Note
dell’autrice: ecco a voi la mia primissima Dramione, scritta per il concorso di
Imperfect angel. Buona lettura.
E’ buio, ma Draco non se ne cura. Fin da piccolo è stato abituato ad allearsi con le tenebre.
Il mare mugghia potente, ma le sue orecchie sembrano non udirlo. Del resto, cosa dovrebbe temere dall’oceano quando è stato lui a farlo infuriare?
Scatenare un maremoto di proporzioni apocalittiche è forse un mezzo un po’ esagerato per isolarsi dal mondo, ma questa sera ha bisogno di pensare, di riflettere e non vuole essere assolutamente disturbato. Chissà cosa stanno pensando in quel momento i Babbani nell’attendere onde che, a loro insaputa, non lambiranno mai più di sei metri nell’entroterra. Se li immagina, terrorizzati, stretti ai loro cari, magari nascosti in un angolo delle loro case. Sogghigna lievemente, pensando a quanto si stanno impegnando gli Auror per frenare quel fenomeno e per capire chi ne sia il miserabile autore. Poveri illusi: i marosi non si fermeranno (almeno qualcosa deve aver imparato dall’Oscuro Signore) ed il suo nome non salterà mai fuori. Nessuno poi lo verrà a cercare lì, in quel lussuosissimo locale in riva al mare. Da quel punto ha una perfetta visuale sul tremendo panorama, sebbene questo lo disgusti in parte: in fin dei conti si trova in un luogo costruito dagli inutili esseri viventi privi di magia e lui è un rappresentante della prestigiosa e purissima famiglia Malfoy. Vuota in un solo sorso il raffinatissimo calice, ricolmo di un pregiato vino francese, e lo posa sulla balaustra del balcone, senza mai staccare gli occhi da quel mare in tumulto.
Il
moto delle onde sembra quasi divertirsi ad imitare l’inquietudine del suo animo.
Con un sospiro, mentre gli occhi grigi osservano gli spruzzi salmastri,
testimonianza del cavallone che si avvicina e poi si ritrae, si mette a
ripercorrere gli eventi dell’ultimo periodo e mille domande lo
travolgono.
Da
ormai due mesi la pace è ritornata nel mondo e la sua vita ha continuato a
proseguire la strada che i suoi genitori hanno tracciato per lui dalla nascita.
Dopo aver scampato una condanna ad Azkaban (grazie anche alla provvidenziale
testimonianza dello Sfregiato), si è ritrovato fidanzato con una ragazza di due
anni più giovane, Astoria Greengrass, sorella della sua compagna di scuola
Daphne e rampolla di una nobile famiglia Purosangue. Grazie a lei, la linea dei
Malfoy potrà sopravvivere senza venire snaturata in alcun modo. Può anche
ritenersi abbastanza fortunato: la sua futura consorte è di bell’aspetto, non è
spocchiosa o troppo altezzosa, ha un parlare fluido e gradevole.
La
sua vita può dirsi finalmente perfetta, completa.
Il
calice magicamente si riempie di nuovo e lui lo afferra e lo avvicina alle
labbra, lasciando fluire il liquido nella sua bocca, nella sua gola, senza
tuttavia gustarlo veramente. Sbatte un pugno sulla balaustra, frustrato.
Volano
i ricordi, volano a qualche anno prima, quando la sua mente era piena non di
confusione, ma di paura. Volano imitando le ali di quel gabbiano temerario che,
davanti a lui, sta sfidando la tempesta. Ed ecco, si rivede sedicenne, mentre
cammina per i corridoi del castello, evitando i luoghi troppo affollati. Si
stringe convulsamente il braccio, che ancora sembra bruciargli per il marchio
ricevuto. Si muove veloce, bramando di essere come le ombre lungo i muri,
presenti ma invisibili. Sa di avere una missione da compiere e che il tempo si
accorcia ogni giorno di più. L’ultimo esperimento con l’Armadio Svanitore è
fallito miseramente ed il Signore Oscuro non ne è stato per nulla felice. Quasi
senza accorgersene si ritrova al settimo piano, davanti alla Stanza dove, l’anno
prima, ha incastrato Potter ed i suoi compari. Allora non poteva immaginare
quanto gli sarebbe tornato utile quel luogo. Per tre volte cammina avanti e
indietro lungo la parete, concentrandosi su ciò di cui ha veramente bisogno.
Quando la porta appare, la apre senza esitazioni. Grande è la sua sorpresa
quando non si trova nella solita stanza piena di cianfrusaglie, in cui ha
portato l’Armadio Svanitore. Quel luogo è completamente spoglio, le pareti sono
del tutto nere. Un raggio di sole entra da una finestra e cade sull’unico mobile
della stanza: un bellissimo pianoforte a coda, nero come i muri. Riscuotendosi
dallo stato di stupore in cui era precipitato, esce dalla stanza e chiude bene
la porta. Si rimette a percorrere avanti ed indietro il corridoio del settimo
piano, si ferma nuovamente davanti alla stanza e, dopo aver preso un bel
respiro, entra. Gli si presenta il solito scenario davanti agli occhi. Una
stanza nera con un pianoforte.
Esce, chiude la porta, cammina, si ferma,
respira, entra.
La
stanza resta la stessa.
E’
confuso: ha bisogno di un luogo pieno di oggetti con un armadio, non di uno
vuoto con un pianoforte.
Non
è però la disperazione ad attanagliarlo, no.
La
calma lo avvolge come un lungo e caldo mantello.
Si
avvicina allo strumento in mezzo alla stanza, consapevole di stare perdendo
tempo prezioso per l’Oscuro Signore.
Ne
sfiora i tasti di nerissimo ebano, così in contrasto con le sue pallide
dita.
Si
siede sul panchetto di pelle, rilassandosi completamente come sente di non aver
fatto da mesi, da anni.
Chiude
gli occhi, inspirando profondamente ed appoggia le falangi sulla
tastiera.
Nel
momento in cui le sue iridi di ghiaccio tornano a guardare il mondo, una melodia
triste eppure piena di speranza esce dallo strumento.
Sol
maggiore, questa è la tonalità che ha scelto.
Mi
minore, disperazione, la felicità è lontana.
Do
maggiore, una flebile luce si scorge all’orizzonte.
Re
maggiore, ecco, finalmente c’è quasi…
Mi
minore, più totale oscurità.
Le
note continuano a susseguirsi, una dietro l’altra, ogni tasto viene percorso
almeno una volta.
E’
perso, perso in un mondo solo suo e a malapena si accorge della presenza alle
sue spalle.
Con
la coda dell’occhio vede una sedia apparire al suo fianco, non troppo vicina, ed
una figura prendere posto su di essa.
Non
è nemmeno sorpreso dalla voce che chiede:
“Per
chi suoni?”
E’
un timbro dolce, quasi privo della saccenza che di solito lo caratterizza ogni
giorno in classe. E’ un timbro che chiede di capire ciò che non
comprende.
“Suono
per chi ha paura, Mezzosangue.”
La
risposta, sprezzante e tipica, ma sincera non si fa attendere. Lei però non
sembra scossa e non ribatte a tono. Fa solo un’altra semplice
domanda:
“Di
cos’hai paura Draco?”
Lui
non stacca gli occhi dalla tastiera, ma si rende conto che sentire il suo nome
pronunciato da lei gli ha provocato una strana morsa allo stomaco. Non riesce a
rispondere, stavolta proprio non ce la fa. Ancora una volta lei spezza il
silenzio creatosi tra loro.
“Non
credi che dovresti affrontarla la tua paura, invece di stare qui a
suonare?”
Gli
ha appena dato del vigliacco, ma lui rimane calmo.
“Non
siamo tutti come lo Sfregiato, Granger. Ognuno le affronta come meglio crede, le
sue paura, ma sono sicuro che anche Potter, ogni tanto, ha bisogno di
dimenticarsi un po’ del peso sulle sue spalle. Lui ha il Quidditch, io un
pianoforte.”
E’
confusa e Draco lo vede dal riflesso nella parete lignea del
pianoforte.
“Non
comprendi il paragone tra il volo e la musica?”
“No”
ribatte lei decisa “Non comprendo cosa ti possa spaventare così tanto da farti
desiderare di andartene temporaneamente da questo mondo.”
Stavolta
è lui ad essere confuso. Come ha fatto a capire?
“Credi
di essere l’unico a voler fuggire di tanto in tanto? Potrò anche avere
‘Eccezionale’ a tutte le materie, ma questo non mi da una totale sicurezza sul
domani. Temo anch’io ciò che c’è la fuori, come tutti.”
Incredibile.
No,
non tanto il fatto che una Mezzosangue abbia capito cosa
prova.
Si
rende conto che, al di là della purezza di sangue, loro due sono molto simili.
Ora riesce anche a spiegarsi come lei sia riuscita ad entrare nella ‘sua’
stanza.
Dovrebbe
provare ribrezzo, disgusto, come un vero Malfoy.
Dovrebbe
smettere di suonare e colpirla con un incantesimo.
Dovrebbe
dirle di stare al suo posto, gridarle che non può comprendere come si sta
sentendo e quale terribile battaglia stia combattendo dentro di
sé.
Invece
non lo fa.
Continua
a suonare, forse anche con più scioltezza e fluidità e non reagisce quando lei
avvicina un po’ la sedia. Le dita continuano a percorrere i
tasti.
Mi
minore, Re maggiore, Do maggiore, ma ancora nessuna traccia del
Sol.
“Di
cos’hai paura, Draco?” ripete lei e stavolta non ci sono
esitazioni.
“Della
morte.” Risponde semplicemente.
Segue
un silenzio di voci, che sembra influenzare anche la musica che pervade la
stanza.
“Sai
Granger, per me attraverso un pianoforte,
la morte è lontana. Per questo suono quando ho paura.”
“Ti
capisco. Anch’io ero venuta qui per cercare sollievo in questo modo. Quando le
dita volano sui tasti è come se..”
“..
come se fossi il padrone del mondo, come se tutto intorno a te sparisse, come se
nessuno…”
“..
nessuno possa capire cosa stai realmente provando.”
“Esattamente.”
Il
silenzio tra di loro cala un’altra volta, mentre lui continua a suonare.
All’improvviso, le mani di lei si posano esitanti sulla tastiera, alla destra di
lui. Timorose, cominciano a premere i tasti, seguendo la melodia creata da lui,
quasi prevedendo ogni suo movimento ed ogni accordo che seguirà. Non ci sono più
parole di lì in avanti, solo suoni, mani che si rincorrono, che si sfiorano, ma
senza imbarazzo, senza vergogna, senza ritrarsi. Agiscono in funzione di una
delle magie più grandi che esistano, eclissandosi dal resto del mondo e dalla
realtà.
Quando
la sinfonia termina, Draco si rende conto che le sue dita hanno composto un
accordo di Sol maggiore: ha raggiunto la luce.
Chiude
gli occhi, assapora quel momento.
Quando
li riapre, vede che la Granger gli sta sorridendo. Non è un sorriso ampio, tutto
denti, ma uno timido, appena accennato.
“Grazie”
sussurra e rapidamente lo bacia su una guancia.
Lui
resta immobile per qualche istante, incredulo. Lei approfitta di quel momento e
fugge verso l’uscita.
Lui
si alza, la segue e le afferra un braccio:
“Cos’era
quello Granger?”
Lei
sorride e Draco si trova a chiedersi se abbia mai smesso dalla fine del
brano.
“Un
ringraziamento per avermi aiutata ed un incoraggiamento per il
futuro.”
Stavolta
è lui a baciarla, le sue labbra sono come ali di farfalla che si posano lievi
sulla bocca di lei.
E’
un tocco velocissimo quasi inesistente, ma quando termina lei sta ancora
sorridendo. In un fruscio di capelli, si volta ed esce. Lui resta immobile nella
Stanza, stupito da se stesso: ha appena baciato una Mezzosangue. Torna a sedersi
sul panchetto, sconvolto, chiedendosi se l’episodio sia realmente accaduto o se
si sia trattata solo di un’illusione creata dalla Stanza delle Necessità. Non
riesce nemmeno a capire perché lui, un Malfoy, si sia comportato in modo così
gentile nei confronti di una Lurida Mezzosangue. E’ ancora più sorpreso quando,
con un sorriso stampato sul volto, torna a posare le dita sulla tastiera e a
comporre una nuova melodia in cui gli accordi minori hanno un ruolo puramente
estetico.
Il
ricordo si fa meno nitido e Draco si ritrova sulla terrazza, con il mare in
tempesta di fronte. Tornare indietro non gli è servito ad essere più sereno.
Astoria è una bellissima giovane, una moglie perfetta, ma lui sa che il suo
cuore non sarà mai totalmente suo. Del resto è un Malfoy e l’amore è uno dei
pochi lussi che non gli è concesso.
Ora
che tutto gli è divenuto più dolorosamente chiaro, con un colpo di bacchetta fa
sì che la tempesta termini, si volta ed esce dal locale con passo
fermo.
Mentre
sta per smaterializzarsi un pensiero gli attraversa la mente: non ha mai saputo
di cosa lei avesse paura.
FINE
Seconda
Classificata
Bebbe5 con
Di cosa hai paura?
Grammatica: 9.5
Un piccolissimo errore di battitura. Hai scritto “Le sue paura” invece
che “le sue paure”.
Originalità: 10
Mai vista una Fanfic così.
Davvero appassionante, che descrive perfettamente cosa provano entrambi i
ragazzi.
Utilizzo della canzone: 10
L’hai messa davvero al posto
giusto, al momento giusto, perfettamente. L’hai proprio messa nel punto in cui
mi aspettavo e non sapevo di trovarla. Bel lavoro, complimenti!
IC dei
personaggi: 9
Tutti e due perfettamente IC. I comportamenti plausibili,
i pensieri e le emozioni realistiche, la scena perfettamente incastrata nel
contesto del sesto anno: ti faccio i miei complimenti.
Gradimento
personale: 9
Davvero bella, bella, bella. Una delle migliori Fic che
abbia mai letto, perfetta in ogni senso. Davvero fantastica, complimenti
davvero. Il tuo stile è fluido, scorre perfettamente. La Fic è leggibile e
scorrevole. Mi hai proprio spedito in quella stanza, con loro due che suonano
come se lo facessero da secoli, uscendo dal mondo e catapultandosi nella loro
dimensione. Davvero bellissima. Se lo merita appieno il primo posto. Complimenti
vivissimi!
Punteggio totale: 49.6
Beh,
che posso dire? Sono davvero felicissima del mio risultato. Un grazie dunque a
Imperfect angel per l’opportunità e per il bellissimo concorso, a Bellis, che mi
ha ‘ascoltata’ in chat nei momenti di crisi e a Lady Morgan che mi ha spronata a
continuare a scrivere su questo fandom.
Bebbe5