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Autore: Maggie_Lullaby    18/08/2010    8 recensioni
Olive Monroe ha diciotto anni e da quando è nata vive nel Bronx, con una madre menefreghista, un padre assente e quattro fratelli a cui badare. Affoga i suoi dispiaceri nell'alcool, senza sapere che combinare della sua vita.
Poi, una sera, un'illuminazione, spontanea, come un fulmine a ciel sereno, un'idea che potrebbe cambiare totalmente la sua vita.
Nick Jonas è un diciottenne all'ultimo anno di liceo, chiuso in se stesso, senza nessuno con cui parlare, sempre chino sui suoi spartiti. Sì, perché lui scrive, scrive musica. Scrive vita. Scrive amore.
Joe Jonas è il cantante di una band hard rock della scuola, frequenta solo i membri del suo gruppo e a casa è assente, lontano. Vuole allontanarsi dal suo fratellino sfigato e dal maggiore pacifista.
Kevin Jonas va all'università, e sogna di rivedere a casa l'armonia di una volta. Ma, mentre aspetta, suona la chitarra.
Una storia d'amore, ma non l'amore che intendiamo noi. L'amore per una sola, unica, perfetta parte della vita di tutti noi...
La Musica.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi! (:

In ritardo ma ci sono, scusatemi ma non avevo ispirazione e tra la fine di Under The Moonlight da scrivere sono andata completamente nel pallone! Chiedo venia.

Ad ogni modo questo è ancora un capitolo di “transizione”, nel prossimo la storia comincia in modo vero e proprio, ma spero che vi piaccia comunque, avrete una presentazione generale della vita quotidiana di Liv e anche di Nick.

E senza rompervi ancora passo ai ringraziamenti... <3

noemi___lovelovelove: beh, non è esattamente “presto”, ma non importa, veero? XD Sono molto contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, spero sia lo stesso per questo qui (: Un bacio <3

Sbranina: amore della mia vita! *__* Le tue recensioni mi fanno morire, te l'ho detto u.u Prima o poi chiuderanno me in un manicomio e sarà tutta colpa tua! Per sdebitarti dovrai venire a trovarmi con tutti quei-pezzi-di-fighi che sappiamo noi u.u E non accetto “no”, come risposta! (: Ti voglio tanto bene <3

debby95: grazie mille per i bellissimi complimenti! *arrossisce* Davvero, te ne sono molto grata *___* Spero che ti piaccia anche questo capitolo, finalmente c'è una parte dedicata tutta a Nick (: Un bacio <3

_Kira_Perly_: tesoroo, ricorda che in questa fic l'amore non è uno degli oggetti principali, anzi!, è la musica l'amore della fic. Però, non sia mai che possa diventare improvvisamente sadica e fare come dici tu... o forse no u.ù A proposito noi dobbiamo ancora arrivare ai 100 commenti su facebook *convinta che ce la faranno* Un bacio <3

Hollie: nooo, mica tanto, sono solo due capitoli (: No, non era questa, è della Futura Long dopo Under The Moonlight (epilogo postato *sigh ç.ç*). Sono contenta che ti piaccia questo stile, anche perché ho intenzione di postare, una volta finita questa long, un'altra con temi piuttosto diversi dai miei soliti schemi *risata sadica* Prima o poi finirò per spaventarti... xD Un bacio <3

wolfgirl92: grazie mille! Nicky sfigato io, non so, ce lo vedo tantissimo *ripensa al suo corpo fatto con lo stampino* *cambia idea immediatamente* Spero che ti piaccia anche questo capitolo e che tu mi dica cosa ne pensi.. :D Un bacio <3

Danger_Dreamer_93: eh, ma guarda, avrei fatto così anch'io u_u Stupido carattere >.> Joe stronzo è in effetti una parte fondamentale della storia, ma capirai in seguito e forse anche un po' qui il rapporto che c'è tra Joe-Nick... Spero che ti piaccia questo capitolo! Un bacio <3

Melmon: sìsì, Kevin ci sarà, dovrebbe apparire o nel prossimo capitolo o fra due, dipende da quanto sarà lungo il numero 4 o.ò Kevin sarà in un certo senso diverso, ma sempre quello che noi conosciamo. Diciamo che sarà l'unico a non avere cambiamenti troppo repentini (: Un bacio <3

Marta: ci stiamo sentendo ora, indi per cui... bye bye, baby! See you! Lol <3

rosegarden: eccomi! Non sono stata molto veloce ad aggiornare, scusa! Grazie mille per il complimento *___* Spero ti piaccia questo nuovo capitolo e che tu mi faccia sapere che ne pensi. Un bacio <3


Capitolo 3}

«Cosa ci dici della tua famiglia?».

«Dico che passiamo alla prossima domanda».


Liv aprì la porta di casa con uno schianto secco, facendo il suo ingresso nel salotto del piccolo bilocale in cui viveva.

Il disordine regnava sovrano: panni sporchi e calze spaiate ovunque, da sotto il divano sino appoggiati ai lampadari, il divano con un cuscino a terra e l'altro in procinto di raggiungerlo, e poi macchie, macchie da ogni parte.

Era persino messo peggio del solito.

Un uragano con i capelli biondissimi, lunghi sino alla vita, corse in salotto, rovesciando un tavolino e cadendo rovinosamente a terra; prima ancora che Liv potesse fiatare si rialzò, venendo raggiunto di corsa da un ragazzino moro, che rideva altezzoso.

«Che cazzo sta succedendo qui?!», gridò la diciottenne, lasciando cadere a terra la borsa e correndo a separare i due ragazzini che avevano iniziato a picchiarsi.

«Tim è un idiota!», strillò Lisa, i capelli biondi che le incorniciavano il viso a forma di cuore, gli occhi marroni lucidi di un pianto che stava per scoppiare.

«E tu sei una bambina!», gridò di rimando il ragazzino, senza levare dal viso quell'espressione strafottente.

«Tu hai distrutto i miei compiti!», esclamò la bionda, mentre una lacrima solitaria le rigava una guancia. «Ci ho impiegato due ore!».

«Ciò vuol dire che ne impiegherai altrettante per rifarlo...», grugnì Timothy Junior, come se la questione non lo toccasse affatto.

Olive fece un verso esasperato e trascinò il fratello dall'altra parte della stanza, tenendolo per un braccio, mentre ordinava con uno sguardo assassino a Lisa di rimanere lì dov'era.

«Perché hai distrutto i compiti di Lisa?», chiese, con tono fermo, al fratellino.

Quello fece spallucce.

«Così...».

«Ah, così...», ripeté lei, scuotendo il capo. «Beh, sarà così che glieli rifarai da capo, ci dovrai impiegare almeno tre ore e se Lisa prenderà un voto minore di B+ metterai posto casa da solo per le prossime tre settimane, sono stata chiara?». Il suo tono era fermo, preda del suo istinto di sorella maggiore.

Il ragazzino sbuffò, con aria teatrale, poi annuì.

«Lisa», disse poi alla sorella, che si dondolava sui talloni fissando il pavimento, «per favore aiutami a mettere a posto - che diavolo avete combinato qui? - fai tu la cucina e la vostra camera. Dov'è Lauren?».

La dodicenne accennò alla camera che Liv divideva con Sean e fungeva anche da camera per gli ospiti.

Olive le accarezzò i capelli mentre si dirigeva in cucina per compiere i suoi lavori.

La stanza di Liv e Sean era divisa nettamente: la parte della diciottenne era spoglia, senza una fotografia, o un poster, c'era solamente il letto con un comodino accanto, con attaccato un adesivo dei Puffi che Lisa aveva appiccicato all'età di sei anni. Quella di Sean, al contrario, era ricoperta di poster di gruppi come gli AC/DC, i Guns'n' Roses o semplicemente grandi fogli neri con una scritta sopra, che andava da un insulto a Dio agli accenni a quanto fosse buona la droga. Stranamente quel giorno non era in disordine. Con sollievo varcò la porta e vide, sdraiata nel suo letto, placidamente addormentata, Lauren, la sua piccola sorellina, di soli due anni.

Si chinò per baciarle la fronte, accarezzandole i corti capelli castano ramati, sorridendo appena. Sorriso che compariva solamente quando vedeva lei o il resto dei suoi fratelli.

Sospirando si richiuse dolcemente la porta alle spalle e iniziò a raccattare i panni per terra e mettendoli in una sacca che aveva recuperato.

Timothy era già seduto sul tavolo della cucina, chino sui libri, mentre si mordeva il labbro inferiore per concentrarsi.

Lisa, al contrario, munita di straccio e sapone puliva i piatti sporchi accatastati nel lavandino, riponendoli poi nel loro scaffale.

«Sean?», chiese Liv, senza guardare in faccia né la ragazzina né Tim.

«Era a casa quando siamo arrivati», spiegò quest'ultimo, con un velo di irritazione. «Ha mangiato con noi e poi è uscito, non ho idea di dove sia andato».

La maggiore annuì.

«Era completamente strafatto», aggiunse la bionda. «Connetteva appena con il mondo esterno, faceva quasi paura».

Ovviamente.

Olive si scostò i capelli dal viso e proseguì nella sua attività, senza fare commenti. Aveva paura per lui, per Sean; nonostante ormai fosse nel mezzo del mondo della droga non era detto che non ne potesse uscire. Non sarebbe stato facile, certo, ma era possibile. Anche se non andavano affatto daccordo gli voleva bene, molto.

«Eloise?», chiese a un certo punto, dopo minuti di silenzio rotto solamente dall'acqua del lavello che scorreva e dai passi di Olive e Lisa.

Sempre Tim le accennò con il capo a un biglietto sulla porta d'ingresso che prima non aveva visto. Liv si avvicinò e lo lesse: erano quattro parole in croce dove la donna diceva che sarebbe tornata la sera. Tardi.

Quella sera sarebbe saltato il giro nei locale abituale, fantastico.

Nessuno di loro la chiamava “mamma”, semplicemente Eloise. Come per segnare una distanza tra loro, un muro invisibile, anche se facevano di tutto per non nominarla.

Mentre puliva e rammendava il suo pensiero corse all'ora di pranzo di quel giorno, alle mani affusolate di Nick sul pianoforte, a quella melodia meravigliosa.

Non voleva ammetterlo a se stessa, ma ne era rimasta colpita. Aveva sempre creduto che Nick fosse... uno sfigato. Semplicemente uno sfigato. Niente a che vedere con quell'aria sicura di sé che aveva quel mattino. Era un Nick nuovo, diverso. In un certo senso quasi più bello.

Per un istante, solo per un istante, le sarebbe piaciuto avere anche lei quell'aria così sicura, e non il solito broncio sempre dipinto sul suo viso. Fu questione di un secondo.

Scosse il capo e scese in strada con i sacchi del pattume in mano per buttarli nel cassonetto più vicino. Viveva in una strada relativamente tranquilla del Bronx, niente a che vedere con quelle che frequentava da sola la sera tardi. Per quel che ne sapeva nella sua via non si spacciava, non avvenivano poi così tante risse e di prostitute neanche a parlarne, forse se non fosse stato per la presenza della sua famiglia sarebbe stato un quartiere normale.

I vicini non li sopportavano, trovavano Lauren troppo piagnucolosa, Lisa e Tim troppo rumorosi, Sean troppo arrogante e Olive un'ubriacona che li svegliava la notte con le sue grida quando tornava a casa dopo una serata passata a bere.

Tutte bugie. Per quanto Lisa e Timothy Junior corressero non erano mai arrivati a un grado di rumore da poter importunare i vicini, Lauren non piangeva mai, Sean non c'era, e lei non svegliava nessuno, anche perché solitamente risaliva in camera sua dalle scale antincendio.

Liv gettò i sacchi e si passò una mano tra i capelli, stretti come sempre in una coda spettinata, guardandosi intorno con aria attenta; sperava davvero di veder comparire Sean in fondo la strada. Non lo vedeva da tre giorni.

Aspettò a lungo, senza spostare lo sguardo dallo strato di polvere e cemento, e si scosse solo quando sentì il suono penetrante di un clacson dietro di lei. Sbuffò, borbottando qualche imprecazione, e salì le scale per tornare a casa di corsa.

L'appartamento aveva ripreso un'aria quasi vivibile, Lisa ora era stesa sul divano a guardare un cartone animato, con Lauren sveglia tra le braccia, e Tim era sparito. Probabilmente era andato in camera per fare i compiti senza essere distratto dal suono del televisore.

Olive passò dietro alle sorelle, sfiorando le teste di entrambe con la punta delle dita, e si chiuse a chiave in camera sua, lasciandosi scivolare lungo la parete della stanza con un gemito di stanchezza.

Odiava tutto quello. Odiava la sua vita, la sua routine, odiava i suoi genitori, la sua scuola, e soprattutto la gente normale, solo perché la invidiava. La invidiava perché avevano tutto ciò che si poteva desiderare, e ciò che peggio non se ne accorgevano, anzi!, erano un continuo lamento, a partire dal padre che non li prestava la macchina per una sera, alla madre che non voleva toglierli il coprifuoco. Una continua rogna. Olive avrebbe potuto uccidere per regalare a lei stessa e ai suoi fratelli una vita simile, o anche vagamente paragonabile.

E avrebbe trovato il modo, si disse mentre si alzava e prendeva dal cassetto del comodino una bottiglia di vodka, aprendola con aria sicura di sé, di chi ha un progetto in mente.

Aveva un piano per dare ai suoi fratelli una vita migliore, e a darglielo erano stati gli occhi di Freddy Mercurie da un poster di suo fratello.


Inizio a raccontarti un po' di me,

se mi ascolti capirai.

(Tu sei la musica in me; PQuadro)


Nick chiuse il libro di storia e lo ripose nel cassetto della scrivania, sospirando di sollievo. Aveva studiato ore per quel maledetto test per il giorno dopo e non era riuscito a buttare giù nemmeno una strofa per quella canzone che lo tormentava da quando si era svegliato. All'ora di pranzo aveva provato a suonare la melodia, ma senza parole gli serviva a poco.

Raccattò un foglio e una penna, chinandosi per iniziare a scrivere, passandosi una mano tra i capelli e gettando un'occhiata al suo cane, Elvis, placidamente addormentato sulla schiena, la lingua di fuori. Sorrise istintivamente.

Quello era il clima che gli piaceva: puro silenzio, neanche il ronzio di un insetto a rompere quell'aura di tranquillità.

Suo padre, Paul Kevin Senior, era al lavoro e sarebbe tornato a casa la sera, tardi, naturalmente. Come sempre c'era qualche seguace della sua chiesa che aveva bisogno d'aiuto e lui l'avrebbe aiutato senza lamentarsi, senza pensare che a casa c'erano quattro figli e una moglie ad aspettarlo per cena, il cibo nei piatti del servizio buono, che ancora dovevano fare la preghiera.

Sua madre, Denise, era uscita, accompagnando Frankie, suo fratellino, al parco con un amico dopo scuola, come quasi tutti i giorni.

Kevin era in università, come sempre. Ormai, pur di passare meno tempo possibile a casa faceva il turno doppio nel bar del campus, sperando anche di guadagnare qualcosa di più del solito e poter affittare un appartamento in più presto possibile. Addirittura lui, che era la tranquillità e la pace fatta persona, non riusciva più a vivere in quella casa.

Mentre Joe... Joe era fuori, ovviamente. Forse con quella nuova ragazza con cui l'aveva scorto di sfuggita all'ora di pranzo, prima di andare in sala musica, o forse alle prove della band che aveva con il suo gruppo di amici. Loro la chiamavano musica, ma Nick non riusciva a definirla tale; la musica per lui doveva dare un significato, trasmettere un messaggio, invece le canzoni di Joe e i suoi compagni non dicevano nulla. Erano tre parole buttate su uno spartito, con gli stessi identici accordi in ogni canzone.

Denise aveva più volte rimproverato il figlio mezzano, dicendogli che non doveva passare le sue giornate a scrivere simili porcherie ma invece di studiare, di arrivare a prendere almeno il diploma. Quella era la terza volta che ripeteva l'ultimo anno di liceo e ormai si stava – finalmente – diplomando, insieme a Nicholas.

Naturalmente il diploma di Nick sarebbe passato in secondo piano: gli avrebbero detto che era stato bravo, fatto i complimenti, dato una pacca sulla spalla e poi si sarebbero dedicati a Joe, congratulandosi all'infinito per aver finalmente raggiunto quel traguardo.

Nick era sempre e comunque in secondo piano. Ormai, dopo diciotto anni, ci aveva fatto l'abitudine, comunque.

Preso dall'ispirazione cominciò a buttare giù qualche strofa, canticchiando tra sé e sé la melodia, per vedere se combaciava con le parole. Era perfetta.

La musica, in tutto quel delirio in casa sua, era l'unica cosa che lo faceva andare avanti. Sin da bambino l'aveva amata, rendendolo uno dei bambini più felici del mondo, anche se Joseph lo prendeva in giro per quella sua fissa quasi maniacale. Allora lo diceva scherzando, quasi amorevolmente.

Prima che Joe iniziasse il liceo Nick, lui e Kevin erano i tre fratelli più stretti che si potevano conoscere. Si confidavano in tutto e per tutto, raccontandosi ogni cosa, da un segreto quasi inconfessabile a una paura stupida e imbarazzante. A quei tempi Joe sarebbe morto pur di aiutare Nick, ora il diciottenne non ne era più tanto sicuro.

Era successo tutto in fretta: il giorno prima Joe era quello di sempre, carismatico e divertente, e quello dopo era un ragazzo arrogante e strafottente, dall'imprecazione facile e le arie da prepotente.

Non era più il fratello che Nicholas conosceva.

E si erano allontanati, irrimediabilmente, a tal punto che il primo giorno di liceo di Nick, quando si era seduto al tavolo del fratello mezzano e i suoi amici gli chiesero se lo conosceva lui rispose che non era che “quello sfigato di suo fratello. Lasciatelo perdere, non ne vale la pena”. Quella era stata la goccia che aveva segnato il confine, costruito un muro invisibile.

Anche se vivevano insieme non parlavano se non per occasioni eccezionali. Joe di giorno non c'era mai e la sera Nick era in camera sua a scrivere.

L'anno dopo, poi, quest'ultimo se ne sarebbe andato a studiare alla Julliard e in questa maniera, probabilmente, non si sarebbero quasi più sentiti.

E forse sarebbe stato meglio così.


Continua...

  
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