UN GRIFONDORO E UN SERPEVERDE
Titolo Originale: A Gryffindor and a Slytherin
Autore: furiosity
E-mail autore: furiosity@gmail.com
Pairing: D/H
Rating: R
Spoilers: SS/PS,CoS,PoA,GoF,OoTP
Disclaimer: Questa storia è bastata su personaggi e situazioni creati e
di proprietà di JK Rowling.
Note della Traduttrice:Come al mio solito, traduco capitolo per
capitolo, che mi piace moltissimo… Quindi non chiedete
spoiler che tanto è inutile^_^. La fiction è a capitoli e l’originale, già
conclusa, è composta da ben 17 capitoli. Potete
trovarla facilmente all’indirizzo www.schnoogle.com/authorLinks/Furiosity. Cercherò di tradurre meglio e
più velocemente possibile e se trovate errori vi chiedo scusa, sono
disponibilissima a collaborare con un Beta. Infine, vi avviso che traduco molto
a braccio, quindi puristi della lingua, abbiate pietà
^_^.
Sommario: Mentre Draco cerca disperatamente di entrare nell’ordine di idee che suo padre è morto, non si accorge di dimenticare
tutto il resto. Il che si rivela assai poco divertente quando un inaspettato ospite si presenta in Sala Grande, una domenica pomeriggio. Alla
fine la guerra è arrivata fino ad Hogwarts? Tutto ciò,
tra bottiglie infrangibili, tentativi di dimenticare,
verdi mutandoni extra-large,
una musica fuori posto e un insolito, ma gradito,
temporale.
***
Capitolo 16: Mors Mortis
Draco voltò il viso di lato e vide Vincenzo, il serpentello giocattolo ricevuto a Natale, che gli strizzava l’occhio.
Natale. La lettera di suo padre. Suo padre.
Draco serrò gli occhi. Erano circa le cinque di mattina: si era svegliato più o meno venti minuti prima e se n’era rimasto fino ad allora seduto sul bordo del letto, a fissare il vuoto. Anche la notte precedente aveva passato ore a fissare il soffitto senza mai chiudere gli occhi.
Non si ricordava di essersi addormentato. Non si ricordava chi gli avesse chiuso le cortine del letto. Si sentiva stravolto, separato dalla realtà: da un lato, c’era Hogwarts con la sua solita vita, dall’altro, una pagina di giornale che aveva distrutto la sua famiglia. Aprì gli occhi e singhiozzò. Per una volta, fu grato che Vincent russasse: il rumore lo aiutava a non sentirsi ancora più disperso.
Vincenzo gli fece nuovamente l’occhiolino prima di tornarsene tranquillo sulla scatola dove era stato appoggiato. Lo sguardo di Draco ricadde sul contenitore di legno: un raccoglitore decorato per pozioni, il regalo di Natale di Pansy. Perché mai tutto doveva ricordargli l’ultima volta che aveva ricevuto notizie da suo padre…?
Afferrò la scatola e la lanciò addosso al muro, aspettandosi l’inconfondibile rumore del vetro che s’infrange, ma tutto quel che ne provenne fu un tonfo più o meno violento. Ovviamente, da Pansy c’era da aspettarselo: le bottiglie erano di vetro magicamente infrangibile.
“Draco?” lo chiamò una voce mezzo addormentata alle sue spalle e Draco si riscosse.
“Torna a dormire, Blaise” rispose vacuo.
Percepì il suono delle coperte che vengono messe da parte. Blaise scivolò fuori dalle lenzuola e si mise seduto, con una gamba arricciata sotto il corpo. Sembrava un barbone, notò Draco senza darci peso. Normalmente, avrebbe probabilmente preso in giro l’amico per lo stato dei suoi capelli, ma tutto quello apparteneva ad un lontano passato, esistente oramai solo nella sua memoria. Draco si osservò le mani, appoggiate sul ventre.
“Hai sentito tua madre?” chiese Blaise.
Draco scosse la testa. Blaise non sapeva che sua madre era sfuggita agli Aurors e le sue labbra si contrassero involontariamente mentre si ritrovò a lottare con il desiderio di raccontare in che genere di situazione si trovasse. Mandò giù a fatica e alzò lo sguardo sull’amico, accigliandosi. “E se fosse stato solo un errore…” disse tristemente.
Blaise lo scrutò. “Un errore?”
“Si. Magari non era mio padre. Forse era qualcun altro”.
Gli angoli della bocca del moro si incurvarono lentamente verso il basso. “Mi dispiace” disse.
“Non esserlo. Sono serio. Magari era semplicemente qualcun
altro” disse Draco, con la disperazione che gli strisciava nella voce. Nei suoi
occhi c’era un leggero brillio ed era tornato prepotente il nodo alla gola.
“Non so, magari
“Si” disse Blaise. “Può essere”.
“Pensaci” rispose Draco, col cuore che gli martellava forte nel petto. “Magari mio padre voleva che pensassero che lui era …” Draco inghiottì l’aria. “Morto”.
“Tua madre lo saprebbe, giusto?” chiese Blaise, senza guardarlo.
“Si” disse Draco. “Le manderò un Gufo”. Non l’avrebbe fatto, ovviamente. Non poteva rischiare che qualcuno intercettasse la sua posta e aggrottò la fronte. Perché sua madre non l’aveva contattato? L’incidente era successo sabato sera ed era già lunedì mattina. Forse, avrebbe avuto qualche notizie a colazione.
Blaise era serio. “Vuoi andare in Guferia adesso?” chiese. “È ancora presto, non ci vedrebbe nessuno”.
“No” disse Draco. “ Voglio vedere se mi arriva qualche lettera a colazione”.
Si mise in piedi e andò a raccogliere la scatola che aveva lanciato prima; c’era un’ammaccatura appena visibile sull’angolo che aveva colpito il muro, ma nulla di irreparabile. Avrebbe ricevuto una lettera da sua madre quella mattina, ne era certo. Suo padre non poteva essere morto, non era semplicemente possibile. La sua famiglia stava dalla parte dei vincitori in quella guerra. E i vincitori non muoiono.
La spiacevole sensazione di bruciore che provava Draco dietro gli occhi non accennava a smettere e si diede un’occhiata attorno per riuscire a distrarre la sua mente dalle parole “dichiarato morto” impresse a fondo nei suoi ricordi. Infilò le dita tra i capelli di Blaise e lo attirò a sé, per un bacio. Non si preoccupò che l’altro avesse in bocca il sapore appannato del sonno; la scossa di piacere era sufficiente per tenere lontano il tumulto dentro la sua testa. Blaise ruppe il bacio e lo fissò corrucciato.
“Questa non è una buona idea” disse a bassa voce, lottando con una respirazione incerta.
“Perché no?” chiese Draco, sentendosi arrossire.
“Perché” rispose l’altro, spostando lo sguardo. “Non voglio usarti”.
“Sta zitto” ringhiò spintonandolo giù sul letto. “Tu mi usi quando te lo dico io”.
Venti minuti senza pensieri erano meglio di niente. Non importava se aveva pensato a qualcun altro tutto il tempo.
***
Draco tenne gli occhi bassi durante l’intera colazione per evitare gli sguardi. E non c’erano state lettere.
Blaise, Pansy, Vincent e Gregory lo circondavano ovunque
andasse, fulminando chiunque provasse solo a fissare
troppo a lungo lo sguardo su di lui. I Serpeverde, quella mattina, erano stati
fin troppo calmi e
Dopo pranzo avevano pozioni e Draco aveva accarezzato l’idea di saltare la lezione con il solo intento di evitare Potter. Un qualsiasi gesto di pietà da parte di Potter avrebbe fatto crollare ogni muro eretto dal Serpeverde, lo sapeva: in realtà, era una questione di pura speculazione. Draco immaginò che se qualcuno doveva sapere di suo padre per certo, quello era Potter; d’altronde era il cocco di Silente per un motivo e un gesto, uno sguardo di commiserazione da parte sua avrebbe definitivamente fatto saltare anche la flebile speranza che si trattasse solo di un banale errore.
Con suo grande sollievo, Potter non fu compassionevole. Quando Draco alzò lo sguardo su di lui al passargli accanto, l’altro incrociò i suoi occhi e sostenne il confronto per un attimo, prima di guardare da un’altra parte.
Piton si soffermò davanti al suo banco all’inizio della lezione e il ragazzo alzò lo sguardo nei profondi occhi scuri dell’insegnante, desiderando subito dopo di non averlo fatto. Non c’era pietà negli occhi di Piton, ma nemmeno un briciolo di speranza.
Draco fu grato di potersi concentrare sul tagliuzzamento delle sue foglie di Dittamo.
Dopo cena raggiunse la classe per l’incontro dell’ES, rendendosi a malapena conto di essere l’unico Serpeverde del gruppo ora che Nott se n’era andato. Si chiese se non fosse il caso di tornare ai sotterranei e chiedere a Blaise di andare con lui, ma alla fine decise di lasciar cadere l’idea. Si rifiutava di apparire spaurito.
Avrebbero imparato come resistere all’incantesimo della Memoria e Potter lo mise in coppia con Lisa Turpin, una Corvonero rubiconda. Draco si concentrò sul suo incantesimo e non guardò in faccia nessuno. Quando l’incontro terminò, si sentì sollevato; fece per andarsene dall’aula, che Potter chiamò il suo nome.
Draco si voltò e assottigliò lo sguardo.
“Che vuoi, Potter?” chiese guardingo.
Il Grifondoro lanciò una chiara occhiata alla Granger e lei si trascinò Paciock fuori dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle. Tutti se n’erano già andati.
“Voglio solo dirti che mi dispiace per tuo padre” disse Potter.
Draco chiuse gli occhi per un momento. Il dolore pungente nel petto si fece più forte e alzò lo sguardo sul ragazzo davanti a lui, prima di accorciare le distanze fissandolo acido. “Risparmia la tua pietà per qualcuno che ne ha bisogno, Potter” mormorò.
“Non è pietà, Malfoy” rispose il moro. “Semplicemente so cosa stai…”
“Stai zitto, Potter. Stai solo zitto. Tu non hai idea di che cosa sia perdere… perdere…”
“Oh, davvero Malfoy?” Il Grifondoro stava pericolosamente alzando la voce. “Non lo so vero? Magari la prossima volta che deciderai di ritirar fuori il mio padrino…”
“Ah è per questo allora? Sei ancora ferito dal fatto che io abbia menzionato il tuo padrino? Per tua informazione, era un traditore e tutto quello che posso dire è che ci siamo liberati della spazzatura…”
Potter lo colpì sulla bocca. Draco percepì il gusto simile al sale mischiato al rame mentre le sue labbra iniziavano a sanguinare; si ripulì con il dorso della mano e alzò lo sguardo su Potter, che stringeva i pugni saldamente, con il respiro irregolare e gli occhi ridotti a due fessure dietro gli occhiali spessi.
“Sai, Potter” mormorò Draco. “Se solo avessi avuto la decenza di restarci secco sedici anni fa, tutto questo non sarebbe mai successo”.
“Si” rispose il Grifondoro acidamente “hai ragione Malfoy. Ma non venirmi a dire che sono io il responsabile per le scelte di tuo padre. Non gli ho detto io di unirsi a Voldemort quindi se vuoi qualcuno con cui prendertela, prenditela con lui. Sei… sei patetico”.
“Ah, patetico vero?” gracchiò Draco, raggiungendo la sua bacchetta ma venendo bloccato per il polso dal moro. Draco cercò di liberarsi dalla stretta, ma l’altro era troppo forte.
“Senti Malfoy” disse Potter, abbassando lentamente il tono della voce. “Io non… Non voglio duellare con te. Non con te. Non con chiunque qui a scuola”. La sua voce si spezzò e si ritrovò a fissare Draco quasi mestamente.
“Risparmiami, Potter” rispose il Serpeverde in un tono attentamente controllato, mentre si dibatteva furiosamente dentro di sé per non lasciarsi toccare dallo sguardo spaurito negli occhi del moro. Come era possibile che fosse lui quello a dover lottare con quella sensazione se si ritrovava con un labbro spaccato? Era stato Potter. Non avrebbe dovuto essere difficile reagire. Ma Potter non doveva guardarlo a quel modo e il cuore di Draco non doveva martellare all’impazzata per una cosa del genere. Le dita del Grifondoro emanavano calore anche attraverso la divisa. Draco si tirò indietro e Potter lo lasciò andare recuperando immediatamente l’espressione di sfida.
“Perfetto, Malfoy. Fai quel che ti pare. Unisciti a Voldemort, per quel che me ne importa. Non è quello che hai sempre voluto?”
E con questo, Potter abbandonò la stanza, lasciando Draco da solo con il nodo alla gola che si era rifatto vivo. Si sentì improvvisamente spossato. Il suo labbro sanguinava, il polso gli bruciava e il suo controllo era praticamente sparito. Avrebbe voluto correre da sua madre e nascondere il viso nelle pieghe dei suoi abiti, come aveva fatto tante volte da piccolo.
Piton rientrò più tardi nella Comune quella sera, per informare Draco della morte ufficiale di suo padre e offrire le condoglianze dell’intera scuola. Draco ascoltò la voce impassibile, annuì e si ritirò immediatamente al suo dormitorio. Al diavolo anche “i ragazzi non piangono”.
***
Quattro giorni dopo la notizia della morte di Lucius Malfoy, fu il compleanno di Draco. Il ragazzo aveva passato la mattinata a fissare, stretta fra le sue dita, la piccola chiave d’argento che il padre gli aveva regalato. Era come se in qualche modo, riflettè Draco, lui avesse saputo di non poter essere presente per i suoi diciassette anni. Lo shock ormai era stato sostituito dal risentimento, soprattutto per la madre: Draco non poteva credere che non avesse ancora provato a mettersi in contatto con lui. Ma spesso la rabbia si alternava con il terrore di aver perso anche lei.
Il sabato, i Serpeverde persero spettacolarmente contro i Tassorosso; il loro cercatore acchiappò il Boccino ancor prima che una delle due squadre riuscisse a segnare. Draco, però, si rese conto che non gli interessava. Si sentiva staccato da tutto e da tutti: da qualche parte alle sue spalle, esisteva una Hogwarts con le sue lezioni, i suoi pettegolezzi, il Quidditch e le feste, ma davanti ai suoi occhi, in lontananza, c’era solo un futuro incerto senza suo padre, un futuro che non precludeva la guerra. Nel frattempo, lui e Potter si erano evitati l’un l’altro dalla discussione del lunedì precedente e Draco sembrava contento così.
La scuola, in quel periodo, appariva stranamente animata da chicchericci: a Seamus Finnigan erano talmente piaciute le feste dei Tassorosso che aveva proposto di organizzarne una in occasione del giorno di San Patrizio. Per Draco era un’idea ridicola: San Patrizio era conosciutissimo per aver cacciato i druidi e i maghi fuori dall’Irlanda! A quanto pare Finnigan aveva qualche problema in fatto di conoscenza storica. Draco aveva anche tentato di parlarne con Liam, ma il Caposcuola gli aveva semplicemente sorriso e risposto di lasciar perdere. Così, la domenica pomeriggio, Draco e gli altri Serpeverde si diressero in Sala Grande.
I quattro tavoli della Case erano
stati addossati, due a due, alle pareti e riempiti con spuntini, frutta e
bibite, mentre al tavolo centrale sedevano i professori addetti alla
supervisione della festa. Draco diede un’occhiata a
Piton: l’uomo aveva il capo leggermente rivolto verso
Si incamminò verso il tavolo degli insegnanti, quasi senza prestare attenzione al chiacchiericcio della folla e alla voce di Liam che dava il benvenuto alla prima festa di San Patrizio. Draco scosse il capo; tra le altre cose il giorno esatto della festa avrebbe dovuto essere quello successivo ma in periodo scolastico sarebbe risultato improponibile organizzarne una con le lezioni di mezzo. Non riusciva ancora a capire perché diavolo avesse dovuto parteciparvi, ma questa volta avrebbe impedito a Finnigan e alla sua combriccola di metterlo in mezzo ad una delle loro insane attività, non c’erano dubbi.
Piton e
Molte delle persone appoggiate alle pareti ridacchiavano: Finnigan aveva afferrato un paio di immensi mutandoni verdi e, dopo un secondo di perplessità, se li era infilati in testa diventando decisamente troppo simile ad una rana perché Draco riuscisse a trattenere un sorrisino.
Il biondo fu particolarmente felice di notare che molti
Serpeverde non stavano partecipando al gioco, ma preferivano ridere di gusto
alle loro spalle. Blaise stava, sfortunatamente, ballando con Pansy e
“Posso parlarle un attimo, Professore?” chiese ad alta voce, cercando di contrastare la musica.
L’insegnante di pozioni alzò lo sguardo e annuì.
“Cosa volevi dirmi, Draco?” chiese, incrociando le braccia al petto.
Il ragazzo mandò giù, sentendosi invadere il petto dal terrore improvviso. “Professore, mi chiedevo se voi sapeste qualcosa di… di…”
L’espressione dell’uomo era imperscrutabile. “Nulla più di quanto sappia tu, Draco, mi spiace”.
“È vero? Cioè, io non ho sentito…” ma qui si interruppe spostando lo sguardo.
“So che questo deve essere un momento difficile per te, Draco” disse Piton “Ma devi capire che le circostanze della morte di Lucius sono molto delicate. Sono contento di come ti sei comportato finora, spero tu voglia continuare ad aver pazienza”.
Draco sospirò. Sua madre doveva star bene, altrimenti Piton non gli avrebbe detto di essere paziente.
“La ringrazio, signore” disse.
“Di nulla” rispose lui. “Ora se…”
CRASH.
Il rumore fu talmente forte che Draco sobbalzò. Il terreno tremava sotto ai suoi piedi. Che stava succedendo? Forse un terremoto? Un momento dopo, l’insegnante se n’era andato con un fruscio di vesti e lui lo seguì oltre la porta.
Draco raggiunse il centro della Sala Grande e si avvicinò a Morag. La musica continuava a suonare, ma nessuno ballava più; tutti si guardavano attorno straniti, con addosso strani indumenti verdi sopra la divisa scolastica, mentre un gruppetto del terzo anno ridacchiava nervosamente.
“Professor… Silente” chiamò un rantolò dalla porta principale e Draco si voltò.
Hagrid era appoggiato allo stipite del portone, con le braccia penzoloni e inermi, come se fossero entrambe spezzate. Metà del volto del gigante era impiastricciato di sangue, così come i suoi capelli e la barba.
“Prendi ragazzi…” grugnì Hagrid, con la bocca che sputava sangue. Ricadde al suolo con un tonfo e rimase immobile.
“HAGRID! NO!” gridò una voce alle spalle di Draco, che quasi venne buttato da parte quando il moro lo sorpassò, con addosso un ridicolo mantello verde e un cappello da pirata dello stesso colore.
“STAI INDIETRO HARRY!” rimbombò la voce di Silente. Draco si voltò verso il preside, in piedi dietro al tavolo con l’espressione torva.
CRASH. La scossa al suolo fu stavolta più forte e il Serpeverde giurò di aver visto le pareti tremare.
Quando vi fu un terzo scossone e un rumore assordante, alcune persone gridarono. Draco tornò a fissare l’entrata e sbiancò.
I portelloni d’entrata erano crollati al suolo, assieme a buona parte della parete sinistra e ora il gigante della Foresta Proibita si ergeva al posto di essi. Potter si alzò in piedi lentamente, incapace di muoversi oltre.
Le urla si alzarono d’improvviso dopo un momento di assoluto silenzio: tutti correvano dalla parte opposta all’entrata, spintonandosi e lasciando cadere i sacchi pieni d’indumenti.
“Harry. Grop uccide Harry” schioccò il gigante sopra la musica e le grida. La voce dell’essere era piatta, serena, come se parlasse nel sonno; la creatura si mosse in direzione di Potter, che dava l’impressione di aver messo radici. Quando le dita del gigante si strinsero attorno alle spalle del ragazzo, Draco giurò di aver sentito le ossa spezzarsi.
Non appena i piedi del Grifondoro si staccarono dal suolo, Draco ricordò.
Estrasse la bacchetta e sparò in aria una striscia brillante esattamente sopra la testa del gigante e gli occhi del mostro si spalancarono.
“Luci” disse, e lasciò cadere Potter, che piombò al suolo a pochi passi da Hagrid, senza muoversi.
Ci fu un lampo di luce e il gigante si immobilizzò. Draco si voltò appena in tempo per vedere Silente e Piton ancora con le bacchette puntate alla creatura, mentre molti studenti si nascondevano dietro la tavolata. Tutti i professori erano in piedi e sulle loro facce la stessa espressione di incredulità e orrore. Lo stereo suonava nell’improvviso silenzio assoluto e Draco raccolse alcune parole di quella che era la sua canzone preferita.
Guarda questa mia
promessa che si scioglie
È una melodia…
Si, una promessa, una
melodia.
Una promessa. Draco fissò il gigante immobile davanti a lui. E improvvisamente ricordò la lettera di sua madre: non avrebbe dovuto trovarsi lì quel giorno, ma rimanere nei sotterranei. Dopo la notizia di suo padre, tutto, messaggio compreso, era passato in secondo piano. In quei momenti, si rendeva vagamente conto delle persone che correvano attorno a lui. Qualcuno singhiozzava.
“Draco!” - un gemito - “Blaise! Qualcuno!” - un sospiro - “Perfavore!”
Il grido d’aiuto scosse Draco dal suo intorpidimento. “Pansy?” si lasciò uscire dalle labbra, guardandosi freneticamente in giro e scorgendola sul pavimento coperto di pietre. O dio…
Draco si precipitò verso di lei inginocchiandosi al suo fianco. Il viso era rosso e impiastricciato dalle lacrime, ma quando il ragazzo la sfiorò, Pansy gli gettò le braccia al collo, nascondendo tremante il viso sul suo petto. Vincent, Gregory e Millicent li raggiunsero, anche loro con i tratti del viso piegati della paura. Tracey piangeva aggrappata all’amica e Sheridan Roper si appoggiava alla spalla di Vincent come supporto.
Dov’era Blaise? Draco si voltò e lo vide zoppicare nella loro direzione, pallido e sconvolto.
“Mi è arrivato un pezzo di pietra sulla gamba, credo che sia… BENEFATTRICE!” gridò Blaise atterrito.
Draco notò come tutti gli insegnanti si fossero diretti verso Potter e Hagrid e un amaro risentimento cominciò a risalire velocemente il suo corpo fino al viso, che si corrucciò in un’espressione tetra.
“Certo, perfetto! Salvate il vostro perfetto Potter! Chi se ne frega se una Serpeverde è morta?” urlò scosso dalla collera.
La musica, alla fine, si fermò.
“Sono sempre gli innocenti i primi a soffrire” disse una voce profonda e melodiosa alle sue spalle.
Draco si voltò, incontrando la figura del centauro Fiorenzo, che insegnava Divinazione ai più piccoli. Il centauro spostò tristemente il suo sguardo sul corpo esile della ragazza e si avviò mestamente, col capo piegato, fuori dalla Sala Grande.
Piton arrivò di corsa, seguito a ruota da una McGranitt con le labbra tremanti.
“State indietro, tutti quanti. Tornate ai sotterranei, subito” sibilò il professore.
“Daphne, Daphne!” li raggiunse un grido di pura angoscia alle loro spalle.
Ernie Macmillan si faceva largo tra decine di altre persone, bloccandosi a qualche metro di distanza. Macmillan si ritrovò a fissare per qualche istante il corpo della Benefattrice. Il suo pomo d’adamo andava su e giù nella gola furiosamente; il ragazzo spostò lo sguardo, coprendosi gli occhi con la mano.
“Morta, è morta, e non c’è niente, niente, niente…” singhiozzò Pansy, aggrappandosi agli abiti di Draco.
Il ragazzo la strinse per le spalle. “Andiamo Parks, shhh, va tutto bene, forza, non c’era nulla che tu potessi fare…”
“Lei non ha fatto nulla! Perché lei? Perché?” si lamentò la ragazza, prima di scoppiare in singhiozzi più profondi.
Draco si rimise in piedi cercando di alzarla con forza, ma la ragazza si lasciò cadere al suolo obbligandolo, ancora una volta, a riportarla in piedi. Pansy gli rimise le braccia attorno al collo e continuò a singhiozzare convulsamente, mentre il biondo indicava agli altri con un cenno del capo l’uscita.
“Avete sentito il professor Piton, andiamo” disse, e si incamminò.
Potter e Hagrid non erano più là, mentre il gigante si innalzava ancora, immobile, nella posizione in cui era stato bloccato. Draco lo aggirò, ma attanagliato dal terrore, si azzardò a respirare solo dopo aver oltrepassato l’uscita.
Il vano d’entrata era distrutto. Macerie
ovunque, mentre un alito di vento spirava dall’esterno, mescolandosi alle
nuvole di polvere. Draco chiese a Vincent e Gregory di ripulire il
passaggio fino ai sotterranei con le loro bacchette. C’erano già dei percorsi
segnati che davano alla Sala Comune dei Tassorosso e verso le scale di pietra,
ma pareva che loro fossero i primi Serpeverde a lasciare
“D-Draco” bisbigliò improvvisamente Blaise, tirandogli la manica.
Il biondo si voltò, spostandosi dal viso i capelli di Pansy.
“Guarda” bisbigliò l’amico, indicando il pavimento nella parte dove di solito si trovavano le porte d’entrata.
Draco focalizzò la vista e vide un piccolo scarabeo trascinarsi a fatica verso di loro. Rita Skeeter.
“Prendila” disse a Blaise.
Blaise arricciò il naso. “Ehm…”
“È stata una Serpeverde” mormorò Draco, osservando gli altri. Vincent e Gregory erano impegnati a ripulire il corridoio, Sheridan, Tracey e Millicent erano stretti l’un l’altro e parlavano sottovoce.
Blaise sospirò inginocchiandosi con qualche difficoltà, e porgendo il palmo all’insetto. Le antenne dell’esserino vibrarono nell’incertezza, ma ben presto fu in salvo nella tasca del ragazzo, proprio quando Vincent urlò che avevano terminato il lavoro. Scesero tutti le scale in silenzio.
Una volta arrivati in Sala Comune, Draco lasciò scivolare Pansy sul divano, stiracchiandosi subito le braccia stancate dal peso del corpo trasportato. La ragazza rimase immobile seduta sul divano, quasi come una bambola, singhiozzando di tanto in tanto. Tracey le si sedette al fianco e l’abbracciò, ricominciando a piangere con rinnovata energia. Millicent ordinò a Vincent e Gregory di portare su qualcosa dalle cucine.
“Cercate di prenderne per tutti, gli altri arriveranno fra poco” terminò la ragazza, mentre i due già stavano uscendo.
Draco disse di dover andare a cambiarsi, lanciando un’occhiata esplicita a Blaise ed entrambi si diressero al dormitorio, dove depositarono Rita sul letto di Vincent. La donna riprese subito le sue sembianze, ma era pallida e sui capelli in disordine spuntavano dei grumi di sangue addensato.
“Entrambe… le caviglie” gracchiò. “Ho bisogno… di curarmi”.
Draco e Blaise si scambiarono un’occhiata.
“Possiamo fare una Pozione Curativa” disse Blaise. Si indicò la gamba ferita e sorrise debolmente. “Così potrei usarne anche io un po’ ed evitare di passare tempo inutile in infermeria”.
“Immagino che nemmeno tu voglia andare all’ospedale…” chiese Draco, rivolgendosi a Rita.
La donna scosse il capo. “Una pozione andrà benissimo”. Poi alzò lo sguardo sui due. “Grazie”.
La voce del biondo si fece cupa. “Abbiamo già perso una Serpeverde oggi” disse “Non voglio si ripeta”.
Rita spalancò gli occhi. “Qualcuno è morto?”
“Una ragazza nel nostro anno” intervenne Blaise ma la voce gli si spezzò in gola e spostò lo sguardo; si accovacciò al suolo accanto al letto e tremando aprì il suo baule, mettendosi alla ricerca del suo kit per pozioni. “Maledizione, non ho nemmeno un seme di Barnacolo. Usavo quelli di Piton”
“Io qualcuno dovrei avercelo” rispose Draco. “Ma spero che tu abbia il sangue di drago, perché di quello proprio non en ho”.
“Si non ti preoccupare, ce l’ho”.
Draco nel frattempo aveva raggiunto il suo baule, mentre Rita faceva apparire un tavolo da lavoro. Decisero che Blaise avrebbe preparato la pozione, mentre Draco avrebbe raggiunto gli altri: infondo, era un Prefetto, era suo compito. Assieme ai semi di Barnacolo, estrasse dal baule anche una scatola di cioccolatini presi a Mielandia e li passò ai due per evitare che i fumi delle sementi li facessero svenire dalla fame.
Chiuse a chiave la porta della stanza e raggiunse
“Ha solo bisogno di passare un po’ di tempo da solo, vedrai che lo supererà in fretta e ci raggiungerà” disse a Liam, che annuì. Le paure, d’altronde, non erano certo così facili da affrontare.
“Liam, credi che questa cosa abbia a che fare con Nott?” chiese Malcom Baddock.
Liam scosse il capo. “Nott è al San Mungo. No, il gigante deve essere stato mandato dal Signore Oscuro”.
Draco sentì il suo viso prender fuoco e spostò lo sguardo
sui suoi piedi; aveva tentato di evitare quel pensiero, ma non c’era più modo
di sfuggirgli. Sapeva perfettamente da dove era uscito quel gigante e in parte
era colpa sua se
“Ma perché il Signore Oscuro vorrebbe attaccare Hogwarts?” chiese Preston Iven, la voce ridotta dalla paura.
Laurel scompigliò i capelli del fratello. “Per Harry Potter” disse con l’espressione assente. “Ho sentito il gigante dire che voleva ucciderlo. Per qualche ragione, il Signore Oscuro lo vuole morto”.
“Forse per vendetta” intervenne Brice Owen appoggiando la tazza sul tavolino.
“Restando in tema, Draco, che cosa ti a spinto a salvare la vita di Harry Potter?” chiese Liam di colpo.
Draco alzò lo sguardo, cercando in fretta un modo per uscirne indenne. Che cosa avrebbe dovuto dire? Bè, Liam, ovviamente perché gli dovevo la vita, no? Si accigliò. “Ho semplicemente pensato che se un Serpeverde avesse salvato la vita al cocco di Silente, ci avremmo di certo guadagnato in immagine davanti all’intera scuola, non credi anche tu?”
Liam sembrò per un attimo perplesso, poi sogghignò. “Credo di sapere chi sarà il nuovo Caposcuola l’anno prossimo. Bel lavoro, Draco”.
Draco riprese fiato. Pansy lo fissava con un cipiglio strano e gli mormorò un “Cosa?” perplesso.
“Te lo spiego dopo” bisbigliò Draco in modo che solo la ragazza potesse sentirlo, ma non c’era assolutamente motivo per cui dovesse spiegarle del debito che aveva con Potter, ovviamente. Avrebbe preferito fingere di provare qualcosa per Potter piuttosto.
“Senti, Draco, ma come conoscevi l’incantesimo giusto per fermare il gigante?” chiese una ragazza del terzo anno.
“L’ho solo distratto” rispose lui. “Ho immaginato che fosse stupido abbastanza da essere facilmente distratto da qualche luccichio nell’aria”.
“Wow” sospirò la ragazza, giocherellando con una delle sue trecce. “Sei stato davvero velocissimo”.
“Grazie” disse semplicemente Draco, cercando invano di sorridere.
I Serpeverde continuarono a discutere dell’accaduto, ma la
morte della Benefattrice non la si nominava mai.
Blaise uscì dal Dormitorio venti minuti più tardi, senza più
zoppicare, e si sedette al fianco del biondo, dandogli una piccola gomitata
nelle costole e indicandogli l’uscita. Draco annunciò che andava da Piton a
chiedere cosa avrebbero dovuto fare per la cena. I due ragazzi rimasero
attoniti nel trovare
Blaise e Draco si affrettarono nel cortile; il moro infilò una mano in tasca e ne estrasse il piccolo insetto e lo liberò. Rita si diresse in fretta verso Hogsmeade, mentre i due rimanevano immobili al vento primaverile. Draco si sentiva scosso sia fisicamente che psicologicamente: sembrava che ogni cosa succedesse per lui. La morte di suo padre e ora della Benefattrice, il gigante, Potter… il biondo scosse il capo con forza.
All’orizzonte, densi nuvolosi si apprestavano a raggiungere il castello. Di tanto in tanto, un lampo spaccava il cielo in due metà e ogni sprazzo di luce riportava il gigante nei pensieri del Serpeverde. Draco rabbrividì all’ennesima folata di vento e tirò la manica del compagno.
“Andiamo. Dobbiamo ancora vedere Piton”.
Raggiunsero l’ufficio dell’insegnante e bussarono: tre tocchi pesanti e uno più leggero. Nessuna risposta. Draco alzò lo sguardo su Blaise, che inarcò un sopracciglio.
“L’infermeria” disse contemporaneamente e si avviarono nuovamente verso l’entrata principale.
Madama Chips li osservò contrariata quando arrivarono. “Harry sta bene ragazzi, ma ha bisogno di riposare. Ha già avuto troppi visitatori per oggi. Forza, fuori”.
“Non siamo qui per Potter” disse Draco, ignorando il piccolo sussulto del suo stomaco alla notizia che il Grifondoro stava bene. “Cerchiamo il professor Piton”.
“Bè, siamo stati mandati dal Caposcuola per chiedere della cena” disse Draco.
“La cena sarà come al solito; vi verrà spiegato tutto dal vostro Capocasa più tardi. Oh cari, voi siete Serpeverde, vero?”
“Giusto” disse Blaise, lanciando un’occhiata ai letti. Tre di essi avevano le cortine tirate. “Lei è…”
Alla donna sfuggirono le lacrime. “Mi dispiace cari. Non c’era nulla che io potessi fare per lei o Hagrid…”
***
I genitori della Benefattrice arrivarono a scuola il Lunedì all’ora di pranzo. I Serpeverde del sesto anno lasciarono
“Pagherà” disse Macmillan.
Draco quasi rise. Quel povero cretino sperava di potersi opporre al Signore Oscuro? “Qualcuno pagherà di certo” disse.
“Ad ogni modo” gli disse l’altro in tono confidenziale. “Dovresti incaricarti di guidare l’incontro dell’ES di stasera”.
“Dovrei incaricarmi… perché?”
“Harry, ehm…” Macmillan sembrò sconfortato. “Non ha preso bene la morte di Hagrid”.
Draco inarcò un sopracciglio. Potter non era venuto alla lezione di Pozioni, ma il Serpeverde aveva pensato che si trovasse ancora in infermeria. “Non è ancora ricoverato?”
Macmillan scosse il capo. “Ha lanciato un Incantesimo Imperturbabile sul suo letto e si rifiuta di parlare con chiunque”.
Draco sorrise quasi rincuorato. Perlomeno, non era l’unico a cui andava tutto storto. “Bene” disse “Grazie per l’avviso”.
Con questo, tornò dentro. Si chiese se non fosse sbagliato sentirsi responsabile della morte della Benefattrice e non di quella del custode.
Nessuno sapeva quel che era successo al gigante: alcuni dicevano che fosse stato rinchiuso in un’area protetta nella Foresta Proibita, altri che fosse stato rispedito alla montagne da cui proveniva ma Draco non credeva che Silente avrebbe lasciato che il gigante si riunisse ai suoi compagni, per causare così altri disastri. Piton li aveva informati, la sera prima, che la creatura era una specie di fratello a metà col custode, che lo aveva trovato in chissà quale modo e se l’era portato a casa.
Ogni volta che pensava al mostro, una sensazione davvero sgradevole si impadroniva di lui. Se solo non avesse scritto a sua madre… si sentiva male al pensiero che Narcissa avesse girato l’informazione al suo Signore. Draco iniziava seriamente a dubitare della figura dell’Oscuro…
Inviare un gigante a scuola? Durante una festa, oltretutto? Era terribile, certo, e crudele, ovvio, ma non una scelta capace di ravvivare particolarmente quel senso di timore e reverenza che gli si avrebbe dovuto mostrare. Draco sentiva quasi un senso di nausea stringergli lo stomaco e la gola al solo pensiero. In qualche modo, il Signore Oscuro doveva aver scoperto della Festa di San Patrizio e Draco non poteva credere che sua madre fosse d’accordo con tutto ciò, che potesse voler coinvolgere dei semplici bambini. Certo, lo aveva avvisato, ma che ne era della Benefattrice? E più ci pensava, più la sensazione di vomito gli stringeva le membra.
L’incontro dell’ES fu alquanto sottotono.
“È stata una bella cosa quella che hai fatto per Harry,
Malfoy” disse
“Si, grazie, Malfoy” rincarò Paciock. “Sei stato davvero coraggioso” aggiunse.
Draco storse il naso. “Ho solo fatto la parte dell’eroe ammirato da tutti, non preoccupatevi, non ho minimamente intenzione di diventare suo amico”.
“Perché l’ah fatto?” chiese
Draco inarcò un sopracciglio. “Non lo sai?”
“No”.
“Non vuole parlare con nessuno” intervenne accigliato Paciock
“Bè, vi suggerisco di chiederlo a lui quando avrà la decenza di ritornare a far parte di questa società. Scusatemi”.
Draco lasciò l’aula scuotendo il capo. Non avrebbe mai capito i Grifondoro. Potter non si era vantato di avergli salvato la vita nella Foresta Proibita? Un tuono si scatenò oltre il vetro di una finestra e Draco sobbalzò. Per un millesimo di secondo, aveva pensato che il gigante fosse ancora lì, ma poi la pioggia che picchiettava sulle finestre gli fece ricordare che il temporale che aveva scorto nel pomeriggio era finalmente arrivato a Hogwarts.
Draco adorava i temporali da quando
era piccolo. Molto spesso si era ritrovato seduto sul dondolo nel centro del
cortile di casa sua ad osservare come i lampi squarciavano il cielo, mentre la
pioggia lo inzuppava. E ancora amava i tuoni,
soprattutto quelli che gli facevano vibrare il petto. Si, era davvero passato
tanto tempo da quando Draco si era goduto un bel
temporale. Erano molto più rari in Scozia che in Inghilterra… aveva deciso. Quando raggiunse
La pioggia non era ancora torrenziale e l’ombrello riusciva a fermarne buona parte: nonostante amasse la pioggia, era quella estiva ad attrarlo, più che quella gelida di quel periodo. L’aria pungente si scontrava con la pelle delle sue guance e il ragazzo incurvò l’ombrello per proteggersi dal vento. Si mise il cappuccio e si avviò al Campo di Quidditch, deciso a godersi il temporale dalle tribune.
Draco si fece strada attraverso il prato, ricordando una passeggiata del genere fatta appena due settimane prima. L’erba allora era ghiacciata, mentre adesso era scivolosa sotto i suoi piedi, come a ricordargli che le cose erano cambiate davvero. Un gufo lanciò un grido attraversando il cielo e il ragazzo sobbalzò, voltandosi in direzione del rumore. Quella specie di animale chiamato Thor era seduto davanti alla capanna di Hagrid, lamentandosi. Qualcuno era appoggiato alla porta di legno. Potter. Il cuore di Draco gli salì in gola in modo parecchio fastidioso. Da quando era più interessato a Potter che a un bel temporale?
Ad ogni modo, aveva già cambiato direzione e si stava dirigendo alla capanna, maledicendosi mentalmente. Potter aveva la testa reclinata all’indietro e appoggiata al legno scuro, gli occhi chiusi, come un appassionato di musica che ascolta le note di una melodia. Peccato che la melodia in questione fossero i lamenti di un cane.
“Oh, chiudi quella bocca” sbottò Draco a Thor, che non gli prestò la minima attenzione.
Gli occhi del Grifondoro si spalancarono. “Che diavolo vuoi, Malfoy?”
“Voglio che mandi via questa sottospecie di creatura così posso godermi il mio temporale in santa pace, ecco cosa voglio” borbottò serio Draco.
Inaspettatamente, Potter rise.”Sempre preoccupato per te stesso, eh, Malfoy?” disse con un ghigno da far concorrenza a Millicent. “Semplicemente non riesci a lasciare che le cose succedano da sole, eh? Chi diavolo ti ha chiesto di intervenire ieri, eh?”
Draco lo fissò. “Se pensavi che io fossi particolarmente felice di doverti la vita, ti sbagliavi” disse.
“Sei proprio un idiota, Malfoy. No, davvero, sei impossibile. Non avevo intenzione di far valere il tuo debito, e se fossi morto, tanto meno”.
“Proprio quello che intendo Potter. Avevo accarezzato l’idea di vivere una vita che ti dovevo, e non mi pareva proprio il caso. Il tuo amico gigante ha deciso di darmi l’opportunità di ripagare il mio debito, tutto qui. Se dovesse riapparire, stai ben certo che non muoverei nessun muscolo se non per scappare. Per chiarire che ora siamo a posto. Non l’ho fatto per te, ma per me. Così, non me ne frega assolutamente nulla se approvi o meno”.
Potter si accigliò. “Hai finito?”
“Quasi”.
“Bene, allora, vai a farti fottere”.
Draco inarcò entrambe le sopracciglia. “Trattieni le tue foghe, Potter. Continuo ad essere un Prefetto di questa scuola”.
“E io continuo a scoparti, Prefetto” lo sbirciò malizioso l’altro. “Quindi perché non vai a farti fottere comunque?”
Draco si rabbuiò. “Sempre così convinto di te stesso, vero
Potter? Convinto sempre che il mondo giri attorno a te, eh? Lo sai che il
fratellastro del tuo caro amichetto morto ha ucciso
“E chi diavolo è?”
“Daphne Greengrass”.
Il sorrisino di Potter scomparve in un attimo. “Daphne è morta? Come?”
“Schiacciata da un pezzo di parete crollata dopo l’entrata del gigante in Sala Grande. L’hanno portata via oggi pomeriggio, ma immagino che tu sia stato troppo occupato a pensare a te stesso per notare qualsiasi altra cosa”.
“Mi spiace” disse Potter. “Non sapevo”.
“Non mi sorprende”.
“Sai una cosa, Malfoy? Io…”
“No tu sai una cosa, Potter? Il tuo amico si è meritato quel che ha ricevuto. Lui ha portato quella creatura nella Foresta. E per colpa sua, una ragazza innocente è morta. Sono certo che Hagrid deve essere stato un Grifondoro prima di essere espulso, perché solo voi potete essere talmente accecati dai vostri sentimenti”.
Con una specie di mezzo grido, Potter si lanciò verso Draco. Entrambi caddero al suolo e il biondo, preso alla sprovvista, perse la presa sull’ombrello che volò lontano, spinto dal vento. La pioggia gli picchiettava sul viso, mentre Potter gli si metteva a cavalcioni preparando il pugno. Draco chiuse gli occhi intimorito; non sapeva battersi come i babbani e la sua bacchetta rimaneva inutilizzata nella tasca interna. Tutto quel che poteva sperare, era che Potter non lo uccidesse. Thor smise di latrare.
Ma il pugno non arrivò. Al suo posto, Draco sentì le labbra calde dell’altro sul suo collo, a leccargli via le gocce di pioggia, facendolo rabbrividire. Potter si muoveva lentamente sopra di lui e Draco riconobbe la sensazione improvvisa che iniziava a risvegliare la parte bassa del suo ventre. Spalancò gli occhi nell’istante stesso in cui il moro risaliva al suo viso e si fissarono. Gli occhiali dell’altro erano appannati e i capelli gli si appiccicavano sulla fronte. Il Serpeverde si sporse appena e gli sfilò gli occhiali.
I lampi si rincorrevano nel cielo illuminando il viso del Grifondoro di una luce misteriosa; Draco notò il segno della cicatrice sotto la frangia dell’altro, in netto contrasto con la sua pelle chiara. Un lampo più forte fece si che Thor iniziasse nuovamente ad uggiolare, mentre la pioggia si faceva più intensa tutto attorno a loro.
“Com’è” chiese Potter tranquillo “che ti ho permesso di avermi, Malfoy?”
Draco tossicchiò. “Non lo so. Forse perchè io ho avuto ragione e tu non vuoi ammetterlo”.
Potter si adagiò lentamente sul suo corpo, facendo leva dai lati con i gomiti. “Hai avuto ragione? Su cosa?”
“Tutto, in effetti. Sono abbastanza bravo ad aver ragione. Possiamo scopare adesso?”
Potter trattenne il respiro per un attimo, ma scosse il capo. “No. Tu non sei impressionato da questa faccenda del Ragazzo-che-è-sopravvisuto, vero, Malfoy?”
“Nemmeno lontanamente” confermò il biondo.
“E non sei semplicemente geloso”.
“Geloso di cosa, Potter? Senti, sono completamente fradicio e fa freddo. O mi prendi a pugni o facciamo sesso, quel che ti pare. Non sono interessato alle tue angustie esistenziali”.
Potter storse il naso. “Mi ricordi uno dei tuoi antenati, lo sai?”
“Quale?”
“Non importa”
“Non sapevo che ti fossi addirittura interessato al mio albero genealogico. Che romantico. Scusami se sono estasiato”
“Cretino”
Draco si agitò sotto il corpo dell’altro. “Pensi che potremmo spostarci in un posto meno umido?”
Potter si abbassò e unì le sue labbra a quelle del Serpeverde. “Non ci penso proprio” bisbigliò. “Mi piaci bagnato”.
Una goccia di pioggia scivolò sul suo labbro inferiore e Draco la leccò via.
Il respiro del moro era caldo sulla sua pelle. “Malfoy” sospirò.
Draco rabbrividì. C’era qualcosa di terribilmente perverso nel modo in cui Potter pronunciava il suo cognome.
“Ti voglio, adesso” gli mormorò il Grifondoro all’orecchio, prima di succhiargli lascivamente il lobo.
“Smettila di parlare, Potter” ansimò Draco, inarcando la schiena “E potrei considerare l’idea”.
Alla fine, richiusero Thor e si precipitarono al castello rinchiudendosi in uno stanzino per le scope. Fuori era davvero troppo freddo.
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Diario di Draco
Malfoy, 17 Marzo
Questa cosa non
significa nulla. Davvero, non vuol dire niente, non significa assolutamente
niente. È solo sesso. Potter non è intelligente o divertente e a me non
interessa parlare con lui. Io odio Potter. Ok, è un
talento naturale con la bocca, ma lo odio. Odio odio odio.
Odio.
Per
il resto, credo che il mondo stia letteralmente andando a rotoli. Mio padre è morto e non ho idea di come
comportarmi. Mi sono reso conto che mi manca, più di quanto potessi mai
immaginare. Credo sia vero che ci si accorge di quel che si ha solo quando non la si possiede più. Mia madre ancora non
scrive. Immagino che dovrei guardare il lato positivo
della cosa: probabilmente crede che vada tutto bene.
Provo solo un gran
senso di vuoto. Non c’è niente che mi faccia star bene eccetto, forse, quel
fatto assolutamente insignificante del far sesso con Potter, ma è dolorosamente
insufficiente per farmi stare davvero bene. Non che abbia
perso tempo a pensare a Potter come qualcuno in grado di farmi sentire
meglio, non se ne parla proprio. Una cosa che ancora mi rende perplesso è
Piton, che pensavo essere un mangiamorte. Mio padre l’ha sempre lasciato
intendere e alcuni addirittura giurano di aver visto il Marchio Nero sul suo
braccio. Ma ieri Piton pareva sconvolto come tutti gli
altri. Perché il Signore Oscuro non l’ha avvisato di
voler attaccare la scuola con un gigante? Credevo stimasse di più i suoi
Mangiamorte…
Fine Parte 16.
Note:
1- Mors, mortis: dal Latino, morte.
2- Le parole della canzone, così come il nome del complesso nonché il titolo sono interamente inventate dall’autrice e adattate in parte dalla traduttrice per ovvi motivi linguistici.
3- Nel capitolo 1 i semi di Barnacolo sono nominati durante la lezione di Piton e viene spiegato che hanno la facoltà di accelerare la digestione; ecco perché Draco si preoccupa dei cioccolatini.
E ci avviamo alla
conclusione miei prodi… questo capitolo mi piace davvero, sia per la storia che si fa più chiara, oltre che più interessante, sia per
l’intimità che si è creata… O la vedo solo io? XD Cercherò di
tradurre l’ultimo il più velocemente possibile… Nel frattempo, mi auguro
di leggere le vostre recensioni!
Un bacio
Laura