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Autore: Vikk711    01/09/2010    0 recensioni
Una città di mare, due giovani uomini e il loro personalissimo senso di giustizia, una "famiglia" in cerca di redenzione. Il tutto condito da azione, sentimento, violenza, e strane domande esistenziali. Benvenuti al ristorante Buonviaggio.
Genere: Azione, Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Aprii gli occhi.
Come ogni mattina la voglia di alzarmi era pari a zero, la consapevolezza di vivere in un mondo di merda era onnipresente, la certezza di una giornata fatta dalla solita assurda e malata routine era assoluta.
Quella mattina in particolare, sapevo che sarebbe stata una giornata di merda. L’avevo inteso quando, alzandomi, vidi il macello assoluto nella mia stanza. Masse di vestiti sporchi, alcune delle quali sembravano avere preso vita propria ed essere diventate esseri senzienti, occupavano gran parte del pavimento. Sulla scrivania i fogli sparsi dell’ennesimo “romanzo” che  provavo a scrivere  (in quel periodo doveva essere circa il ventesimo di troppi iniziati e mai finiti) e svariati fumetti sparsi.
-Gesù, sono un disgraziato.-
Da anni mi ripetevo di fare ordine nel mio stile di vita, di riorganizzarmi dentro e fuori, da anni, ogni mattina, mi rendevo conto di essere uno sfaticato del cazzo.
Di buon cuore però.
In bagno, lo specchio rifletteva impietosamente la mia figura trasandata, con quei capelli dissennati e le occhiaie vistosissime. Se non altro mi ricordava che avevo avuto la costanza nella vita di allenare il mio fisico,almeno quello.
Ma più per non finire sotto metri e metri di terra, che per amor proprio.
Dopo la doccia, uscii dal bagno già completamente vestito, con un bel paio di jeans e quella camicia nera che mi ero comprato un paio di giorni fa, assolutamente impeccabili. Il contrasto tra il mio gusto per il vestire e l’impossibilità di domare i miei capelli sono sempre stati dei chiari segni che la mia vita è un eterno contrasto, esattamente come il mio appartamento. Appena entrati, c’è la spaziosa zona che per comodità chiamo soggiornucina(Amo inventarmi parole),con ,sulla destra, la zona cucina e un tavolo dove stanno comodamente 4 persone. Sulla sinistra, di fianco all’entrata, c’è la mia postazione dei sogni, con tutte le mie consolle per videogiochi, un televisore enorme dotato di un impianto audio di ultima generazione,con accanto un enorme libreria a 4 piani, dove in ognuno di essi trova spazio una delle mie passioni.
Al primo piano abbiamo lo spazio film-serie tv.
Al secondo, la mia sterminata collezione di videogiochi.
Il terzo è ricolmo di romanzi, manuali e riviste varie.
Il quarto è interamente dedicato ai fumetti.
Si, sono uno strafottutissimo nerd.
Sulla parete opposta c’è il mio adorato divano, con il mio portatile appoggiato sopra.
Il tutto è inondato dalla luce che entra dirompente dalla porta finestra che da sul balcone, accanto alla cucina sulla parete sinistra.
Tutto rigorosamente in ordine…
La mia tana, la parte di me che amo esporre al pubblico, poiché da di me l’impressione di un tipo affidabile e corretto.
Il bagno va da se che ho la decenza di tenerlo sempre pulito.
Non ho idea di cosa penserebbe la gente se la prima cosa che mostrassi della mia casa fosse il delirio post-atomico della mia camera da letto, che considero un luogo puramente accessorio.
A distrarmi dai miei pensieri nevrotici ci pensò lo scatto della serratura della porta di casa, dalla quale entrò come un profumo portato dal vento l’unica persona che mi fa sentire apprezzato in questo mondo, mia sorella Serena.
-Hey bestiaccia, sono venuta a fare servizio lavanderia.-
La amo, ha sempre fatto queste cose per me, semplicemente per partito preso, mi ha accettato per il pigro disgraziato che sono, e mi aiuta in quelle faccende domestiche per cui un uomo già è negato geneticamente, figuratevi un uomo che non ha neanche voglia di farsi il caffè appena alzato.
-Purrr (una delle mie assurde abitudini, fare le fusa come un gatto), grazie sorella. Stasera prima di andare via dal ristorante ci prendiamo due pizze, e le mangiamo qui?-
-Ma insomma!- sbuffò lei - Non mi porti mai in un posto carino!-
Scoppiai a ridere -Suvvia, non sei mica la mia donna, non dobbiamo fare la coppietta!-
Aprendo la porta della mia stanza, un espressione afflitta si dipinse sul suo volto -Vai a lavorare che è meglio. E fai buoni affari così il ristorante avrà sempre clienti, ed entrambi avremo un posto di lavoro…-
-Certo, certo…ma tanto lo sai che il vecchio ci considera insostituibili!-
Uscii di casa, scesi le rampe di scale, aprii il portone e mi ritrovai fuori. Inspirai profondamente la fresca brezza proveniente dal mare poco distante. Mi avviai verso la mia macchina, parcheggiata nel vicolo a destra del palazzo. Un piccolo spazio dove trovava riposo la mia bambina, una Chevrolet Impala del ’67 costatami un occhio della testa, delimitato dalle mura del palazzo e un piccolo muro di cinta che chiudeva la via dove io e mia sorella abitavamo. Era un luogo ideale per la macchina, nascosto dalle finestre dei palazzi della zona, e dai relativi occhi indiscreti. A quanto pare quella notte vi aveva trovato rifugio anche un senzatetto, rannicchiato in un angolo in fondo al vicolo. Giusto per sincerarmi che non fosse morto, gli diedi una scrollata.
-Sveglia amico, è mattino e il sole splende alto!-
Lui sussultò ed emise un paio di gemiti confusi. Contento di non aver trovato un cadavere sotto casa, gli augurai una buona giornata e mi accinsi a salire in macchina. Salvo che la gente a volte è proprio stronza, perché lo sentii grugnire le seguenti parole.
-Hey fighetto…dammi…dammi qualche spicciolo-
Già non amo che la gente si rivolga a me dandomi del fighetto, ma il fatto che girandomi lo vidi alzarsi a fatica con un coltello in mano mi fece un tantinello incazzare.
-Oh coraggio, non vorrai mica farmi cominciare male la giornata vero?- gli dissi con malcelato nervosismo.
E si avvicinava, lentamente, con la verve di uno zombi. E io capisco che normalmente questo basti per spaventare qualcuno, non è bello vedere uno spostato che ti minaccia con un coltello, ok, ha i riflessi di un ornitorinco, ma è pur sempre uno spostato che ti minaccia con un coltello.
Purtroppo per lui, avere a che fare con queste cose di primo mattino mi fece incazzare. E con assoluta nonchalance, estrassi un piccolo coltello da lancio che tenevo nella fibbia della cintura. Il mio gesto fu rapido e preciso, un ottimo gioco di polso e gomito, il coltello gli si piantò esattamente tra le sopracciglia. E lui morì così. COME UNA MERDA.
Sinceramente ho sempre odiato le operazioni di pulizia. E così, imprecando, aprii il bagagliaio della macchina, e sepolti sotto un paio di fucili trovai due di rotoli di sacchi di plastica neri.
Ne presi uno, lo srotolai, staccai un sacco,e lo stesi di fianco al cadavere. Tolsi il coltello dalla testa dello stronzo, gli distesi le braccia lungo i fianchi, aggiustai la posizione delle gambe, ripresi il sacco, e lo infilai dentro come si fa con un cuscino. Molto easy e pulito. Ma neanche tanto, visto che erano rimaste alcune macchie di sangue sull’asfalto.
"Beh, io non ho voglia di pulire, non se ne accorgerà nessuno, credo. Spero."
E con quella speranza caricai la sacca sui sedili posteriori.
Salito in macchina mi si parò davanti una scelta complicata.
Quale Cd avrei messo quella mattina?
Scorsi i titoli: Tribe of force, S&M, L’armata del metallo, Justice for all, waking the fallen, hypnotize…
Quella mattina decisi che il modo migliore di scaricare i nervi dopo l’aggressione fosse perdermi nelle note dell’orchestra sinfonica di San Francisco e dei Metallica, pura poesia.
Fu così che tra le note di The ecstacy of gold e Master of puppets arrivai al porto. Sul molo  14 tra i versi dei gabbiani e l’infrangersi delle onde sulla banchina, Nico, un signore sulla quarantina, pescava con una calma zen.
Scesi dalla macchina, e infilai gli occhiali da sole. Mi fermai a guardare il mare leggermente increspato.
-Allora bestia, cosa hai combinato stamattina?-
Parlava come un padre che chiede al figlio come sia andata a scuola.
-Mi dispiace disturbarla così presto, ma questo tizio mi ha aggredito e ho avuto la mano…un po’ pesante.-
Sorrise.
-Beh lasciami qui il carico e ci penso io a smaltirlo.-
-La ringrazio.-
Dopo avergli consegnato il sacco,risalii in macchina, feci inversione, e guardai nello specchietto retrovisore il signor Nico che caricava il corpo in spalla, per poi lasciarlo sulla sua barca. Di lì a poco, sarebbe sparita ogni traccia del tizio che avevo ucciso quella mattina.
Fischiettando, mi diressi al lavoro.
   
 
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