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Autore: April Marywever    31/08/2010    0 recensioni
Questa storia è il continuato della One-Shot "Combattere per la vita".
"Oddio, quanto mi manca…
Non riesco più a vivere senza di lei.
Mi manca una parte di me stesso, una parte del mio cuore."

SOSPESA
Genere: Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Eccomi di nuovo qui! Oggi ho aggiornato tutte le mie storie (sono solo due.. xD)

Vabbhe... vi lascio alla lettura del quarto capitolo!

 

Confessioni

 

Riemersi dal buio, aspettando di scorgere la sua  bellissima figura.

Invece… mi ritrovai in un letto d’ospedale.

COSA?! NO!!

Iniziai ad urlare a squarciagola, sperando che fosse tutto un brutto incubo.

Sentii dei passi indaffarati raggiungermi ed urlare: «Fate presto! Sta avendo un attacco di panico!»

Poi, alcune mani mi legarono al lettino, dove io mi stavo dibattendo come un pesce fuor d’acqua.

«NO!!» urlai di nuovo, sperando che mi diano ascolto. Tutto inutile.

Tutto inutile. Tutto inutile. TUTTO INUTILE!

Quello che avevo fatto era stato tutto inutile.

Poi un leggero dolore al braccio, ed infine ancora buio.

~

Sono morto? Vi prego qualcuno mi dica di sì!

Perché Christie mi aveva fatto questo? PERCHÉ?!

Smile, giuro sul mio nome che presto ti raggiungerò. È una promessa.

~

Mi riscossi dopo poco tempo, o almeno… così mi era sembrato.

Ero ancora n quell’odioso letto, nella mia camera d’ospedale.

Mi sentivo deluso ed affranto, ma soprattutto perso.

Sì, perso. Ormai non esisteva più nessun attaccamento a questo mondo. Appena fossi uscito di li, avrei subito ritentato il suicidio. Magari stavolta con del veleno, più efficace, ma purtroppo indolore. Io volevo soffrire mentre morivo. Volevo espiare tutti i miei peccati attraverso il dolore. Il dolore mentale ormai era una costante parte della mia vita, ora mancava quello fisico.

Sentii la porta sbattere e mi ritrovai davanti a quella che, ora come non mai, consideravo una traditrice: Christie. Però non era giusto che me la prendessi così con lei, difatti… che ne poteva sapere lei di Smile?

Io non gli avevo mai detto niente, e dubito che qualcun altro l’abbia fatto. Nonostante siano passati anni, in questa cittadina il ricordo di Smile è ancora vivido e concreto.

«Che ci fai tu qui?» sbottai infine.

«Anzi, che ci faccio io qui?> ripresi.

«Stavi morendo, ti ho salvato.> disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Ma quella che cosa si fumava la mattina?

«Tu non mi hai salvato. Tu mi hai condannato.» spiegai brevemente.

«Io ti avrei condannato? Ma per piacere! Smettila di pensare a quella Smile! Dio mio, reagisci!» urlò.

Cosa aveva detto?! “Quella”  Smile?! Come osava anche solo pronunciare il suo nome?!

«Vattene.» dissi freddo. La mia educazione mi imponeva di non  usare termini indecenti in presenza di una signora. Che poi più di tanto io non consideravo lei come “signora”. Tutt’ora la sto classificando come un essere spregevole venuto per rovinarmi la vita.

«Eh no caro. Io non mi muovo da qui. Finché tu non capirai che stai soffrendo inutilmente io me ne starò seduta qui comoda comoda.» detto questo, si accomodò sulla sedia accanto al mio letto.

Soffrendo inutilmente? Ma proprio non capiva quanto fosse impostante lei  per me?

Lei non sapeva niente. E quindi, non aveva il diritto di giudicarmi.

«Vattene.» ripetei insistente.

Di tutta risposta lei si limitò a squadrarmi.

«No.» replicò.

«Allora rispondi a questa mia domanda: Che ci fai tu qui?»

Lei rimase interdetta per qualche secondo, puoi rispose controllata:

«Te l’ho detto, son qui perché ti ho salvato la vita. Meriterei anche un grazie.»

«Eh?! Grazie?!  Tu mi hai solo prolungato il tempo d’attesa in questa vita! Ma non preoccuparti, rimedierò presto.» confessai.

Lei sbarrò gli occhi. Mi sa che questa non se l’aspettava. Pensava forse che sarei rimasto impassibile per il resto dei miei giorni? Era ovvio che avrei ritentato il suicidio. Naturale come andare in bici.

«Hai sentito bene. Appena sarò fuori di qui non mi rivedrai mai più.»

Lei continuava ad avere una faccia shockata. Fra poco avrei tentato la manovra di Heimlick.

«Oooooh... Ma ci sei?» sbottai infine, sventolandogli la mia mano davanti agli occhi.

«Tu non puoi farlo!» urlò. Finalmente aveva aperto bocca.

«Certo che posso. E lo farò.»

«Ti odio. Perché mi fai questo?» mormorò disperata.

«IO?! Ma senti chi parla! Io scusa allora cosa dovrei fare? Ti dovrei odiare per tutto quello che mi hai fatto! Anche se per te queste parole sono niente, visto che credi che tu mi abbia “salvato”» mimai con le dita.

«Ti odio. Ti odio per avermi cacciata in questa situazione. Ti odio perché hai cercato di suicidarti. Ti odio perché penso a te ogni santo giorno. Ti odio perché in realtà… Ti amo.» confessò balbettante.

La sua risposta mi lasciò basito.

Mi amava? Come poteva amare qualcuno che non gli rivolgeva nemmeno un saluto? Come poteva amare un essere ormai senz’anima? Come poteva amare me? 

«Quindi, non suicidarti. Morirei anche io.» ammise, imbarazzata.

Perché deve sempre succedere tutto a me?

Ero insicuro di molte cose, ma ero sicurissimo del fatto che non amavo Christie.

Almeno, non ora.

«Christie» iniziai.

«No. Non dire niente. Lo so che non ricambi i miei sentimenti. Comunque… tutte le sere, non faccio che pregare che tu un giorno riesca a dimenticare… anzi, no. Superare il tuo passato. Sei la cosa più  importante che ho qui, in questo posto che tanto odio. E mi dispiace averti fatto soffrire con le miei parole prima. Io voglio solo che tu sia felice. Solo questo, nient’altro.» rispose, interrompendomi.

Le sue parole mi lasciarono esterrefatto.

Voleva solo il mio bene.

«Grazie.» le sussurrai, stringendola in un abbraccio.

In questo momento avevo solo bisogno di affetto.

Lei rimase immobile per qualche istante, poi ricambiò goffamente il mio abbraccio.

Sapevo che una piccola parte del mio cuore si stava ricostruendo.


Allora, allora allora... Alex sta iniziando ad instaurare un'amicizia con Christie... Ma andrà tutto bene?

Alla prossima!!

SarettaCullenWriter

   
 
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