- Come annunciato, eccomi qui con il capitolo di questa storia. ^^
- Chiedo di nuovo scusa, ho fatto un ritardo imperdonabile. Ma l'ispirazione è più presente, ora U.U
- Spero che questo capitolo vi piaccia un po' almeno. E' venuto così, spero sia decente. Vi mando un bacio.
- Buona lettura.
- ...
- Capitolo V- Pessima
attrice.
- -Ciao
papà, Jacob, Billy –
- I due Black continuavano
ad osservare Isabella con
insistenza. Per una volta, Jacob non aveva quel sorrisino odioso
stampato su
quella faccia da schiaffi. Ma, in compenso, il padre del lupo alfa la
guardava
come schifato.
- - Billy e Jake rimangono
qui per cena. – annunciò Charlie,
gongolante.
- -proprio così.
Ovviamente, se non avete altri ospiti attesi...-
fece il vecchio in sedia a rotelle, scrutando Isabella, che arrossì.
Lei non
riuscì a spiccicare parola, attonita; era terrorizzata all’idea che
scoprissero
di Edward.
- - ma che dici, amico mio!
– fece il padre di Isabella, con
una grossa risata- siete sempre i benvenuti, da me, comunque -
- - allora mi metto al
lavoro... – mormorò appena Isabella,
scomparendo nel cucinino. Si appoggiò al piano cottura e sospirò. Il
suo
vampiro complessato aveva rischiato grosso; se gli fosse successo
qualcosa, non
se lo sarebbe perdonata. Mai. Edward stava diventando importante per
lei. Era
un processo molto rapido, quello che faceva aumentare il sentimento che
la
legava a lui, e non sapeva come contrastarlo, ben conscia dei casini in
cui
sarebbe andata in contro. Ma ormai era in ballo, e avrebbe ballato.
Sarebbe
stato un dolore fisico, per di più, troncare l’amicizia con Edward,
proprio ora
che era sbocciata.
- Prese dalla credenza una
pentola, e cominciò a fare il
soffritto per il sugo. Era troppo tesa perché facesse qualcosa di
complicato, e
poi, non era da lei sprecarsi per i Black. Non aveva mai ostentato il
suo odio
per Jacob, consapevole di dare un dispiacere al padre- anche se il lupo
lo
sapeva bene, di non essere ben accetto da Isabella.
- -piccola Swan, tu
nascondi qualcosa. Sei strana, oggi. –
Isabella sussultò, quando alle sue spalle, le giunse la voce tonante di
Jacob.
- - sto benissimo. –
rispose secca, senza sbilanciarsi troppo.
Anche perché era negata a mentire, e non sarebbe servito a nulla il suo
sforzo.
– grazie per l’interessamento- aggiunse, sperando che il discorso
finisse lì.
Ma credeva male.
- - sbaglio, o sei più tesa
del solito? – lui si avvicinò
ancora, Isabella cominciava a percepire il calore emanato dalla pelle
del
licantropo. Meglio il freddo, pensò. Il lupo si fermò, per poi storcere
il
naso.
- - c’è uno strano odore...
– e a quelle parole, Isabella si
irrigidì di più. La ragazza annusò l’aria, poi portò una ciocca dei
suoi
capelli al naso. Mascherò la sua espressione nervosa con un sorriso: -
è il mio
shampoo nuovo: profumi freddi – .Cercò di non ridere per l’allusione, e
accompagnò i capelli in alto, vicino al viso di Jacob. Il Quileute
storse il
naso, indietreggiando. – Non mi piace molto, cambialo.. – consigliò il
lupastro, con una smorfia. Isabella sorrise tra sé; non era possibile.
E poi, a
lei, il profumo di Edward piaceva molto.
- Edward, lontano da casa
Swan, ma sempre abbastanza vicino
per la sua Isabella, ascoltava e vedeva la scena dal punto di vista del
licantropo. Lo infastidivano tutte quelle insistenze sulla sua umana, e
soprattutto, i pensieri che Black faceva su di lei. Era la terza volta,
quella,
che aveva avuto la tentazione di sfondare la parete e rapire Isabella.
L’avrebbe
riportata, certo, ma solo quando Black sarebbe sparito dalla faccia
della
terra.
- S’irrigidì d’improvviso,
quando Jacob fece notare alla
ragazza l’odore. Era certo l’avrebbero scoperto, e non l’avrebbe più
vista, se
non da lontano. Ma, ancora una volta, Isabella lo stupì.
- Il vampiro scoppiò a
ridere, sollevato, quando usò la scusa
dello shampoo. Black era così tonto, da non arrivarci. Eppure, Isabella
aveva
dato pure un indizio. Fortunatamente, Jacob non aveva più il sospetto
di
un’intromissione da parte di un vampiro in casa Swan. La scenetta di
Isabella, quasi
credibile, l’aveva convinto.
- Edward s’appuntò
mentalmente di avvertire la ragazza delle
sue scarse abilità d’attrice; l’avrebbe istruita lui, cosicché in altre
situazioni come quella – perché di incursioni ce ne sarebbero state
altre, di
certo-, non sarebbe stata presa dal panico.
- Era più furba di quanto
apparisse, constatò Edward,
continuando a osservare- con gli occhi di Black- Isabella che cucinava.
Non
aveva mai trovato così interessante un’umana.
- Un tempo, li trovava
noiosi e fastidiosi. Ora, era
totalmente incantato da quel mucchietto di pelle e ossa, così fragile e
tenero.
Se la sera della festa di Black, non avesse notato il mutismo della sua
mente,
non l’avrebbe mai seguita all’esterno. E non l’avrebbe mai conosciuta,
né
apprezzata.
- Era felice che Isabella
volesse essergli amico. Non gli
piaceva però, l’idea che aveva di loro; come poteva non considerarli
mostri?
Erano vampiri, ladri di vita altrui. Rubavano la linfa vitale altrui,
per
preservare la propria: come, come poteva, quella ragazza, credere che
avesse, lui,
un’anima? Isabella vedeva il bene in tutti, era così pura, così
altruista e
generosa, che non coglieva quanto lui fosse ributtante. Diventava quasi
ingenua, cieca.
- Per questo, Edward non si
lasciava convincere dalle sue
parole; non riusciva, anche sforzandosi, a crederle. Lui non era buono.
Lui non
era una persona. E, perciò, non era nemmeno degno di essere suo amico.
- Pensò di essere stato
felice fin troppo, quel giorno, ed era
arrivato il momento di tornare a casa. Di tornare a pagare la sua
dannazione,
senza piaceri. Gli sarebbe mancata Isabella. Lo sapeva, lo sentiva
dentro. Ma
non voleva metterla in pericolo.
- - Addio, Isabella –
mormorò, saltando giù dal ramo su cui
era appollaiato. Cominciò a correre verso casa Cullen, senza voltarsi
indietro.
Non doveva farlo, perché sarebbe tornato da Lei. Isabella doveva stare
al
sicuro, lontano dal suo fiuto letale, dai suoi denti affilati, dal suo
freddo
mortale.
- In pochi istanti,
raggiunse la villa di Carlisle, e varcò la
soglia con una fretta non sua. I genitori e i tre fratelli lo
guardarono
storto, confusi. Alice lo seguì nella sua stanza, più eccitata del
solito.
- - Allora, fratellino.. –
esclamò, pronta a lanciargli uno
sguardo malizioso. Il suo sorriso morì, lasciando il posto ad un tenero
cruccio
da folletto. – Edward, che hai? – domandò, avvicinandosi al divanetto
su cui
lui si era accasciato. Il rosso sospirò, mentre il tormento gli
sfigurava il
viso perfetto. La sorella, preoccupata, gli sfiorò il braccio,
tentennante.
- - Pensavo..mi aspettavo
di trovarti sorridente. Cos’hai,
Edward?- insistette.
- - Non voglio più vederla.
–
- - COME?! Deve ancora
diventare la mia migliore amica,
Edward. Ti rendi conto di questo?-
- - Non lo sarà. –
- - Ma perché?!- domandò,
infuriata, lei.
- - perché?! Perché noi
siamo dei mostri, Alice! Potremmo
metterla in pericolo, senza contare quei fetidi botoli pulciosi! Io...
Non me
lo perdonerei mai. Mai. – Il vampiro, tornato seduto, si prese la testa
tra le
mani, frustrato. Alice l’abbracciò teneramente, trasmettendogli
quell’affetto
di cui aveva bisogno, e dandogli un po’ di speranza.
- - Non gli faremo del
male, Edward. –
- - lo spero. –
- - Billy, allora, per
sabato è tutto pronto?- L’uomo in sedia
a rotelle sorrise appena a Charlie. – Annullato-
- L’ispettore Swan
strabuzzò gli occhi, incredulo: - E perché
mai? –
- - Perché sì. Ora, scusa,
ma devo andare. – Jacob si alzò, e
allontanò il padre dal tavolo.
- - BILLY!- tuonò Charlie,
infastidito dal tono assunto dal
suo amico. Gli aveva parlato come se fosse un traditore o un bugiardo.
- - Arrivederci!- rispose
l’altro, mentre lo scricchiolio
sempre più tenue faceva intuire l’avvicinarsi dei due Quileute alla
porta
d’ingresso. Il padre di Isabella li seguì, infuriato, mentre lei se ne
stette
buona buona seduta, pregando che Billy non parlasse. L’avrebbe
disconosciuta,
se avesse scoperto che aveva parlato con un Cullen. La discussione tra
i due fu
molto accesa; il lupo anziano dava del traditore allo Swan, che non
capiva le
parole del Black. Solo alla fine, Jacob intervenne per allontanarli;
poi portò
sull’auto il padre e partì per la riserva di La Push.
- Charlie rientrò nel
cucinino sospirando, passandosi una mano
tra i capelli. Pareva diventato incredibilmente stanco, invecchiato.
Isabella
si sentì uno schifo, nel ridurre così la persona che le voleva più
bene. Era
una pessima figlia. Era colpa sua se quei due, amici da una vita,
avevano
discusso. Lei, a differenza di Charlie, sapeva. Billy aveva
riconosciuto
l’odore di Edward, non era uno sprovveduto. Non per niente, era
l’anziano più
importante, nella tribù di indiani.
- - Bells, da domani andrai
a scuola a Forks. – annunciò, poi,
l’espressione diventata seria e orgogliosa. Lei annuì, poi si alzò e
cominciò a
disfare la tavola, mentre Charlie si sedeva in salotto di fronte alla
TV.
Isabella lavò i piatti, spazzò i pavimenti, con un’attenzione quasi
maniacale;
cercava di distrarsi dal senso di colpa che l’aveva attanagliata, ma
anche di
cancellare quel sollievo dovuto alla liberazione di un peso. Via i
Black, via
le restrizioni con Edward.
- Finì di sistemare la
cucina, poi salutò il padre. Salì al
piano superiore, facendo i gradini a due a due. Arrivata in camera sua,
indossò
il pigiama. Guardò la sua finestra, ancora aperta, e sospirò. Poche ore
prima,
Lui era lì. Si avvicinò al davanzale, e guardò il cielo stranamente
stellato.
Come nel loro primo incontro.
- Una leggera brezza le
accarezzò il viso, fresca come il respiro
di Edward. Socchiuse gli occhi, e sorrise appena.
- Nonostante lo conoscesse
da così poco, si trovava in
sintonia con lui. Più che con qualsiasi altra persona. Sapeva che la
sua
amicizia era sincera e disinteressata – non che quella di Jess e Angela
non lo
fosse. Comunque, il vampiro ramato aveva bisogno di lei.
- Tornò al suo letto e si
nascose sotto le coperte, attendendo
che il sonno la sopraffacesse.
- Isabella si svegliò verso
le sette, quella mattina, con il
trillo acuto della sveglia. Si stiracchiò tutta, si alzò e scese a far
colazione. Charlie le sorrise forzatamente;
- - Ho già chiamato la
scuola, hanno preparato tutto per il
tuo arrivo. – Isabella annuì, e recuperò dalla credenza una tazza. Si
trascinò
fino al frigo, ne estrasse il latte, e da un altro mobile prese i
cereali.
Mangiò con calma, mentre Charlie finiva di leggere il suo giornale. Con
un
bacio e un saluto, il padre si congedò per andare al lavoro.
- Isabella risalì, dopo
aver lavato la scodella e aver riposto
tutto al suo posto. Si preparò accuratamente, scegliendo perfino cosa
mettere
con attenzione. Il tempo, come sempre, non era dei migliori. Almeno,
pensò, non
pioveva. Mise le sue Converse, immancabili, e marciò fino al liceo
della città.
- La Forks High School non
era gigantesca; si trattava di vari
locali, adibiti a laboratori e classi, più una palestra e un edificio
poi
grande come mensa. Comunque, era sempre più grande e popolata di quella
della
riserva di La Push.
- Isabella attraversò lo
spiazzo in cui vi erano parcheggiate alcune
auto, e si diresse verso il fabbricato indicato dalla scritta
‘segreteria’.
- La signora Cope,
l’addetta, alzò lo sguardo e incontrò il
timido sorriso di Isabella.
- - Oh, tu devi essere la
figlia di Charlie... – le sorrise
cordiale, e le porse varie carte da far controfirmare ai professori, la
mappa
della scuola, e l’orario.
- - Buona giornata – augurò
la ragazza, gentile.
- - In bocca al lupo. –
ribatté la donna dai capelli tinti di
un rosso acceso. Sono meglio quelli di Edward. Pensò Isabella,
ridacchiando del
suo stesso paragone. Sorpassò la soglia, e notò che il parcheggio si
stava
riempiendo di ragazzi. Il chiacchiericcio che c’era s’interruppe
bruscamente, e
Isabella si voltò a curiosare. Una Volvo metallizzata entrò nello
spiazzo, e
parcheggiò dall’altro lato, rispetto a dove stava Isabella. Ne uscirono
dei
ragazzi che aveva già visto: il resto dei Cullen, i fratelli di Edward.
E lui,
come chiamato, fu l’ultimo a scendere, apparendo dalla parte del
conducente. Alcune
ragazze, non lontane da lei, sospirarono, trasognate. E non solo loro;
l’intero
corpo studentesco femminile sbavava dietro a quei tre ragazzi stupendi.
Ma,
come notava Isabella, se ne stavano a debita distanza.
- Effetto vampiresco.
- Edward osservò con aria
annoiata il cortile, incrociando due
occhi meravigliosamente cioccolato. Si stupì molto, ma ne fu
immensamente
felice. Al suo fianco, Alice ghignava.
- Il vampiro rosso reagì
d’istinto: attraversò a grandi
falcate l’intero cortile, causando stupore generale. Che s’animò ancor
più,
quando il saluto di Edward rimbombò nel silenzio.
- - Ciao- Sorrise
entusiastico. Isabella rispose al gesto, con
altrettanta allegria.
- - Ciao-
- - Che ci fai qui? Mica –
Edward abbassò il tono, mentre le
persone cominciavano a mormorare, - mica frequentavi il corso alla
riserva? –
- - Black e mio padre hanno
litigato, ieri sera... Billy ha
sentito il tuo odore, ma non è idiota come Jacob. –
- - Sì, il tuo nuovo
shampoo- commentò Edward, ridacchiando
con Isabella.
- - Ma quindi, hai visto la
scena: com’è che non sai il
finale? – inquisì la ragazza, sospettosa.
- Edward tentennò. -
Ho..pensato di lasciarti perdere; ti
stavo incasinando troppo la vita... Volevo ignorarti... – ammise,
chinando il
capo. Isabella sbuffò.
- - Edward Cullen, sei
davvero impossibile. Perché non vuoi
capire che.. – Lui la interruppe.
- - Lo so, scusa. Ma come
vedi, ti sto parlando. E sono felice
che tu sia qui. – disse sincero. Isabella sospirò: - sei comunque
impossibile.
–
- Alle spalle del rosso,
ecco spuntare una specie di folletto,
sorridente da un orecchio all’altro, - ciao, io sono Alice! – trillò.
Aveva una
voce briosa, il visetto simpatico, l’aria furbetta. Sembrava simpatica.
- - Io sono Isabella – fece
lei, un po’ imbarazzata.
- La campanella suonò, e
Alice trotterellò dal suo fidanzato,
mentre i due, Edward e Isabella, rimasero lì a sorridersi imbarazzati.
- - Andiamo...- mormorò
lei, e lui la scortò alla prima
lezione, le sorrise e poi si defilò. Isabella entrò nell’aula, e tutti
si
voltarono a guardarla, manco fosse un alieno. Porse il foglio al
professore,
che lo firmò e le indicò un posto in ultima fila. L’unico libero.
Incespicò
varie volte, mentre andava al banco, e
si bloccò appena prima di scostare la sedia. Il suo compagno, era il
fratello
gigante di Edward. Lo sguardo dorato di lui la osservò bene, poi gli
angoli
della bocca si sollevarono appena verso l’alto.
- Edward era tutto matto,
pensò Emmett. Però, quello
scricciolo gli stava già simpatico. Appena fossero diventati dei bravi
compagni
di banco, le battutine non gliele avrebbe risparmiate nessuno;
tantomeno lui.
Immaginò Edward ringhiare, sicuramente leggeva il suo pensiero, in quel
momento.
- Isabella, goffamente, si
sedette sulla sedia, richiudendosi
sopra di essa come a guscio. I capelli le nascondevano il viso, rosso
pomodoro,
mentre fingeva attenzione verso il professore. Il vampiro moro represse
un
ghigno; era una pessima attrice.
- Intanto che la lezione di
spagnolo continuava, Emmett cercava
un nomignolo da affibbiarle in futuro; Isabellina, Isuccia, Uccia (
come Uccio,
il diminutivo di Edwarduccio), Isagoffina, Isagoffetta,
Isapessimattrice... Non lo convincevano, ne
avrebbe pensati più avanti
di migliori.
- La campanella suonò, e
mentre tutti si sbrigavano ad uscire,
il Cullen prendeva tempo. Isabella raccolse il libro velocemente, ma
inciampò più
volte nei suoi stessi piedi, rischiando di volar a terra.
- - Ehi – la ragazza si
voltò con un sussulto, sentendo la
voce tonante del ragazzo, - comunque, io sono Emmett. – Lei annuì, e
purpurea,
camminò velocemente all’uscita. Peccato che il suo equilibrio facesse
davvero
schifo, e riuscì ad inciampare ancora. Si scontrò contro qualcosa di
freddo,
marmoreo; una risata cristallina partì da lì, vibrante e splendida. Era
un
suono che a Isabella piaceva particolarmente, mentre che a Emmett fece
venire
un infarto. In senso figurato. Non era mai riuscito a sentire suo
fratello
ridere così di gusto, così allegro. Lei aprì gli occhi, ritrovandosi
avvinghiata al collo di Edward, mentre le sue braccia muscolose le
cingevano i
fianchi. I loro visi a poco più di un centimetro l’uno dall’altro.
Trattennero
il fiato entrambi, mentre lei diventava di un color prugna intenso.
Isabella ebbe
la geniale idea di sciogliere la presa da koala, e Edward la lasciò
andare a
sua volta. Emmett rideva sguaiato, e i ragazzi intorno a loro erano
come
congelati sul posto, attoniti per la scena appena avvenuta.
- - Sono un disastro –
affermò Isabella, - ho un equilibrio
che fa schifo –
- - Solo un pochino –
rincarò Emmett, che cercava di placare i
singhiozzi. Edward lo trucidò con lo sguardo, e per il gigante fu
impossibile
trattenersi ancora. Riscoppiò in una risata che faceva vibrate il
terreno. Le
sue urla avevano richiamato anche l’attenzione del resto del clan dei
fratelli Cullen.
Alice ridacchiava, ben conscia di ciò che fosse successo, mentre Jasper
e Rosalie
si chiedevano se l’unico neurone di Emmett non fosse morto di
solitudine.
- - Che succede qua?-
domandò il biondo leonino. Emmett in
risposta continuò a ghignare, Alice gli faceva eco, Isabella arrossì
più del
dovuto. Edward cercava una forza interiore per trattenersi dallo
sbraitare
contro i fratelli.
- - Succede che le vostre
rispettive metà hanno qualche
problema mentale- ringhiò Edward,- la trasformazione deve avergli fatto
perdere
la ragione, da molto tempo ormai- Emmett si zittì d’improvviso, Rosalie
spalancò
la bocca, Jasper s’irrigidì. Alice rimase solo con un sorrisetto
compiaciuto
sul visino da folletto. La bionda cominciò ad imprecare mentalmente
contro Edward,
per essere stato così sventato da dire quella parola.
- Isabella abbassò il capo,
arrossendo di più, e mormorò a Edward
di dover andare in classe. Detto ciò, sgusciò via.