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Autore: Soul Sister    02/09/2010    1 recensioni
Un Edward tormentato, malinconico e addolorato profondamente, che non crede nell'amore. Una Bella dalla famiglia disastrata, ma nonostande tutto, che ancora sogna e crede nell'amore vero. Riusciranno ad amarsi, tra i fuochi delle due famiglie in lotta tra loro?
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come annunciato, eccomi qui con il capitolo di questa storia. ^^
Chiedo di nuovo scusa, ho fatto un ritardo imperdonabile. Ma l'ispirazione è più presente, ora U.U
Spero che questo capitolo vi piaccia un po' almeno. E' venuto così, spero sia decente. Vi mando un bacio.
Buona lettura.
...
Capitolo V- Pessima attrice.
-Ciao papà, Jacob, Billy –
I due Black continuavano ad osservare Isabella con insistenza. Per una volta, Jacob non aveva quel sorrisino odioso stampato su quella faccia da schiaffi. Ma, in compenso, il padre del lupo alfa la guardava come schifato.
- Billy e Jake rimangono qui per cena. – annunciò Charlie, gongolante.
-proprio così. Ovviamente, se non avete altri ospiti attesi...- fece il vecchio in sedia a rotelle, scrutando Isabella, che arrossì. Lei non riuscì a spiccicare parola, attonita; era terrorizzata all’idea che scoprissero di Edward.
- ma che dici, amico mio! – fece il padre di Isabella, con una grossa risata- siete sempre i benvenuti, da me, comunque -
- allora mi metto al lavoro... – mormorò appena Isabella, scomparendo nel cucinino. Si appoggiò al piano cottura e sospirò. Il suo vampiro complessato aveva rischiato grosso; se gli fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe perdonata. Mai. Edward stava diventando importante per lei. Era un processo molto rapido, quello che faceva aumentare il sentimento che la legava a lui, e non sapeva come contrastarlo, ben conscia dei casini in cui sarebbe andata in contro. Ma ormai era in ballo, e avrebbe ballato. Sarebbe stato un dolore fisico, per di più, troncare l’amicizia con Edward, proprio ora che era sbocciata.
Prese dalla credenza una pentola, e cominciò a fare il soffritto per il sugo. Era troppo tesa perché facesse qualcosa di complicato, e poi, non era da lei sprecarsi per i Black. Non aveva mai ostentato il suo odio per Jacob, consapevole di dare un dispiacere al padre- anche se il lupo lo sapeva bene, di non essere ben accetto da Isabella.
-piccola Swan, tu nascondi qualcosa. Sei strana, oggi. – Isabella sussultò, quando alle sue spalle, le giunse la voce tonante di Jacob.
- sto benissimo. – rispose secca, senza sbilanciarsi troppo. Anche perché era negata a mentire, e non sarebbe servito a nulla il suo sforzo. – grazie per l’interessamento- aggiunse, sperando che il discorso finisse lì. Ma credeva male.
- sbaglio, o sei più tesa del solito? – lui si avvicinò ancora, Isabella cominciava a percepire il calore emanato dalla pelle del licantropo. Meglio il freddo, pensò. Il lupo si fermò, per poi storcere il naso.
- c’è uno strano odore... – e a quelle parole, Isabella si irrigidì di più. La ragazza annusò l’aria, poi portò una ciocca dei suoi capelli al naso. Mascherò la sua espressione nervosa con un sorriso: - è il mio shampoo nuovo: profumi freddi – .Cercò di non ridere per l’allusione, e accompagnò i capelli in alto, vicino al viso di Jacob. Il Quileute storse il naso, indietreggiando. – Non mi piace molto, cambialo.. – consigliò il lupastro, con una smorfia. Isabella sorrise tra sé; non era possibile. E poi, a lei, il profumo di Edward piaceva molto.
Edward, lontano da casa Swan, ma sempre abbastanza vicino per la sua Isabella, ascoltava e vedeva la scena dal punto di vista del licantropo. Lo infastidivano tutte quelle insistenze sulla sua umana, e soprattutto, i pensieri che Black faceva su di lei. Era la terza volta, quella, che aveva avuto la tentazione di sfondare la parete e rapire Isabella. L’avrebbe riportata, certo, ma solo quando Black sarebbe sparito dalla faccia della terra.
S’irrigidì d’improvviso, quando Jacob fece notare alla ragazza l’odore. Era certo l’avrebbero scoperto, e non l’avrebbe più vista, se non da lontano. Ma, ancora una volta, Isabella lo stupì.
Il vampiro scoppiò a ridere, sollevato, quando usò la scusa dello shampoo. Black era così tonto, da non arrivarci. Eppure, Isabella aveva dato pure un indizio. Fortunatamente, Jacob non aveva più il sospetto di un’intromissione da parte di un vampiro in casa Swan. La scenetta di Isabella, quasi credibile, l’aveva convinto.
Edward s’appuntò mentalmente di avvertire la ragazza delle sue scarse abilità d’attrice; l’avrebbe istruita lui, cosicché in altre situazioni come quella – perché di incursioni ce ne sarebbero state altre, di certo-, non sarebbe stata presa dal panico.
Era più furba di quanto apparisse, constatò Edward, continuando a osservare- con gli occhi di Black- Isabella che cucinava. Non aveva mai trovato così interessante un’umana.
Un tempo, li trovava noiosi e fastidiosi. Ora, era totalmente incantato da quel mucchietto di pelle e ossa, così fragile e tenero. Se la sera della festa di Black, non avesse notato il mutismo della sua mente, non l’avrebbe mai seguita all’esterno. E non l’avrebbe mai conosciuta, né apprezzata.
Era felice che Isabella volesse essergli amico. Non gli piaceva però, l’idea che aveva di loro; come poteva non considerarli mostri? Erano vampiri, ladri di vita altrui. Rubavano la linfa vitale altrui, per preservare la propria: come, come poteva, quella ragazza, credere che avesse, lui, un’anima? Isabella vedeva il bene in tutti, era così pura, così altruista e generosa, che non coglieva quanto lui fosse ributtante. Diventava quasi ingenua, cieca.
Per questo, Edward non si lasciava convincere dalle sue parole; non riusciva, anche sforzandosi, a crederle. Lui non era buono. Lui non era una persona. E, perciò, non era nemmeno degno di essere suo amico.
Pensò di essere stato felice fin troppo, quel giorno, ed era arrivato il momento di tornare a casa. Di tornare a pagare la sua dannazione, senza piaceri. Gli sarebbe mancata Isabella. Lo sapeva, lo sentiva dentro. Ma non voleva metterla in pericolo.
- Addio, Isabella – mormorò, saltando giù dal ramo su cui era appollaiato. Cominciò a correre verso casa Cullen, senza voltarsi indietro. Non doveva farlo, perché sarebbe tornato da Lei. Isabella doveva stare al sicuro, lontano dal suo fiuto letale, dai suoi denti affilati, dal suo freddo mortale.
In pochi istanti, raggiunse la villa di Carlisle, e varcò la soglia con una fretta non sua. I genitori e i tre fratelli lo guardarono storto, confusi. Alice lo seguì nella sua stanza, più eccitata del solito.
- Allora, fratellino.. – esclamò, pronta a lanciargli uno sguardo malizioso. Il suo sorriso morì, lasciando il posto ad un tenero cruccio da folletto. – Edward, che hai? – domandò, avvicinandosi al divanetto su cui lui si era accasciato. Il rosso sospirò, mentre il tormento gli sfigurava il viso perfetto. La sorella, preoccupata, gli sfiorò il braccio, tentennante.
- Pensavo..mi aspettavo di trovarti sorridente. Cos’hai, Edward?- insistette.
- Non voglio più vederla. –
- COME?! Deve ancora diventare la mia migliore amica, Edward. Ti rendi conto di questo?-
- Non lo sarà. –
- Ma perché?!- domandò, infuriata, lei.
- perché?! Perché noi siamo dei mostri, Alice! Potremmo metterla in pericolo, senza contare quei fetidi botoli pulciosi! Io... Non me lo perdonerei mai. Mai. – Il vampiro, tornato seduto, si prese la testa tra le mani, frustrato. Alice l’abbracciò teneramente, trasmettendogli quell’affetto di cui aveva bisogno, e dandogli un po’ di speranza.
- Non gli faremo del male, Edward. –
- lo spero. –
- Billy, allora, per sabato è tutto pronto?- L’uomo in sedia a rotelle sorrise appena a Charlie. – Annullato-
L’ispettore Swan strabuzzò gli occhi, incredulo: - E perché mai? –
- Perché sì. Ora, scusa, ma devo andare. – Jacob si alzò, e allontanò il padre dal tavolo.
- BILLY!- tuonò Charlie, infastidito dal tono assunto dal suo amico. Gli aveva parlato come se fosse un traditore o un bugiardo.
- Arrivederci!- rispose l’altro, mentre lo scricchiolio sempre più tenue faceva intuire l’avvicinarsi dei due Quileute alla porta d’ingresso. Il padre di Isabella li seguì, infuriato, mentre lei se ne stette buona buona seduta, pregando che Billy non parlasse. L’avrebbe disconosciuta, se avesse scoperto che aveva parlato con un Cullen. La discussione tra i due fu molto accesa; il lupo anziano dava del traditore allo Swan, che non capiva le parole del Black. Solo alla fine, Jacob intervenne per allontanarli; poi portò sull’auto il padre e partì per la riserva di La Push.
Charlie rientrò nel cucinino sospirando, passandosi una mano tra i capelli. Pareva diventato incredibilmente stanco, invecchiato. Isabella si sentì uno schifo, nel ridurre così la persona che le voleva più bene. Era una pessima figlia. Era colpa sua se quei due, amici da una vita, avevano discusso. Lei, a differenza di Charlie, sapeva. Billy aveva riconosciuto l’odore di Edward, non era uno sprovveduto. Non per niente, era l’anziano più importante, nella tribù di indiani.
- Bells, da domani andrai a scuola a Forks. – annunciò, poi, l’espressione diventata seria e orgogliosa. Lei annuì, poi si alzò e cominciò a disfare la tavola, mentre Charlie si sedeva in salotto di fronte alla TV. Isabella lavò i piatti, spazzò i pavimenti, con un’attenzione quasi maniacale; cercava di distrarsi dal senso di colpa che l’aveva attanagliata, ma anche di cancellare quel sollievo dovuto alla liberazione di un peso. Via i Black, via le restrizioni con Edward.
Finì di sistemare la cucina, poi salutò il padre. Salì al piano superiore, facendo i gradini a due a due. Arrivata in camera sua, indossò il pigiama. Guardò la sua finestra, ancora aperta, e sospirò. Poche ore prima, Lui era lì. Si avvicinò al davanzale, e guardò il cielo stranamente stellato. Come nel loro primo incontro.
Una leggera brezza le accarezzò il viso, fresca come il respiro di Edward. Socchiuse gli occhi, e sorrise appena.
Nonostante lo conoscesse da così poco, si trovava in sintonia con lui. Più che con qualsiasi altra persona. Sapeva che la sua amicizia era sincera e disinteressata – non che quella di Jess e Angela non lo fosse. Comunque, il vampiro ramato aveva bisogno di lei.
Tornò al suo letto e si nascose sotto le coperte, attendendo che il sonno la sopraffacesse.
Isabella si svegliò verso le sette, quella mattina, con il trillo acuto della sveglia. Si stiracchiò tutta, si alzò e scese a far colazione. Charlie le sorrise forzatamente;
- Ho già chiamato la scuola, hanno preparato tutto per il tuo arrivo. – Isabella annuì, e recuperò dalla credenza una tazza. Si trascinò fino al frigo, ne estrasse il latte, e da un altro mobile prese i cereali. Mangiò con calma, mentre Charlie finiva di leggere il suo giornale. Con un bacio e un saluto, il padre si congedò per andare al lavoro.
Isabella risalì, dopo aver lavato la scodella e aver riposto tutto al suo posto. Si preparò accuratamente, scegliendo perfino cosa mettere con attenzione. Il tempo, come sempre, non era dei migliori. Almeno, pensò, non pioveva. Mise le sue Converse, immancabili, e marciò fino al liceo della città.
La Forks High School non era gigantesca; si trattava di vari locali, adibiti a laboratori e classi, più una palestra e un edificio poi grande come mensa. Comunque, era sempre più grande e popolata di quella della riserva di La Push.
Isabella attraversò lo spiazzo in cui vi erano parcheggiate alcune auto, e si diresse verso il fabbricato indicato dalla scritta ‘segreteria’.
La signora Cope, l’addetta, alzò lo sguardo e incontrò il timido sorriso di Isabella.
- Oh, tu devi essere la figlia di Charlie... – le sorrise cordiale, e le porse varie carte da far controfirmare ai professori, la mappa della scuola, e l’orario.
- Buona giornata – augurò la ragazza, gentile.
- In bocca al lupo. – ribatté la donna dai capelli tinti di un rosso acceso. Sono meglio quelli di Edward. Pensò Isabella, ridacchiando del suo stesso paragone. Sorpassò la soglia, e notò che il parcheggio si stava riempiendo di ragazzi. Il chiacchiericcio che c’era s’interruppe bruscamente, e Isabella si voltò a curiosare. Una Volvo metallizzata entrò nello spiazzo, e parcheggiò dall’altro lato, rispetto a dove stava Isabella. Ne uscirono dei ragazzi che aveva già visto: il resto dei Cullen, i fratelli di Edward. E lui, come chiamato, fu l’ultimo a scendere, apparendo dalla parte del conducente. Alcune ragazze, non lontane da lei, sospirarono, trasognate. E non solo loro; l’intero corpo studentesco femminile sbavava dietro a quei tre ragazzi stupendi. Ma, come notava Isabella, se ne stavano a debita distanza.
Effetto vampiresco.
Edward osservò con aria annoiata il cortile, incrociando due occhi meravigliosamente cioccolato. Si stupì molto, ma ne fu immensamente felice. Al suo fianco, Alice ghignava.
Il vampiro rosso reagì d’istinto: attraversò a grandi falcate l’intero cortile, causando stupore generale. Che s’animò ancor più, quando il saluto di Edward rimbombò nel silenzio.
- Ciao- Sorrise entusiastico. Isabella rispose al gesto, con altrettanta allegria.
- Ciao-
- Che ci fai qui? Mica – Edward abbassò il tono, mentre le persone cominciavano a mormorare, - mica frequentavi il corso alla riserva? –
- Black e mio padre hanno litigato, ieri sera... Billy ha sentito il tuo odore, ma non è idiota come Jacob. –
- Sì, il tuo nuovo shampoo- commentò Edward, ridacchiando con Isabella.
- Ma quindi, hai visto la scena: com’è che non sai il finale? – inquisì la ragazza, sospettosa.
Edward tentennò. - Ho..pensato di lasciarti perdere; ti stavo incasinando troppo la vita... Volevo ignorarti... – ammise, chinando il capo. Isabella sbuffò.
- Edward Cullen, sei davvero impossibile. Perché non vuoi capire che.. – Lui la interruppe.
- Lo so, scusa. Ma come vedi, ti sto parlando. E sono felice che tu sia qui. – disse sincero. Isabella sospirò: - sei comunque impossibile. –
Alle spalle del rosso, ecco spuntare una specie di folletto, sorridente da un orecchio all’altro, - ciao, io sono Alice! – trillò. Aveva una voce briosa, il visetto simpatico, l’aria furbetta. Sembrava simpatica.
- Io sono Isabella – fece lei, un po’ imbarazzata.
La campanella suonò, e Alice trotterellò dal suo fidanzato, mentre i due, Edward e Isabella, rimasero lì a sorridersi imbarazzati.
- Andiamo...- mormorò lei, e lui la scortò alla prima lezione, le sorrise e poi si defilò. Isabella entrò nell’aula, e tutti si voltarono a guardarla, manco fosse un alieno. Porse il foglio al professore, che lo firmò e le indicò un posto in ultima fila. L’unico libero. Incespicò varie volte, mentre andava al banco, e si bloccò appena prima di scostare la sedia. Il suo compagno, era il fratello gigante di Edward. Lo sguardo dorato di lui la osservò bene, poi gli angoli della bocca si sollevarono appena verso l’alto.
Edward era tutto matto, pensò Emmett. Però, quello scricciolo gli stava già simpatico. Appena fossero diventati dei bravi compagni di banco, le battutine non gliele avrebbe risparmiate nessuno; tantomeno lui. Immaginò Edward ringhiare, sicuramente leggeva il suo pensiero, in quel momento.
Isabella, goffamente, si sedette sulla sedia, richiudendosi sopra di essa come a guscio. I capelli le nascondevano il viso, rosso pomodoro, mentre fingeva attenzione verso il professore. Il vampiro moro represse un ghigno; era una pessima attrice.
Intanto che la lezione di spagnolo continuava, Emmett cercava un nomignolo da affibbiarle in futuro; Isabellina, Isuccia, Uccia ( come Uccio, il diminutivo di Edwarduccio), Isagoffina, Isagoffetta, Isapessimattrice... Non lo convincevano, ne avrebbe pensati più avanti di migliori.
La campanella suonò, e mentre tutti si sbrigavano ad uscire, il Cullen prendeva tempo. Isabella raccolse il libro velocemente, ma inciampò più volte nei suoi stessi piedi, rischiando di volar a terra.
- Ehi – la ragazza si voltò con un sussulto, sentendo la voce tonante del ragazzo, - comunque, io sono Emmett. – Lei annuì, e purpurea, camminò velocemente all’uscita. Peccato che il suo equilibrio facesse davvero schifo, e riuscì ad inciampare ancora. Si scontrò contro qualcosa di freddo, marmoreo; una risata cristallina partì da lì, vibrante e splendida. Era un suono che a Isabella piaceva particolarmente, mentre che a Emmett fece venire un infarto. In senso figurato. Non era mai riuscito a sentire suo fratello ridere così di gusto, così allegro. Lei aprì gli occhi, ritrovandosi avvinghiata al collo di Edward, mentre le sue braccia muscolose le cingevano i fianchi. I loro visi a poco più di un centimetro l’uno dall’altro. Trattennero il fiato entrambi, mentre lei diventava di un color prugna intenso. Isabella ebbe la geniale idea di sciogliere la presa da koala, e Edward la lasciò andare a sua volta. Emmett rideva sguaiato, e i ragazzi intorno a loro erano come congelati sul posto, attoniti per la scena appena avvenuta.
- Sono un disastro – affermò Isabella, - ho un equilibrio che fa schifo –
- Solo un pochino – rincarò Emmett, che cercava di placare i singhiozzi. Edward lo trucidò con lo sguardo, e per il gigante fu impossibile trattenersi ancora. Riscoppiò in una risata che faceva vibrate il terreno. Le sue urla avevano richiamato anche l’attenzione del resto del clan dei fratelli Cullen. Alice ridacchiava, ben conscia di ciò che fosse successo, mentre Jasper e Rosalie si chiedevano se l’unico neurone di Emmett non fosse morto di solitudine.
- Che succede qua?- domandò il biondo leonino. Emmett in risposta continuò a ghignare, Alice gli faceva eco, Isabella arrossì più del dovuto. Edward cercava una forza interiore per trattenersi dallo sbraitare contro i fratelli.
- Succede che le vostre rispettive metà hanno qualche problema mentale- ringhiò Edward,- la trasformazione deve avergli fatto perdere la ragione, da molto tempo ormai- Emmett si zittì d’improvviso, Rosalie spalancò la bocca, Jasper s’irrigidì. Alice rimase solo con un sorrisetto compiaciuto sul visino da folletto. La bionda cominciò ad imprecare mentalmente contro Edward, per essere stato così sventato da dire quella parola.
Isabella abbassò il capo, arrossendo di più, e mormorò a Edward di dover andare in classe. Detto ciò, sgusciò via.
  
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