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Autore: Shainareth    19/08/2010    2 recensioni
*** Si ringraziano Atlantislux per l'impeccabile betaggio, Ike_ ed Erecose per l'indispensabile consulenza, e Milly Miu Miu per le bellissime illustrazioni. Nonché tutti voi lettori. ***
[Dragon Age: Origins] Ero viva per davvero? O quel disgraziato mi aveva seguita nel regno dei morti col solo intento di prendermi per i fondelli? Pensando a questa possibilità, valutai seriamente l’idea di dargli una testata sul naso. Se non lo feci, fu unicamente perché Duncan si avvicinò a noi e mi porse un boccale d’acqua. Ancora frastornata, mi misi a sedere e bevvi avidamente, come se avessi una sete insoddisfatta da giorni, cercando di mandare via l’orribile sapore che avevo ancora in bocca.
Unica precisazione: la protagonista NON è una Mary Sue. XD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Nimue Surana'
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CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO – LA SCELTA




La nostra visita alla parte bassa della città di Orzammar fu determinante.
   Con quei colori spenti, quegli sguardi infelici, quegli abiti stracciati e quell'aria pallida e sciupata, gli abitanti del Distretto della Polvere mi riportarono bruscamente alla memoria quelli dell'enclave in cui ero nata. E la sensazione di soffocamento dovuta alla mancanza del cielo azzurro e sconfinato contribuiva non poco ad accrescere la mia angoscia, che pesava sempre più come zavorra nello stomaco.
   Salvo certi elementi che, vigili e fin troppo svegli, mi parevano assai poco raccomandabili, il resto dei nani di laggiù mi fece una gran pena. Più procedevamo per le strade di quella zona della città, più ero costretta a mordermi un labbro per non lasciarmi andare ad espressioni di pietà; non sarebbe stato giusto nei loro confronti. Uomini, donne, bambini lasciati a marcire lì o a morire di fame perché ritenuti indegni di stare insieme agli altri. E poco importava, secondo la tradizione, che uno di loro fosse di ingegno e di virtù superiori ad uno dei nobili: la legge parlava chiaro. E Harrowmont voleva perseverare in quello che, umanamente, non si poteva accettare.
   «Sarà anche un assassino, ma...» Alistair si interruppe. Scosse la testa, sospirò e si volse nella mia direzione «Voi... che ne pensate?»
   «Che mi pare di essere tornata a casa», risposi, sforzandomi di mantenere ferma la voce. Il mio sguardo vagò di nuovo tutt'intorno, soffermandosi su di una madre che, col piccolo attaccato al seno, se ne stava sulla soglia di uno degli edifici luridi e fatiscenti, forse chiedendosi quale futuro avrebbe potuto dargli una volta cresciuto. Stesi la bocca in una smorfia. «Avete ragione. Sarà anche un assassino, ma almeno vuole porre fine a tutto questo.»
   «Non mi piace l'idea di appoggiare un elemento simile», ci tenne comunque a farmi sapere il mio compagno, mentre un gruppetto di nani ci passava accanto scrutandoci da capo a piedi con occhi avidi più che curiosi. «Tenete stretto il denaro che avete con voi.»
   Era una raccomandazione che avevo sentito spesso scambiare fra gli umani che si avventuravano nella nostra enclave, convinti com'erano che tutti gli elfi, in quanto poveri, fossero anche ladri. Non biasimavo Alistair per quei sospetti, anche perché due dei tre che ci passarono di fianco avevano un'arma attaccata alla cintola, procurata chissà come. Mi inferocii a quella vista: se avevano i mezzi, pur loschi, per procurarsi della merce, perché sprecarli per robaccia del genere piuttosto che per viveri di prima necessità? Ma Karta – l'organizzazione a delinquere di laggiù – non aveva alcun interesse a migliorare le condizioni di quella gente, nata, nella sua ottica, unicamente per essere sfruttata. I Senzacasta, infatti, non avendo alcun diritto, non possedevano neanche quello di essere vittime della malavita: se cadevano a causa della delinquenza, nessuno poteva fare niente per loro. O meglio, nessuno voleva fare niente. Francamente, fra un imbroglione che decideva di perpetuare quella spietata forma di razzismo e un uomo improvvisatosi assassino per cancellare ogni differenza sociale, il peggior criminale dei due mi sembrava il primo. Non c'era nulla di glorioso nell'uccidere, consaguinei o meno che fossero le vittime, ma a fronte del benessere sociale, in alcuni casi forse non c'era alternativa.
   Anche Loghain avrebbe fatto la stessa fine di Re Endrin e dei suoi primi due figli? L'idea non mi piaceva, eppure i miei sentimenti negativi verso quell'uomo non riuscivano a farmi sperare in un esito diverso da quello.

«Il portavoce di Bhelen ci ha detto che Lady Dace non lascia mai il Distretto dei Diamanti», ci ricordò Leliana, precedendoci lungo la strada che ci avrebbe riportato laggiù. Anche lei, così come Wynne e persino Morrigan, era stata toccata in modo profondo dalla vita condotta dai Senzacasta, e la prima cosa che aveva fatto non appena eravamo usciti dal Distretto della Polvere, era stata di correre da Fratello Burkel per comunicargli sia del permesso rilasciatoci dal Modellatorio, sia delle condizioni dei nani poveri. Non aveva avuto bisogno di lasciarsi convincere, il religioso, perché subito ci ringraziò e cominciò a darsi da fare per mettere su una chiesa che potesse aiutare quella gente infelice.
   Non so quanto Leliana e gli altri fossero stati segnati da tutto quello, ma in me l'angoscia di tornare all'enclave di Altura Perenne e di trovarla invariata aveva peggiorato l'umore, e non di poco. Specie perché sapevo che, al contrario di Orzammar, nel Ferelden nessuno avrebbe mosso dito per migliorare le condizioni degli elfi. L'unico che, se lo avessero lasciato fare, avrebbe potuto qualcosa era Alistair – qualora fosse stato incoronato nuovo re una volta deposto Loghain. Ma se nemmeno Maric, erede legittimo, aveva potuto fare molto, quali speranze poteva avere il suo figlio naturale?
   Chiedendo informazioni in giro, riuscimmo infine a trovare Lady Dace. Le parlammo, spiegandole la situazione così come ci aveva chiesto di fare Vartag Gavorn, e quindi senza far cenno alla provenienza dei documenti che le mostrammo. Non che ve ne fosse bisogno, comunque, poiché, appena capito di essere stata imbrogliata, ella stessa si offrì di andare ad avvertire Lord Helmi del tranello in cui erano caduti per colpa di Harrowmont. Ci disse però che bisognava assolutamente avvisare anche suo padre.
   «Io non posso fare niente in proposito, è un accordo stipulato dall'intera casata, e solo lui può romperlo.»
   «Oh, d'accordo. Dove si trova adesso?»
   «Nelle Vie Profonde. È partito per una spedizione nel tentativo di mantenere la sicurezza in un antico thaig. Non sono certa che possa tornare prima delle elezioni, ma forse il suo voto potrebbe risultare importante... Potreste andare voi a cercarlo per dirglielo? Siete Custodi Grigi, sono certa che per voi sarà una sciocchezza avventurarvi laggiù. La nostra famiglia ve ne sarà sempre riconoscente.»
   «E come facciamo a sapere dove si trova vostro padre?» preferì mettere le mani avanti Alistair.
   «Dovrebbe trovarsi nel Thaig Aeducan», ci spiegò Lady Dace. «Prima di avventurarsi lì mi ha lasciato una mappa nel qual caso non dovesse fare ritorno dalla spedizione. Posso andare a prenderla, se volete. Anzi, farò di più: vi consegnerò anche un lasciapassare, altrimenti le guardie poste all'entrata delle Vie Profonde non vi lasceranno procedere.» Sparì in casa – poiché era stato là davanti che l'avevamo incontrata – per una manciata di minuti; dopo di che, tornò trafelata  e ci mise in mano tutto ciò che avrebbe potuto esserci utile. «Confido nel vostro aiuto», concluse con un inchino di ringraziamento. Quindi, scappò in tutta fretta verso l'uscita del Distretto dei Diamanti, pronta a raggiungere Lord Helmi per renderlo partecipe dell'inganno.
   Rimasi per un pezzo a contemplare quel lasciapassare, domandandomi se il Creatore ce l'avesse con me. Cos'avevo fatto di male, esattamente? Era perché avevo aiutato Jowan a fuggire dal Circolo? Perché avevo dato a Morrigan la mia parola di uccidere Flemeth? Perché non ero intenzionata a lasciare Alistair in pasto alla politica e volevo invece tenerlo egoisticamente incollato a me? O forse perché non avevo saputo perdonare Jowan e Cullen? Più mi scervellavo di capire, più mi veniva da piangere.
   Alla fine, esasperata, Morrigan mi strappò brutalmente alle mie elucubrazioni mentali cominciando a darmi della vigliacca. Non che fosse una novità sentirmi appellare dagli altri in quel modo, e siccome c'era un fondo di verità, tutto ciò che feci fu di starmene zitta e di seguire i miei amici con aria mortificata.
   «Magari non è così orribile come immaginate», provò a farmi ragionare Wynne.
   «Non lo direste, se sapeste che è laggiù che un giorno andrete a morire», mi lagnai, aggrappata al mio bastone come se fosse stata la mia unica ancora di salvezza. Ero talmente tesa che, a furia di stringerlo nel pugno, le nocche delle dita erano diventate bianche.
   «Dimenticate che sono già morta», mi sentii dire. Questo non contribuì a farmi smettere di lamentarmi.
   «Che non vi salti in testa di lasciar andare lo spirito proprio adesso», le raccomandai. «Anzi, come capo della squadra, ve lo ordino.» Wynne rise, Leliana stese le labbra in un'espressione rassegnata e divertita a un tempo, Morrigan ruotò gli occhi verso l'alto.
   «Non siamo gli unici Custodi che si inoltrano anzitempo nelle Vie Profonde e ne escono vivi», mi fece sapere Alistair, paziente, cercando di farmi calmare. «Inoltre, se ci pensate, anche Bodahn Feddic è stato laggiù diverse volte, eppure sta meglio di me e voi messi insieme. Molti nani fanno la stessa cosa. E persino Maric ci è stato.»
   «Vostro padre era un pazzo», ci tenni a fargli sapere con stizza. «E sospetto che voi abbiate ereditato da lui anche questo aspetto.»
   Alistair corrucciò la fronte. «Voi non lo avete conosciuto, giusto?»
   «No», ammisi.
   «E allora cos'altro avrei ereditato da lui, secondo voi?»
   Rimasi in silenzio per qualche attimo, ponderando bene sulla risposta da dare. «Beh», cominciai poi, «siccome voi e Cailan vi assomigliavate sotto diversi punti di vista, per quel poco che ho potuto osservare, presumo che abbiate preso entrambi da vostro padre.»
   «Quindi?» mi incalzò ancora il mio compagno. Ma con che cuore potevo dirgli che la cosa che mi era saltata all'occhio più delle altre era stata l'idiozia? Idiozia che adoravo, sia ben inteso.
   «Il vostro naso», rivelai allora, convinta. «Di certo lo avete preso entrambi da Re Maric.»
   «Non è stato un gran bell'acquisto», s'intromise Morrigan, contemplandosi distrattamente le unghie di una mano, com'era solita fare nei momenti di noia.
   «A me piace», rimbeccai, anticipando l'eventuale replica di Alistair, lieta per lo meno di aver spostato il nocciolo del discorso su altro.
   «Anche a me piace», mi diede man forte Leliana. «Benché confesso che li preferisco di gran lunga più piccoli e femminili», mi confidò. «Come il vostro, insomma.» Risposi al suo sorriso con una punta di incertezza, senza ribattere che, a mio parere, un uomo con un naso del genere sarebbe risultato assolutamente ridicolo alla vista. E ben poco virile.
    Alla fine, grazie a tutte quelle inutili chiacchiere, quasi non mi accorsi che eravamo ormai giunti davanti all'ingresso delle Vie Profonde. Per l'ennesima volta da che avevo iniziato la mia avventura con i Custodi Grigi, progettai la fuga. Alistair mi afferrò per un polso quando si accorse che avevo fatto un passo indietro non appena ci fermammo a parlare con le guardie. Gli avrei volentieri morso la mano, ma alla fine in me prevalse il senso di protezione nei suoi confronti: in tutta coscienza, non avrei mai potuto lasciarlo andare lì sotto da solo, in balia di chissà quali e quanti mostri. Avevamo vissuto poco, in fin dei conti, e ci eravamo innamorati troppo tardi. Fu con questi tetri pensieri che, rimpiangendo la pericolosità e l'umidità delle Selve Korcari, mi arresi a farmi trascinare nelle Vie Profonde. Scalciando e imprecando fra i denti.

Al senso di soffocamento si era adesso aggiunta la paura di morire da un secondo all'altro, divenuta ormai mia fedele compagna di viaggio ogni volta che muovevo passo nei miei spostamenti accanto ad Alistair e alle altre. Avrei voluto fare a meno di lei, che però mi si avvinghiava addosso come un'amante possessiva e gelosa e non voleva saperne affatto di mollarmi.
   Ciliegina sulla torta, le guardie poste all'ingresso delle Vie Profonde ci avevano avvertiti di stare attenti non solamente alla Prole Oscura, ma anche ai cacciatori oscuri. Dal nome fui tratta in inganno poiché supposi che parlassero di delinquenti che vivevano nascosti laggiù in attesa del primo incauto avventuriero che si fosse spinto nel loro territorio.
   «Sono strane bestie dalla testa simile a un verme», ci era stato invece spiegato, accrescendo in me la voglia di darmela a gambe. Come ho già avuto modo di raccontare all'inizio di questo lungo resoconto sulla mia vita da Custode Grigio, infatti, non sono solo i ragni a darmi problemi, benché quasi nulla ancor oggi riesce a farmi impazzire allo stesso modo.
   Le Vie Profonde sono un vero e proprio labirinto. Sarebbe sciocco precisare che io sia uscita viva di lì, dal momento che questa storia viene raccontata proprio da me, per cui mi limiterò a fare una breve descrizione di come esse appaiono oggi agli occhi di quei temerari che si spingono nei loro cunicoli bui. Io non ero certamente da annoverare in quest'elenco, poiché se all'epoca avessi avuto possibilità di scelta sarei emigrata da tempo a Orlais ad aspettare che qualche prode guerriero risolvesse la situazione per tutti; ma dal momento che Alistair aveva fin troppa influenza sul mio povero cuore e sulla mia coscienza, mio malgrado fui costretta a seguirlo.
   A voler essere onesta, appena imboccato uno dei tunnel che collegano il Thaig Orzammar a uno degli altri ormai caduti da tempo, non si nota grande differenza con una qualunque altra galleria scavata sottoterra. Avanzando però nella luce, pur fioca, di una torcia o di un bastone magico ci si rende conto di ciò che sono davvero le Vie Profonde: ovunque vi sono tracce di corruzione. Pareti e suolo sono interamente ricoperti di uno strato di nera sporcizia, se così può essere chiamata, qualcosa che sembra possedere una vita propria, e che pure è certamente morta. Ricordo perfettamente di come più volte, durante la nostra poco rilassante passeggiata lì sotto, domandai a me stessa se prima o poi anche il mio corpo e quello di Alistair sarebbero stati ricoperti dallo stesso sudiciume. D'un tratto, infatti, tornarono a ronzarmi nella testa le parole del mio compagno circa il destino dei Custodi Grigi: dopo l'Unione, viviamo circa trent'anni in mezzo agli altri e poi ci rechiamo giù nelle Vie Profonde per morire combattendo anche lì la Prole Oscura. Il nostro sangue è corrotto dal loro, le nostre membra anche. C'è dunque la possibilità che diventiamo uguali a quegli esseri?, seguitavo a chiedermi con una certa ansia. Quando avevo rivolto la questione ad Alistair, all'inizio della nostra avventura insieme, lui mi aveva detto di no; eppure adesso ero quasi ragionevolmente sicura che il suo fosse solo un modo per sviare il discorso o, cosa assai più probabile, essendo una recluta come me, egli stesso non sapesse bene cosa ci sarebbe accaduto un giorno. Non avevamo altre guide, dovevamo farci bastare quel poco che era stato insegnato ad Alistair prima della disfatta dei Custodi del Ferelden a seguito della battaglia di Ostagar, dove Duncan e Cailan avevano perso la vita.
   La mappa dataci da Lady Dace, comunque, era piuttosto dettagliata. Questo perché fortunatamente il Thaig Aeducan, dove si era recato suo padre, è uno di quei pochi posti che sono stati ritrovati dal popolo dei nani in mezzo alla demolizione attuata dalla Prole Oscura. Sapendo che laggiù era il posto in cui essa si annidiava, procedevo con terrore sempre maggiore che la mia esistenza sarebbe stata spezzata da un momento all'altro: sebbene Alistair e io fossimo capaci di avvertire la presenza di quegli esseri, anche loro potevano individuarci tranquillamente a causa della corruzione del nostro sangue. Fu per tale ragione che in più di un'occasione ci imbattemmo in alcuni drappelli di creature malvagie, troppo piccoli per destare reale preoccupazione, ma capaci ugualmente di farci stare perennemente sulle spine. Passarono un paio d'ore, credo, prima che riuscissimo a trovare il Thaig Aeducan e, nel cuore di esso, un gruppo di soldati impegnati a respingere, con difficoltà, quelli che scoprimmo essere i famosi cacciatori oscuri. Si tratta di bestie forse appena più piccole dei nug, ma certamente meno piacevoli alla vista – e già i nug a me non ispirano troppa simpatia – con la coda lunga e affusolata, le quattro zampette sottili, un collo massiccio e la testa... oscena: di forma molto simile a quella di un verme, davvero, la cui bocca si apre spaventosamente per far spazio a una doppia fila di denti aguzzi e raccapriccianti. Urlai per tutto il tempo in cui ci ebbi a che fare, ma per lo meno fui abbastanza coraggiosa da combatterli senza ricorrere all'aiuto di nessuno.
   Alla fine Lord Dace si trovava proprio fra quegli uomini, e il fatto di avergli salvato la vita ci fece immediatamente conquistare le sue simpatie. Gli spiegammo allora del perché lo stavamo cercando, che sua figlia ci aveva mandato laggiù, insomma, e dell'inganno subito. La sua indignazione davanti ai documenti che testimoniavano le nostre parole fu molta, e subito propose di tornare indietro per mandare all'aria i suoi accordi con Lord Harrowmont. Alcuni dei suoi compagni, però, erano feriti e avevano bisogno di cure. Wynne e io ci prodigammo immediatamente per aiutarli, ma fummo comunque costretti ad aspettare qualche tempo prima di rimetterci in marcia per raggiungere di nuovo Orzammar.
   Rimanere in un thaig, seppur abbandonato come quello di Aeducan, è molto meno terribile che stare nelle Vie Profonde vere e proprie, perché i sistemi di illuminazione e di areazione funzionano ancora perfettamente e non si è costretti a guardarsi alle spalle ogni secondo. Inoltre i thaig, come lo è anche Orzammar, sono più spaziosi e pertanto comunicano sensazioni assai più tranquille. Non mi stupii né allarmai troppo, quindi, quando Alistair cominciò a girovagare lì vicino da solo, guardandosi attorno con occhi curiosi. Dopo un po' mi fece cenno da lontano e perciò mi alzai da dove mi ero seduta e mi avvicinai. Mi indicò qualcosa in alto, e vidi chiaramente del muschio contro la parete di un edificio diroccato.
   «Pare che qui la corruzione abbia avuto effetti molto più lievi che altrove», osservò con un sorriso. In effetti era una bella scoperta, ci infondeva in qualche modo speranza. In cosa non so dirlo, ma ci concedeva di rilassare la mente.
   Lasciai scivolare lo sguardo anche sulle altre costruzioni, e quando ebbi una panoramica del luogo in cui ci trovavamo, non riuscii a non provare una grande sofferenza per tutti coloro che erano caduti nel disperato tentativo di difendere quel posto fino alla morte. Eppure, nonostante il costante pericolo della Prole Oscura, i nani si ostinavano a vivere nel sottosuolo. Era anche per questo che il Principe Bhelen voleva mandare all'aria le tradizioni e dare una svolta a tutto?
   «Io… volevo scusarmi», esordì d'un tratto Alistair, lasciandomi sorpresa. I suoi occhi saettarono tutt’intorno, come per volersi accertare che fossimo realmente da soli o che comunque nessuno potesse udirci. «Sapete, per via di quello che mi avete detto quando eravamo alla taverna», mi spiegò con voce incerta.
   Di colpo compresi. «Ah», balbettai, abbassando le ciglia sul viso. «Non… Non importa.»
   «Sì che importa», mi contraddisse lui, voltandosi nella mia direzione. «Avevo… Avevo compreso quel che intendevate, ma… mi avevate colto alla sprovvista.»
   «Mh», mugugnai a labbra serrate. «Lo avevo intuito», gli assicurai. «O meglio… speravo che così fosse.»
   Alistair spostò nervosamente il peso del corpo da un piede all’altro, facendosi più vicino. «Sul serio, io non… avevo intenzione di… rifiutarvi.» Provai a farmi coraggio e a rialzare il capo: era serio, e dispiaciuto. «Sarei un pazzo a farlo. Pazzo e masochista, visto che… beh…»
   Tacque, non riuscendo forse a trovare le parole per comunicarmi il suo desiderio nei miei confronti senza apparire indelicato. Avevo visto Cullen fare lo stesso svariate volte, ma la differenza fra loro era abissale: uno aveva sempre cercato di costringersi al silenzio e alla privazione per rispetto ai propri voti, l’altro di non urtare la mia sensibilità. E tuttavia, entrambi finivano immancabilmente per mortificarmi, in qualche modo.
   «Vi amo», mi stupì di nuovo Alistair, confessando quel sentimento per la prima volta. Ero consapevole della cosa, eppure quelle poche sillabe mi sconvolsero da capo a piedi, facendomi avvertire un forte tepore al centro del petto. Una gioia che mi fece sentire improvvisamente viva in mezzo a quel paesaggio abbandonato e alla corruzione che ci circondava. «Vi amo», ripeté lui con voce che tradiva l’emozione. «Però… ho… paura, credo…»
   «Di cosa?» gli chiesi piano. Avevo una dannata fretta di sapere anche tutto il resto, ma non osavo interromperlo o forzarlo. Ogni altra cosa non esisteva più, il tempo era di colpo diventato un concetto tristemente relativo, gli altri nostri compagni solo un vago ricordo.
   «Voi… lo sapete…» Si fermò di nuovo, fece un grosso respiro ed, evitando a tratti di guardarmi, riprese con tono sempre più basso: «Io… sono cresciuto in Chiesa, e… stavo per prendere i voti. Quindi non ho mai…»
   Annuii, venendogli incontro per non fargli completare la frase. «Lo so, lo so questo.»
   Parola mia, non avevo idea di come riuscissi a mostrarmi tanto calma quando in realtà mi sentivo esplodere da un esasperante concentrato di sentimenti d’ogni genere che quasi mi mozzava il fiato. Dovevo essere davvero tanto innamorata per costringermi ad apparire rilassata. Anche se le gambe mi tremavano. Era questo quello che Jowan e Winifred, l'altra mia migliore amica, avevano tentato di spiegarmi quando eravamo ragazzini? No, non era questo. Loro non parlavano di amore.
   «Però… io non capisco cosa c’entri.» Vidi Alistair mutare espressione del volto, sbiancando. Fu allora che mi accorsi di aver commesso un errore. «Cioè, c’entra per argomento, certo», mi affrettai a correggermi per tranquillizzarlo. «Stavamo parlando della stessa cosa, sì, ve lo giuro.»
   «Ecco, grazie per averlo specificato», sospirò lui, recuperando qualche anno di vita. «Perché… con voi non si può mai dire. Siete abile a fraintendere questo genere di cose.»
   Povero. Ero davvero una cretina. E tale dovevo apparire, ovviamente. Questa consapevolezza cominciò a far vacillare la mia sicurezza fasulla. «Mi dispiace… È solo che… non capisco come possa influire su noi due il fatto che voi siete cresciuto in Chiesa.»
   Alistair si portò una mano sulla nuca, massaggiandosela pigramente. «Ho pensato che magari… avreste preferito qualcuno di più… esperto», confessò, vincendo la ritrosia e incrociando il mio sguardo con fare timido. Era persino arrossito.
   Lo avrei baciato. E picchiato. «Avrei… Avrei voglia di cavarvi un occhio», gli feci sapere senza tanti complimenti. Mi fissò stranito, spaventato dalla linea dura in cui avevo incurvato la bocca e le sopracciglia. «Pensate davvero che sia importante? Che sia fondamentale?»
   «Io non…»
   «Per il Creatore!» esclamai, spazientita. «Arrivare a compiere questo passo insieme sarebbe un di più, ma non toglierebbe nulla al nostro rapporto. Non mi sono lasciata coinvolgere da voi solo perché volevo un trastullo notturno. Altrimenti…» Mi zittii, rendendomi conto di aver sguinzagliato troppo la lingua. «Quello che sto cercando di dirvi», ricominciai più posata, sperando di non farlo agitare più di quanto non avessi già fatto, «è che non mi importa. E comunque, in tutta onestà, vi assicuro che, esperto o meno, non potrei… capirlo. Non… potrei fare nessun genere di paragone», ammisi, imbarazzata. Se lui era stato onesto con me fino a quel punto, io non potevo certo tirarmi indietro.
   Ci mise qualche attimo per immagazzinare quella informazione. «Voi non… Non avete mai…?» chiese quasi con timore. Scossi frettolosamente il capo. Lo vidi chiudere le palpebre, come rinfrancato da quella notizia. «Credevo di sì.» E perché? Dannazione, non lo si capiva lontano un miglio che ero un disastro nelle faccende di quel tipo? «Voglio dire… Tutte le voci che si sentono in giro sulla vita nel Circolo dei Magi…»
   «Non è detto che sia una regola obbligatoria», ribattei interrompendolo, a metà fra la stizza e la mortificazione. «Pensateci… con quello che era successo a mia sorella e la mia conseguente paura per gli umani, e il fatto che mi fossi invaghita di un templare che aveva preso i voti… Non vi pare che, prima di innamorarvi di voi, io cercassi di ritardare questo momento il più possibile? O di rifuggirlo, addirittura?»
   «Immagino… di sì», mi diede ragione Alistair. Tornò a guardarmi, scrutando nei miei occhi con evidente commozione: alla fine anch’io avevo ammesso a parole il mio amore per lui. Accennò un sorriso. «Vi siete fatta fregare da uno cresciuto in Chiesa», disse per cercare di non cedere alle emozioni.
   «Zitto», bofonchiai, arrossendo più di prima.
   Sghignazzò, più per il sollievo che per il divertimento. «Una maga viziosa che si fa fregare da un verginello.»
   «La maga viziosa è verginella quanto voi, scimunito.» Si curvò su di me, avvolgendomi con le braccia. «E in ogni caso, ci ho ripensato: non lo meritate», aggiunsi per ripicca, senza però respingerlo.
   Non dovetti essere molto convincente, difatti, perché lui continuò a ridere. «Avrei dovuto intuirlo quando mi avete confessato di non aver afferrato le mie intenzioni, la prima volta che vi aprii il mio cuore.» Mi vergognavo ancora da morire, per quello, e quel disgraziato lo sapeva. «Forza, rompetemi un altro incisivo», mi ordinò allegro, facendo per baciarmi – e riuscendoci, pur dopo una debole protesta da parte mia.
   Per lo meno ci eravamo chiariti anche su quel punto. E se pure nella situazione in cui ci trovavamo ci era impossibile concretizzare subito quel nostro crescente desiderio, la consapevolezza che fosse comune a entrambi ci faceva stare bene. L’unica cosa che ci impensieriva, in tutto ciò, era l’incertezza di quello che avremmo trovato laggiù nelle Vie Profonde: ce l’avremmo fatta ad uscirne vivi come aveva fatto Re Maric anni prima?
   Quel dubbio, comunque, fu dissolto da Alistair. «Oh, non preoccupatevi», mi disse tutto contento quando iniziammo ad avviarci di nuovo verso gli altri. «Non mi lascerò ammazzare tanto facilmente. Non adesso che so cosa mi aspetta appena lasceremo questo posto sudicio e pericoloso.»
   A ben guardare, era ammirevole che riuscisse a trarre forza da una cosa del genere. Un po’ sciocco, forse, ma finché fosse servito a tenerlo in vita, andava bene così.

«Lady Dace ha appena attraversato in lacrime tutto il quartiere gridando a gran voce che razza di sanguisuga e bugiardo è Harrowmont», ci informò Vartag Gavorn, fregandosi le mani con aria soddisfatta quando tornammo da lui. «Quindi eravate seriamente intenzionati ad aiutarci», considerò quasi fra sé. Serrò le labbra, studiandoci con attenzione, le braccia inarcate sui fianchi, e infine annuì. «Ora, se siete pronti, potrò davvero introdurvi al Principe Bhelen. Tutto ciò che vi chiedo è di comportarvi con rispetto e, soprattutto, di tenere le armi a posto. Il colloquio non sarà privato, pertanto alla prima mossa falsa, le guardie prenderanno i loro provvedimenti», ci avvertì. «Non vogliatemene, è solo una precauzione. Siate giudiziosi e tutto andrà per il meglio.»
   Detto questo, ci scortò fino al Palazzo Reale. Avremmo incontrato Bhelen nelle sue stanze private, dalle quali difficilmente il Principe si muoveva: l'accesa rivalità fra lui e Harrowmont era arrivata davvero ad un punto in cui si poteva temere che non soltanto una spia, ma anche un sicario potesse essere stato assoldato per porre fine alla disputa in modo non proprio ortodosso. E anche se Vartag Gavorn con quelle parole si riferiva nello specifico a Harrowmont, io mi ero invece convinta che quel tipo di mezzi fossero piuttosto adoperati dal figlio del defunto Re Endrin. Alla mente mi sovvenne il ricordo di Zevran, l'elfo di Antiva che Loghain aveva ingaggiato per assassinare Alistair e me: ci aveva proposto un accordo, quello di aiutarci a sventare ulteriori imboscate in cambio di protezione, e per un attimo rimpiansi di averlo mandato via, poiché forse avrebbe davvero potuto tornarci utile in futuro, quando saremmo andati a Denerim a reclamare il trono – se per conto di Alistair o di Arle Eamon aveva poca importanza.
   Mentre tutti questi pensieri mi si affastellavano nella mente, Vartag Gavorn varcò la soglia del Palazzo Reale, e noi continuammo a seguirlo, osservandoci attorno e strabuzzando gli occhi, ancora per nulla abituati alla straordinaria architettura nanica. Dopo alcuni minuti di attesa in un'ampia sala deserta, fummo guidati fino alle camere del Principe, dove questi, vedendoci entrare, ci sorrise e quasi ci venne incontro. Come ci era stato detto, non era da solo; con lui vi erano alcune guardie e una donna, forse una serva, che se ne stava in un angolo, le mani strette in grembo e la testa bassa. Anche lei doveva essere una Senzacasta.
   «Sono colpito, Custodi», esordì Bhelen, risolvendo infine di stare fermo dov'era e di poggiare le nocche delle dita chiuse a pugno sul ripiano di un grosso tavolo di pietra, dietro il quale rimase in piedi per tutta la durata del nostro colloquio. «Non sono molti gli stranieri che comprendono così in fretta la... politica contorta di Orzammar.» I suoi occhi brillavano di ambizione e di grandi aspettative. «Sono il Principe Bhelen. Vartag mi ha parlato di vostri sforzi contro l'usurpatore che ha cercato di reclamare il trono di mio padre.»
   «Saremo sinceri», iniziai io, poiché Alistair aveva messo bene in chiaro la sua intenzione di restare il più possibile fuori dalla questione. In fin dei conti ero stata io a insistere per prendere posizione, non lui. Inoltre, di comune accordo avevamo deciso di non mostrarci troppo accondiscendenti con quello che, in ogni caso, per buona parte della popolazione del sottosuolo rimaneva un assassino. «Quel che ci interessa realmente, al momento, è ottenere tutto l'appoggio possibile contro il Flagello.»
   «Allora abbiamo un obbiettivo comune. Forse non ci piacciamo, ma il Flagello è la nostra priorità principale», rispose Bhelen, dimostrando di aver compreso perfettamente la situazione. «Ci occorre l'unità assoluta per combattere il fulcro del vero male.»
   «Dunque, onorerete il vostro accordo con i Custodi?»
   «Lo giuro sulle corazze dei miei antenati», confermò, accompagnando quella sua dichiarazione con un cenno del capo. «Non appena Orzammar sarà unita sotto il mio governo», fu costretto ad aggiungere. «Sfortunatamente, finché infurierà questo dibattito, non avrò il potere di inviare le truppe che vi occorrono. Per destituire davvero Harrowmont avremo bisogno di qualcosa di abbastanza drammatico da porre fine per sempre a questo dibattito.» Una messa in scena? Altre menzogne? Più mi addentravo nel mondo della politica, più comprendevo il povero Alistair e non potevo fare a meno che augurargli di non farne mai parte, a prescindere dall'esito della nostra relazione amorosa. «Cosa sapete sul Campione Branka?»
   «Non molto, a dire il vero», ammisi. «Solo che sparì nelle Vie Profonde due anni fa. O almeno questo è quello che abbiamo sentito in giro.»
   Bhelen annuì gravemente. «È l'unico Campione da quattro generazioni, e ha voltato le spalle a tutte le sue responsabilità. Un Campione è come un antenato nato in quest'epoca», ci spiegò. «Se tornerà, il suo voto potrà prevalere sull'intero Concilio. Chiunque goda del suo appoggio potrà conquistare il trono incontestato.» Avrei assolutamente tenuto lontano Alistair da tutto questo porcile.
   «Dunque sperate di riportarla indietro affinché vi appoggi.»
   Il Principe sorrise in un modo che non mi piacque per niente. I suoi occhi guizzarono in direzione della serva, che subito ricambiò lo sguardo con aria spaventata, come se temesse realmente per l'incolumità del suo padrone. «Io spero che voi la riporterete indietro affinché mi appoggi», rivelò infine lui, tornando a rivolgersi a noi con espressione spavalda.
   Eccolo, il trucco. Dovevamo tornare nelle Vie Profonde.
   «Cosa vi fa pensare che Branka sia ancora viva?» prese parola a quel punto Alistair, con voce dura, poiché io mi ero ammutolita per lo sgomento.
   «Aveva un'intera casata con lei, votata alla sua protezione», scosse le spalle Bhelen con noncuranza. «Visto il numero delle rovine ancora intatte, potrebbero sopravvivere a lungo. E anche Harrowmont la sta cercando... Non vale la pena di rischiare di considerarla morta soltanto per lasciare che sia lui a prendersi il merito di averla trovata. Non credete anche voi?»
   «Pensate che appoggerebbe la vostra candidatura a re?»
   «Speravo che poteste sfruttare il vostro leggendario fascino per persuaderla che il trono dovrebbe andare al legittimo erede.» Che colpo basso. Inferto proprio ad Alistair. Dubitavamo che Bhelen fosse al corrente della vera identità del mio compagno, eppure non poté colpire maggiormente nel segno. Avrei voluto mettergli le mani attorno al collo, perché dargli fuoco con la mia magia non mi avrebbe dato la stessa soddisfazione. «Tuttavia», riprese lui, non potendo neanche sospettare i miei reali pensieri, «se le Vie Profonde dovessero averle... confuso le idee, sarebbe meglio che non torni prima che il re sia stato eletto.»
   «Ci state chiedendo di ucciderla?» domandai, isterica, sentendomi sempre più divorare dalla rabbia e dalla frustrazione. Avevamo sbagliato? Avevamo sbagliato ad appoggiare quell'uomo?
   Bhelen agitò le mani davanti a sé per allontanare quell'idea. «Non oserei mai, è un Campione. È mio dovere proteggerla», ci assicurò con quello che doveva apparire come un cipiglio convincente. E forse lo era, ma ormai non ero più sicura di niente e continuavo a vedere complotti e menzogne dappertutto. «D'altra parte», aggiunse difatti il Principe, «dobbiamo rispettare le sue decisioni... Se dovesse preferire restare nelle Vie Profonde, piuttosto che aiutare il suo legittimo re a conquistare il trono, dovremmo aiutarla... con ogni mezzo.»
   Lo odiavo. Odiavo quel maledetto. Ed ero altrettanto certa di poter odiare Harrowmont allo stesso modo: non stava cercando anche lui Branka per la medesima ragione? E nessuno pensava a chi invece teneva realmente a lei, come quel nano dai capelli rossi con cui avevamo parlato alla taverna.
   «Che aspetto ha Branka?» chiese Alistair per me, con voce piatta. Era furioso almeno quanto lo ero io.
   «Non la conosco personalmente. Due anni fa ero ancora considerato un ragazzo, inadatto a frequentare l'alta società di Orzammar. Da quanto ho sentito la sua intelligenza non aveva rivali, ma le sue doti sociali erano... sotto la media per una tanto dotata.»
   «La troveremo per voi», fummo costretti a promettere.
   Bhelen sorrise di nuovo. «In questo modo, finiremo entrambi nella storia come i salvatori di un Campione», annunciò allegro davanti a quella prospettiva. «Finora i miei soldati hanno seguito le tracce di Branka fino al Monumento di Caridin, un antico crocevia perso quattro secoli fa contro la Prole Oscura. Le sue tracce terminano lì. Forse, con la vostra abilità di Custodi, potrete scoprire ciò che è sfuggito ai miei soldati.»

Per accedere al Monumento di Caridin, avremmo comunque dovuto varcare di nuovo l'ingresso principale delle Vie Profonde, attraverso le miniere, l'unica via che i nani hanno lasciato aperta per proteggere la città. Il Monumento di Caridin si trova a molte miglia di profondità nelle gallerie.
   Se la prima volta che avevamo messo piede nelle Vie Profonde lo avevamo fatto con animo insicuro e spaventato – almeno io – adesso quella che contorceva le budella mie e di Alistair era rabbia allo stato puro. No, di più. Disgusto. Intuito il nostro nervosismo, nessuna delle nostre compagne fece domande, limitandosi a seguirci in religioso silenzio.
   «Mi dispiace», dissi io a un tratto, così a bassa voce che Alistair aspettò qualche attimo prima di rispondere.
   «Per cosa?» cominciò, rendendosi conto di aver inteso bene. «Credete davvero che non sarebbe successa la stessa cosa se ci fossimo schierati con l'altro?» Scosse il capo, scettico. «Non sarebbe cambiato nulla. A nessuno di quei due importa realmente aiutare questa gente. E se fanno qualcosa per il proprio popolo, state ben certa che ne ricaveranno comunque dei vantaggi a livello personale.»
   «La serva», s'intromise allora timidamente Leliana, che su certe cose aveva l'occhio più lungo del nostro. Ci fermammo per voltarci a guardarla e lei, sentendosi incoraggiata a continuare, ci svelò la propria impressione. «Credo sia la sua amante. Forse Bhelen vuole abbattere il muro che li separa, ecco perché si preoccupa di annullare le differenze sociali, perché altrimenti, se la tradizione si perpetuasse ancora, non potrebbe stare con lei.»
   Sentii lo sguardo di Alistair su di me e fui costretta a ricambiarlo per via dello stesso sentimento che animava il suo cuore: lo capiva. Se ciò che Leliana supponeva corrispondeva alla verità, Alistair non poteva fare a meno di comprendere benissimo il punto di vista di Bhelen, poiché si trovava in una situazione identica.
   Incapace di reggere ancora quegli occhi tristi, chinai le ciglia sul viso e lui tese le dita per sfiorarmi una guancia. «Forse avete ragione», mormorò a fior di labbra.
   La nostra discussione fu interrotta. Probabilmente fu un bene. Ad ogni modo, fummo sorpresi da un uomo dai capelli rossi che ci sbarrò il cammino. Non si trattava dell'ennesimo fanatico di Harrowmont che voleva vendicarsi della scelta da noi effettuata – perché sì, nel frattempo eravamo stati aggrediti lungo la strada non appena si era sparsa la voce che avevamo deciso di schierarci con Bhelen – ma di Oghren, il nano ubriacone con cui avevamo parlato alla taverna e che ci aveva allontanati in modo brusco, dubitando della nostra sincerità.
   «E così... eravate seri, prima, quando dicevate che avreste aiutato Branka», esordì non appena fummo abbastanza vicini per parlare a quattr'occhi. «L'ho sentito in giro. Voi Custodi ovviamente siete sulla bocca di tutti. E, ora come ora, non mi importa neanche che lavoriate per qualcuno di quei porci che vogliono il trono. Mi basta che cerchiate per davvero Branka.» Gli assicurammo che così sarebbe stato e lui parve soddisfatto. «Non so se vi ricordate di me, ultimamente la gente mi dimentica spesso. O magari mi ignora e basta. Sono Oghren, comunque. E ho intenzione di venire con voi.»
   «Ne siete sicuro? Potrebbe essere pericoloso», lo mise in guardia Alistair, recuperando la voce che aveva quasi perso durante il nostro precedente scambio di opinioni.
   «Ehi, io sono l'unico al mondo, credo, che sia interessato a Branka come persona», ribatté l'altro, senza però mostrarsi offeso o arrabbiato per la messa in discussione delle sue capacità. «Per tutti gli altri, Branka è solo un simbolo, e a nessuno importa se rimane giù nelle Vie Profonde», ci rivelò. Avrei voluto tornare indietro per schiaffeggiare Bhelen. E anche Harrowmont, tanto per far capire a tutti che me ne infischiavo sia dell'uno che dell'altro. «Io so cosa voleva, so tutto di lei. Perciò, se uniamo i vostri indizi e le mie conoscenze, forse riusciremo ad avere successo. Che ve ne pare?»
   «Quanto siete forte, esattamente?» arrivai subito al nocciolo della questione io, prendendo inaspettatamente parola. Leliana si lasciò scappare una risatina, portandosi una mano davanti alla bocca per trattenerla, ma non me ne curai: avevo intenzione di uscire viva dal regno dei nani, e qualunque tipo di aiuto sarebbe stato sempre ben accetto. Inoltre, volevo assicurarmi che quell'uomo sapesse davvero ciò che stava facendo.
   Oghren fece scivolare la mano dietro la propria schiena, estraendo velocemente da alcune cinghie una grossa, affilatissima ascia da guerra. La posò pesantemente a terra, e in quel frangente non mi parve assai dissimile dalle sculture di pietra che Alistair si era soffermato ad ammirare prima che ci inoltrassimo a Orzammar. «Stai parlando con un berserker, mia cara.» Ero passata da stracciona a mia cara, il che mi pareva già una bella conquista. E il fatto che Oghren non sembrasse più tanto ubriaco contribuiva non poco a tirarmi su di morale. «Fammi arrabbiare, e spacco il mondo», mi informò con un ghigno seminascosto dai lunghi baffi di colore acceso che contrastava tanto con quello azzurro dei suoi occhi, al punto da lasciarmi quasi incantata.
   «Mi ricorda te, sai?» osservò Morrigan, guardandomi con aria seria. Arrossii ma lasciai correre anche questo; avevo altri pensieri per la testa, al momento. Primo fra tutti: nessuno si curava di Oghren e di quanto stava soffrendo.
   «Non mi pare un'idea malvagia», si permise di farci notare Wynne. «Voi cosa ne dite, Alistair?»
   «Che avere qualcuno che ne sappia più di noi non può che farci comodo», alzò le spalle lui. Se proprio dovevamo trovare Branka, lo avremmo fatto anzitutto per quel nano che le era tanto affezionato. «Avete trovato una scorta. O forse noi abbiamo trovato una guida», affermò poi, tendendo la destra al guerriero, che subito gliela strinse per suggellare quell'accordo.
   «Branka stava cercando l'Incudine del Vuoto», iniziò allora ad informarci Oghren, dopo le presentazioni generali, prendendo a camminare accanto a noi mentre proseguivamo verso l'ingresso delle Vie Profonde. «Si tratta del segreto per costruire i golem, ma è andato perduto secoli fa. La costruì Caridin nel Thaig Ortan, e grazie ad essa Orzammar conobbe un lungo periodo di pace, difesa com'era dai golem creati dall'Incudine. Sicuramente Branka avrà iniziato le sue ricerche proprio nel posto in cui essa è stata forgiata. Tuttavia, l'unica informazione utile che aveva, era che si trovava dopo il Monumento di Caridin, ma nessuno ha più visitato quel thaig da almeno cinquecento anni. Si dice che qualcuno, un gruppo di umani, tempo fa riuscì a trovarlo, o forse sono solo chiacchiere, non ne ho idea.»
   All'epoca ovviamente egli non poteva saperlo, però Oghren si stava riferendo proprio a Maric, a Loghain e a Rowan. E non solo.
   «Bhelen ci ha fornito una mappa», lo informò Alistair, ignorando quanto me cosa celasse in realtà il passato dei suoi genitori, legato indissolubilmente alle Vie Profonde in cui stavamo per avventurarci per la seconda volta. «Grazie a quella saremo capaci di raggiungere il Monumento di Caridin senza troppi problemi.»













Come avete letto, ho saltato a piè pari la parte inerente a Jarvia per non allungare terribilmente il brodo; dopotutto Karta non ha tutto questo peso sulla storia, anzi. Mi sono perciò permessa di andare direttamente dalla ricerca di Lord Dace nel Thaig Aeducan a quella di Branka nel Thaig Ortan. Con grande gioia di Nimue. XD
Quanto alla scelta fra Harrowmont e Bhelen, confesso che durante la mia partita andai a casaccio. X3 Anzi, feci questo furbissimo ragionamento: «Bhelen è l'erede legittimo! *O*» E intanto appoggiavo Alistair nel suo non voler diventare re. Coerenza anzitutto, gente. XD Ad ogni modo, alla fine non mi sono affatto pentita di essermi schierata con Bhelen per tutti i motivi che ho esposto qui - e anche per ciò che mi capitò nel finale del gioco.
Chiedo nuovamente scusa a tutti quelli che non hanno letto i romanzi sul prequel, ma ormai è impossibile per me non farne cenno. E temo che più andrò avanti, più continuerò a richiamarli. Abbiate pazienza come al solito, per cortesia.
Prima di chiudere, ringrazio di cuore la mia beta Atlantislux, il mio aiutante Erecose, Lara e The Mad Hatter che hanno contribuito in qualche modo a fornirmi informazioni su determinati particolari sulla lunga saga di Orzammar. E un grazie va anche ad ashar (Come confermato in questo capitolo, Alistair non è proprio tardo... Diciamo che fa lo scemo per non andare in guerra, ecco. XD), ENS (Troppo buono! In realtà prima di mettermi a scrivere questi capitoli temevo di fare una confusione infernale, quindi sono felicissima di sapere che invece me la sto cavando!) e a tutti coloro che continuano a leggere questa long infinita.
A presto, spero! Buona giornata e buon divertimento a chi è ancora in vacanza!
Shainareth





  
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