Capitolo
2 - Love the way
you lie
Domenica
pomeriggio.
Era
molto che aspettavo quel
momento.
Dopo
un’intera giornata dedicata
ai preparativi per quell’occasione così
importante, tra shopping e
parrucchiere, finalmente avrei potuto incontrare il ragazzo dei miei
sogni.
Il
fortunato si chiamava Lorenzo,
e mi aveva fatto perdere la testa dalla prima volta che
l’avevo visto, due anni
prima.
Naturalmente,
essendo una goticona
sfigata, lui non mi aveva mai notato. Era troppo occupato con la sua
ragazza,
la più carina della scuola.
Ma,
dopo due anni passati ad
aspettarlo, finalmente la mia occasione per farmi notare era arrivata:
Valeria
era riuscita a farmelo incontrare, quello stesso giorno, alle 4:30 alla
pista
di pattinaggio del centro commerciale.
Erano
le 4:50 e lui non si era
ancora fatto vivo.
“Cavolo
ma che fine ha fatto?” pensai
mentre guardavo nervosamente l’orologio.
Lo facevo in continuazione, come per accelerare il tempo.
“È
in ritardo! Vabbè, intanto
faccio il biglietto.”
Arrivai
alla bancarella e mi
sporsi in avanti per controllare che ci fosse qualcuno. Notai subito la
commessa seduta su una panchina, che ruminava una cicca e spettegolava
al
cellulare. Tossii rumorosamente per attirare l’attenzione
della ragazza, che
riagganciò il telefono stizzita e si trascinò
nella mia direzione.
«Ciao» si
lagnò iniziando a
giocherellare con una ciocca dei suoi capelli stinti e crespi «Posso
esserti utile? »
chiese cercando di essere gentile, ma era
chiaro che fosse infastidita.
«Si,
grazie»
risposi
cordialmente «Vorrei
un ingresso per un ora
e un paio di pattini numero 38»
Si
allontanò per troppo tempo,
facendomi seriamente pensare all’idea di riempirla di botte.
Al suo ritorno
aveva un paio di pattini in una mano e un biglietto
nell’altra. Notò la mia
fretta, e come per farmelo apposta, avvicinò le braccia fin
troppo lentamente
al bancone per appoggiare la roba.
Era
snervante. Gli strappai i
pattini dalle mani e lasciai i soldi sul bancone, senza nemmeno
aspettare che
mi facesse lo scontrino. Mi diressi velocemente nello spogliatoio e
cercai di
infilarmi i pattini, che naturalmente erano troppo stretti. Lasciai
perdere il
numero in meno, e iniziai a camminare come un’impedita sul
tappeto che portava
alla pista. Entrai in pista bofonchiando di tornare per pestare quella
cretina della
commessa, e mi appoggiai sul bordo ad aspettare.
5:00.
5:10.
5:20.
5:30.
Era
un ora che aspettavo, e
l’altoparlante che chiamava il mio nome a tutto volume diceva
che il mio turno
era finito. Oramai non avrei avuto più alcuna
possibilità con Lorenzo, visto
che non si era presentato all’appuntamento. Mi diressi
controvoglia verso
l’uscita, quando vidi qualcosa che non avrei voluto
vedere…