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Autore: Less_    18/08/2010    1 recensioni
Due ragazzi dal passato doloroso mai sopito, e silenziosi scambi. Nuovi inizi.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«I miei hanno divorziato. Vivo con mia madre. Ma questa è solo la parte più bella. Qualche anno fa mio padre ebbe un incidente. Grave. In pratica, gli preclude per buona metà l’uso del braccio sinistro. Non lo può ruotare, non può reggere più di un chilo, gli fa male. Ha un’orribile cicatrice e l’osso spaccato e una protesi francese e tante calcificazioni. E dei chiodi» iniziò lei.

Prese fiato, e continuò.

«Ma non è ancora il peggio. Mio padre è cambiato, è pessimista, frustrato, vorrebbe tornare al passato e fare cose che non può fare; si piange addosso, non ammette l’esistenza di un problema. E si è fatto violento, brutale. Ha cominciato ad accusare mia madre di essere responsabile dell’incidente. Con me e con mio fratello si è sempre comportato bene, ma con mia madre sono stati litigi durissimi. Mi svegliavo la notte e li sentivo strillare. Mia madre andava sempre fuori di sé, alla fine. È... sembrava quasi impazzita» concluse, ma Andrea intuì che non aveva finito. Infatti, dopo qualche secondo di silenzio, Alessia continuò.

«Litigi, litigi, litigi. Ogni volta che, a letto, sentivo la TV trasmettere programmi in cui si litiga, o con il volume troppo alto, venivo assalita dal panico. “Questi sono loro”, pensavo. E mia madre piangeva, tanto. Si sfogava con me, mi chiedeva aiuto. E lei mi faceva così tanta pena, ma non riuscivo quasi mai a fare qualcosa. Mai».

Per quanto si fosse sforzata di non piangere, ben presto le lacrime trasbordarono dai suoi occhi già lucidi per natura. Lei le asciugava rabbiosamente prima che raggiungessero il naso, e continuava a parlare.

«Non ce la facevo più. Non perdonavo papà perché faceva questo a mia mamma, e non perdonavo mamma perché cercava aiuto in me. Non perdonavo a nessuno dei due di avermi fatta crescere troppo, troppo in fretta. La scuola era la mia ancora di salvezza. Una volta lì, potevo ridere e dire chi ero senza paura. Ma poi tornavo a casa. Non so descrivere l’orrore che aleggiava lì. Non dicevo mai niente a nessuno, tacqui dell’incidente di papà ai professori, i miei compagni lo sapevano a malapena. E poi ho iniziato a perdere me stessa. Il giusto, lo sbagliato, niente stava più al suo posto, niente era come doveva essere» disse.

E stavolta aveva davvero finito.

Andrea avrebbe voluto asciugare le sue lacrime, abbracciarla, consolarla, ma non fece niente di tutto questo.

Invece, odiandosi, chiese: «Quanto... tempo? Quanti anni?».

«Cinque anni. Sono passati cinque anni» sussurrò infine lei.






Grazie a WingsofCrow e Oddish. Spero di aver reso bene il capitolo. A presto.
   
 
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