Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Me91    01/09/2010    1 recensioni
Questa storia ha partecipato al concorso"È solo questione di apparenza" indetto da Kris_piangente_minatrice e si è aggiudicata il secondo posto.
In una Terra macchiata dal male, i Signori del Nord, creature simili ad uomini ma fredde e terribili come demoni, hanno edificato il proprio regno. Gli stregoni sono quasi del tutto estinti, sconfitti in un’estenuante guerra per la pace contro queste creature oscure. I pochi stregoni rimasti sono perseguitati e ricercati dall’efficiente polizia, la cui sede si trova in una grigia e grande città - molto simile ad una Londra del 1800 -.
Aaron è un talentuoso illusionista di periferia, su il quale l’ispettore Brown inizia ad indagare, sospettando che sia uno stregone. Il ragazzo non si cura dell’ispettore, ribadendo la sua innocenza, e continua la propria vita, occupandosi della sorella Erin (grazie ai soldi ricavati da partite di Poker truccate), oppure cercando di svelare i segreti di un misterioso diario, appartenuto ad uno stregone, che pare celare la chiave per raggiungere un posto meraviglioso... una terra chiamata Nerfea, considerata “il mondo dei sogni”.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 1

In questo mondo caotico e irrequieto, il male ha tempo piantato le sue radici. Lo ha corrotto e macchiato e tutto si sta lentamente disintegrando.
Da troppo tempo l’aria è fetida e spesso malsana e  il cielo è grigio o nero, sporcato dagli orrendi fumi dei camini delle fabbriche... la gente si sta dimenticando di che colore era prima.
E la paura, la paura si è insidiata nei cuori degli uomini che stanno perdendo ogni credo, ogni valore. La paura della morte, ecco quale paura; perché... perché, può esistere un Dio? Uno qualsiasi, in questo mondo terribile, comandato da uomini spietati, in questa Terra sporcata di sangue... no che non c’è.
Gli unici oppositori ai Signori del Nord, che da tempo hanno edificato il loro regno di morte e terrore, erano gli stregoni; la specie più antica del mondo che viveva in pace e predicava la pace. Non potevano permettere ai Signori di distruggere tutto, rovinare il Bello.
La loro fu una resistenza tanto coraggiosa quanto debole; gli stregoni erano troppo pochi contro un simile esercito di corrotti che, di umano, hanno ben poco. Forse sono demoni, o uomini posseduti da demoni... creature terribili e disumane, questo è certo.
Non ci sono quasi più stregoni da diversi decenni, ormai. Quasi tutti arrestati, quasi tutti giustiziati. Degli altri si sono perse momentaneamente le tracce.
Al loro posto, a dare spettacolo in teatri pieni di nobili o borghesi annoiati, solamente banali uomini, illusionisti e prestigiatori, da frivoli trucchi facilmente risolvibili.
Solo pochi sono davvero in grado di rievocare la vera meraviglia della
Magia. Maestri, incantatori di folle, forse... veri stregoni. 

Dapprima, quando si era aperto il sipario, era calato il silenzio.
Lui aveva fatto la sua entrata con calma; i suoi passi risuonavano nell’aria, rimbombando, per poi dissolversi nella penombra del teatro. Aveva rivolto il suo sguardo ad un pubblico ammaliato dal suo fascino, da quelle sue iridi color del mare e quel viso giovane e fresco; tutto questo sempre nel più assoluto silenzio. Aveva un’aria assorta, pensierosa; gli occhi perennemente lontani e riflessivi. Quell’aria meditabonda non era scomparsa nemmeno quando aveva curvato le labbra in un piccolo sorriso di benvenuto e aveva iniziato ad incantare gli spettatori con le sue parole e le sue magie.
Ora il silenzio è stato spezzato; la sua bella voce ha stregato il pubblico che spesso scoppia in applausi ed acclamazioni.
Ad un ennesimo applauso caloroso, il prestigiatore si inchina un poco per ringraziare.
«Voi applaudite le mie magie, ma in realtà un tempo esistevano persone in grado di compiere grandi meraviglie, degne davvero di questo entusiasmo.» proferisce con un sospiro, raddrizzandosi  «Io non sono che un illusionista. Ben lungi dall’essere un vero mago.»
Tende il braccio in avanti, mostra la mano, vuota, la ruota più volte e la muove in fluidi movimenti che quasi ipnotizzano.
Ad un tratto la chiude, per poi voltarla e riaprirla con il palmo verso l’alto; appena le dita si distendono, una ad una, una candida colomba bianca appare come dal nulla, spiccando poi il volo verso il pubblico meravigliato.
«Illusione.» prosegue il giovane ventenne con una voce calda «Distorsione della realtà. Ciò che è impossibile, diventa possibile. O meglio: così vi faccio credere.» si avvicina al bordo del palco, si china, richiude la mano e allunga il braccio verso una donna seduta in prima fila; dopo aver fatto ruotare il polso, un mazzo di freschissime rose gli compare in mano, facendo sobbalzare la spettatrice. Il pubblico applaude, affascinato.
Dopo aver donato i fiori alla donna, il giovane torna al centro del palco, riprendendo:
«Impossibile capire il trucco; provateci, fallirete. Anzi, vi dimostrerò un’illusione che ha dell’incredibile. Per compierla, ho bisogno dell’aiuto di uno di voi; chi vuol partecipare?»
Molti alzano la mano, chiamando anche a gran voce, ma l’illusionista scende dal palco e sceglie una giovane seduta in terza fila. Mentre l’aiuta ad alzarsi, commenta con una voce suadente:
«Se permettete, preferisco una bella ragazza.»
Alcuni ridono e lui l’accompagna sul palco; è davvero molto bella, dai fluenti capelli neri e gli occhi anch’ella di un azzurro acceso.
Il giovane le afferra quindi una mano e la bacia sul dorso; lei gli sorride delicatamente, lusingata.
Un paio di assistenti portano una cabina di legno scuro con uno sportello per chiuderla davanti; la cabina è posata su dei gambi che la sollevano di un palmo da terra e dietro è priva di pannello, quindi aperta.
«Come notate, dietro non è chiusa; si può dire, quindi, che non esiste nessun “doppio fondo”.» mostra il ragazzo, aprendo lo sportello.
«Inoltre, è rialzata da terra; perciò non è collegata a nessuna botola, se vi fosse venuto il dubbio. Bene.» aiuta la ragazza a salire nella cabina; lei alza di poco la gonna ed entra, per poi rimanere dritta a guardarsi intorno con il capo, mostrando curiosità.
Il giovane illusionista si porta di fianco la cabina e asserisce:
«Ora chiuderò lo sportello e, quando lo riaprirò, la ragazza sarà scomparsa.» volta il capo verso la giovane, che si mostra un po’ impensierita, e la rassicura con tranquillità:
«Andrà tutto bene, non temere; non ti accadrà nulla.»
Lei annuisce, calmandosi.
«D’accordo.» mormora la ragazza.
Lui allunga il braccio con calma e va a richiudere lo sportello. Torna a guardare intensamente il pubblico, che trattiene il fiato, e rimane in silenzio per qualche istante.
«Che cos’è la realtà?» domanda ai suoi spettatori dopo un po’, catturandoli pienamente con la sua voce «Tutto ciò che possiamo vedere, toccare? E il resto? Se tutto questo può essere spiegato con la ragione, la razionalità, il resto, quel che non possiamo vedere o toccare, come può essere spiegato? O meglio... si può dare una spiegazione?» socchiude gli occhi «C’è qualcosa oltre l’illusione? Forse, se c’è, ve la sto per mostrare...»
Posa la mano sulla maniglia e sussurra con enfasi:
«Ed ecco... la magia
L’abbassa e spalanca lo sportello con un colpo secco.
La cabina è vuota.
Il pubblico, dapprima sbigottito ed estasiato, scoppia in un improvviso e fragoroso applauso, acclamando il giovane a gran voce.
Lui non muta quell’espressione posata e assorta e si esibisce elegantemente in un profondo inchino, facendo ondeggiare il lungo mantello bianco. 

Davvero tutti i maghi sono morti? E’ davvero possibile eliminare un popolo, una razza, un così gran numero di individui, in pochi anni? Certo che no. Ce ne sono altri. 

L’unico a non applaudire è l’uomo di mezza età, dalla rada barba e i capelli brizzolati, seduto in una fila in fondo. Si massaggia meditabondo il mento, con lo sguardo attento puntato sul palco. L’altra mano è posata sul bracciolo della poltroncina e le dita tambureggiano ritmicamente.
Ripensa alle parole pronunciate poco fa da quel ragazzo.
Impossibile capire il trucco; provateci, fallirete.
Aggrotta appena le sopracciglia, tirando leggermente le labbra.
«Non c’è trucco.» mormora tra sé, osservando vigile l’illusionista sparire dietro il sipario, ancora prostrato nel suo bel inchino.
L’uomo quindi si alza e si allontana in fretta, non notato. 

2 Maggio

Gli uomini non sanno cosa significhi vedere. Non hanno mai aperto gli occhi. Li tengono lì, sulla faccia, facendone solo un ornamento. Forse non li hanno mai usati perché non sanno dove o cosa guardare.
“Ma cosa c’è da vedere?” non fanno che chiedermelo.
“Tutto” rispondo sempre io.
Immaginate solamente che in realtà voi state vivendo un sogno; che tutto ciò che toccate, che respirate, che vedete - per così dire -, sia frutto della vostra immaginazione... Non vorreste svegliarvi? Alzare le palpebre, sbadigliare ad un sole
vero, guardare vere cose, annusare veri profumi...
Oh, come vorrei svegliarmi. Mi sento prigioniero di questa fantasia, di questo sogno, che m’impedisce di destarmi. Ma come posso raggiungere quella terra meravigliosa? Come?
Non tarderò a scoprire il segreto, se continuerò a cercarlo con tutte le mie forze. 

Qualcuno bussa alla porta e l’illusionista si riscuote, chiudendo il diario che stava leggendo e voltando il capo verso l’uscio.
«Sì, avanti.»
La porta si apre ed entra un uomo di mezza età, con rada barba e capelli brizzolati; lo stesso spettatore che prima non ha applaudito.
«Tu devi essere Aaron.» esordisce l’uomo, chiudendosi la porta alle spalle «L’illusionista.» sembra pronunciare la parola con una punta di disprezzo.
Il ragazzo gli sorride leggermente per cortesia e china di un poco il capo.
«In persona. In effetti, siete nel mio camerino.»
L’altro si dà una fugace occhiata intorno, senza soffermarsi troppo sui mobili scuri, le tre scrivanie ingombre di roba, il piccolo divanetto su cui sono stati gettati diversi vestiti, di quella piccola stanzetta illuminata dalla luce fioca di un unico lampadario al centro. Troppo caos per i suoi gusti.
«E voi siete...?» lo esorta a parlare il giovane, rimanendo composto sulla sua sedia.
L’uomo torna a guardarlo e risponde con un’aria professionale:
«Ispettore Scott Brown. Sezione antitruffa
Aaron mostra un lieve sorriso ironico, prima di commentare:
«Un modo carino per indicare il reparto speciale di polizia anti-stregone. Proprio come il vostro nome; siete sicuramente sottocopertura.»
L’ispettore rimane serio e pacato.
«Sei un ragazzo sveglio.» si complimenta con un tono piatto e incolore.
Il giovane alza le spalle e sospira:
«Immaginavo sareste passati prima o poi.»
«Non lo avresti pensato se non avessi avuto qualcosa da nascondere.» gli fa notare l’uomo.
Aaron ridacchia un attimo, per poi dire:
«Oh, ma io non sono uno stregone. Sono un semplice illusionista.»
«Vorresti farmi credere che i tuoi sono solamente trucchi?» chiede l’ispettore, alzando un sopracciglio.
Il ragazzo appoggia i gomiti sui braccioli della sedia e intreccia le dita con tranquillità.
«Assolutamente.» asserisce con calma.
«E cosa mi dici dell’ultimo trucco?» insiste l’ispettore, ancora serio «Quello della ragazza che scompare.»
«Oh, quello...» il ragazzo volta il capo verso una piccola porticina alle sue spalle.
Anche l’ispettore Brown alza gli occhi in quella direzione. Si odono dei passi e la porticina si spalanca di scatto; una bella ragazza giovane, dai capelli lunghi e biondi e gli occhi di un azzurro intenso, entra trafelata nella stanzetta.
«Uff, per un pelo; stava per piovere.» sbuffa e lancia una borsa sul divanetto al suo fianco, togliendosi intanto il cappotto di pelle «Aaron, questa è l’ultima volta che ti vado a comprare la tisana di rospo bruno; potresti tranquillamente alzare tu le tue chiappe e farti un bel giro fuori, invece di rimanere chiuso qua dentro come un topo nella sua tana, circondato dal suo...» fa un gesto con la mano, mostrando disgusto «... letame!»
La ragazza si interrompe, notando solo in quel momento l’ispettore ancora immobile accanto la porta d’entrata.
«Oh... non sei solo.» constata la ragazza, arrossendo leggermente.
«Ben tornata, Erin.» la saluta Aaron, sorridendo appena, forse divertito, poi indica con un gesto l’ospite «Erin, l’ispettore Scott Brown. Signor ispettore, lei è Erin, mia sorella.»
La giovane sorride calorosamente.
«Onorata.»
L’ispettore fa un cenno con il capo, rimanendo in silenzio. La sta scrutando attentamente.
«Lei sembra...» dice ad un certo punto, increspando un po’ la fronte, come nello sforzo di riconoscere qualcuno.
«Eh sì, ispettore.» annuisce Aaron «Forse con quei capelli non vi viene bene in mente chi sia.» si volta a guardare la sorella «Erin, potresti...?»
Lei alza le sopracciglia.
«Oh sì, certo.» da sopra una sedia afferra una parrucca di lunghi capelli neri e se la posiziona sul capo, coprendo perfettamente la sua chioma bionda. Poi fa un elegante inchino.
«Ecco qua!»
L’ispettore rimane sorpreso.
«E’ la tua aiutante?» chiede subito, guardando l’illusionista.
Aaron annuisce con il capo.
«Suvvia, ispettore; sapete molto bene che noi “maghi” usufruiamo di piccoli aiuti... Mia sorella mi aiuta per il gioco della “scatola magica”.»
«E anche altri.» aggiunge lei, togliendosi la parrucca.
L’ispettore non sembra ancora del tutto convinto.
«E come funzionerebbe questa... “scatola”?» lo interroga.
Aaron rimane pacato, quando risponde:
«Non pretenderete che vi sveli i trucchi del mestiere.»
«In effetti è così.» ribatte l’altro.
Scende un attimo il silenzio.
«Sapete bene che non vi risponderò; nessun illusionista serio lo farebbe.» mormora il giovane, fissando con fermezza l’ispettore negli occhi.
Brown non dice ancora nulla. Il suo viso pare pietra.
«Molto bene, molto bene, Aaron.» si aggiusta meglio il cappotto «Per ora me ne vado. Ma ricorda...» gli lancia uno sguardo di monito «Ti tengo d’occhio.»
Aaron annuisce con il capo.
«Nessun problema.»
L’ispettore tira leggermente le labbra e, senza ribattere, se ne va.
Erin rivolge lo sguardo al fratello, chiedendogli:
«Cosa voleva?»
«Sta indagando.» risponde il giovane, alzandosi in piedi.
«Riguardo che?»
«Crede che io sia uno stregone.» alza le spalle con fare noncurante.
Erin si mostra sorpresa.
«Davvero ti sta sorvegliando per questo?»
«Erin...» lui le rivolge un piccolo sorriso con un’espressione sicura e tranquilla «Va tutto bene, non preoccuparti.»
Lei scuote il capo, sospirando.
«Come faccio a non preoccuparmi per te? Sei sempre in mezzo ai guai.»
«E’ la mia indole.» ridacchia lui «Se non fossi sempre in mezzo ai guai, dovresti preoccuparti davvero.»
Lei gli rivolge uno sguardo tra il divertito e il rimprovero.
Aaron afferra il suo mantello e apre la porta secondaria del camerino.
«Dove vai? Ancora al casinò?» lo interroga subito la sorella, accigliata «Non mi piace che tu vada in quel posto.»
«Eppure vinco sempre, dovresti esserne felice.» ribatte lui tranquillamente.
«Prima o poi si chiederanno il “perché” di questa tua fortuna sfacciata.» insiste Erin, decisa «E tu allora cosa risponderai?»
Aaron mostra un sorriso furbo.
«Non è fortuna, è bravura.» dichiara, sicuro di sé.
Lei scuote il capo.
«Aaron, non andare sta sera...»
«Va tutto bene, Erin.» le strizza un occhio per rassicurarla «Ci vediamo a casa.» dopo di che esce.
Lei sospira ancora.
«Ogni volta che mi dici “va tutto bene”... subito dopo ti succede qualcosa.» 

L’ispettore gira la chiave nella vecchia serratura lentamente, cercando di non fare troppo rumore. Dopo uno schiocco, la porta si apre. Entra in silenzio, accompagnando la porta finché non si chiude, poi posa la chiave su una mensola, lancia il cappello sulla poltrona accanto l’uscio e inizia a slacciarsi il lungo cappotto nero.
D’improvviso viene accesa la luce.
«Manuel... ti ho aspettato tanto.» mormora preoccupata una donna sui quaranta, in abiti da notte, appoggiata con una mano al muro all’entrata del soggiorno.
«Nives, ti avevo detto di non attendermi sveglia.» sussurra l’ispettore, togliendosi del tutto il cappotto e lanciandolo sopra il cappello, per poi avvicinarsi immediatamente alla moglie, prendendole una mano e accarezzandole il pancione «Forza, torna a letto.»
«Dove sei stato tutto questo tempo?» insiste la donna, ancora impensierita «Non ti vedo da questa mattina presto... è quasi l’una...»
«Sono molto impegnato in questo periodo, te l’ho detto.» taglia corto lui, accompagnandola intanto in camera.
«Questo lavoro ti sta uccidendo.» gli stringe con forza la mano «Manuel, hai cinquant’anni, aspetti un figlio da me... perché non trovi un altro impiego?»
«Perché nella città sono il migliore nel mio campo e questo i miei superiori lo sanno bene.» l’aiuta a sedersi sul letto «Non mi lasceranno andare via dalla polizia tanto facilmente.»
«Potrebbero minacciarti?» la donna trattiene il fiato «Lo hanno già fatto?»
L’ispettore si fa scuro in volto.
«No, non l’hanno fatto.» mormora, cupo.
«Manuel...»
«Non preoccuparti.» le accarezza dolcemente una guancia «Non mi accadrà nulla.»
E questo lo spera fermamente. 

«Vedo e gioco tutto!» con decisione, il grasso e calvo uomo con il sigaro in bocca afferra tutto il denaro rimastogli e lo piazza al centro del tavolo con un gesto secco della mano. Poi, riducendo gli occhi a due fessure e dirigendo lo sguardo al giovane biondo seduto alla sua destra, dà una boccata al sigaro, rilascia con calma il fumo in direzione del ragazzo e chiede:
«Che cosa fate voi?»
Aaron, lasciando con indifferenza che il fumo gli accarezzi il volto, curva appena verso l’alto, lentamente, l’angolo destro della bocca, senza staccare lo sguardo impassibile da quegli occhi ridotti a fessure dell’uomo grasso.
«Io lascio.» sospira un uomo dall’aria trasandata seduto al tavolo con loro; un commerciante con il vizio del gioco e ben poca fortuna.
«Anch’io.» sbotta un altro con un’espressione seccata, un ricco borghese in viaggio d’affari, lanciando le carte sul piano, slegandosi la bella sciarpa di raso che ha al collo con uno scatto nervoso e poi abbandonando il tavolo, seguito dalla sua guardia del corpo.
L’uomo calvo e grasso tira le labbra in un sorriso soddisfatto senza distogliere l’attenzione da Aaron.
Il giovane biondo posa con calma la mano sul suo mucchietto di monete d’oro e le spinge sul “piatto” al centro del tavolo.
«Vedo.» afferma senza emozioni, senza scomporsi.
L’uomo grasso ridacchia, facendo sussultare il sigaro che ha ancora in bocca, e scopre le sue carte.
«Poker!» esclama, mostrando quattro carte del medesimo valore, poi torna a guardare il giovane «E voi?» ridacchia ancora.
Aaron dispone le sue carte sul tavolo, ancora impassibile.
«Scala di colore.» annuncia, indicando cinque carte dello stesso seme e in sequenza.
Le labbra grassocce si dischiudono in un’espressione di incredulità; il sigaro cade a terra con quasi una lentezza irreale e finisce su una scarpa lucida del suo proprietario. Le dita sudate stringono convulsamente un bracciolo della sedia, rischiando di spezzarlo.
«Voi siete il giovane più fortunato che abbia mai incontrato.» commenta con un sospiro il commerciante seduto alla destra di Aaron, per poi alzarsi in piedi «Mi ricorderò di non giocare più con voi.» se ne va scuotendo il capo con sconsolazione.
Aaron accenna un sorriso divertito e allunga un braccio per afferrare la vincita.
Con un movimento rapido e un colpo secco, un bastone di legno lucido e lavorato blocca all’improvviso la mano del giovane sul tavolo, a pochi centimetri dai soldi, impedendogli di muoverla.
Aaron dirige immediatamente lo sguardo all’uomo grasso, rimanendo immobile.
«Voi barate.» sibila questi, spingendo con più forza il bastone sul tavolo e continuando, così, a immobilizzare la mano dell’altro.
«Siete voi che non sapete perdere.» ribatte il giovane con gelida calma.
L’uomo grasso avvicina di colpo il volto a quello di Aaron, sussurrandogli a denti stretti:
«So riconoscere chi mi truffa. Di sicuro gioco a poker da molto più tempo di voi.»
«Non avete prove.» ribadisce il ragazzo, deciso.
«Non ho bisogno di prove.» riduce ancora gli occhi a due fessure «Ne sono certo.»
Aaron indurisce i tratti del volto.
«Spostate il bastone.» ordina con fermezza «Devo prendere la vincita.»
«Chi mi truffa finisce male.» chiarisce l’uomo, facendo poi un cenno con il capo a due energumeni seduti ad un altro tavolo alle spalle del giovane.
Aaron lancia un fugace sguardo indietro, notando i due compagni dell’uomo grasso alzarsi con aria minacciosa, quindi torna a guardare l’uomo, che sembra proprio deciso a non lasciarlo scappare, e si mostra tranquillo, dicendo:
«D’accordo, tenetevi la vincita. Io me ne vado.»
«Non credo proprio; oltre la vincita voglio chiarire per bene la questione...» ribatte l’altro, alludendo con sadico divertimento ai due uomini sempre più vicini intenti a scrocchiarsi le dita con fare minaccioso.
Aaron raddrizza la schiena e afferma con sicurezza:
«In questo caso, allora, la mia vita ha un prezzo.»
Il giovane alza un pugno all’improvviso, colpendo con forza l’uomo al mento e facendolo sbilanciare indietro con un gemito; Aaron quindi sfila la mano da sotto il bastone, di un po’ sollevato dal movimento dell’uomo grasso, e lo afferra rapidamente, ruotando su se stesso e colpendo con esso il fianco uno dei due uomini che si stanno lanciando contro di lui. Si abbassa poi per schivare l’altro uomo e afferra la sedia scagliandogliela con forza contro una gamba; l’omone cade a terra con un urlo. Mentre il secondo energumeno tira fuori un pugnale da sotto la giacca e l’uomo grasso si alza dalla sedia urlando di rabbia, Aaron balza in piedi sul tavolo per poi saltare dalla parte opposta e scappare rapidamente tra il caos generatosi nel locale.
In quel momento, l’uomo grasso abbassa gli occhi sul tavolo; i soldi sono spariti.
«Fermatelo!» grida, furioso, e i suoi due uomini partono all’inseguimento.
Appena fuori dal casinò, Aaron continua a correre per la strada, imboccando i vicoli più bui e stretti, evitando più di una volta di un soffio di venire investito da una carrozza, e infine giunge senza fiato davanti la porta di una piccola casetta di pietra. Bussa con forza diverse volte, posandosi intanto con la spalla contro il muro della casa per cercare di regolarizzare il respiro.
Infine, dopo diversi tentativi, la luce viene accesa e un giovane uomo, sui trenta, dai capelli castani arruffati e il torso nudo, apre di un poco l’uscio, chiedendo bruscamente:
«Chi è?»
«Deam, sono io.» si annuncia il giovane, lanciando uno sguardo verso la strada ancora deserta.
Si ode un sospiro sonoro e la porta si apre del tutto. Aaron entra e l’uscio viene richiuso.
I due energumeni raggiungo la strada in quel momento, si guardando intorno rapidamente e proseguono a cercare da tutt’altra parte.
«Ha ragione tua sorella: se non finisci nei guai non sei contento.» sbuffa Deam, grattandosi assonnato la barba, ma mostrando comunque un’espressione seria «Che cosa hai combinato questa notte?»
«Niente, sono andato a giocare.» risponde noncurante l’altro, sedendosi sul divanetto e appoggiandosi stancamente allo schienale.
«Al casinò?» Deam storce le labbra con disappunto «Non dirmelo; hai barato e ti hanno scoperto.»
Aaron si infila due dita in una manica, commentando con un sopracciglio alzato:
«Quell’uomo grasso aveva un occhio attento...» estrae un paio di carte dalla manica, osservandole un attimo per poi gettarle nel posacenere sul tavolinetto davanti a lui.
Deam si passa una mano sul volto, esasperato.
«Aaron, prima o poi ci rimani secco...»
«No, non c’è problema.» lo tranquillizza il biondo, posando il capo indietro contro lo schienale e chiudendo gli occhi.
«Chi c’è Deam?» chiede una giovane mora e minuta, entrando nel salottino in camicia da notte e piedi scalzi.
«Aaron.» Deam indica l’amico con il capo.
Aaron riapre gli occhi e sorride in direzione della ragazza.
«Perdona il disturbo, Lidia... è solo una breve visita.»
«Ah, sì, suppongo.» si limita a dire lei, poco contenta della “visita”, avvicinandosi a Deam e abbracciando i suoi fianchi nudi.
«Torni a dormire, amore?» gli chiede, decidendo di ignorare Aaron.
«Sì, solo un momento.» annuisce lui, accennando con lo sguardo l’ospite.
Lei tira le labbra, scocciata, e se ne ritorna in camera senza aggiungere altro.
«Io posso dormire sul divano; per quando ti sarai svegliato me ne sarò andato da un pezzo.» gli propone Aaron.
Deam scuote il capo, trattenendo a stento un sospiro.
«Inizio a stancarmi di farti da balia.» fa notare, afferrando poi uno straccio da cucina e bagnandolo con acqua fredda.
«E’ un ruolo che ti si addice.» Aaron mostra un piccolo sorriso divertito.
«Ah, fantastico.» sbotta l’altro, avvicinandosi al divanetto e tirando lo straccio contro il petto del biondo «Mettitelo su quella mano: si sta gonfiando.» aggiunge, per poi girarsi e dirigersi in camera.
Aaron abbassa lo sguardo sulla mano colpita dal bastone dell’uomo grasso; in effetti ha un brutto colorito. Vi posa lo straccio freddo e si sdraia supino, appoggiando le gambe sul bracciolo del divano troppo piccolo.
Con gli occhi socchiusi lancia uno sguardo al piccolo pendolo della stanza. A momenti sarebbero state le due e mezzo del mattino. Lentamente abbassa le palpebre, sfinito, e si addormenta.

Continua...

Spero che questo primo "assaggio" sia stato di vostro gradimento... a breve il prossimo capitolo! Grazie in anticipo a chi leggerà. :)

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Me91