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Autore: Shainareth    30/08/2010    4 recensioni
*** Si ringraziano Atlantislux per l'impeccabile betaggio, Ike_ ed Erecose per l'indispensabile consulenza, e Milly Miu Miu per le bellissime illustrazioni. Nonché tutti voi lettori. ***
[Dragon Age: Origins] Ero viva per davvero? O quel disgraziato mi aveva seguita nel regno dei morti col solo intento di prendermi per i fondelli? Pensando a questa possibilità, valutai seriamente l’idea di dargli una testata sul naso. Se non lo feci, fu unicamente perché Duncan si avvicinò a noi e mi porse un boccale d’acqua. Ancora frastornata, mi misi a sedere e bevvi avidamente, come se avessi una sete insoddisfatta da giorni, cercando di mandare via l’orribile sapore che avevo ancora in bocca.
Unica precisazione: la protagonista NON è una Mary Sue. XD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Nimue Surana'
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CAPITOLO VENTICINQUESIMO – IL THAIG ORTAN




«Provate a pensare positivo», si sforzò di consolarmi Alistair mentre procedevamo lungo uno di quei maledetti tunnel infestati di corruzione. «Quando tutto questo sarà finito, potremo andarcene da qui.»

   «E se morissimo prima di riuscire a farlo?» obiettai.

   Lo vidi stirare la bocca in una smorfia grave. «Beh... dubito di lasciarci le penne, perché io ho sempre la mia bella motivazione», disse poi, cercando di essere ottimista.

   «Voi siete un uomo. Per una donna è diverso.»

   Mi regalò un sorriso sornione prima di contraddirmi e rivelarmi il suo reale pensiero. «Non lo direte più quando accadrà.» Riuscì solo a farmi arrossire e a rendermi più nervosa di quanto già non fossi. «Seriamente», riprese allora, comprendendo di dover essere un po' più delicato, «neanch'io so se ce la caveremo, ma abbiamo già affrontato le Vie Profonde, non più tardi di dodici ore fa. Eppure siamo ancora vivi.»

   «Perché la nostra meta era il Thaig Aeducan, in cui i nani vanno spesso», precisai, stizzita. «Ora, vi ricordo, siamo diretti verso il nulla più completo.»

   «Questo non è vero», tentò di farmi ragionare lui. «Stiamo andando al Thaig Ortan.»

   «E, di grazia, mio signore, dove si troverebbe?»

   Alistair mosse un braccio davanti a sé come a volermi mostrare qualcosa di invisibile. «Quaggiù. Da qualche parte. Oghren ci sta accompagnando lì», fu l'unica cosa che fu capace di dire, pur consapevole che neanche Oghren sapesse esattamente la reale direzione da prendere.

   Ripresi a grugnire, piagnucolare, torturarmi le labbra, rendendomi insopportabile a tutti. «Siete un bugiardo», mi lagnai dopo alcuni istanti. Corrucciò un sopracciglio con aria contrariata, segno che non mi aveva mai mentito da che ci eravamo conosciuti e che tuttavia era curioso di sentire quale altra sciocchezza avessi tirato fuori dal mio repertorio di onnipresenti paure. «Avevate detto che non saremmo venuti quaggiù prima di trent'anni.»

   «E in effetti così doveva essere», mi confermò lui, armato di pazienza. «Solo che...»

   «Lo vedete che siete un bugiardo?»

   «Posso spaccarle il cranio con una randellata?» volle sapere Morrigan, stufa di stare a sentirmi – al punto da prendere miracolosamente le difese di Alistair.

   Che però le fece cenno di star buona e ferma. «Ecco, lo vedete?» continuò poi, tornando a parlare con me. «Se vi lamentate voi, cosa dovrebbero fare i nostri compagni, che non sono affatto tenuti a seguirci?»

   «Un punto per voi», biascicai, cercando di calmarmi. C'era un Flagello in atto, milioni di persone in pericolo di vita, e io mi preoccupavo solo di me stessa. «Vi chiedo scusa», sospirai, rassegnata ad andare incontro al mio destino. Dovevo morire nelle Vie Profonde, dopotutto. Speravo tuttavia che non sarebbe successo in quell'occasione. L'unica mia consolazione era che per lo meno non sarei stata sola.

   «Okay, disponiamoci in fila», stabilì dopo un po' Alistair, quando il passaggio divenne troppo stretto per passare tutti insieme. Mi chiesi per l'ennesima volta perché mai avesse affidato a me il comando, visto che anche lui ci sapeva fare in modo eccellente. E anche meglio di me, in certi momenti. Se solo non fosse stato così dannatamente insicuro di sé... I suoi occhi mi scrutarono con preoccupazione. «Voi forse è meglio che non stiate davanti», considerò.

   «E nemmeno dietro», confermai.

   Wynne sospirò. «Se può farvi stare meglio, vi aprirò io la strada.»

   «Perfetto, grazie.»

   «Io vi coprirò con le mie frec...» Leliana si bloccò, rendendosi conto che al buio aveva ben poco di che prendere la mira, specie se posta in prima fila. Certo poteva fare affidamento sulla fioca luce creata da noi maghe, ma sapevamo già che essa sarebbe stata destinata a sparire nel momento in cui avremmo ingaggiato battaglia, poiché i nostri poteri sarebbero stati impiegati in ben altri modi. «Col mio pugnale», si corresse allora il bardo, imbarazzata, «benché temo che non servirà poi a molto.»

   «Starò io con Wynne», la rassicurò il Principe. «Nimue, voi seguitemi.»

   «Io le starò dietro», si offrì allora Oghren, prendendo parola per la prima volta da che ci eravamo avventurati là sotto. «Almeno saprò come distrarmi lungo il cammino», aggiunse, lasciando scivolare lo sguardo sul mio fondoschiena. Pensandoci meglio, forse preferivo che lui continuasse a considerarmi una stracciona.

   Alistair tossì con cipiglio corrucciato. «Ricapitolando: Wynne e Oghren staranno davanti...»

   Il nano scosse le spalle, iniziando a scrutare anche la mia anziana maestra. «Per me va bene, basta che ci sia qualcosa da guardare.»

   «...mentre io e Morrigan chiuderemo la fila», proseguì l'altro, ignorando lui e la risata sommessa dell'Incantatrice anziana.

   Divertita, la figlia di Flemeth fece schioccare la lingua. «E non hai pensato al fatto che potrei colpirti alle spalle?»

   «Ci ho pensato eccome», le fece sapere Alistair con aria tetra. «Ma sono un gentiluomo, per la miseria. Non posso lasciare Nimue e Leliana in fondo al gruppo.»

   Lei lo fissò come se volesse spellarlo vivo. «Noto con piacere che non ti passa neanche per l'anticamera del cervello di considerarmi una donna.»

   «Me lo ricorda il fatto che non vi curiate di prendere una polmonite, che siete una femmina, sì», le assicurò Alistair, giocando col pericolo. «Ma non certo umana», precisò. «Sospetto anzi che il vostro essere una Mutaforma vi aiuti a nascondere la vostra vera natura.»

   «Guarda, guarda pure», gli concesse Morrigan, annoiata, infischiandosene delle sue allusioni maligne. «È l'unica cosa che ti è concessa fare.»

   Il Principe sorrise. «Non è lì che si soffermano i miei occhi quando mi capitate a tiro, qualora lo voleste sapere.» Lei forse non ci teneva a saperlo, ma io sì. Tanto che, sotto lo sguardo preoccupato di Leliana, avevo già impugnato il mio bastone come se fosse stato una clava, pronta com'ero a frantumargli le rotule, se necessario.

   «Ah, no? E dove?» s'incuriosì invece la bella Strega delle Selve.

   «Sul vostro naso», rispose Alistair senza esitazioni, salvando inconsciamente il proprio dalla mia cieca gelosia.

   «Oh», rimase stupita Morrigan. «E cos'avrebbe di tanto affascinante il mio naso?»

   Lui l'accontentò. «È identico a quello di vostra madre.»

   Fui di nuovo costretta a mordermi un labbro, questa volta per non scoppiare a ridere. Sentii però la nostra compagna ringhiare alle mie spalle, profondamente indignata. «Ti odio tantissimo.»

   «Prego?» chiese Alistair, palesemente divertito.

   «Niente», pose fine alla conversazione lei.

   «Ehi, mora», proruppe Oghren, davanti a me, voltandosi indietro e rallentando di poco il cammino. «Se vuoi, te le fisso io, le tette.»

   «Fa' pure», disse Morrigan, gelida. «Ma poi non lamentarti se ti ritrovi infilzato al mio bastone: pregno d'alcol come sei, saresti perfetto come torcia umana.»

   «Ora che vi siete trovata un molestatore tutto per voi», ricominciò a prenderla in giro Alistair, aspirando evidentemente a prendere il posto di Oghren nei progetti di lei, «possiamo proseguire in silenzio o per lo meno a bassa voce? Il minimo rumore potrebbe risultarci fatale», concluse, tornando serio. E facendomi ripiombare nell'ansia: sebbene capissi la necessità di tacere, finché si parlava, potevo distrarmi. Mentre adesso...

   Passò qualche tempo prima che la nostra guida, in testa al gruppo, si fermasse e mormorasse: «Il Monumento di Caridin.» Eravamo sbucati in un posto molto più luminoso dei soffocanti tunnel in cui ci eravamo avventurati fino a quel momento. «Non riesco quasi a credere che Bhelen sia riuscito a rintracciare questo posto.» Si voltò verso Alistair, credendolo evidentemente il nostro leader e spiegò: «Era il più grande dei crocevia dell'antico impero. Puoi raggiungere qualunque posto da qui, persino il famoso Thaig Ortan.»

   «Vedete qualche segno che possa ricondurci a Branka?»

   «No, ma sono sicuro che siamo sulle sue tracce. Cercava la casa di Caridin, lo so con certezza.»

   Detto questo, si avviò nuovamente lungo il sentiero obbligatorio. Qui il tipo di materiale usato per  la pavimentazione e i pilastri che sorreggevano il soffitto era di tipo diverso, e a mio parere anche più bello di quello utilizzato per costruire Orzammar. Numerose erano le segnalazioni stradali poste ai lati del lastricato, e tutte le entrate dei cunicoli adiacenti erano bloccate da grossi macigni franati in seguito a chissà quale evento; avendo ormai potuto ammirare la solidità delle costruzioni naniche, dubitavo che quelli fossero crolli dovuti all'incuria degli operai, e reputavo molto più probabile che la colpa dovesse ricercarsi in eventi esterni, a cominciare proprio dalla Prole Oscura.

   Non eravamo soli, comunque. Come previsto, Bhelen non era stato l'unico a rintracciare quel posto, poiché alcuni seguaci di Harrowmont ci stavano aspettando chissà da quanto, pronti a farcela pagare. Fra loro vi era persino una maga elfo. Quando vociammo ad Alistair di andare ad occuparsi di lei, egli tentennò, cosa che pagò cara, perché quella ne approfittò per lanciare su se stessa un Glifo di Difesa e una tempesta di ghiaccio contro tutti noi. Imprecando, dopo aver rotto il primo cranio con la sua possente ascia, i lunghi baffi rossi spolverati di brina, Oghren si scagliò contro di lei, sbalzando Alistair di lato con una poderosa spallata che lo fece barcollare.

   «Dietro di te, idiota!» gli urlò Morrigan, dandogli così modo di riprendersi prima che una grossa mazza chiodata potesse spaccargli le ossa. Timorosa per la sua incolumità, imprimetti su di lui il mio primo tentativo di emulare il Sigillo della Vita con cui la mia buona maestra si era presa cura di lui nelle rovine di Brecilian. Pochi minuti appena e lo scontro ebbe fine. Morrigan si diresse a grandi falcate contro Alistair, colpendolo ripetutamente con il proprio bastone sul petto, tanto da farlo indietreggiare e quasi finire con le spalle contro un pilastro. «Vuoi morire, eh?! Vuoi farci morire?!» iniziò ad abbaiare, furiosa, mentre sbuffi bianchi uscivano dalla sua bocca. Il Principe tacque, serrando le mascelle e stringendo l'elsa della spada nel pugno. «A cosa diavolo stavi pensando?!»

   I suoi occhi infine cercarono la mia figura, e allora tutto fu chiaro. «Sciocco», sospirai. La storia di Bhelen e della sua amata serva doveva essergli rimasta ben impressa, al punto da continuare ancora a rimuginarci su.

   Morrigan lo picchiò ancora più energicamente. «Non mi importa se il tuo nemico somiglia a lei: se esiti, finirete ammazzati tutti e due. E noi con voi!»

   Leliana l'afferrò per un braccio, costringendola ad allontanarsi, e io mi misi fra loro. «Non ero io.»

   «Lo so», mormorò Alistair, mortificato per il guaio combinato. «Mi dispiace. È che...»

   «Dovreste imparare a distinguere una persona dall'altra», intervenne gentilmente Wynne, interrompendolo. Non disse altro, eppure quel suo breve insegnamento fu pronunciato con calore tale da indurre Alistair ad annuire con vigore.

   «Sì, lo so, avete ragione», ammise più convinto di prima. «Sono solo stato colto di sorpresa, davvero.»

   «Ne siete sicuro?»

   Rinfoderò la propria arma e mi passò le dita fra i capelli, all'altezza della tempia. «Certo. Anche perché nessun'altra regge il paragone», tentò di sdrammatizzare con un sorriso. Che ricambiai.

   «Sto per vomitare», ci informò graziosamente Morrigan, facendo ridere Leliana, mentre con uno sbuffo sonoro Oghren si appoggiò all'ascia.

   Tirò su col naso e chiese: «Quindi il capo se la fa con la orecchie-a-punta?»

   «Oh, no, no», si affrettò a correggerlo il nostro compagno, un po' in imbarazzo. «È lei il capo.»

   L'altro corrucciò la fronte. «Ah, sì?» Mi squadrò da capo a piedi, come a cercare qualcosa di incoraggiante nella mia persona. «Ha un bel culo», fu tutto ciò che ebbe da commentare alla fine.

   «Guardatelo ancora e vi caverò gli occhi», gli assicurò Alistair.

   Oghren fece un gesto con la mano per accantonare la questione. «Lo terrò a mente, ma ora muovetevi o vi lascio indietro.» E dicendolo si issò l'ascia sulla spalla, si voltò e prese a camminare di nuovo davanti a tutti.

   Ci accodammo a lui, con Morrigan che non risparmiò l'ennesimo sguardo di rimprovero al nostro povero templare, colpevole di essere troppo sensibile riguardo a certe questioni. La cosa ovviamente mi lusingava, ma mi metteva anche in allarme: non bastavo già io con la mia insicurezza e la mia ansia a creare problemi?

   «La prossima volta che ti fermi a fissare un'altra maga elfo, ti castro.»

   «Non ti pare che questo dovrei dirlo io?»

   La figlia di Flemeth mi fece il verso e poi aggiunse: «E allora fallo, cretina!»

   «Siete gelosa?» volle sapere Alistair. Lei scoppiò a ridergli in faccia, così genuinamente da non far sorgere dubbi sulla sua sincerità. «Non di me, quanto della scollatura di quella tipa», precisò allora il nostro Principe.

   «Oh, sì, aveva due bocce enormi», concordò Oghren, che, nonostante sembrasse tutto preso dal suo desiderio di trovare Branka, non si lasciava sfuggire certi dettagli.

   «La prossima volta vi farò un malocchio, altro che glifo salvavita», sottolineai allora, facendo sogghignare il mio collega Custode, al quale era rivolta quella minaccia.

   «Giuro che me ne sono accorto solo dopo», cercò di rabbonirmi lui.

   «Lo credo bene», gli diede stranamente man forte la Strega delle Selve, seppur ancora irritata. «Altrimenti col cavolo che ti avrebbe ricordato la tua bella.»

   Fui io stavolta a sbeffeggiarla con un verso poco educato, ricevendo tuttavia consolazione dal mio innamorato, che mi assicurò che io ero molto, molto più bella, e che, ancora, quella di Morrigan era soltanto gelosia.

   Chiedendomi allora se tutto il nostro viaggio attraverso le Vie Profonde sarebbe stato accompagnato da opinioni e/o apprezzamenti sulla misura dei seni e dei fianchi di noi donne, arrivammo ad un punto morto: l'unica strada apparentemente percorribile terminava in un vicolo cieco, e nessuno di noi riusciva a trovare altro modo di proseguire. Ne approfittammo per sostare e riposarci, mentre a turno ripercorrevamo in coppie il tragitto appena fatto per accertarci che non ci fosse sfuggito nulla. Dalla segnaletica, scritta in lingua nanica, purtroppo non si poteva ricavare molto, poiché anch'essa era stata vittima dell'usura del tempo.

   «Siete ubriaco?» sentii chiedere ad Alistair quando io e Leliana fummo di ritorno dalla nostra ronda. «In nome del Creatore, come diavolo fate ad essere costantemente ubriaco?»

   Oghren rise, mettendo via una borraccia nella quale dubitavo vi fosse acqua. Sembrava che quei due avessero iniziato ad andare piuttosto d'accordo. «Invidioso, eh?»

   «Un po', lo ammetto», rispose il più giovane. «Non è giusto, per quanto io beva, non riesco mai ad ubriacarmi.»

   L'altro lo contraddisse con un rutto. «Sai, se tu bevessi di più, forse la smetteresti di lamentarti.»

   «Oh, l'hai detto», lo applaudì Morrigan, deliziata.

   «E la stessa cosa vale per la tua amichetta», continuò Oghren. «Tappale la bocca in modo virile, ogni tanto», gli consigliò, ammiccando cameratescamente nella sua direzione e incurante delle due maghe che erano con loro. La più giovane, anziché mostrarsi scandalizzata, non riuscì a non sghignazzare alle nostre spalle, mentre la mia anziana maestra ruotò le pupille al cielo, cercando di trattenere l'ilarità.

   Com'era prevedibile, Alistair invece arrossì fino alla punta delle orecchie, provando a protestare e a prendere le mie difese. Decisi di venirgli in aiuto, a quel punto, palesando finalmente la nostra presenza a tutti, e sperando che nessuno si avvedesse che anche il mio viso era avvampato a causa del sangue fluito fino alle gote. «Di là non c'è niente.»

   Alistair si alzò in piedi in fretta e furia, come a volersi discolpare davanti ai miei occhi, ma non ebbe tempo di spiccicare parola che Leliana aggrottò la fronte e tese una mano. «Sento uno spiffero», ci spiegò, avvicinandosi verso uno dei cunicoli ostruiti dalle macerie. «Viene da qui», disse allora, sicura di sé. «Venite anche voi.»

   La raggiungemmo e non potemmo far altro che confermare le sue parole. Quel passaggio era dunque percorribile, ma bisognava liberarne l'ingresso. Il punto era che non avevamo la più pallida idea da che parte cominciare. «Spostatevi», ci ordinò allora Morrigan. «Toglierò di mezzo quelle pietre con uno dei miei incantesimi.»

   «No, aspettate», stava cominciando a dire Alistair.

   Ma lei non lo fece finire di parlare e, anzi, si mise subito all'opera. Allarmati, ci tirammo istintivamente tutti indietro, addossandoci alla parete opposta e stringendoci gli uni agli altri. Io e Wynne ci premurammo anche di innalzare contemporaneamente una barriera che ci proteggesse da eventuali detriti che la bomba di fuoco messa in atto da Morrigan poteva provocare.

   Un frastuono riecheggiò per quella porzione di Vie Profonde, le rocce attorno a noi tremarono, e un attimo dopo fummo completamente avvolti da sottilissima polvere simile a fumo, tanto da non riuscire più a scorgere l'artefice di quel macello.

   «Morrigan!» strepitai, spaventata dall'idea che potesse essere stata travolta dalla sua stessa magia. «Morrigan!»

   «Ci sento, stupida!» replicò lei da qualche parte.

   «State bene?» volle sapere Wynne.

   «Certo che sì», rispose ancora l'altra, stizzita da quella domanda tanto offensiva per il suo orgoglio. Una folata di vento incantato spazzò via la coltre che ci impediva la vista, e fummo di nuovo in grado di guardarci attorno. «È libero, ora», ci informò Morrigan, soddisfatta.

   «Pregate affinché la Prole Oscura sia sorda, oltre che maleodorante», le rinfacciò Alistair passandole accanto per entrare per primo nel tunnel, contrariato da quel suo agire senza prima consultare gli altri.

   «Preferivi che morissimo qui sotto in attesa di trovare una soluzione alternativa?»

   «Fate luce e soprattutto silenzio», la zittì lui, afferrandola per un gomito e trascinandosela dietro come a volerla usare come lanterna.

   Un attimo dopo, tuttavia, fu costretto a spingerla nuovamente indietro, poiché, come me, avvertì qualcosa: quasi non fece in tempo a darci voce, che un'orda di Prole Oscura fu loro addosso. Morrigan gridò, vedendolo sopraffatto da tre di loro, e subito io e Oghren, più piccoli e agili degli altri, ci tuffammo in avanti per soccorrere il nostro compagno. Nelle retrovie, Wynne e Leliana si diedero da fare come meglio poterono, ostacolate tuttavia dal ristretto spazio del cunicolo in cui ora ci trovavamo. Non riuscivo a vedere Alistair, temevo fosse ferito gravemente, e invece, quando Oghren schiantò con un paio di poderosi colpi il più grosso dei nostri avversari, la sua testa bionda sbucò fra quelle calve dei Genlock rimasti – che finirono morti a terra nel giro di pochissimo.

   Poco distante avvertimmo la presenza di altre creature maligne, e i versi, quasi ruggiti, di alcune di loro ce ne diedero la conferma. Alistair e io stimammo che non erano molti, e senza neanche darci voce aprimmo la strada agli altri, che ci tallonavano per evitare che facessimo entrambi una brutta fine. In realtà non ero coraggiosa come volevo apparire; tutto ciò che facevo era impedire al mio Principe una qualunque azione sconsiderata. Il solo fatto di dover – e voler – preservare la sua incolumità, mi dava la forza per agire altrettanto spavaldamente, e finché egli fosse stato in grado di combattere, non avrei mai abbandonato il suo fianco.

   Lo strada si aprì in uno spiazzo più ampio, dove altri Prole Oscura ci attaccarono frontalmente. Oghren era davvero in gamba quanto mi aveva assicurato, tanto che qualunque cosa la sua ascia colpiva finiva immancabilmente a pezzi. Lottava con un'energia tale da far paura, il volto trasfigurato dalla rabbia, le tozze gambe ben piantate a terra, le braccia massicce che fendevano l'aria insieme alla sua arma che mai mancava il bersaglio. Sapevo che i nani erano forti e valorosi guerrieri, ma collegai scioccamente la grandezza di Oghren alla sua parentela con Branka, convinta com'ero che il vincolo di sangue giocasse la sua parte. Scoprii solo dopo che invece non era così.

   Abbattuta la folla di nemici che si erano riversati su di noi come un fiume in piena, ci concedemmo qualche attimo per recuperare fiato e studiare la zona. Nessuno di noi era ferito in modo grave, a parte qualche lieve contusione che Wynne si adoperò immediatamente a curare. Un ponte si ergeva in fondo, unico accesso al resto della galleria. Tutt'intorno, invece, erano state issate delle rozze barricate, forse una sorta di avamposto della Prole Oscura.

   «Quei dannati si sono portati via troppi di noi», grugnì Oghren, poco prima di sputare sulla carcassa menomata di uno di loro.

   «Credete che Branka ce l'abbia fatta?» si interessò Wynne, cercando di essere delicata.

   «Certo che sì», rimbeccò lui, stizzito. «Nessuno è in grado di farla secca, te lo dico io», le assicurò. «Sono più che sicuro che sia arrivata a quella dannata Incudine, o per lo meno a quel dannato Thaig Ortan.»

   «Che c'è?» volle sapere Alistair, stufo di avere gli occhi di Morrigan addosso da che avevamo affrontato la maga elfo.

   Lei gli puntò un dito contro. «Non azzardarti a morire», fu la laconica risposta che gli diede.

   Sconvolto da quelle parole, il giovane credette di aver capito male. «L'ha detto davvero?» mi chiese.

   «Sì», biascicai con scarso entusiasmo. Se un tempo ero stata la più accanita delle idiote che avrebbe gioito nel vederli insieme, adesso la gelosia mi contorceva le budella ogni volta che quei due iniziavano a battibeccare in quel modo, così a metà fra il serio e il faceto, tra il disprezzo e quello che mi pareva essere diventata una forma di contorto affetto. Speravo di sbagliarmi ancora, ovviamente, anche perché mi fidavo ciecamente di Alistair. Solo... avevo dei grossi complessi di inferiorità nei confronti di Morrigan, più che giustificati dal momento che lei non solo mi offuscava in bellezza, ma anche in intelligenza: da qualunque parte la guardassi, brillava molto più di quanto avrei mai potuto fare io in tutta la mia mediocre esistenza.

   «Ah», commentò il mio compagno, ancora perplesso. «Allora ha bevuto anche lei.»

   «No, stupido», lo ammonì l'altra. «Sto parlando sul serio. Mi servi vivo.»

   Alistair si lasciò scappare una risata. «Vi servo vivo?» Scosse il capo, incredulo. «Credevo che auspicaste alla mia morte.»

   «Cambio di programma», rispose Morrigan, senza scomporsi. «Qualcosa in contrario?»

   «No, no», alzò le mani lui. «Ho tutto di che guadagnarci, immagino.»

   «E di' grazie

   «A voi?»

   «A lei», lo contraddisse la Strega delle Selve, facendo cenno col capo nella mia direzione.

   Sia io che Alistair avevamo ormai perso il filo del discorso. «Che c'entro io?»

   «Se lui muore, tu piangi», sintetizzò lei in poche parole. «Non avrei la forza per sopportarti.»

   Sbuffai, evitando di replicare come avrei voluto. «Conviene muoversi», suggerì d'un tratto Alistair, lasciando così cadere l'argomento. «Sento che presto ne arriveranno altri.»

   Riprese quindi a farci da capofila, e io non esitai ad affiancarmi di nuovo a lui, pronta a illuminargli il cammino. Il tunnel tornò a restringersi e ad allargarsi più volte, almeno fino che non spuntammo di nuovo in quella che parve una strada principale. Fu allora che Oghren ruppe il silenzio che era calato fra noi e disse: «Credo che siamo sulla strada giusta. Il Thaig Ortan non dovrebbe essere troppo lontano.» Rinfrancati da quella sua sensazione, non facemmo che pochi passi che lo sentimmo di nuovo aprire bocca. «Ma sì, perché no?»

   Accortasi che lui la fissava con insistenza, Wynne aggrottò un sopracciglio. «Cosa?»

   «Potrei darti una ripassata. Perché no?»

   Vidi Alistair trattenere il respiro per non scoppiare a ridere, mentre Morrigan si volse a fissare i due con aria incredula e Leliana rimaneva ad ascoltare a bocca aperta. Dal canto mio, mi augurai di aver frainteso come mio solito. E invece no.

   «Una... ripassata?» ripeté Wynne, interdetta quanto noi.

   «Mh», annuì Oghren, tranquillo. «In qualunque momento. Preferibilmente al buio.» Mi domandai se tutte le sue oscenità fossero dettate dall'alcol o meno.

   «Suppongo che dovrei sentirmi lusingata», rispose allora lei, riuscendo a mantenere un gran contegno, sebbene Alistair avesse quasi le lacrime agli occhi. Di certo si stava vendicando tramite il nostro nuovo amico della storia che la mia maestra voleva raccontargli non molto tempo prima – quella su come nascono realmente i bambini.

   Ero sempre più convinta che le Vie Profonde e la birra nanica dessero alla testa a tutti.

 

«Per le tette delle mie antenate!» esclamò Oghren quando, dopo una serie infinita di cunicoli e di incroci vari e pieni di nauseante corruzione, uscimmo in un vasto spazio dalla luce azzurrognola. Evidentemente il nostro berserker era fissato con certe parti del corpo femminile e, soprattutto, se ne infischiava di adoperare parole piuttosto profane. «È il Thaig Ortan!» annunciò, sicuro come mai lo era stato fino a quel momento. «Non avrei mai creduto di riuscire ad arrivare fin qui.»

   Come detto, il Thaig Ortan non era soltanto il luogo in cui si supponeva fosse stata costruita l'Incudine del Vuoto, ma anche quello in cui Re Maric era stato in due occasioni ben distinte. Non ne sapevo molto in proposito, però immaginavo che Alistair dovesse sentire ancora una volta il peso sempre maggiore di tutte le coincidenze che lo avevano assalito da che avevamo messo piede nel regno dei nani. Era come se il destino volesse mettere alla prova il suo valore con quello del suo defunto padre. Non che credessi che lui nutrisse chissà quale sentimento d'amore nei suoi confronti, né lo si poteva granché biasimare visto che era stato abbandonato quand'era in fasce; eppure mi domandavo se tutto ciò non lo colpisse in profondità. O forse, mi concessi il beneficio del dubbio, lo reputavo più sensibile di quanto non fosse realmente: dopotutto, io davo molta più importanza di lui alla figura paterna perduta, dal momento che la mia era venuta meno ancor prima che io nascessi e non avevo avuto alcun motivo per portarle rancore. Forse attribuivo ad Alistair emozioni che in realtà avrei voluto vivere io al posto suo. Forse mi immedesimavo troppo nella sua situazione, forse sbagliavo, forse rischiavo di travisare ogni cosa, convincendomi che il mio compagno fosse molto più coinvolto. Forse, come al solito, mi facevo troppi problemi.

   «Branka è passata di qui», ci assicurò Oghren, interrompendo la fila dei miei pensieri. Le sue mani stavano scorrendo sulle pareti intorno, soffermandosi di tanto in tanto su determinati punti. «Traccia sempre dei piccoli solchi a intervalli regolari quando esplora un nuovo tunnel.» I suoi occhi azzurri erano velati di grande malinconia, e fu allora che mi chiesi per la prima volta quale fosse esattamente il legame che univa lui e Branka. Si voltò verso Alistair, l'unico forse a condividere per un verso o per l'altro il suo stato d'animo. «E così... tu e il capo...»

   Eccolo che si preparava di nuovo a dirne una delle sue. Mi chiesi quale fosse il vero Oghren, se quello dall'aria nostalgica e determinata o se quello sboccato e giocherellone. Cominciai a convincermi che probabilmente l'uno non escludeva necessariamente l'altro. Sospirai rassegnata, aspettando che quel nuovo teatrino fosse terminato. Ma la serie di sconcezze, fantasiose metafore sessuali, che riuscì a coniare fu talmente esagerata che, mentre Alistair tentava di interpretarle per trovarvi un senso, io nascosi il viso nel palmo di una mano sulla più esplicita di tutte. Su quella persino il mio povero innamorato rimase spiazzato e, cercando di restare eroicamente calmo, mormorò: «Ve le state inventando, ammettetelo.»

   Scocciato per non aver ricevuto la confidenza che voleva, Oghren sbuffò. «D'accordo, ho capito», si arrese, riprendendo a camminare. «Smettiamola di perdere tempo.»

   «Siete stato voi a cominciare», protestò Alistair, al quale fui costretta a dare una gomitata affinché evitasse di dargli ulteriormente corda. Se quel nano ubriacone avesse ripreso con le sue supposizioni oscene su noi due, avrei dato di matto.

   Avanzammo nella fioca luce del thaig, ma quando, a causa dei passaggi principali bloccati, fummo costretti ad adoperarne di secondari, io e Morrigan ricorremmo di nuovo alla nostra magia per rischiarare la strada. Nonostante il sudiciume dei muri anneriti dalla corruzione, né io né il mio collega Custode avvertimmo la presenza della Prole Oscura nelle vicinanze. Non era quest'ultima, infatti, ad infestare la zona, e, anzi, se lo fosse stata per me sarebbe stato di gran lunga meglio.

   Non ho idea se anche i giovani Maric e Loghain si imbatterono nella stessa orda di enormi, schifose creature a otto zampe, ma di certo non potevano avere più paura di me, altrimenti non sarebbero mai usciti vivi da quel posto. Né vi sarei uscita viva io se non avessi avuto con me dei bravi e pazienti compagni che, non appena fummo presi d'assalto da quegli esseri giganteschi, fecero di tutto per tenermi lontana dalla mischia. Non assistetti al combattimento e, come al solito, rimasi rannicchiata in un cantuccio, al riparo da quelle orrende bestie.

   Quando alle mie orecchie non giunse più alcun rumore della battaglia, mi azzardai a sbirciare avanti a me. E quasi morii di paura, poiché uno di quei ragni, evadendo il luogo dello scontro, era scivolato silenziosamente sopra la mia testa. Il sangue mi si ghiacciò nelle vene, e tutto ciò che fui capace di fare, fu di rimanere a fissarlo con occhi sbarrati. Volevo urlare e non riuscivo a farlo. E intanto oltre la parete rocciosa dietro la quale mi ero nascosta, tornarono a riecheggiare suoni e grida.

   Vedendomi inerme, il mio assalitore si piegò sulle massicce zampe anteriori, pronto a tessere la sua trappola mortale. Fu questione di un attimo, e Alistair sbucò dal nulla per frapporsi fra noi, salvandomi ma finendo vittima della ragnatela, che lo avvolse da capo a piedi. Forse Morrigan aveva ragione a dirmi che io e Oghren ci assomigliavamo, perché mi bastò quella visione per perdere del tutto la lucidità mentale. E prima ancora che la creatura fosse in grado di affondare le proprie tenaglie sulla sua nuova preda, una grossa lingua di fuoco la investì in pieno, facendola balzare indietro e contorcere al suolo tra versi striduli e raccapriccianti. Avevo ucciso un ragno gigante. Io.

   Lì per lì comunque non ebbi il tempo di rendermi conto del prodigio: mi precipitai immediatamente su Alistair raccomandandogli di fare affidamento ai suoi poteri di templare, poiché io potevo contare soltanto su quelli di maga per liberarlo da quella soffocante morsa appiccicosa in cui era costretto.

   «Immagino di aver fatto tutto fuorché la figura dell'eroe», si prese in giro da solo il mio compagno non appena lo tirai fuori da lì. Era esausto, spettinato, sporco di sangue e fuliggine e puzzava di sudore; eppure non mi era mai parso tanto bello.

   «Un po'», ammisi abbracciandolo, lieta di vederlo salvo anche se leggermente abbrustolito come ogni volta che decidevo di dargli una mano.

   Mi sentii stringere a mia volta. «Avete fatto tutto da sola? Ammirevole», si congratulò lui.

   «È molto più che ammirevole», convenne Wynne, raggiungendoci prima degli altri perché preoccupata. Allontanai Alistair con fare goffo e la mia insegnante rise. «Oh, non preoccupatevi», mi disse con assoluta sincerità. «Ammetto di aver cambiato idea.»

   «Davvero?»

   Lei annuì e l'altro domandò: «A proposito di cosa?»

   «Ero convinta che non fosse proprio una buona cosa che due Custodi si distraessero dal loro compito», gli spiegò Wynne, inginocchiandosi stancamente accanto a lui per guarirgli le piccole piaghe dovute al mio fuoco. «L'amore è un sentimento egoista, dopotutto. Ma vedere qualcuno che riesce a provare emozioni tanto forti e positive in mezzo a questo mondo di morte, tradimenti e distruzione, scalda davvero il cuore. Per cui... spassatevela.»

   «Guardate che vi prendo in parola», la mise in guardia il guerriero.

   Lei rise di nuovo. «Voi mi piacete molto, Alistair, e sono convinta che avrete buona cura della mia bambina», confessò, rivolgendomi uno sguardo pieno d'affetto che mi commosse non poco. «Anzi, vi dirò di più: è consolante sapere di poter contare su di voi, visto che io non potrò farlo ancora a lungo.»

   «Però... io sono un templare», le fu ricordato.

   Wynne scosse le spalle. «E siete anche un giovanotto per bene, per cui confido che ci avvertirete prima di impazzire e di decidere di farci a pezzi.»

   «Oh, sì, contateci.»

   «Sarò onesta», continuò, finendo la medicazione e prendendo gentilmente la sua mano fra le proprie. «Vorrei davvero che mio figlio fosse cresciuto esattamente come voi.»

   Alistair batté le palpebre. «Figlio?» ripeté confuso e sorpreso. «Avete un figlio, Wynne?»

   Lei annuì mestamente. «Non l'ho mai visto, a dire il vero. Successe molti anni fa. Quando una maga dà alla luce un bambino all'interno del Circolo, quello appartiene alla Chiesa. Forse può sembrare crudele, e forse lo è per davvero. Ma i figli dei maghi hanno alte probabilità di esserlo a loro volta. Si tratta di una precauzione.» Conoscevo quella storia, purtroppo, e benché ne parlasse con voce rassegnata, ero perfettamente consapevole che dentro di sé doveva soffrire ancora molto.

   «E non vi siete opposta alla cosa?», insistette Alistair, non riuscendo a capacitarsene.

   «Non ne ho avuto modo», continuò Wynne. «Ero esausta per il parto.»

   «Io... Mi dispiace.»

   «E di cosa? Non è mica colpa vostra.» Si rimise in piedi, appoggiandosi affannosamente al proprio bastone. «Ora però basta chiacchierare. Ho lasciato gli altri ad esplorare la zona, ma non so quanto sia prudente che rimangano da soli troppo a lungo. Temo per l'incolumità di uno di loro.»

   Alistair annuì, profondamente colpito dalla sua storia e completamente d'accordo con lei. «Oghren potrebbe finir male in mezzo a quelle due arpie, sono d'accordo.»

   Tuttavia si sbagliavano, perché a rischiare grosso, in quel mentre, era Leliana. La trovammo boccheggiante in un angolo, lontana parecchi metri dal nostro compagno nano. «Oh, ne ho sganciata una», ci spiegò lui con orgoglio. «Le mie sono letali.»

   Tirai su col naso e mi pentii immediatamente di averlo fatto. «È in momenti come questo che sono felice di essere quel che sono», borbottò Alistair fra sé, mentre io tentavo di reprimere un conato di vomito.

   «Dov'è Morrigan?» si interessò di sapere Wynne, non riuscendo a scorgerla.

   «È andata a dare uno sguardo più avanti», rispose Leliana, a fatica.

   «Da sola?»

   Fece segno di sì con la testa. «Si è trasformata in un grosso ragno schifoso e ha proseguito dritto verso quel tunnel laggiù. Come se non ne avessimo già visti abbastanza», l'anticipò Oghren, data la difficoltà che la poverina incontrava nel parlare. La capivo perfettamente, dannazione.

   «Come diavolo avete fatto a riempire tutto il tunnel con tale fetore?» stentava a crederci Alistair. «Voglio dire, piccolo come siete...»

   «Sarò basso, ma sono bello massiccio», gli fece notare l'altro. «Per non menzionare il mio bronto, eh eh.»

   «Il vostro...? Oh», comprese infine il più giovane, zittendosi.

   Morrigan tornò una manciata di minuti dopo, quando, fortuna per lei, l'aria aveva cominciato a purificarsi. «Cos'è quest'odoraccio?» fu la prima cosa che domandò quando ci venne incontro – con fattezze umane, grazie al Creatore. «Alistair, quante volte ti ho detto che dovresti lavarti almeno una volta ogni tanto?»

   Wynne interruppe il loro violento battibecco sul nascere. «Che notizie portate?»

   «Ci sono tre strade», dichiarò allora la Strega delle Selve, soddisfatta di aver comunque avuto l'ultima parola nel litigio. «Una è un vicolo cieco. Le altre due sono percorribili, ma piene di nidi di ragni.»

   «Ce n'è una più sicura?»

   «Sì, e pare spuntare in un'enorme caverna. Ci sono tracce del passaggio di qualcuno, lì», affermò, iniziando subito a mostrarci il cammino.

 

A differenza del Thaig Aeducan, il resto del Thaig Ortan non era affatto illuminato. Tutto ciò che potevamo fare era procedere a tentoni, guidati dalla sfera argentata che avevo fatto apparire sulla cima del mio bastone; se non combattevo in prima fila contro i ragni, almeno potevo rendermi utile in questo modo. Come Morrigan ci aveva detto, alla fine della strada imboccata c'era una vasta caverna, il thaig vero e proprio, in cui molti edifici ancora intatti erano rimasti alla mercé del tempo e delle creature più spaventose. Dagli alti soffitti penzolavano enormi ragnatele che mettevano i brividi anche ai miei compagni di viaggio. Proseguimmo in silenzio fino a che il rumore di un sasso che rotolava giù da alcuni gradini ci costrinse a fermarci. Feci più luce e, come colta in flagrante, la figura antropomorfa di un essere a noi sconosciuto scappò via. Non si trattava di certo di un Prole Oscura, sebbene sia io che Alistair continuassimo ad avvertire costantemente il ronzio della loro presenza come un fastidioso sottofondo lontano.

   Lo seguimmo fino all'entrata di un breve cunicolo dal quale ci gridò: «Non c'è niente per voi, qui! È tutto mio!»

   «Chi sei? Che ci fai quaggiù?» lo interrogò Oghren, forse sperando di saperne qualcosa su Branka, dal momento che avevamo a che fare con un altro nano.

   «Andate via!» ci intimò l'altro. E quando i suoi occhi spenti vagarono sul resto del gruppo, riprese: «Oh, abitanti della superficie. Lo so che siete qui per il mio tesoro. Ma è mio! L'ho trovato per primo!»

   Morrigan rischiarò con il proprio bastone e rivelò altri particolari di quello strano giovane: aveva capelli e occhi scuri, e movenze piuttosto insolite. Sembrava affetto da un morbo o da qualche altra malattia che gli inibiva parzialmente gli arti. E probabilmente non solo quelli, lo si capiva dal modo in cui strascicava le parole e ciondolava la testa.

   «È solo uno di quei nani che si sono persi e che sono stati contaminati», ci spiegò Oghren con una certa noncuranza. Un attimo dopo, tuttavia, mostrò un'ombra di disgusto e di pietà al contempo nell'espressione del volto. «Si sopravvive quaggiù soltanto mangiando carne di Prole Oscura morti», aggiunse allora. E per quanto Alistair e io avessimo avuto il coraggio di bere il sangue di quelle creature, mai ci sarebbe saltato in testa di cibarci quotidianamente di loro. «È l'unico modo che hanno per cavarsela quelli come lui, visto che così la Prole Oscura non si accorge della loro presenza. Solo che si paga un prezzo, e potete ben vedere quale: un tempo questo qui doveva essere sano e forte, altrimenti col cavolo che lo avrebbero lasciato entrare nelle Vie Profonde.»

   «Povera creatura», commentò Wynne sottovoce, mentre anche Leliana si lasciava andare ad un'esclamazione simile.

   Il nano malato si inoltrò all'interno del cunicolo e di nuovo noi gli fummo dietro, questa volta con più calma per non spaventarlo oltre. Lo trovammo nel suo nascondiglio: un ambiente spazioso e arredato alla bell'e meglio con tutto ciò che era riuscito a reperire nel corso dei mesi, o forse degli anni, che era stato costretto a passare laggiù, in compagnia di se stesso e di tutte le mostruosità che abitavano quei luoghi infestati di morte e corruzione.

   Quando ci vide, fece un balzo indietro e ricominciò a strillare: «È tutto mio! Andate via!»

   «Vogliamo solo parlarvi», gli rispose pacatamente Leliana.

   «Non voglio parlare! Andatevene!»

   «Non ruberemo nulla, ve lo promettiamo», tentò di persuaderlo.

   Parve riuscirci, perché lui la fissò meglio, quasi perdendosi nei suoi occhi. «Bella signora...» cominciò a dire a fior di labbra. «La bella signora non ruberà niente a Ruck? Né i vermi né le rocce?»

   Leliana scosse la chioma rossiccia, abbozzando un sorriso. «Voglio solo parlarvi. Giuro che non ruberò niente.» L'altro si convinse quindi ad ascoltarla. «Così... il vostro nome è Ruck?»

   «Ruck non ha un bel nome», prese a dire tristemente lui, «non è grazioso come la signora. Ruck è piccolo, brutto e storpio.»

   «Credo... di aver incontrato vostra madre», lo informò la mia compagna. «Si chiama Filda, vero?»

   Sentendo ciò, Ruck iniziò a muoversi convulsamente, negando con evidente incertezza. «N-No! Filda non esiste! Non esiste alcuna madre! Non esistono le sue dolci parole, non esistono le sue premure! Ruck non ha bisogno di quei bei ricordi!»

   «Vostra madre sente la vostra mancanza», intervenne a quel punto Wynne, partecipando fin troppo al dolore di quella donna. «Ci ha chiesto di trovarvi.»

   «Lei non sa nulla», ribatté il giovane, facendosi un po' più calmo. «Ero molto, molto arrabbiato, e qualcuno era morto. Volevano che Ruck andasse nelle miniere. Ma se non ci fossi andato, tutti avrebbero saputo, e perciò sono venuto qui.» Abbassò lo sguardo. «Una volta che hai mangiato... Una volta che sei stato preso dall'oscurità... la luce non ti manca più tanto. Adesso riesco a vedere al buio, sapete? E posso vedere anche l'oscurità dentro di voi», concluse, tendendo un dito malfermo verso me e Alistair.

   «Noi siamo Custodi Grigi», provò a spiegargli il mio compagno. «Non è proprio la stessa cosa.»

   «Come fai a difenderti dai ragni?» s'intromise Morrigan, curiosa come al solito.

   «Oh, loro preferiscono mangiare la piccola Prole Oscura», rispose Ruck. «Ma i Prole Oscura sono andati quasi tutti a sud. Sì, a sud, lontano, molto lontano, dove il loro sovrano oscuro li ha chiamati con la sua magnifica voce.»

   «Sta parlando dell'Arcidemone, eh?» ipotizzò, non a torto, Oghren.

   «Dopo che lui si è svegliato, ha chiamato tutti i suoi bambini, e loro sono andati da lui. Volevo andare anch'io per ammirare la sua bellezza.»

   «Dov'è ora? Lo sapete?» s'interessò Alistair.

   «Ha smesso di chiamare», fu tutto ciò che seppe dirci il povero figlio di Filda. «Avrei voluto andare anch'io, ma... Ruck è un codardo.»

   «Da quanto tempo siete qui?» tornò a parlare Leliana.

   Ruck scosse le spalle, curvate sotto un peso che non era dovuto all'età. «Cinque anni... forse sei? Ruck non ricorda più tanto gli odori e la vista della città.»

   «Ma è orribile!»

   Guardò di nuovo Leliana con sincera adorazione. «La bella signora capisce Ruck. Sa come Ruck si sente, vero?»

   «Sai dirci se qualcuno ha sostato da queste parti, negli ultimi due anni?» li interruppe Oghren, cercando di trarre qualche informazione utile da quella sosta che ritardava la sua ricerca di Branka.

   «Qualcuno sì, qualcuno», disse Ruck, e dalla breve e contorta descrizione che diede dei nani che erano stati laggiù, Oghren sembrò riconoscere qualche indizio che poteva effettivamente essere ricollegato alla donna che stavamo inseguendo laggiù nelle Vie Profonde.

   «Ruck, vostra madre...»

   «Ditele che sono morto! Che sono morto!» tornò ad agitarsi lui, non ammettendo di discutere ancora. In tutta onestà non avevo alcuna intenzione di mentire a Filda, non lo trovavo giusto. Al suo posto, mi dicevo, avrei voluto sapere la verità su mio figlio. Ma tra il farsi maestri di una data questione vista con occhi esterni e il viverla in prima persona c'è una gran bella differenza, e sapevo che su questa storia io e Wynne non saremmo affatto state d'accordo: lei comprendeva meglio di me il dolore di una madre che perde la propria creatura e che vive nella debole ma costante illusione che stia bene e che magari un giorno possa di nuovo tornare da lei.

   Lasciammo allora Ruck da solo e riportammo i nostri passi nel mezzo del Thaig Ortan, fra gli edifici rimasti in piedi nonostante fossero stati abbandonati alla corruzione. Non trovammo nulla, esattamente come ci aveva anticipato il povero Ruck. Per cui, vista la calma del momento, ne approfittammo per riposarci per qualche ora, quel tanto che ci avrebbe concesso di riempirci lo stomaco e di recuperare un po' di sonno.













Sono segretamente innamorata di Oghren. Davvero. Lo ero già mentre giocavo, ma quando ho preso a scrivere di lui la mia adorazione è aumentata a dismisura. Lo amo nei suoi teatrini con Alistair e Wynne! <3
Mi sono di nuovo arenata con la scrittura. *_* Conto di riuscire a sbloccarmi oggi stesso, visto che sono ormai arrivata all'ultimo capitolo ambientato a Orzammar, e sinceramente non vedo l'ora di uscire da qui (anche se ammetto che tutta questa parte mi è piaciuta tanto da scrivere).
Intanto mi sono rimessa almeno a scarabocchiare vignette idiote su Nimue e gli altri, e, se vi va, potete trovarne qualcuna sul mio profilo di DeviantArt. Ho anche abbozzato il povero Klarren, il mago di The Mad Hatter. XD
Ringrazio come al solito la mia beta Atlantislux, Erecose, Lara, The Mad Hatter (Sì, Nimue inizia a mostrare gli attributi, ma solo in senso figurato, altrimenti penso che Alistair scapperà a gambe levate non appena avranno modo di appartarsi. XD E per quanto riguarda Oghren e Branka, abbi pazienza e ti sarà spiegato tutto. ^^), ashar (La storia dei lampioni è ormai una pietra miliare di Dragon Age: Origins. XD Nella mia partita Nimue e Alistair affrontarono quel discorso a Redcliffe, in chiesa, davanti a Leliana, Morrigan e Bann Teagan. E tutto perché non avevo inizialmente capito dove volessero andare a parare quelle frasi... Sono l'ingenuità fatta persona, lo so. O forse sono solo cretina, che è più probabile. XD), ENS, Evertine, Layra Luin Isil, Salice, Laiquendi, The Warden Archivist, liriel, BgmnhOO, Sotorei, Cass, lames76, Slepless, kelyseh, CookieandDeadlySins, NicoDevil e tutti gli altri lettori per il loro sostegno, silenzioso e non. :D
Buon inizio di settimana a tutti. ^^
Shainareth
P.S. Spero di non aver dimenticato di nominare nessuno, altrimenti siete liberi di bastonarmi sulle dita. ç_ç





  
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