Dedicata
interamente ad Assia ,
alla
mia più cara amica ,
ad
una sorella ,
senza
la quale non avrei avuto lo spunto per questa fanfic.
Grazie
di tutto amica mia .
***
Capitolo
1
“Mai
come in quel momento desideravo sognare”
“Sei
il ragazzo più coraggioso che abbia mai
incontrato”. Questo era ciò che mi
aveva detto la Zia Betty pochi giorni prima della partenza , al
matrimonio di
mia madre. Ed era lì che avevo trovato di nuovo quel
coraggio che mi aveva
sempre caratterizzato e che non mi aveva mai lasciato . Funzionava
sempre così
, Betty mi metteva sempre di buon umore , era l’unica che
riusciva a farmi
sorridere , anche quando tutto andava a rotoli.
Purtroppo
però sono diverso , e quando qualcuno è diverso ,
si fa sempre più difficile
inserirsi . Fino ad allora non lo avevo mai notato , forse
perché non lo avevo
voluto accettare. La barriera di pregiudizi che fino ad allora aveva
aleggiato
intorno a me si era sgretolata , lasciando il posto alla
veridicità delle varie
affermazioni altrui , che non danno scampo a chi non è come
loro .
La
vita non è mai stata molto giusta con me , non mi aveva mai
dato soddisfazione
senza poi prendersi qualcosa in cambio . Questa è per me la
vita , un continuo
scambio di favori e di delusioni . Probabilmente negli ultimi tempi
qualcosa
era cambiato in meglio , c’erano nuove persone nella mia vita
, persone che
erano disposte a comprendermi , ad accettarmi .Ma il piccolo mondo di
tolleranza che mi circondava , non era nulla in confronto a
ciò che c’era fuori
, fuori dalle mura di casa mia . Mia madre e Bobbie avevano rinunciato
al
progetto di prendere casa a Manhattan , poiché il nonno
negli ultimi tempi
aveva dimostrato una salute molto cagionevole. Certo era
però che i pregiudizi
aumentavano invece di diminuire , ed ogni passo che cercavo di compiere
fuori
dal guscio , mi sembrava sempre di più un passo verso il
patibolo .
Nulla
era logico , anzi direi che la logica l’avevo già
fatta volare via dalla
finestra al matrimonio di mia madre , quando cominciai a ballare con
Austen .
Tutti ci fissavano ed io e lui continuavamo indisturbati il nostro
lento ,
presi dall’euforia del momento . Non dimenticherò
mai quel giorno , non
dimenticherò mai quando mi lasciai andare per la prima volta
. Mi sentivo libero
, come se mi avessero tolto un peso dallo stomaco . Ma la
libertà dura poco .
Mi fissavano centinaia di sguardi , più di duecento occhi
erano sopra di noi ,
mi sentivo osservato. Ma non mi importava , l’unica cosa che
contava era il mio
ballo con lui , Austen , colui che non mi aveva respinto ,che non mi
aveva
voltato le spalle . Colui che era capace di capire i sentimenti che
provavo ,
che non si faceva scrupoli a difendermi dalle ardue sentenze che
incontravamo .
Avrei
voluto che nessuno lo avesse saputo, che tutto fosse rimasto un segreto
, ma in
fondo i segreti, come le bugie vengono sempre a galla .
Mi
aspettavo un comportamento diverso dalla mia famiglia , un altro tipo
di
atteggiamento, di certo neanche nei miei sogni più belli
avrei immaginato una
simile tolleranza , specialmente quando mia madre mi disse che Austen
era
carino , mentre ballavo con lei il giorno delle sue nozze.
Certo
che era carino , era Austen. E pensare che proprio lui mi aveva
stregato ,
proprio lui mi aveva ammaliato , con il suo egocentrismo estremo e la
sua
vanità irrefrenabile. Forse era l’amore che
rendeva tutto diverso , che
nascondeva i suoi precedenti difetti per far apparire
un’immagine di lui
luminosa e splendente, anche se devo ammettere che la sua persona era
cambiata
totalmente.
Stavo
fissando l’ingresso di casa mia dal divano nel salotto ,
quando una voce mi
richiamò alla realtà :
-
Justin
Era
mia madre Hilda, chissà cosa vorrà stavolta . Mi
alzai dal divano ricoperto da
un fodero grigio assolutamente passato di moda , percorsi quel piccolo
tratto
di salone che mi separava dalla cucina ed entrai nella stanza .
Lì vidi mia
madre , che vicino al telefono mi esortava ad avvicinarmi. Non appena
fui
vicino a lei mi disse :
-
E’ Austen .
Non
le diedi neanche il tempo di pronunciare il suo nome che subito le
strappai il
telefono di mano. Era strano come quel nome suscitasse in me una strana
reazione di euforia , di allegria . Presi la cornetta del telefono e
feci segno
a mia madre di uscire dalla stanza. Lei sorridendo eseguì
subito il mio ordine
, ricordandosi di quanto fossi suscettibile
all’”ascolto indesiderato di
parenti ed amici alle telefonate altrui”. Non appena
andò via dalla stanza , mi
assicurai che non ci fosse più nessuno ad ascoltare le mie
conversazioni . A
quel punto avvicinai la cornetta all’orecchio :
-
Pronto
-
Ehi Justin
Era
lui , come sempre con la sua voce abbastanza pesante per un ragazzo
della
nostra età . Non volevo farlo attendere a lungo e per questo
risposi
immediatamente:
-Ciao
Austen , come va?
-
Non mi lamento - ribatté accennando ad un sorriso
-
Neanche io - risposi ricambiando
-
Vedo che non ti sei ancora abituato alle mie chiamate a casa vero ?
-
E chi te lo dice ?
-
Senti , ti conosco Justin e so che quando sei teso di solito parli
piano e con
voce lieve - precisò , dado dimostrazione di quanto mi
conoscesse.
-
Va bene mi hai scoperto , comunque , perché hai chiamato ?
-
Arriviamo subito al sodo dunque …
-
Per me non ci sono problemi , non mi è
mai piaciuto aspettare .
-
Che ne diresti di fare una passeggiata? - mi propose timidamente .
Anche lui
era un cuore tenero, anche se non dava a vederlo molto. Era molto dolce
specialmente con me. Non sapevo perché ma quando parlava ,
riusciva a formare
quell’alchimia , che sentivo di on aver mai avuto con
nessuno.
Guardai
fuori dalla finestra per cercare di esaminare i pro ed i contro di
questa
uscita. Notando che erano le sei , tolsi immediatamente il pensiero a
quel
nostro appuntamento e perciò ero subito pronto a negare
l’invito:
-
Mi dispiace Austen è tardi.
-
E allora ? Di cosa ti preoccupi? -
chiese
-
Ci metteresti molto tempo per arrivare con l’autobus e non
avremo neanche un
po’ di tempo per stare insieme . Giusto altri cinque minuti
prima che tu possa
prendere un altro autobus- risposi , tentando di frenare il mio
dispiacere.
-
Innanzitutto ci metterei solo mezz’ora con
l’autobus a venire a casa tua , poi
, come seconda cosa , ti chiederei gentilmente di aprire la porta - mi
ordinò
Inizialmente
non capii cosa volesse significare quell’invito, ma poi ,
riflettendoci tutto
fu più chiaro, tutto si illuminò .Non era
possibile , era riuscito a
sorprendermi di nuovo. Presi una rincorsa pazzesca e sfrecciai verso la
porta
di ingesso .
La
aprii con molta forza e lo vidi , col suo telefono cellulare vicino
all’orecchio , che mi fissava sorridente e sbalordito allo
stesso tempo. Non
riuscivo a trattenere la gioia , e quindi gli saltai letteralmente
addosso ,
gli posi le braccia al collo e lui ricambiò la mia stretta ,
con un abbraccio
altrettanto affettuoso. Era riuscito a sorprendermi per
l’ennesima volta . Non
potevo crederci , come non potevo credere che fosse stato davanti alla
mia
porta il giorno in cui Zia Betty si tolse l’apparecchio. La
mia reazione fu
diversa ,in quel momento ero sorpreso , e soprattutto avevo preso la
decisione
di non volerlo più rivedere , che revocai immediatamente
dopo averla pensata.
Era
un tipo a dir poco speciale , ci andava forte con le sorprese ed aveva
anche un
bel senso dell’umorismo. Ma cosa mi aveva fatto impazzire di
lui era il
sorriso. Aveva un modo di sorridere favoloso , che pacava ansie ed
angosce.
Finito
di contemplare la sua bellezza , presi immediatamente il giaccone
grigio ,
l’unico che si intonava con la camicia rosa che avevo in
dosso e avvertii mia
madre che sarei uscito. Dopo aver ottenuto il suo assenso chiusi la
porta ed
andai .
Attraversammo
la strada e prendemmo l’autobus per andare in centro. Era il
nostro luogo
preferito,dove potevamo essere noi stessi senza che nessuno se ne
accorgesse e poi
che altre scelte avevamo ? Il Queens non era proprio uno degli ambienti
in cui
si sarebbe potuto passeggiare.
Nel
passeggiare incontrammo di nuovo il mercante che ci vedette i
braccialetti
verdi , un colore che ancora provoca in me del disgusto, che
restituimmo. Non
ci aveva preso molto in simpatia dopo la bella figura che facemmo
quella volta
per questo ci guardava sempre con un po’ di riluttanza .
Restammo
in silenzio per un po’ durante la passeggiata , ma , siccome
non mi hanno mai
garbato le conversazioni “silenziose” , pensavo che
fosse il momento di
intervenire per fare in modo che quell’uscita funzionasse:
-
Allora Austen - Male , avevo iniziato con un tono che di solito si usa
al primo
appuntamento , ma cosa avevo nella testa ?
-
Dimmi Justin
-
Ho notato che non siamo mai andati a casa tua
Rimase
perplesso , forse avevo toccato un tasto dolente. Dolente o no dovevo
pur
sempre sapere il perché di quella faccia e per questo non
esitai e continuai a
sottoporlo alle mie domande:
-
Posso riaccompagnarti io a casa dopo , così i tuoi genitori
mi conosceranno
-
Non credo sia una buona idea- rispose lui balbettando . Balbettava in
continuazione quando era nervoso , anche se in questo momento non
riuscivo a
capire perché fosse così in ansia
-
Perché pensi che non sia una buona idea ? - chiesi
-
Non credo che li troverai in casa , sono sempre molto occupati -
rispose
evasivamente
-
Sicuro?
-
Certo Justin , cosa pensi che ti stia mentendo? - domandò
con voce leggermente
alta
-
In verità , adesso che me lo chiedi non so cosa pensare - mi
alterai . Non
volevo litigare con lui , non avrei mai voluto farlo , ma quando mi
rispondeva
in quel modo mi dava ai nervi . Non sopportavo quel suo orgoglio che
gli
impediva di essere aperto a tutti gli effetti con me.
-
Dovresti solo fidarti di me - rispose lui , si notava che era un
po’ deluso ,
ma cosa potevo farci? Io volevo sapere , ma non avrei mai voluto
giocarmi il
nostro rapporto.
-
Io mi fido di te , soltanto che mi ero chiesto questo perché
non eravamo mai
stati a casa tua , forse perché non sei ancora pronto a
farti vedere con me o
forse perché …
Mi
bloccai di colpo. Lui spalancò gli occhi , come se avesse
intuito cosa stessi
pensando in quel momento. Non potevo pensare che non lo avesse fatto ,
non
potevo pensare che ancora non avesse eseguito ciò che
avrebbe dovuto fare mesi
prima , quando ci eravamo conosciuti.
-
… O forse perché loro non lo sanno ancora ! Certo
è per questo che hai tanta
paura di portarmi a casa tua . Hai paura che ci scoprano in
atteggiamenti
intimi oppure
mentre ci scambiamo un
bacio. Non pensavo che potessi essere così codardo . - Mi
scappò ma avrei tanto
preferito stare zitto in quel momento . Lui non se la prese per quello
che gli
dissi , ma io capii che stava male per quello che gli avevo appena
detto .
Tentai quindi di risso levare la situazione , per questo cercai di
rimediare:
-
Scusami. Senti da che pulpito viene la predica. Proprio io dico queste
cose ,
che mi sono fatto mille problemi per poterlo dire alla mia famiglia.
Dopo
aver ripensato ai mille guai che avevo passato per mantenere il mio
segreto
capii cosa dovesse provare Austen in quel momento. Era disorientato e
forse non
aveva il coraggio di dire la verità perché sapeva
che forse non sarebbe stato
accettato.
-
No! Scusami tu , avrei dovuto imparare dalla tua esperienza ma invece
mi sono
dimostrato sciocco. - Non mi dispiaceva sentirglielo dire , ma dovevo
ammettere
che la parte del colpevole non gli si addiceva , certo era
però che ad
ammettere le sue colpe era assolutamente un mito , neanche avrei
ammesso tutto
con tanta facilità
-
Rimedierò domani stesso . Justin che ne diresti di venire a
pranzo da me domani
?- Vuoto, il silenzio , possibile che in quel mare di macchine , di
clacson e
di rumori generali , l’unico suono che riuscissi a percepire
era la voce del
silenzio? Non durò però a lungo , il silenzio
lasciò il suo posto ai battiti
del mio cuore , frenetici e forti . Non potevo ancora crederci che
Austen
avesse risolto il problema così in fretta e che mi avesse
fatto quell’invito in
modo così schietto , ma nello stesso tempo romantico , o
almeno io lo avevo
trovato così . Entusiasta dall’idea , decisi
all’istante , senza troppi dubbi ,
senza troppe scuse e gli dissi :
-
Sono molto contento nel dirti … - stava morendo , lo
sentivo, stava sicuramente
morendo dalla voglia di sapere la mia risposta. Avrebbe dovuto intuirla
però ,
avevo anche detto “Sono contento”. Decisi
però di non lasciarlo sulle spine e
di rivelargli la mia decisione:
-
… che accetto il tuo invito Austen .
-
Si! - esclamò in mezzo alla strada .
Era
felice più che mai , probabilmente era contento che non
fossi arrabbiato con
lui e questo mi rendeva di buon umore , non volevo assolutamente
deluderlo ,
nello stesso modo in cui lui non voleva deludere me. Improvvisamente ,
ancora
preso dall’euforia del momento , mi prese il braccio , mi
trascinò a sé , ed
incollò le sue labbra alle mie . Chiusi gli occhi per un
minimo istante , era
stupenda la sensazione che provavo quando lo baciavo , era splendido
sapere che
in quel momento le nostre anime si fondevano , che erano un
tutt’uno . Avrei
potuto scalare anche una montagna con la forza che mi aveva infuso .
Aprii gli
occhi , giusto in tempo per riuscire ad intravedere il blu dei suoi .
Mi ero
sempre perso in quegli occhi , ogni volta che ci baciavamo mi ritrovavo
a
fissarli . Era in quel momento che pensavo che lui non potesse essere
alla mia
portata , che non ero degno di stare insieme a lui . Ma mi ricredetti
subito ,
se stava con me c’era sicuramente un motivo ; lui aveva
scelto me ed io avevo
scelto automaticamente lui. Ci allontanammo l’uno
dall’altro lentamente ,
volevamo continuare , ma sapevamo che non era giusto , pian piano
sentii le sue
labbra allontanarsi dalle mie e provai sconforto , un piccolo senso di
nostalgia
, acquietato quando vidi il suo fiso ed il suo enorme ciuffo che gli
occupava
tutta la fronte. Poi riprendendomi da quel momento di follia gli chiesi
:
-
Perché lo hai fatto ?
-
Se lo deve sapere anche la mia famiglia voglio che lo sappia anche
tutta New
York e se fosse necessario anche tutto il mondo- mi rispose .
Non
riuscivo assolutamente a credere alle parole che mi aveva detto , al
romanticismo che aveva messo in quelle lettere che mi avevano colpito
il cuore
e riempito l’anima , soltanto Austen poteva essere tanto
gentile ed affettuoso.
-
Se lo vuoi posso gridarlo a tutti ciò che provo per te -
dissi io
-
Non mi tentare , potrei anche decidere di fartelo fare un giorno -
ribatté lui
soddisfatto.
Notai
solo in quel momento che si stava facendo buio e rammentai ad Austen
tutto il
tempo che ci voleva per tornare a casa . Sia la sua che la mia
distavano in
autobus nella stessa maniera a partire da quel punto e nessuno dei due
voleva
fare tardi per non scatenare le ire materne iperprotettive. Arrivammo
così alla
fermata dell’autobus giusto in tempo. Il primo autobus a
fermarsi fu quello per
casa mia. Appena vidi le portiere che si aprivano ricambiai il bacio di
Austen
con un altro dalla stessa passione ma di più breve lunghezza
, lasciai andare immediatamente
la presa e decisi di andare .
-
Ci vediamo domani a mezzogiorno - mi infornò lui -
Dodicesimo piano numero 108
Annuii
ed entrai nell’autobus. Durante il tragitto per casa mia ,
ripensai a tante
cose che riguardavano il giorno seguente. Cosa mi sarei messo , come
avrei
interagito con i genitori di Austen una volta che il figlio gli avrebbe
rivelato tutto , cosa gli avrei detto . Tante piccole cose positive che
però
oscuravano i tanti lati negativi che si presentavano le tante facce
delle
medaglie sulle quali erano scolpite le mie domande. Non mi ero posto
però i
quesito indispensabile : Ci avrebbero accettato per quello che eravamo
?Mi
avrebbero accettato?Preferii non pensarci e rimandare l’ardua
sentenza
all’indomani , quando tutto si sarebbe chiarito.
Tornato
a casa , aprii la porta , non riuscii neanche a capire cosa fosse
successo ,
mia madre sembrava un fulmine , andava da una parte all’altra
della casa e non
si fermava un minuto , raccogliendo varie cose e mettendole tutte in un
grosso
borsone blu .
Bobbie
nello stesso modo percorreva tutti i corridoi della casa senza mai
fermarsi .
In quel momento mia madre si accorse di me , mi venne in contro e mi
abbracciò
, lasciando a Bobbie il compito di riunire tutte le sue cose . Non
appena mi fu
vicina avvertii immediatamente la tristezza dei suoi occhi , lucidi ,
segno che
aveva da poco smesso di piangere ed aveva le narici rosse , segno che
aveva appena
gettato un fazzoletto . Mi prese delicatamente mettendomi una mano
sulla spalla
e mi portò nella sala da pranzo , mi fece sedere sul divano
ed iniziò a parlare
:
-
Prima di tutto Justin non devi allarmarti , ti prego innanzitutto di
non
entrare nel panico e di accettare la cosa con maturità e
serietà , ho già
chiamato tua zia Betty che è di ritorno da Londra.
-
E perché mai zia Betty dovrebbe tornare da Londra?
Si
fermò un momento , inspirò profondamente e ,
trattenendo le lacrime che aveva
sicuramente voglia di versare , mi disse :
-
Nonno ha avuto un infarto
Non
riuscii a credere
alle mie orecchie ,
avrei tanto voluto che adesso il silenzio che poco tempo indietro mi
aveva
attanagliato mi riprendesse ,mi desse il modo di trovare il coraggio di
affrontare
questa situazione , questo nuovo problema . Cercai di non piangere e di
far
trasparire un’immagine sicura di me a mia madre , per questo
trattenni le
lacrime e la lasciai continuare :
-
Non gli resta molto tempo, i dottori gli hanno dato al massimo una
settimana e
ci hanno garantito che faranno tutto il possibile .
E’
a quel punto che cominciai a piangere , cominciai a far uscire fuori
tutto ciò
che avevo dentro di me , ogni minimo sentimento , non mi sarei fermato
neanche
se avessi cacciato fuori l’anima . Mia madre
continuò ancora a trattenere la
sua tristezza , ma inutilmente , si lasciò trasportare dalla
mia malinconia e
anche lei cominciò a far sgorgare dai suoi occhi lacrime
calde. Tentava di
rassicurarmi , e gli ero molto grato , volevo esprimergli tutta la mia
gratitudine in quel momento , ma le uniche cose che riuscii a dirgli
furono :
-
Quando arriverà la zia Betty ?
-
Domani in mattinata verso mezzogiorno , ha detto che sarebbe andata
direttamente in ospedale - rispose mia madre
-
Ok - dissi io - annullo il mio pranzo a casa di Austen
-
Ehi … Fermo lì dove sei - mi fermò mia
madre - Cosa è questa storia del pranzo
?
-
Niente di che … Solo che Austen ha finalmente trovato il
coraggio di rivelare
ai suoi genitori di noi e mi aveva invitato lì per pranzo
tutto qui - spiegai
con aria delusa .
-
Tutto qui ? Justin tu andrai a quel pranzo . Finalmente hai trovato
qualcuno
che ti accetta per quello che sei , non puoi lasciarti sfuggire questa
occasione
-
Ma il nonno …
-
Il nonno non avrà nulla da dire , anzi ti incoraggerebbe a
fare la stessa cosa
, glielo spiegherò io domani , starà anche su un
letto ma è ancora cosciente.
-
Grazie mamma .
Non
ebbi neanche il tempo di finire la frase che Bobbie entrò
nella stanza e disse
:
-
Hilda è ora di andare
-
Va bene amore vengo subito - rispose la mamma
-
Dove vai ?- domandai preoccupato
-
Stasera passerò la notte in ospedale , Bobbie
tornerà per stare qui con te va
bene ?
-
Non ci sono problemi mamma , non preoccuparti
-
Va bene tesoro mio , fa il bravo
-Vai
mamma - risposi io .
Mia
madre uscì dalla porta . Avevo già messo in conto
di piangere una volta che se
ne fosse andata , ma non sapevo il perché ma
l’unica cosa che feci era stare in
silenzio , in silenzio con la mia solitudine , con i mie problemi e le
mie
angosce , avrei tanto voluto avere Austen con me lì accanto
in quel momento ,
stavo anche per prendere il telefono e chiamarlo , ma preferii non
disturbarlo
. Già era in tensione per ciò che sarebbe
accaduto domani e non era
assolutamente il caso di regalargli altri problemi . Salii le scale e ,
dopo
essermi sistemato per bene mi misi a letto . Misi in pausa il mio ego ,
stanco
di pensare , stanco di tutte le situazioni che la vita mi stava
servendo su di
un piatto di argento. Non avevo più voglia di pensare , non
avevo più voglia di
vivere per quella notte , volevo solo dormire , dormire e dimenticare ,
il
sonno concilia il pensiero ed altera aspetti della vita fondamentali.
Mai come
in quel momento desideravo sognare .