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Autore: Mary15389    01/09/2010    1 recensioni
Quattro anni dopo l'arresto di Ronald Weems, un seriale con le sue stesse caratteristiche si ripresenta tra le strade di Washington. La squadra è chiamata a collaborare, ma un presentimento aleggia nei pensieri di tutti...
Genere: Introspettivo, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Then you catch him CAP3 CAPITOLO 3
 
Derek Morgan stava rimescolando la tazza del suo caffè, lo sguardo fisso nel vuoto. Voleva essere ancora in quel caldo letto accanto alla bellissima donna con cui aveva passato la notte, ma il lavoro chiamava. E lui era pronto a rispondere, amava il suo lavoro e non gli piaceva farsi cogliere impreparato. Aveva bevuto un sorso e si stava lasciando andare ad uno sbadiglio quando una voce entusiasta catturava la sua attenzione.
“Ma buongiorno!” Emily Prentiss era di fronte a lui poggiata con la spalla al muro che aveva accanto. Si stava godendo la scena divertita. La bruna agente dell’FBI era stata svegliata dalla chiamata dell’ufficio, ed era contenta di sapere che qualcuno, come lei, era ancora insonnolito. Stare in quella squadra le piaceva ogni giorno di più, erano passati quattro anni ma le emozioni erano sempre le stesse del primo giorno. Ora guardava il suo collega imbarazzato dall’essere stato scoperto in flagrante.
“Beccato! Ma che ci posso fare? È stata una nottata dura...” lo sguardo di malizia negli occhi dell’agente di colore suggeriva ad Emily più di quanto avesse realmente detto. Il volto della collega cambiava di scatto, il sorriso scompariva e la donna alzava una mano verso l’uomo, accompagnando il gesto con espressione scherzosamente disgustata.
“Non voglio sapere i dettagli grazie...” e prima che potesse continuare qualcuno arrivava a sostenere la sua causa.
“Credo che nessuno di noi sia impaziente di conoscerli!” un paterno sorriso si rivolgeva a Morgan, che scuoteva il capo abbassato per come lo stavano trattando, e a Prentiss che si era voltata per incontrare l’affettuosa figura di David Rossi di fronte a lei. La stima per quell’uomo era profonda, era il pilastro dell’Unità Analisi Comportamentale ed era sempre riuscito ad arginare con estrema maestria le crisi all’interno della squadra. Era stato per tutti in diverse occasioni una spalla su cui piangere, una valvola di sfogo, un confidente, un amico, lo sprone ad andare avanti.
“Scusate se cerco di mettervi di buon umore in qualche modo.” Lo sguardo di Derek cercava ora di catturare la pietà dei suoi colleghi che si stavano prendendo gioco di lui. Sulle sue labbra un timido sorriso che ben presto si trasformava in un broncio di finta offesa.
“Di che si tratta?” chiedeva Emily al ragazzo cercando di cambiare discorso, mentre un David divertito rideva alle sue spalle.
“Beh,” un cenno delle sue sopracciglia che si sollevavano ripetutamente e ritmicamente accompagnava le parole, “Alta, formosa...” smetteva di parlare perché la sua collega aveva preso la parola.
“Sei senza speranze. Mi riferivo al caso.” Diceva la bruna portandosi una mano alla testa in segno di disperazione.
“Scusate se vi interrompo, ma con permesso io raggiungerei Hotch.” Si intrometteva Rossi avviandosi poi sempre con il sorriso sulle labbra verso la scala che l’avrebbe portato nell’ufficio di Aaron. La donna si girava nuovamente interrogativa verso il giovane collega per avere delucidazioni sul caso.
“Non so nulla...e non parlo più...” Derek raccoglieva la tazza tra le mani prima di allontanarsi verso la sua scrivania.
“Fai come vuoi, io mi preparo un caffè.” Prentiss non voleva perdere tempo con i capricci di Morgan, sapeva che entrambi si divertivano a stuzzicarsi così, altrimenti le giornate sarebbero state noiose, specialmente quando si trovavano tutti riuniti di prima mattina in ufficio. Emily si chiedeva se sarebbero dovuti partire, e dove li attendevano per il caso, nel frattempo prendeva la moka e la caricava nella macchinetta aspettando che il liquido nero scendesse fumante all’interno della tazza con lo stemma dell’FBI in bella evidenza sul fianco.
“Siamo pronti?” la voce della coordinatrice del rapporto con i media che scattava nella loro direzione carica di fascicoli catturava la loro attenzione. Emily afferrava il suo caffè e Derek si alzava dalla sedia della scrivania. Entrambi raggiungevano la bionda collega che cominciava a dare loro i fascicoli del caso. Prentiss si guardava intorno prima di rispondere a JJ.
“Rossi è in ufficio da Hotch, ma manca ancora Reid.” Era vero, non avevano ancora visto il piccolo genio raggiungere l’ufficio. La sua scrivania era vuota, nessun segno che potesse essere già passato da lì. Non potevano sapere che appena arrivato era stato costretto a fare i conti con una triste verità. Jennifer sollevò gli occhi vedendo tra le fessure delle persiane la sagoma di Spencer nella sala conferenze.
“Lui è già arrivato...” indicava verso il vetro, “Sta studiando il caso.” Anche gli altri due agenti si voltarono per vedere quella chioma di capelli castani stagliarsi dall’altra parte della finestra. “Raggiungetelo, io chiamo gli altri e possiamo cominciare.” Con la sua solita eleganza l’agente Jareau stava raggiungendo l’ufficio del capo per invitarlo insieme a David a raggiungere la sala dal tavolo rotondo.
 
Spencer leggeva per l’ennesima volta le parole su quei rapporti della polizia, sperando ogni volta che cambiassero. Era seduto con i gomiti appoggiati al tavolo e con una mano si tormentava la zona sotto il mento, combatteva con i suoi pensieri. Desiderava farli sparire, o avere la forza di affrontarli senza piegarsi. Poi sentì alle sue spalle i passi di qualcuno che entrava nella sala conferenze. A breve tutta quella situazione avrebbe assunto tratti ancora più reali, e non avrebbe potuto più far nulla per evitarlo. Era agitato e nervoso.
“Ehi ragazzino, mattiniero oggi...” lo apostrofava Derek. Un altro giorno avrebbe trovato la domanda una battuta divertente del suo collega per stuzzicarlo, ma quel giorno non era in vena. Si voltava per vederlo entrare dalla porta seguito da Emily.
“Buongiorno ragazzi. Nottata insonne, quindi all’arrivo della chiamata ero già abbastanza reattivo.” Dopo queste parole tornava a guardare il fascicolo aperto sul tavolo. Con la coda dell’occhio seguiva però i movimenti degli altri due agenti. Derek, con il fascicolo sottobraccio, allontanava una sedia prima di accomodarsi. Evidentemente aveva capito che non doveva insistere con il ragazzino. Emily invece teneva tra le mani la tazza fumante di caffè e stava bevendo ancora in piedi. Dopo pochi secondi dalla porta entrarono anche JJ, Hotch e Rossi. Erano pronti a cominciare. Prentiss si sedeva accanto a Morgan poggiando la tazza di fronte a se. Prendevano posto anche Aaron e David, mentre Jennifer avviava lo schermo a parete prima di prendere tra le mani il telecomando per controllarlo. Poi cominciava a parlare accompagnando le parole con le immagini.
“Questa donna, di cui non si conosce ancora il nome, era una prostituta di Washington. È stata trovata morta questa mattina in una stanza di un motel. Indossava solo l’intimo e la causa della morte è una pugnalata al cuore. È stata lasciata lì ad agonizzare mentre le venivano inferti altri colpi a fianchi e gambe. Non è stata riscontrata nessuna violenza sessuale e la vittima non ha avuto nessun rapporto prima della morte.” Ora la donna si avvicinava al tavolo per sedersi anche lei. Gli altri guardavano le altre informazioni nei fogli a loro disposizione nel fascicolo. Poi David interrompeva il silenzio.
“Vittime simili?”
“Al momento nessuna.” Rispondeva JJ portandosi sotto il mento la mano con cui teneva il telecomando.
“Potrebbe non essere un seriale, potrebbe essere un omicidio isolato. Perché ci hanno chiamati?” chiedeva Emily attendendo una risposta che le spiegasse la strana situazione.
“Alla vittima sono stati tagliati i capelli.” L’agente Jareau accompagnava alle parole un’espressione sconfitta. Conosceva il peso di quella affermazione. Poteva leggere il terrore negli occhi del suo giovane collega, così intelligente ma così indifeso. Poi la voce di Derek la faceva voltare verso di lui.
“Non ci posso credere...” il ragazzo di colore colpiva con la mano il tavolo e lasciava andare indietro la testa con una smorfia sulle labbra. Ora aveva capito perché tutto gli sembrava così familiare.
“Ci hanno chiamato perché sembra opera di Ronald Weems,” interveniva Aaron sentendosi il più autorizzato a spiegare meglio la situazione avendo ricevuto lui la telefonata e conoscendo i dettagli riferitigli dallo stesso detective. “L’abbiamo arrestato quattro anni fa, per chi allora non c’era,” si rivolgeva adesso a David “uccideva le prostitute nell’area del Campidoglio di Washington. Vogliono conferma che sia lui il colpevole anche stavolta.”
“Hotch, ma quell’uomo incideva scritte nel ventre delle donne. Qui non c’è nessun messaggio.” Interveniva Derek, ma prontamente l’agente supervisore lo interrompeva. Non voleva che i dubbi assalissero anche i suoi colleghi.
“Quei messaggi erano legati all’imminente dichiarazione del deputato Steyer.” Nella stanza era calato nuovamente il silenzio.
“Garcia ha già controllato questo Ronald Weems?” chiedeva Rossi che in realtà non conosceva nulla del precedente caso. Si sarebbe aggiornato al più presto. Quattro anni prima c’era ancora Jason Gideon in quella squadra e lui era a condurre la vita da pensionato promuovendo i suoi libri.
“Vado ad avvertirla.” Spencer si era alzato di colpo facendo quasi rovinosamente cadere la sedia su cui era seduto. Aveva bisogno di allontanarsi dagli altri un’altra volta. E raggiungere Penelope poteva essere un’ottima soluzione. Lei avrebbe capito. Lei sapeva anche più degli altri.
Mentre Reid raccoglieva il fascicolo e lasciava in fretta la sala, gli altri si scambiarono un’occhiata veloce prima che Aaron riprendesse la parola per assegnare a ciascuno un incarico. “Morgan, Prentiss, voi interrogate le prostitute nella speranza di trovare notizie sulla nostra vittima. O su eventuali altre scomparse e non denunciate direttamente. David, tu vieni con me al motel dove è stato ritrovato il corpo. JJ, appena Garcia scopre qualcosa aggiornaci subito.” Detto questo tutti si alzavano per avviarsi a portare a termine i propri compiti. Ma la voce di Jennifer bloccava Hotch.
“E Spence?” si era accorta che per lui non c’era nessun incarico. Tutti si voltarono a guardarla, non riuscendo a capire il perché di quella domanda. Aaron la guardava intuendo perfettamente a cosa si riferisse. Dopo averci pensato un po’ le rispose.
"Dagli tempo..." lei fece un cenno del capo in risposta all'uomo e quando tutti furono usciti dalla stanza JJ si ritrovò sola con i suoi pensieri. E con le sue preoccupazioni.
  
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