfio di rabbia, con una certa fatica riuscì ad
entrare
nel suo abito rosa da fatina (a Ikakku invece, era toccato un candido
abito da sposa).
Era la
rabbia cieca quella che lo portava a stringere convulsamente la
bacchetta di plastica sbrilluccicosa con tanto di
stellina che
si illuminava, tuttavia arrivato a quel punto non poteva fare altro
che aggregarsi al gruppo di straniti – incazzati –
ragazzi e
andare alla festa.
Che
poi, si ripromise mentalmente di sputare almeno un centinaio di volte
nel ponce del cocktail appena avuta l'occasione. Oltre che farla
pagare a Shinji riempiendolo di botte si intende.
Ma per
quel momento, tutti i presenti si apprestarono tra velate polemiche e
i soliti inconvenienti – tipo “ricordarsi le
chiavi” o “i
soldi per la metro” - uscirono un po' per volta
dall'appartamento
senza curarsi di chiudere la porta.
E
senza curarsi del bambino presente al suo interno.
“Ohi
ragazzi! Ehi... Shu... Shuhei! Il
moccioso?!”
Perplesso,
Muguruma chiamò a gran voce Shuhei per il pianerottolo delle
scale,
senza però che il ragazzo gli desse retta. Troppo impegnato
a
lamentarsi con gli altri che a fare il padre come dovrebbe.
“Fottuto
idiota...” mugugnò ancora il pugile, sempre
più scuro in volto.
Osservando
di scorcio la porta aperta dell'appartamento, vide chiaramente il
moccioso che tutto allegro gironzolava per casa con un estintore
rosso tra le mani. Stringendoselo forte al petto come un pupazzo, non
osava immaginare cosa ci avrebbe fatto con quello.
Per
questo, non volendo avere altri disastri sulla coscienza, oltre
all'umiliazione di essere conciati a fatina, volle assicurarsi che
qualcuno badasse al marmocchio. Andando così a bussare alla
porta di
Kuna che distava da loro di due passi. Urlando a dei ragazzi ormai
distanti però, di non lasciarlo indietro e di aspettarlo.
Dopo
almeno tre potenti sferzate ad una porta che non si decideva ad
aprirsi – ritrovandosi ben presto con le nocche doloranti
– ad
aprire finalmente al giovane pugile ci pensò una ragazza
alta quanto
uno scricciolo e due piedi.
Mashiro
era una ragazza minuta, dal gusto di vestire un po' retrò e
con una
energia e forza che alle volte lasciava davvero impallidire. Nessuno
lo avrebbe mai detto ma quelle esili braccia nascondevano una forza
pari quasi a quella di Kensei, altra motivazione questa che la
portava a mostrarsi un po' “antipatica” al ragazzo.
Per
giunta, cosa che lo fece irritare non poco e principale causa del suo
pestaggio ad una porta, la giovane aveva due cuffiette di una
radiolina attaccata alla cintura con musica a tutto volume per la
gioia dei suoi timpani.
“Ohi
Kensei!! Che bello, perchè sei qui? E perchè sei
vestito così??
Vai ad una festa? Un party? Mi vuoi invita...”
Le
strappò di dosso le molli cuffiette scuro in faccia,
attirandosi
così una sua silenziosa attenzione un po' crucciata.
“Il
solito antipatico!”
“Sentimi
bene, ho bisogno di un tuo... Favore estremo!”
“Che
favore pervertito? Perchè sembri proprio
un pervertito
vestito così... Vai ad una festa di pervertiti?”
“Ohi!!
Sen... – si bloccò appena in
tempo prima di dirle su in
modo spiacevole, aveva bisogno di lei per il bambino –
…Stammi a
sentire, ho bisogno che tu badi al bambino mentre noi siamo fuori.
Per favore Mashiro”
Le
parole uscirono fuori dalla sua bocca a fatica. E tanto più
che il
silenzio si prolungava, tanto il nervoso di Kensei cresceva a causa
di una sciocca che lo fissava e non rispondeva.
“Stare
dietro a Shuhei junior? Roger! Nessun
problema!”
La
risposta affermativa venne data con un perfetto saluto militare, che
nonostante tutto portò sollievo all'orrenda fatina. Ora
poteva
rincorrere i ragazzi giù per la tromba per le scale,
tentando di non
inciampare a causa dell'ingombrante vestito e giurando vendetta verso
Aizen e Shinji per la bella trovata di quella sera.
Avrebbe
mangiato sushi fino a vomitare, garantito.
[…]
Una
sferzata di vento caldo portata dall'ennesimo vagone in corsa, si
abbatté tra le colonne di cemento della stazione
metropolitana,
smuovendo gli abiti autunnali delle persone in attesa sulla banchina
come una piccola tempesta.
Rōjūrō
“Rose” Ōtoribashi accolse quella nuova folata
tossica con un
lieve disgusto che gli fece arricciare le labbra e allargare le
narici, in un gesto impulsivo.
Un
puzzo insopportabile di olio da motori bruciato e aria viziata che
gli solleticò il naso e gli scompigliò i lunghi
capelli biondi, lo
portarono a voltarsi verso il bianco muro piastrellato della stazione
per smorzare l'ennesimo starnuto. Il gesto non venne quasi calcolato
da nessuno dei presenti, tanto abituati alle allergie di Rose da non
farci più tanto caso.
Solo
Love Aikawa si voltò verso l'amico per constatare il suo
stato di
salute, pur sapendo che non vi era nulla da temere.
“Ohi,
è tutto a posto lì...?”
“Ahhh....
Stavo meglio prima, invero”
“Staremmo
tutti meglio, se quei buffoni arrivassero in
orario una volta
tanto!”
A
interrompere i due uomini, ci pensò una ragazzina poco
più che
maggiorenne che rispondeva al nome di Hyori Sarugaki.
La
giovane, dall'abbigliamento insolitamente punk composto da una gonna
a scacchi rossoneri e da parecchie borchie, portava in grembo quello
che era un vistoso trombone dorato, con una certa
stizza.
Accanto
a lei ma in piedi invece, una giovane donna si rigirava tra le mani
un flauto con disinteresse, mentre in tutta
tranquillità si
leggeva quello che era un libro dai contenuti espliciti.
Non
faceva mistero Yadomaru Lisa, di apprezzare e guardare in sito
pubblico materiale dall'ovvio contenuto erotico.
Era
materiale che lei reputava semplicemente affascinante e niente di
più, nonostante i suoi amici arricciavano il naso e le
davano il più
delle volte della pervertita.
“In
ritardo o no – concluse l'intervento la donna, chiudendo di
scatto
il libro – sono curiosa di vedere quale regalo Aizen ha fatto
a
quelli...”
In
un modo o nell'altro, anche loro avevano avuto a che fare con Aizen e
con le sue trappole. Anche se non direttamente come Shinji, avevano
fatto parte del vecchio staff amministrativo, prima di venir segati
via di punto in bianco.
Poi
dopo anni di silenzi, il vecchio capo si era fatto risentire spedendo
loro delle lettere, in cui li si invitava alla sua rinomata serata di
gala per un'ufficiosa riconciliazione.
Peccato
che ad ognuno dei presenti li in quella banchina di cemento, il sommo
Sosuke avesse spedito strumenti musicali ignoti per i più.
Avrebbero
potuto lasciar perdere e risparmiare i soldi per quel viaggetto
assurdo, ma fu Shinji stesso a convincerli ad accettare. Anzi, che
sarebbe stato peggio declinare l'invito dandogli così
maggiore
soddisfazione, invece che mostrargli tenacia e farlo innervosire di
brutto.
Ad
ogni modo, si erano dati appuntamento in quella stazione. E il
ritardo era già mostruoso.
“Ma...
Ma magari sono a piedi”
“Oh,
via Rose! Se vogliono, quelli il culo lo sanno muovere
eccome!”
“Hyori,
sei decisamente sboccata per la tua età. Poi non mi
sorprende che i
maschi ti fug...”
“Taci,
cappellone!!”
A
quella voce così prepotente, Love non poté fare
altro che allargare
lievemente le braccia spazientito,chiudendo li la discussione. In
effetti non doveva essere bello tenere in braccio un trombone
gigantesco, oppure la sua acidità era dovuta ad una perenne
crisi
ormonale. Chissà.
Ma era
la cugina di Shinji, quindi se era anche
così, una parte
della colpa apparteneva anche a quel deficiente ritardatario.
“Però
sono comunque curioso di vedere cosa Aizen ha dato a loro... Io che
me ne faccio di una viola senza corde? Andiamo...
È ridicolo”
Il
biondo estrasse dalla custodia nera quella che era una raffinata
viola in cedro scuro. Rose era bravo a suonare il violino e comunque
era un musicista versatile. Aveva avuto occasione di provare svariati
strumenti, dal pianoforte al clarinetto, ma uno strumento a corda
senza corda... Quello no.
“E
io cosa dovrei dire di questo banjo?”
In
risposta, Love sollevò con fare scettico la piccola
chitarra, non
attirando troppa attenzione tra gli amici esasperati. Di tutta
risposta invece, ci fu un avvenimento tanto aspettato quanto
insolito.
Dall'ingresso
2B scesero finalmente quelli che erano i loro amici, attirandosi
addosso le peggio occhiate dalla gente circostante sia sulla
gradinata che sulla banchina. Diretti, quasi spediti, verso un gruppo
di conoscenti ignari.
“Ragazzi...
Guardate un po' chi sta arrivando”
“No...
Cazzo, ditemi che quello non è Shinji!!”
“Invece
sembra proprio essere tuo cugino, vestito da pervertito per
giunta”
Sembra
che la cosa non ti dispiaccia neanche un po' Lisa, aggiunse
mentalmente Love senza però intromettersi nella discussione.
Ma sia
lui che Ōtoribashi
erano abbastanza pietrificati dal disgusto nel vedere i ritardatari
conciati come dei transessuali falliti.
Solo
quando quei mentecatti furono abbastanza vicini, Love decise di
indignarsi con Hirako e Kensei.
“Ma
come... Come caspita vi siete conciati?! Che avete nella
testa?!”
“C'è
che abbiamo ricevuto gli abiti da Aizen, grande genio! Ti pare che io
mi metta questa merda addosso?!”
“N-no,
tu magari no Kensei – Love puntò lo sguardo su
Shinji che ricambiò
stizzito – ma si può sapere perchè
diavolo ve li siete messi?!
Siete ridicoli!”
“Non
mettere il coltello nella piaga Aikawa! Indossare questi tacchi
è un
tormento... Ma non voglio darla vinta ad Aizen!”
Shinji
si mosse a disagio sui tacchi alti di quelle scarpe laccate di rosso,
senza però risultare del tutto convincente a chi era
presente.
Lisa
si limitò a riaggiustarsi gli occhiali, Rose a soffiarsi il
naso e
Hyori infine, a sbottare incazzata.
“Ma
voi siete pazzi! Pezzo di deficiente di un cugino! Come hai potuto
conciarti a quel modo?! E i tuoi amici poi a fare
altrettanto!”
Squadrò
per bene tutti gli altri presenti che ormai parevano essersi abituati
a quegli abiti schifosi.
Da
Yumichika vestito da geisha intento a sventagliarsi in faccia un po'
di aria fresca con un raffinato ventaglio, a Shuhei conciato da
gothic lolita impegnato a grattarsi i capelli con noia, fino al
pelato del gruppo conciato da candida sposa. E a lui poi si rivolse,
con tono tutt'altro che educato.
“Te
poi perchè di sei messo quella giarrettiera in testa, eh?
Sembri un
pervertito!”
“Una
cosa? – Ikakku storse il naso a quelle parole ingiuriose,
prima di
replicare spazientito – no guarda ragazzina, ti stai
sbagliando!
Questa è una coroncina
di pizzo e...”
“Una
coroncina che si mette di solito sulle cosce. Sai, alcune mie amiche
se la mettono...”
A
interromperlo con una punta di ilarità, fu la geisha che
poco prima
si stava facendo gli affari suoi con una espressione a dir poco snob
in faccia, mentre ora se la stava sghignazzando sotto i baffi a
ricordo dell'episodio avvenuto in appartamento.
L'ennesimo
affronto che Madarame ricevette quella sera, ritrovandosi ben presto
ad urlare rosso in faccia ad un amico che non la smetteva di ridere
come un beota.
Per
tal motivo, ignorando quei due che discutevano per conto loro, Shinji
volle togliersi lo sfizio di fare una domanda al gruppo di
improvvisati musicisti.
“Beh,
comunque.... Com'è che a voi Aizen ha dato quella roba?
Perchè è
stato lui a darvela vero?”
“Sì,
è stato lui, ci ha dato degli strumenti in base al nostro
temperamento emotivo, almeno questo era ciò che diceva il
biglietto.
Ma non comprendo il motivo del perchè io abbia un
flauto...”
Dette
quelle parole Lisa si portò il flauto sotto il naso, come a
volerlo
annusare per studiarlo meglio.
Uno
strumento in apparenza fatto in avorio e finemente cesellato, poteva
anche trattarsi solo di una imitazione scadente. Ma non aveva
importanza, era il simbolo che era importante.
Per
i presenti, Lisa con quel flauto poteva farci solo una cosa...
“Si
però a me ha spedito questo coso ingombrante! Un trombone!
Che me
faccio io di sto' schifo? Non lo so usare! E come fa a
rappresentarmi??”
Hyori
si alzò in piedi dalla panchina metallica con un po' di
fatica,
portando in avanti lo strumento musicale ancor più incazzata
di
prima. Il cugino, di tutta risposta, piegò di lato la testa
con
espressione ebete.
“Magari
te lo ha dato perchè sei dannatamente chiassos...”
Non
fece in tempo ad ultimare la frase, che la ragazza, incazzata nera,
gli dette un calcio ad una gamba al grido di
“vaffanculo” con
tutta la potenza dei suoi piccoli polmoni. Shinji si piegò
in due
dal dolore, iniziando a berciarle addosso e contribuendo
così
all'aumentare il caos nel gruppo e le occhiate strane dei passanti.
“Insomma
– sbuffò Hisagi ormai esasperato da tutto quel
casino – Aizen
vuol far fare la figura degli imbecilli anche a voi...”
“Invero,
a me ha dato uno strumento senza corde. Dovrei sentirmi
umiliato?!”
“E
io conciato da gothic lolita che devo dire? Guarda qua, ho pure
l'ombrellino di pizzo nero accessoriato!”
Aprì
l'ombrello davanti ai presenti per dare mostra delle sue vere parole,
riscuotendo comunque qualche “carino” di
consolazione.
“Se non altro la viola
ha più dignità di un banjo”
Borbottò Aikawa osservando Rose e
Hisagi parlottare per gli scomodi doni ricevuti.
Kensei a quelle parole un
pò risentite sbuffò seccato, anche
perchè avrebbe voluto lui
ricevere uno strumento, piuttosto che girare con quella roba
assolutamente vergognosa. Attirandosi sguardi tutt'altro che
desiderati di persone e di pervertiti.
“Love... Davvero, non so
più cosa pensare e non so se mettermi a piangere o a ridere
– si
massaggiò l'attaccatura del naso con l'indice e il pollice
prima di
continuare – ma ormai siamo partiti per la tangente quindi
vale la
pena andarci suppongo”
Era una situazione
assurda, ed era chiaro che quella sera il loro fato si sarebbe
compiuto. Nella buona e nella cattiva sorte, avrebbero ancora una
volta lottato per cambiare le cose anche se appariva come una
missione persa in partenza.
“E comunque, ohi
ragazzi! Da... Dannati bastardi! Smettetela di
spennarvi! La
metro è già arrivata!!”
Il pugile, sempre e
comunque si ritrovava a a doversi sgolare per farsi sentire da quelli
che parevano più dei pecoroni che un branco di amici di
vecchia
data.
Aveva ragione lui. E anche
se con un po' di fatica, tutti si accorsero del vagone arrugginito
che solcava le rotaie della stazione fino rallentare e fermarsi
sbuffando gas come un vecchio drago.
E per quella volta, quasi
in silenzio, entrarono nel mezzo mescolandosi alla calca delle
persone di ritorno a casa dopo una giornata di lavoro, in perfetto
silenzio come se stessero attraversando il fiume dello Stige.
Ci sarebbero andati alla festa. Ma con un unico desiderio nascosto che a stento, a causa della troppa vergogna, nessuno riusciva ad esternare come si deve. Perchè troppo assurda era la scena di un gruppo composto da musicisti squallidi e attrici volgari qual era il loro.
Qual era il desiderio nascosto dei presenti? Cercare di fare bella figura nonostante tutto.