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Autore: Shinalia    01/09/2010    3 recensioni
Seconda classificata al contest: (Color & Quotes), parimerito con vale_cullen1992 (la mia cognatina *O*)
ispirata alla frase: Morire: richiede appena un breve momento. - E.D.-
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seconda classificata al contest: (Color & Quotes), parimerito con vale_cullen1992 (la mia cognatina *O*)

Dedico questa storia a Luisina e vale_cullen1992


Limbo


Morire: richiede appena un breve  momento. - E.D.-


 

La mia mente si rianima, quasi fosse stato premuto il giusto interruttore, dopo tempo in cui ha prevalso solo il vuoto.

Una sensazione di estraneità mi sommerge immediatamente, spaventandomi e confondendomi. Vorrei aprire gli occhi, ma i miei tentativi non vanno a buon fine.

Cosa succede?

Mi sembra quasi di essermi risvegliata da un lungo sogno, un incubo spaventoso. Percepisco poco distintamente il mio corpo, o almeno parti di esso. Avverto il suo peso, la sua consistenza ma mi pare di non esserne padrona.

Un estraneo… nulla più che questo.

Qualcosa di lontano ed intangibile.

Non capisco.

Dove sono?

Chi sono?

« Credi si risveglierà mai? »

Una voce, ovattata, a cui si aggiungono man mano dei suoni striduli con una cadenza regolare, ma di cui non riesco a comprendere l’origine. Dove sono?

Un sospiro carico di sofferenza accompagnato da un singhiozzo, appena trattenuto, si leva nell’angusto spazio, attorno a me. Il mio udito si acuisce, rendendo ogni suono più chiaro e distinto. Ma ancora non comprendo. Dove sono?

« Mi dispiace, non avrei dovuto dire… »

« Credo che andrò a fare un giro. » la risposta è appena sussurrata, da un’altra voce, in un tono arrochito e debole, ma riesco ugualmente ad udirla.

Dove sono?

Mi sento confusa.

L’ennesimo sospiro ed una porta che sbatte.

Una carezza, leggera e delicata. Una mano calda e gentile ed una voce carica di commozione. Una voce conosciuta, forse in un altro tempo od in un altro luogo. Una voce che riposa in antichi ricordi, di momenti andati.

Istanti felici? Non riesco a ricordare.

« Le manchi tantissimo. – un mormorio sommesso, in un tono sofferto, esprime una sofferenza straziante, che fa vibrare le corde più remote del mio cuore, riportando a galla sentimenti ed emozioni confuse, a cui non sono in grado di attribuire un nome. – Manchi a tutti. »

Sento il bisogno di piangere ma le lacrime non arrivano, non le percepisco. La morsa che stringe il mio petto non si allevia e, nonostante il mio desidero di muovere la mano, per massaggiarmi e far svanire il dolore, il mio corpo pare non volermi obbedire.

Mi sembra di essere in un limbo.

Rinchiusa in uno spazio angusto, buio e solitario, da cui è impossibile fuggire.

Lui mi contiene, racchiude il mio essere… me.

« Mi dispiace non esserci stato, mi dispiace essere partito quando avevi bisogno di me ed aver finto di dimenticarti. Ma lo sai come la penso… le storie a distanza sono sempre un’inutile sofferenza. Un rincorrersi continuo che non può portare a nulla di buono. »

Silenzio. Non capisco. Chi è? Perché tanta disperazione? Lui mi conosce?

« Sciocco… continuo a giustificarmi e tu neanche puoi sentirmi. »

Lo scatto di una porta fa aguzzare il mio udito e, con difficoltà, distinguo l’ennesima voce, apparentemente sconosciuta. « Non è colpa tua e lo sai benissimo. »

Avverto uno spostamento d’aria ed il rumore di una sedia che striscia sul pavimento, producendo quell’insopportabile stridio.  Vorrei urlare di fare attenzione, ho la sensazione di essere stata sempre infastidita da simili noncuranze.

Eppure la mia voce resta intrappolata con me, in questo limbo.

« Se fossi stato con lei forse avrei potuto evitarlo. » mugugna lui, perché è un uomo, ne sono certa.

Uno sbuffo, connotato da una eloquente disapprovazione, viene rilasciato. « Sai che non appoggio i deliri di onnipotenza. » è fredda e distaccata, quasi irritata per quel commento che sembra considerare fuori luogo. Le inflessioni di questa nuova voce sembrano non essere un mistero per me, nei recessi della mia mente lei è conosciuta.

Qualcuno di importante?

I miei ricordi sono confusi… un’informe massa indistinta, che si attorciglia su se stessa, si ritorce e si contrae lasciando ben pochi spiragli di comprensione. Solo confusione.

« Io mi domando come tu possa… - esita, quasi a voler trattenere l’ira che permea quelle poche parole. – Come puoi essere così indifferente? Non ti importa? »

« Michael, sei un idiota. » Michael…

Flashback

« Piacere, mi chiamo Mike. »

Il nuovo vicino di casa. Si presentò ostentando un sorriso cordiale e stringendo a sé un cesto di frutta rossa, dall’aspetto invitante.

Lo scrutai attentamente, quasi a voler cogliere i particolari della sua persona. Una felpa malandata, jeans stracciati ed un abbigliamento di almeno una taglia più grande.

Era carino, non bello, ma quello che avrei definito un tipo. Occhi castani, capelli scuri tagliati corti, piccolo di statura ma né troppo grasso né troppo magro. I tratti piuttosto dolci e forse un po’ troppo infantili, considerando l’età. Ma, ciò che però mi colpì maggiormente, fu quel sorriso impertinente. Sembrava quasi non provare il minimo imbarazzo ed essere perfettamente a suo agio, in quella situazione nuova, a differenza mia. Le nuove conoscenze non erano mai state il mio forte.

« Io sono Sarah. » mia sorella sbucò dal nulla, tendendo la mano verso di lui e stringendola con la sua presa salda e forte. Lei è così. Siamo gemelle, ma nonostante un’apparente somiglianza fisica, caratterialmente siamo molto diverse. Io riservata, lei esuberante e gioviale, io guardinga e diffidente, lei socievole.

È una persona particolare. Sembra quasi osservare il mondo nella sua superficie più lucente, lasciandosi trarre d’inganno dalle apparenze, senza porre alcuna attenzione alla sostanza delle cose. Pare non far caso al deludente strato di disprezzo e finzione che ci circonda, nulla sembra scalfire la sua allegria. Non è così.

Il suo non è che un modo di mostrarsi. Tutti noi ci fingiamo diversi, esibendo al mondo solo quella parte di noi che preferiamo. Io il mondo lo temo e mi nascondo, lei lo affronta anche se forse in modo sbagliato.

Molti la ritengono sciocca… Io so che non lo è!

« Piacere di conoscerti Sarah. – ribatté mesto, voltandosi poi verso di me, in attesa. – Tu sei? »

« Melissa. »

Fine Flashback

« Sarah, forse dovresti raggiungere tua madre. » Mike rilascia l’ennesimo sospiro colpevole, mi verrebbe quasi da urlargli che è la solita mammoletta. Ma non è sulla sua consueta debolezza che mi soffermo. Un altro pensiero si fa largo prepotente in questo mio oscuro limbo.

Mamma? Tento di far luce sul buio che attanaglia la mia mente, alla ricerca di un volto, di una voce o qualsiasi dettaglio che possa rievocare il ricordo di lei. Ciò che ottengo, però, è una sagoma indistinta mista ad una sensazione di calore.

In questo luogo tutto è sensazione e nulla è corporeo. Non riesco a comprendere dove sono. Che sia un sogno?

Il mite tepore che mi avvolge mi lascia supporre di si ma, la vivida consapevolezza che accompagna ogni mio pensiero, mi lascia intuire non possa essere tanto semplice.

Inizio ad avvertire la stanchezza, così resto ad ascoltare senza compiere alcuno sforzo di reminiscenza. Quelle voci mi tengono compagnia, riempiendo la solitudine nel mio caldo limbo. È benevola la sensazione che avverto, un mite calore che mi rinfranca e mi avvolge. Un dolce effluvio che mi stordisce e mi culla.

« Se tu avessi evitato di deprimerla, sarebbe ancora qui. »

« Non volevo. – si giustifica lui, a disagio. – Non oso immaginare quanto possa essere difficile per lei, vedere la sua bambina costretta in un letto.»

« Nessuna madre dovrebbe mai assistere ad una simile atrocità. – la voce che ormai ho compreso appartiene a mia sorella, diviene roca e strascicata. – Tutta colpa di questa stupida. » sbotta.

Ho la sensazione si riferisca a me. Vorrei tanto sapere cosa mi è accaduto!

Rinchiusa nel mio corpo mi limito ad ascoltare il flusso di parole che scorre in quella stanza. La discussione diviene sempre più aspra, ma non mi viene concesso nessun indizio. Nonostante la mia consueta curiosità sia come una spina che puntella le mie membra, la mia mente non pare poi tanto interessata. Ogni conflitto sembra si stia sciogliendo nel languore del placido mare che mi dondola. Che luogo è mai questo? I dettagli man mano si amplificano, malgrado il fitto buio non venga in alcun modo diradato.

« Non parlarle così. » Mike l’ammonisce, non sembra contento del suo tono e delle sue recriminazioni, quanto a me sono abituata ai suoi modi. Non mi scalfiscono e forse è anche la mia posizione ambigua a rendermi stranamente calma. Nonostante l’insieme di emozioni e timori che mi circondano, nulla sembra scuotermi realmente. Mi pongo domande, tento di risalire a ciò che è accaduto, di carpire informazioni ma… sono tranquilla. Una sensazione di inconsueta calma pare creare uno scudo tra me ed il mondo. Una bolla di cristallo, solo per me. Trasparente, tanto da permettermi di osservare ciò che mi circonda, ma abbastanza spessa da preservare me e impedirmi qualsiasi contatto, lontana così da ogni turbamento.

« Perché non dovrei? -  sibila e sembra tremendamente irritata. Anzi, no… furiosa. – Avrebbe dovuto fare attenzione. Come si può essere tanto sciocchi, tanto sbadati. Noi ora dovremmo essere a scuola e lei dovrebbe essere al suo corso di teatro. »

Il tonfo di una sedia che cade malamente e l’ennesimo spostamento d’aria mi permettono di comprendere il perché delle sue parole, e del fervore racchiuso in esse. Una parte di me vorrebbe poter aprire gli occhi, poter consolare Sarah, accarezzare dolcemente i suoi morbidi capelli rossi, trasmettendole quella sorte di… rassegnazione che mi avvolge.

Rassegnazione, ma non quella triste e macabra che deriva dalla consapevolezza che nonostante gli sforzi tutto andrà perduto. No… non è quello ciò che avverto. Quello che percepisco rasenta la serenità, perché quella sensazione dapprima estranea mi sta avvolgendo, rasserenando. Come se qui nulla di tutto ciò è realmente importante.

Così non posso che assistere inerme alla furia di mia sorella, quella maschera dietro la quale è solita celare la sua tristezza, ma soprattutto la paura. Non è mai stata molto brava a gestire simili sentimenti, ciò che la spaventa la innervosisce. Detesta sentirsi impotente.

« Calmati… potresti dare fastidio agli altri pazienti. – la rimprovera. - Prendi questo. » le porge qualcosa ed il suo tono si addolcisce leggermente, perdendo quella sua inflessione dura. Mike è così, troppo buono per portare rancore.

Il silenzio si dilata e si protrae, riempiendo la stanza nella quale oramai si odono sono i suoni cadenzati emessi dai macchinari. Bip, Bip, Bip…

« Credi lei possa sentirci? »

« No. » la risposta di Sarah è secca, senza mezzi termini.

Nessuna titubanza, solo certezza, ed io vorrei scuotere il capo e rimproverarla bonariamente, sottolineandole il suo errore. Anche se una parte di me sa che ciò che lei desidera è solo non illudersi e non sperare in qualcosa che potrà, in seguito, acuire il suo dolore. È giusto così!

« Vado a prendere un caffè. » sentenzia ed i suoi passi si perdono nella vita al di là di quella porta.

FlashBack

Mike giunse trafelato, facendo irruzione nella mia camera, ostentando la sua solita espressione allegra e spensierata. Già, proprio quella che avevo imparato a detestare… « May-chan, che ne dici di venire al parco con noi? » per non parlare dell’atroce storpiatura del mio nome.

Gli rivolsi un’occhiata di sbieco. « Smettila di chiamarmi con quello stupido soprannome, la tua fissazione per i manga sta diventando molesta. » Tanto è come parlare al vento.

« Ma non piacevano anche a te? »Trasecolò, inorridito dal mio commento acido.

Alzai lo sguardo al cielo, palesemente irritata. « Se decidessi di strangolarti mi darebbero le attenuanti. » sbottai, rivolgendo nuovamente le mie attenzioni al libro che stringevo tra le mani, accarezzandone la copertina, con aria sognante. Dark Lover, di J.R. Ward, il primo di una serie di libri che avrei di certo acquistato. L’attesa sarebbe stata estenuante.

Avvertii uno sbuffo contrariato, accompagnato da un sobbalzo del letto che mi fece trasalire. « Ma che diamine… Mike. – urlai stridula, voltandomi verso di lui. – Togli immediatamente le tue scarpe dalla mia trapunta. »

Fissai inorridita le sue Nike, sporche di terra, in prossimità del mio piumone preferito. La sua risata dispettosa riecheggiò per la camera indisponendomi ulteriormente e, armata del massiccio libro che avevo tentato invano di leggere, mi scagliai su di lui, percuotendo giocosamente quello sciocco del mio ragazzo.

« Idiota. Così la smetti di darmi fastidio! » esclamai tra le risa, attorcigliando le gambe attorno al suo busto, per impedirgli di scappare. « Smettila di divincolarti come un’anguilla impazzita! » continuai, tentando di evitare di cadere, nonostante i suoi strattoni.

Giocammo in quel modo, sino a quando i nostri respiri non divennero affannati, per lo sforzo e per le risa, costringendoci a fermarci. Naturalmente non fui io la prima a cedere.

Le sue mani si alzarono, sventolando un pezzo del mio candido lenzuolo. « Mi arrendo, mi arrendo. -  mormorò, ansimante. – Da ora in poi sarò un bravo bambino. »

Ridacchiando soddisfatta, gli stampai un bacio veloce sulle labbra, prima di scattare fuori dal letto. « Andiamo. Ho una gran voglia di sdraiarmi su una delle panchine del parco. »

Scosse il capo, fingendosi indignato, ancora disteso sul letto. « Ma se fino a due minuti fa non volevi saperne? »

Scrollai le spalle con disinvoltura, afferrando la borsa. « Ma adesso l’ho proposto io. » ghignai, prima di scappare giù per le scale, seguita da quel ragazzetto un po’ nerd di cui, all’epoca, mi ritenevo innamorata.

Fineflashback

« Dovresti uscire, il medico deve visitarla. »

Una donna ha fatto irruzione nella camera. Ha una voce materna e gentile. Mi pare quasi di poter immaginare la sua espressione bonaria ed il sorriso consolatorio, dipinto sul suo volto.

« Certo. » Mike sospira solennemente, stringendo un’ultima volta la mia mano, nella sua, prima di allontanarsi.

Nuove voci si accalcano in quello spazio angusto. Non mi va di essere lasciata sola con degli sconosciuti, vorrei obiettare.

« Cambi le garze, devo controllare le ustioni. »

« Si, dottor Renor. »

Dottore? La sua voce non mi piace granché, è sottile e dura.

Le mani di una donna si poggiano sul mio viso e poi sulle mie braccia. I suoi movimenti sono un po’ bruschi ed il suo respiro accelerato, non sembra a suo agio.

« Povera ragazza. »

Il rumore di una penna che scivola veloce su di un foglio, sospiri sommessi e suoni striduli si sovrappongono, inquietandomi. Gli indizi captati dalle parole dei presenti non sono un buon presagio, riguardo le mie attuali condizioni.

« Tutta colpa di una stufa. » Quindi è questo che è accaduto?

« Se si fosse svegliata prima… »

« Non si torna indietro. » sentenzia lui lapidario. « Abbiamo finito. »

« Signora, può entrare. » la voce dell’infermiera precede quella affannata di mia madre. È preoccupata e mi dispiace essere io la causa della sofferenza che permea ogni suo mormorio.

« Ci sono novità? »

« Monitorando le onde cerebrali abbiamo notato un piccolo picco, ma nulla di apparentemente rilevante. »

« Ci sono speranze? »

Ecco la fatidica domanda, quella che io stessa avrei voluto porre al dottore, oltre alle innumerevoli altre che ronzano vorticosamente nella mia mente confusa. Man mano che il tempo trascorre in questo oscuro limbo sento quasi le forze venir meno, i legami che mi tengono stretta e salda in questo mio cantuccio sembrano diventare sempre più labili.

Questa cosa un po’ mi spaventa, ma stranamente più ciò accede più il languido mare che mi culla diviene più caldo ed avvolgente. Il suo tepore consolatorio mitiga il timore che dovrebbe insorgere in me.

« Per ora non possiamo assicurarle nulla. » afferma lui ed io un pochino mi scuoto.

Sta tergiversando. Mi verrebbe quasi voglia di gridare, rimproverandolo circa l’inutilità di una qualsiasi falsa speranza, sebbene io sia cosciente di essere lì, con loro. Almeno la mia mente.

« Passerò più tardi. » ed ecco che il dottore vigliacco si dilegua senza averci concesso alcuna reale spiegazione. Assurdo.

Come una cantilena, un mantra, una donna ripete tra i singulti le medesime parole: La mia bambina, la mia piccola bambina.

Le carezze della mamma. Le percepisco, sono così tenere e gentile, così accorte. Le sue mani un po’ ruvide, ma profumate. Gelsomino e vaniglia.

 « Avrei dovuto convincerla a venire con noi, ma lei era sempre così testarda. » la sua voce è smorta, ridotta ad un debole sussurro. Povera mamma.

« È così testarda, se non lo hai notato non è ancora morta. » rimbecca acidamente mia sorella.

« Sarah. »

Uno sbuffo contrariato è l’unica risposta che ottiene da lei. Mi viene quasi voglia di sorridere. Adoro i loro battibecchi che portano nostra madre sull’orlo dell’esasperazione.

Questa è una di quelle cose che mi mancherà…

Che strano pensiero. Qualcosa dentro di me mi lascia supporre che non sarà ancora per molto, che presto non potrò più godere della loro compagnia e del loro affetto. Sono un po’ turbata, ma non come dovrei. Avverto come se questo fosse il giusto epilogo, non ci sono alternative.

« Dovresti tornare a casa, stanotte resterò io con lei. » la proposta di mia sorella sembra scuotere leggermente l’aria attorno a noi.

« Non voglio lasciare sola la mia bambina. » la mamma sembra molto preoccupata, per nulla intenzionata a cedere. Ma lei è così… sono certa sia stata al mio capezzale, senza mai allontanarsi. Deve essere distrutta…

« Papà tornerà a casa da lavoro e potrebbe fargli piacere averti con sé. » la sua voce si addolcisce. Sa sempre essere molto persuasiva, sebbene di rado decida di usare la dolcezza. Forse ha compreso che la mamma è troppo scossa e che l’unica alternativa non è che quella. Sebbene la discussione si protragga ancora a lungo, io mi estraneo, turbata dalla sofferenza di mia madre. Non mi piace esserne la causa, benché comprenda sia inevitabile la sua reazione. Vorrei reagisse diversamente.

Alla fine cede e, dopo un bacio carico d’affetto, posato delicatamente sulla mia fronte, avverto i suoi passi allontanarsi mesti. Sospiro di sollievo e mi concentro completamente sul respiro spezzato di mia sorella. Credo stia piangendo. Percepisco nell’aria l’odore salmastro delle lacrime, intenerendomi, sperando che con esse possa sfogare il suo dolore.

A pensarci, raramente ho avuto modo di vederla piangere. Non parlo di quei casi in cui si versano lacrime per le sciocchezze, quando lo si fa semplicemente per capriccio o a causa di una piccola offesa. No… io intendo quelle lacrime colme di angoscia e delusione. Di certo c’erano state occasioni in cui si era rintanata nel bagno e, complice del rumore prodotto dallo scorrere dell’acqua, aveva dato sfogo alla sua afflizione. Detesta mostrare la sua fragilità, quasi percependola come una fonte di vergogna. Non ne ho mai compreso il reale motivo…

« Si incolpa perché non è riuscita a convincerti. È una cosa stupida, sei tu che hai deciso di restare a casa. – mormora, schiarendosi la voce, con un piccolo colpo di tosse. -  è con te che bisogna essere arrabbiati. »

Flashback

« Melissa, zia Margareth non ti vede da mesi, potresti concederle l’onore di una visita? »

« Ma’. – l’apostrofai, mortalmente irritata. – non rompere. La zia neanche si ricorda chi sono, ormai ha tutte le rotelle fuori posto. L’altra volta continuava a chiamarsi Louise e credeva fossi la figlia della vicina»

La risata di Sarah riecheggiava per la casa, accompagnata dai suoi soliti commenti sarcastici, mentre papà ci sgridava per la nostra mancanza di rispetto.

Non era certo colpa mia se, a centodue anni suonati, la nostra povera zia aveva raggiunto il culmine della demenza. Era pur sempre una cosa fisiologica.

« Cosa ti costa staccarti un po’ da quel maledetto computer, ti farà male agli occhi. »

Sbuffai contrariata. « Sto studiando. » mentii, per nulla intenzionata a darle ulteriori delucidazioni. Dopo una giornata di scuola ed il cumulo di compiti anche io avevo bisogno dei miei attimi di relax.

«Fosse vero, lo so che stai sempre davanti a quel coso che piace a voi giovani. »

Corrugai la fronte fingendomi perplessa. « Cosa ma’? » la rimbeccai in attesa di udire per l’ennesima volta il nome, di uno dei social network più famosi sul globo, brutalmente storpiato.

« Andiamo!» urlò, facendomi ghignare internamente. Sospetto abbia capito…

« Muoviti, non accetto repliche. » continuò, imperterrita.

Sbuffai contrariata, decidendo di ricorrere alla mia ultima carta. « Ma Sarah non viene. » protestai animatamente. – Perché io vengo torturata e lei no? »

La testa di mia mamma fece capolino nella stanza e dall’occhiata che mi rivolse potei intuire fosse realmente stufa di discutere. « C’è la festa della sua migliore amica a cui aveva promesso di partecipare da tempo, tu invece sarai a casa a far nulla. Potresti almeno andare con lei. »

Certo, fare la candela al suo appuntamento con Samuel appariva una prospettiva allettante. Mi morsi la lingua per evitare di ribattere. Sarah non avrebbe esitato a torcermi il collo se avessi osato rivelare i suoi progetti serali.

Festa della sua migliore amica? Una balla colossale per poter uscire con la sua nuova fiamma, uno dei giocatori della squadra di basket del nostro liceo. Un diplomando come noi.

« Non vengo. » asserii decisa, puntando i piedi, come una brava bambina capricciosa.

Mi madre alzò gli occhi al cielo, palesemente stufa. « Fa come vuoi, mi arrendo. »

Venti minuti dopo udii finalmente la porta chiudersi ed il silenzio immergere la casa. Finalmente un po’ di pace.

FineFlashback

Credo di essermi assopita. Non sapevo fosse possibile, o almeno non era mai capitato prima.

Con un sospiro interno tento invano di dare qualche stimolo al mio corpo, sperando in una risposta.

Nulla.

Aguzzo l’udito, facendo leva con il mio unico contatto con il mondo esterno, lasciandomi cullare dal respiro profondo della persona che probabilmente dorme accanto a me.

A pensarci, deve essere una stanza privata. Non mi è parso di sentire nessuna voce insolita.

Mi annoio. Credo siano trascorsi svariati giorni da quando mi sono risvegliata in questo limbo e la situazione non sembra mutata granché, almeno non il mio corpo.

Con uno scricchiolio la porta si apre e, con passi leggeri, due persone fanno il loro ingresso. Non parlano, almeno non subito, ma avverto i loro movimenti accorti e silenziosi, all’interno della mia camera. Probabilmente sono le infermiere o il dottore, le loro visite sono frequenti e negli ultimi tempi l’ansia che trasmettono è aumentata. Le mie scottature e le lesioni superficiali sembrano essere sulla via della guarigione, eppure…

I due si scambiano sussurri, sommessi, ed io ascolto, attenta. La loro discussione è incentrata sui valori riportati dai macchinari e sui risultati delle nuove analisi, pervenute dal laboratorio. Non sembrano affatto buone notizie, anche per me che ne capisco ben poco.

Un sospiro colmo di rimpianto e desolazione mi lascia intuire il responso del dottore, prima che le parole giungano alle sue labbra. « Le funzioni vitali peggiorano ed ormai è attaccata al respiratore. I polmoni sono collassati e probabilmente è arrivato poco ossigeno al cervello per chissà quanto. Se anche riuscisse a svegliarsi non sarebbe che in uno stato vegetativo. Non possiamo fare nulla. » un’ammissione che mi destabilizza.

No…

Stato vegetativo?

Ma io sono viva, il mio cervello assimila, percepisce.

Io vi ascolto. La mia mente è viva… io sono viva.

Mi sento oppressa e mi pare che il mio cuore acceleri i suoi battiti, quasi per confutare quelle tesi assurde. Il mio limbo mi appare tremendamente più angusto e opprimente che mai. Io sono viva. Vero?

« Bisogna comunicarlo alla famiglia. »

« Già! – esclama, quasi a volersi far forza. – Chiederò ai genitori di seguirmi nel mio studio, non appena arriveranno. Lei segni i parametri e poi mi porti tutto. »

« Certo dottore. »

Con passi pesanti l’uomo si allontana e nella stanza ripiomba il silenzio.

______________________

Sono passate ore da quando il mio capezzale è rimasto vuoto. Probabilmente il medico deve aver comunicato la lieta novella. Sono ancora in grado di fare dell’ironia, a quanto pare.

Il mio animo è turbato ed il mio limbo appare ancora meno definito del solito. Credo dipenda tutto dal mio umore, che non mi permette più di percepire l’assoluta calma che mi aveva sommersa nei giorni precedenti.

Avverto la stanchezza. La stanchezza per questa ambiguità, per le parole cariche di sofferenza che mi vengono rivolte, per l’immobilità del mio corpo e per la mia mente vigile. Ho desiderato più di una volta che tutto terminasse… ma credo di non aver mai avuto il coraggio di sperarlo veramente. Non credo di riuscire a comprendere ciò che mi attenderebbe in quel caso e questo mi spaventa, anche se… questo luogo distorce le mie percezioni ed i miei pensieri. La placida calma che irradia influenza la mia mente, quasi inducendola a non temere quel fatidico “dopo”.

Potrei scivolare via e abbandonarmi a tutto questo. Voglio realmente svegliarmi e non poter avere nessun reale controllo su di me e sul mio corpo? Voglio davvero che questo mi racchiuda, come un involucro rotto? No.

Chiudo internamente gli occhi, su quello che mi circonda e che percepisco, lasciandomi trasportare da quella corrente calda che è la mia unica compagna, in questo limbo. Ascolto il suo flusso e mi concentro su di esso, rilassandomi completamente. Non voglio pensarci, non ora.

______________________

Qualcuno mi stringe la mano. Lo avverto appena.

Anche la voce sembra quasi più lontana, distante.  « Ci hanno detto che non ci sono speranze. – parole spezzate dai singulti. – Hai combinato un bel guaio, sorellina. » Sarah.

« Secondo me si sbagliano! – esclama, con maggior vigore, continuando il suo soliloquio. – Tu starai bene. »

Rilascio un sospiro colmo di rassegnazione. Non voglio si illuda, non desidero si lasci cullare da futili speranze.

« Ti staremo accanto, ti terremo sempre compagnia, tutti i giorni. Non ti abbandoneremo mai. » queste che possono apparire rassicurazioni, atte a confortarmi, nella loro dolcezza assumono il suono di una condanna.

Non per me… ma per loro.

Mesi trascorsi al capezzale di una persona che presto avrebbe perso anche la sua coscienza e le sue facoltà. Giorni gettati al vento sperando in un risveglio impossibile, lasciando accumulare il dolore e l’angoscia fino a scoppiare. Ansia mista ad illusioni alimentate dal nulla, per qualcosa che non ha alcun rimedio e su cui nessuno di loro ha controllo.

Non voglio!

Percepisco il panico attanagliarmi, spronarmi, ridestarmi dal torpore che mano mano mi stava sopraffacendo ed il desiderio di urlare aumenta, mi colma.

Eppure dalle mie labbra non esce alcuna sillaba.

Mi agito, mi dimeno, mi divincolo dalle catene che mi tengono prigioniera.

Eppure il mio corpo resta bloccato nella sua immobilità, come una statua di cera malandata.

Piango, piango e mi dispero. Lascio che lacrime di amarezza e preoccupazione scorrano, palesando la mia angoscia.

Eppure nulla scivola sul mio viso smorto.

Così mi arrendo, lasciando le forze mi abbandonino, insieme a quella vita a cui fili invisibili sino ad ora mi legavano. I labili nastri del destino si sciolgono per permettermi di scivolare verso l’oblio.

Il mio limbo viene scosso.

Urla, grida indistinte, singhiozzi, sono tutto ciò che percepisco, ovattato, mentre i miei sensi odono e si aggrappano per l’ultima volta a ciò che li circonda.

E poi… nulla.

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Giudizio rilasciato dai giudici. (sito: Clicca)

II° classificata(a pari merito): Limbo di Shinalia
-Grammatica: 9.5/10 Noto con piacere che questa storia è molto corretta dal punto di vista grammaticale, e molto ben scritta. Hai fatto un errore di battitura(vd. chiamarsmi) e qualche errore di punteggiatura: ci sono troppi puntini di sospensione, lo so è un piccolo errorino di stile, ma penso che piacciano a tutti perché ricalcano l’attesa che c’è tra le parole nel parlato xD ma non è nulla di trascendentale:). 
-Lessico: 10/10 Il lessico che utilizzi è davvero ottimo. Si può notare già ad una prima lettura che è curato, oltre che piacevole ed usato con perfetta coerenza. 
-Stile: 10/10 Il tuo stile è ottimo, non ho parole! Riesce a emozionare e a far vivere la storia al lettore. La lettura non è mai appesantita, le frasi sono sempre della lunghezza giusta e il tutto è davvero scorrevole. 
-Originalità: 10/10 Dieci come punteggio è troppo basso. Questa storia è troppo originale, non so proprio come ti possa essere venuta un’idea del genere. Complimenti!
-Attinenza alla citazione: 10/10 Ti sei saputa attenere alla perfezione alla frase da te scelta e le hai dato il giusto spazio. 
-Trama: 5/5 La storia non è lunghissima eppure la trama è ben sviluppata. Si nota che la vicenda è conclusa, sviluppi tutti i punti in modo tale da non lasciare niente in sospeso.
-IC: 10/10 I personaggi sono ben caratterizzati. Melissa è una persona riservata, guardigna ma testarda, Sarah è una ragazza esuberante, socievole che non si vuole rassegnare e continua a sperare ad una ripresa della sorella, Michael è il personaggio più particolare della tua storia, ha una personalità forte, tenace ma anche molto gioviale, insomma è il vicino della porta accanto che tutte noi vorremmo…comunque mi sarebbe piaciuto sapere le motivazioni che l’hanno spinto a partire.
-Giudizio personale: 5/5 Questa storia mi è piaciuta immensamente, peccato per quei pochi errori. Devo dire che è stata molto originale la tua idea, mi è piaciuta molto, non potevo non darti il massimo anche in questa voce!
Hai dimostrato di avere veramente molta fantasia, hai saputo creare una trama per nulla scontata e coinvolgente. Ottima davvero, complimenti:)!
Totale: 69.5/70

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