Capitolo 2
Sango guardò svogliatamente il ragazzo seduto davanti a
lei. Era la tipica persona che non aveva alcuna voglia di trovarsi in quel
posto, né allora né mai. Decise comunque di tentare di intavolare una
conversazione, era ben consapevole di non doversi fidare della prima
impressione.
“Allora…”,
cominciò, dopo un lieve colpo di tosse, “io mi chiamo Sango.
Piacere di conoscerti…”. Attese, con la mano tesa,
una risposta dall’altra parte del tavolo. Il ragazzo spostò gli occhi ambra su
di lei, facendo una smorfia. Era completamente sbragato sulla sedia, le mani
nelle tasche dei larghi jeans, i lunghi e ribelli capelli argento che
ricadevano morbidamente sulle spalle e sulla schiena. Non rispose. Sango prese un respiro profondo, ritirando la mano con
lentezza fino al bordo del tavolino rotondo.
“Senti”, cominciò
quindi lei, “tu non hai voglia di stare qui e io non ho voglia di osservare
l’arredamento della sala circondata da un imbarazzante silenzio. Quindi che ne
dici se chiacchieriamo spensieratamente per questi dieci minuti? Così una volta
terminati tu passerai ad un altro tavolo e andrai a rendere la serata difficile
ad un’altra persona. Che ne dici?”.
“Tzé!”,
si limitò a sbuffare il ragazzo, “se ti va di parlare fa pure, per me è
indifferente”. Sango assottigliò gli occhi,
decisamente infastidita.
“Bene, posso farlo, ma
almeno mi faresti l’onore di dirmi il tuo nome?”, domandò incrociando le
braccia, “O preferisci che ti chiami mezzo demone molto scorbutico? O ancora
peggio! Ragazzo affascinante dalle orecchie adorabili e pucciose-oddio-fammele-toccare!”.
Terminò facendo una vocina tenera e fissando le orecchiette bianche sulla testa
di lui, sbattendo gli occhioni ametista prima di
fissarli decisamente perplessa sul ragazzo.
“Uhmm”,
mugugnò lui.
“Giuro che lo faccio”, minacciò
lei, “non ti vedrò mai più per il resto della mia vita, indi non me ne
vergogno”. Calò un breve silenzio, il silenzio che precede la resa.
“Inuyasha”,
borbottò infine il mezzo demone, voltandosi dall’altra parte.
“Bene Inuyasha, devi sopportarmi ancora per…
sei minuti”, precisò, osservando l’orologio della sala, “parli tu o parlo io?”.
Domanda inutile, pensò
poi la ragazza. Intavolò una conversazione molto banale sulle imminenti feste
di natale e sul fatto che ancora non aveva fatto neppure un regalo.
Infine suonò la
campana. Inuyasha si alzò e passò al tavolo accanto,
sedendosi nel medesimo modo e ricominciando il medesimo silenzio. Sango non invidiò affatto la povera malcapitata che se lo
ritrovava davanti. Certo non ti aspetti di trovare persone simili in un locale
di Speed Dating. Kagome non voleva certo venire con lei ma non si era
lamentata. Si volse a guardarla e notò che anche lei lo stava facendo. L’amica
inclinò la testa di lato e fece una faccia molto annoiata, alludendo all’uomo
che si era seduto in quell’istante davanti a Sango.
Lei lo osservò: non sembrava brutto, quindi Kagome
alludeva sicuramente ai contenuti della loro futura conversazione.
E aveva ragione. Dieci
infiniti minuti di dettagliata descrizione del football.
Sango
sopportò a lungo le spiegazioni dell'uomo, chiedendosi dove Kagome
avesse trovato la pazienza di non ficcargli in bocca la brocca d'acqua al
centro del tavolino. Quando suonò nuovamente la campana quasi le sembrò di
essersi svegliata da un incubo.
Si susseguirono altri uomini: alcuni interessanti ed
altri no, alcuni imbarazzati ed altri che erano evidentemente dei maniaci
sessuali desiderosi di dire esplicite frasi piccanti, nella speranza che la
loro interlocutrice fosse interessata al medesimo argomento. Sango ridacchiava in maniera quasi isterica prima di
portare altrove la conversazione ogni volta.
All'ennesimo suono della campana – e all'ennesimo 'a mai più rivederci'
che Sango certo non si vergognava a dire – si
avvicinò un ragazzo dall'aria simpatica, carino ma in qualche modo anonimo.
Aveva capelli castani e occhi verde foglia, ma forse era un po' troppo piccolo
per lei.
“Buonasera”, esordì il giovane, portandosi dietro la
sedia, “mi chiamo Hojo, piacere di fare la sua
conoscenza”. Sango sorrise, era eccessivamente
formale, forse in maniera quasi fastidiosa.
“Siediti, su!”, disse lei dandogli del tu, “La sedia
non ti mangia mica!”.
Il ragazzo arrossì imbarazzato, ma quando fece per
portarsi davanti alla sedia in questione una mano lo fermò, prendendolo per il
gomito.
“Ehi, scusate”, disse l'uomo che lo aveva bloccato,
“non è che potrei sedermi io qui?”.
“Veramente...”, cominciò a replicare Hojo, decisamente confuso.
“Guardate, vi dirò la verità”, sussurrò poi l'uomo,
“la ragazza del tavolo dove mi stavo sedendo ha detto che vuole conoscervi, ma
mi ha fatto promettere di non dirvelo! Ora non vorrete certo recare una simile
offesa ad una fanciulla sì dolce è delicata! Convenite con me?”.
“C-convengo?”, domandò il
ragazzo più confuso di prima.
“Ma certo che convenite”, terminò l'altro annuendo
deciso, “e allora prego andate! Terrò calda questa sedia per il vostro ritorno,
tra dieci minuti!”. Detto ciò lo spinse via nella direzione dell'altro tavolo
e, con un gesto fluido, si sedette al tavolo di Sango,
che aveva assistito incredula alla scena.
“Miroku Houshi, piacere di fare la vostra conoscenza” disse poi
l'uomo, tendendo la mano.
“Quella ragazza aveva davvero chiesto di Hojo?”, domandò lei, ignorando la mano e non presentandosi.
Lui sorrise, scansando la frangia scura dal volto. Sango
notò che aveva i capelli legati in un piccolo codino, inusuale per un uomo di
quella età.
“No, non lo aveva fatto”, rispose Miroku con sincerità, “ha importanza?”.
“Direi di sì!”, disse lei scocciata, “Il suo
comportamento non è stato affatto corretto”.
“Non posso certo negarlo”, ammise lui, sorridendo –
un sorriso stupendo –, “ma vede, signorina, dopo averla vista certo non potevo
resistere ancora a conoscerla. Il suo fascino abbaglia gli occhi di tutti i
presenti del locale, i miei compresi”.
Sango
non riuscì ad evitare di arrossire. Forse perché quell'uomo era riuscito a
farle un complimento senza risultare volgare come i precedenti, o forse perché
quel complimento proveniva da un uomo veramente molto bello. Uno di quegli uomini fuori dagli schemi e che
adesso la fissava con dei profondi occhi blu oceano.
“Allora signorina”, continuò Miroku,
sicuro di aver fatto centro e di aver conquistato il diritto di stare seduto a
quel tavolo, “vuole farmi l'onore di conoscere il suo incantevole nome?”.
“Sango”, rispose la
ragazza, ancora con le guance color porpora.
“Vuol dire corallo, vero? È l'attuale colore del
vostro volto, Sango”, ridacchiò lui. La ragazza
arrossì ulteriormente, distogliendo lo sguardo. Notò che a Kagome
era toccato il turno del mezzo demone figlio dell'allegria. Non poté che
compatirla, prima di concentrarsi nuovamente sul suo interlocutore.
“Se crede che mi senta a disagio si sbaglia”,
cominciò lei, “non è la prima volta che vengo ad uno Speed
Date e non mi faccio abbindolare dai complimenti!”.
“Lei si sente a disagio eccome”, ribatté Miroku, sicuro di sé in maniera quasi fastidiosa.
“Non è ve-”, fece la ragazza, ma lui la fermò con un
gesto della mano, prima di appoggiare tranquillamente i gomiti sul bordo del
tavolo e lasciare che la mano destra sorreggesse il mento.
“Continua a darmi del lei nonostante prima sia stata
proprio lei a prendere l'iniziativa con quel ragazzo, dandogli del tu. Vuole
mantenere le distanze da me, quindi. Inoltre è la prima volta che viene ad uno Speed Date. Ha mentito per fare la spavalda ma mentre lo
faceva guardava continuamente a sinistra, segno che si trattava di una bugia”. Sango arrossì ulteriormente, incapace di rispondere a tono
alle supposizioni esatte del ragazzo.
“Non deve sorprendersi”, continuò lui, sorridendo,
“studio criminologia e sono abituato ad analizzare le persone”.
“Quindi crede di sapere tutto di me?”, domandò Sango, stavolta infastidita dall'altezzosità di quella
sentenza.
“Certo che no!”, rise Miroku,
felice di aver finalmente attirato la sua attenzione, “Ma sarei ben lieto di
sapere qualcosa dalle sue labbra, Sango. Perché non
mi parla un po' di lei?”.
“Posso rigirarle la domanda?”, chiese la ragazza,
cercando di tirarsi indietro ribaltando la situazione.
“Beh, invero su di me non c'è molto da dire”,
cominciò lui, poggiandosi allo schienale della sedia, “Ho 26 anni e studio
criminologia da 7 anni. Tra tre potrò conseguire la mia laurea e cominciare la
mia carriera nel mondo della criminalità, dalla parte dei buoni ovviamente”.
“Curioso studiare ancora a ventisei anni”, commentò
lei, ritenendola una cosa decisamente stupida.
“Alcuni corsi di laurea sono decisamente lunghi, e
anche a motivo direi”, ribatté lui con tranquillità, “perché, tu non hai
studiato, Sango?”.
Ecco, era sicura che avrebbe cominciato a darle del
tu. Ma in fondo la conversazione non stava prendendo una brutta piega, perché
non dargli corda?
“Sì, ma ho preso una laurea breve”, rispose infine,
giocando con una ciocca della sua lunga coda, “ho un negozio di famiglia e
lavoro lì”.
“Un negozio? Che tipo di negozio?”, chiese Miroku curioso.
“Un… un negozio di armi”,
ammise infine la ragazza, leggermente a disagio. L’uomo strabuzzò gli occhi e Sango desiderò di non averlo mai detto.
“Però affitto anche camere!”, si affrettò quindi a
dire, cercando di portare altrove il discorso. La campana suonò nuovamente e Miroku sorrise.
“Dimmi che possiamo continuare questa
conversazione”, la pregò lui facendo gli occhi dolci. Sango
ci pensò un attimo. In fondo si trattava solo di andare a bere qualcosa
insieme, non era nulla di pericoloso. E lei era cintura nera di 4° grado di
Jujitsu.
“E va bene… Miroku”, concesse infine, alzandosi e prendendo il cappotto
viola. Il ragazzo sorrise raggiante e la accompagnò all’uscita, mentre il
povero Hojo osservava la scena da lontano.
“Ho la macchina parcheggiata laggiù”, disse Miroku, prendendo Sango per la
vita e accompagnandola. La ragazza fece una smorfia ma non si divincolò. In
fondo la stava solo abbracciando, nulla di inusuale.
“Potremmo andare a piedi”, propose lei, sentendosi a
disagio a salire sul mezzo di uno sconosciuto.
“Suvvia, non devi sentirti a disagio!”, esclamò lui
aprendole la portiera. Maledetto corso di
criminologia, pensò Sango con un certo odio. Odio
che aumentò pochi secondi dopo. Non le serviva essere una criminologa per
capire che la mano di Miroku non era scivolata accidentalmente sul suo sedere.
La ragazza si voltò di scatto e rimase a fissarlo
con un sorrisino inquietante.
“Miroku”, disse rimanendo
immobile.
“Sango”, rispose lui
confuso, prima di vedersi arrivare una cinquina sul volto. Cinquina decisamente
forte dato che il segno rosso apparve immediatamente e il dolore non fu
indifferente.
“Grazie e arrivederci, criminologo dei miei stivali!”,
sibilò Sango prima di voltarsi e incamminarsi furente
verso casa, non molto lontano da lì. Acchiappò con rabbia il cellulare e
scrisse a Kagome un breve messaggio:
‘Per via di
una cosa spiacevole che ti spiegherò a casa sto tornando lì. Non fare troppo
tardi e non preoccuparti! Ti aspetto’
Miroku
sorseggiava lentamente il suo cocktail, osservando le ragazze nel locale. Ormai
era tardi e le migliori si erano già scelte un partner con cui passare la
serata. Inoltre con quell’enorme segno rosso sulla guancia, cosa che lo faceva
sentire osservato da fin troppe persone, era difficile che una ragazza carina
si lasciasse abbordare senza temere di essere incappata in un maniaco o un’attaccabrighe.
Una ragazza con la coda alta gli passò accanto, la
osservò con la coda dell’occhio.
“Sango è più bella”,
sussurrò, notando una lieve somiglianza tra le due. Già, una ragazza
decisamente imprevedibile e che non riusciva affatto ad analizzare bene. Lo
affascinava questo suo lato diffidente, dolce e al contempo violento. Ma tanto
non la avrebbe più vista, quindi poteva anche togliersela dalla testa.
Il telefono squillò e Miroku
rispose immediatamente.
“Pronto?”.
“Idiota, dove
ti sei cacciato? Mi serve la tua auto!”, rispose una voce scorbutica dall’altra
parte del telefono.
“Ciao anche a te Inuyasha!
Ti voglio bene anch’io amico”, disse Miroku
ridacchiando, “Comunque sto al locale di fronte allo Speed
Date, mi raggiungi?”.
“Non hai
capito, mi devi venire a prendere! Quella maledetta si è fatta accompagnare
fino a casa e non mi va di tornare indietro con questa cosa di colore
imbarazzante attorno al collo!”.
“Toglila”, rispose Miroku,
pur non capendo che alludeva alla sciarpa color ocra di Kagome.
Inuyasha rimase in silenzio, arrossendo, finché Miroku non parlò nuovamente. “Comunque bravo mio caro! L’hai
portata a casa, eh?”.
“N-Non è come
pensi!”, urlò Inuyasha dall’altra parte, “L’ho accompagnata alla porta e anzi quella
stupida con cui sei uscito mi è stata a fissare come un ebete per tutto il
tempo!”.
“Sì, sì! Dicono tutti cos… Cosa hai detto?”, domandò
infine incredulo.
“Che l’ho
portata alla porta”.
“Dopo!”, sbuffò Miroku
infastidito, “Chi c’era a casa con lei?”.
“La ragazza
con cui sei uscito”, rispose Inuyasha confuso, “Sento? Sanmo?”.
“Sango”, lo corresse l’altro
in un mormorio.
“Sì, abita lì
credo. Comunque vuoi venire o no? Fa fre- … Non fa
freddo ma mi sto annoiando!”.
“Arrivo. Ma tu non scordarti il nome della strada
dove abita per nessuna ragione al mondo!”, si raccomandò Miroku
prima di riagganciare.
“Sango cara”, sussurrò,
lasciando i soldi del cocktail sul bancone, “credo proprio che ci rivedremo”.
Tanti
Auguri alla Rocchan! *o* Ecco il secondo e ultimo
capitolo di questa storia a quattro mani! =P È Ary che vi parla e che continuerà a parlarvi ancora, se l’ispirazione
non fugge >__> Finalmente io e la Emi siamo riuscite nuovamente a
scrivere insieme, il compleanno della Roro può unire
i nemici e riportare alla luce storie inaspettate e ispirazioni fuggite XD
Sperando
che la storiella vi sia piaciuta invoco un inno in onore della Rocchan! Ù.ù
*saltella via canticchiando
♪ Tanti auguri a Rò! Tanti Auguri a Rò! ♫*