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Autore: DirceMichelaRivetti    02/09/2010    1 recensioni
Questa è la storia di una giovane attrice di strada, piena di sogni e ideali, che torna dopo 5 anni nella propria città d'origine che ora è sotto il controllo di un dispotico duca. Incontrerà vecchi amici e scoprirà cosa sono diventati. Un racconto tra il suo passato e presente, pieno di emozioni.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano trascorse circa due settimane da quando Astrea aveva iniziato il suo alloggiare nel palazzo ducale; in tre o quattro occ

Erano trascorse circa due settimane da quando Astrea aveva iniziato il suo alloggiare nel palazzo ducale; in tre o quattro occasioni aveva seguito Timao presso i ribelli e finalmente aveva rivisto più o meno tutti i suoi vecchi amici del gruppo di Nibbio. Aveva trascorso la maggior parte del tempo tra leggere e passeggiare nel parco, senza mai poter uscire, sempre sola se non quando uno degli Aristidei la invitava a fargli compagnia. Prigioniera tra il marmo, l’oro, la seta, il lusso, stretta da invisibili catene, all’apparenza poteva far tutto ciò che desiderava, abbandonarsi ad ogni piacere, ma quella del vizio è una schiavitù nascosta agli occhi e le cose che voleva compiere le erano proibite poiché impossibili da raggiungere finché lì soggiornava.

Quella sera il Duca non si era presentato a cena, neppure i suoi fratelli ne conoscevano la cagione, era stato tutto il giorno occupato ad ascoltare i resoconti dei suoi vassalli, aveva poi dato ordine che il pasto gli fosse servito nel proprio appartamento e, per il giorno successivo, aveva fatto convocare una riunione d’urgenza del Gran Consiglio Ducale, infine si era chiuso nelle proprie stanze, cupamente meditabondo. Intorno alle ventuno, tuttavia, mandò a chiamare Astrea. La giovane entrò nella prima stanza degli alloggi di Agakrathos, l’unica che avesse visto, era un salotto molto ampio, alle pareti erano appesi grandi arazzi di seta che raffiguravano battaglie e grandi eventi storici, il soffitto era affrescato con l’apoteosi di Zeus sull’Olimpo, ovviamente il figlio di Crono aveva le fattezze del Duca, il pavimento era rivestito da un sottile strato di marmo color zolfo, in modo che potesse essere facilmente riscaldato, le finestre erano alte, strette e numerose, il lampadario a gocce reggeva una moltitudine di candele, i mobili erano tutti di pregiatissimo ebano intarsiato, le poltroncine eleganti e rivestite di raso. Agakrathos era seduto e guardava fuori dalla vetrata, osservando il Sole che calava lentamente dietro l’orizzonte e fumando la pipa. “Avvicinati” disse come se fosse un ordine, Astrea non replicò, capiva che il Duca non era di buon umore e inoltre doveva fingere per riottenere la libertà, per cui obbedì, si accostò al giovane e rimase in piedi accanto a lui in attesa. “Oggi, sono venuti a rendermi conto, i miei vassalli coi loro fiscalisti ed economisti. Dicono che ci sono problemi, c’è crisi, sostengono. A quanto pare i campi non stanno rendendo come dovrebbero, c’è il rischio di avere scarse derrate alimentari…”

“Comprate da altri feudi, vi basterebbe vendere qualcuno degli oggetti di questa stanza e potrete acquistare abbastanza grano e cereali in abbondanza.

“Si vede che non te ne intendi di certe questioni. Non possiamo mostrarci deboli agli occhi dei nostri vicini, se si accorgessero che abbiamo difficoltà, non esiterebbero ad aggredirci, benché sottostiamo ad un unico monarca. Ti dirò io cosa faremo: aumenteremo i prelievi del fisco o inventeremo un tributo speciale, così pagheremo di nascosto dei mercenari o briganti che vadano a razziare Mutina o Ariminum o altri confinanti e ci procurino quanto occorre.

“Ma se la gente già ora fatica a pagare le tasse, come credi farà se le maggiorerai? Inoltre queste incursione violente non credi spingeranno gli altri feudi a fare altrettanto nei nostri confronti?”

“Ti devo proprio spiegare tutto! Se qualcuno non riesce a pagare o lo mandiamo a morte o lo vendiamo come schiavo altrove, così ci saranno meno bocche da sfamare…”

Ma così ci sarà meno forza lavoro!”

“Oh di questo non ti devi crucciare, di bassa manovalanza ce n’è fin troppa! Per di più gli altri che riusciranno a pagare, ma che si ritroveranno in ristrettezze, compreranno meno cibo e quindi la carestia sarà meno evidente. Per quanto riguarda la possibilità di venire attaccati, è sempre un modo per eliminare il problema della sovrappopolazione.” diede una profonda boccata di pipa e sorrise. Astrea incrociò le braccia, andò vicino alla finestra, volgendo le spalle al duca e irritata disse: “Sei tremendo e spregevole. Non pensi alla vita di quella povera gente?”

“Non mi importa della plebe, una marmaglia di bestie.”

“Come puoi dir ciò? Un uomo rimane un uomo indipendentemente dal suo ceto.

“Oh, certo, questa è la convinzione di voi che non riuscite ad accettare la vostra condizione, che siete tanto presuntuosi da ritenere di eguagliarci in dignità.” Astrea non rispose, guardò con ira fuori dalla finestra, non poteva tollerare quelle parole, non poteva replicare se voleva andarsene da quel luogo; si morse il labbro inferiore e per l’ennesima volta si ripeté che non doveva sottomettersi, ma solo fingersi tale. Si voltò e chiese: “Perché, allora, mi tieni qua, se mi reputi inferiore?”

Agakrathos la osservava e taceva, gli occhi erano pieni di uno strano ed indecifrabile spirito; vedere quella ragazza che si innervosiva lo divertiva, gli piaceva vederla fremere per l’ira o la tristezza. Vedendosi negata una risposta, indispettita, Astrea se ne andò. Il Duca non la trattenne, altra regola aurea degli Aristidei: mai mostrare di desiderare o avere bisogno di una persona o della sua presenza.

 

Nei giorni seguenti il Duca aveva fatto mette in atto i suoi propositi su come risolvere l’imminente crisi alimentare e ovviamente il popolo non ne fu affatto contento: fin da subito iniziò ad avvertire le dure conseguenze, già dopo una settimana c’erano stati i primi condannati. Un pomeriggio, i più animosi dei ribelli, convocati da Timao, si erano radunati per una riunione per decidere il da farsi, questi giovani erano tutti amici di Astrea. Erano seduti sparsi ma in cerchio in una stanza, accanto al camino spento sedeva Ivan: altezza media, lineamenti sottili, affilati, duri e netti, occhi verde oliva, capelli lunghi, lisci, biondo intenso ma scuro e spento. Tetano era in piedi dall’altro lato del focolare, era alto, robusto, con una muscolatura abbastanza sviluppata, occhi marroni che tradivano il suo aspetto feroce per rivelarne il lato da cucciolo giocondo, la capigliatura color paglia era molto lunga e leggermente mossa, la barba era corta, fatta eccezione per il pizzetto lunghissimo. C’era poi Cornelia, carnagione chiara, occhi nocciola, capelli che le scendevano fino ai fianchi, erano biondo chiari e assai ricci; Biagio sedeva accanto a una finestra e teneva d’occhio la strada, i capelli corti, color oro, molto mossi parevano sempre spettinati, iridi castane, sguardo semplice e dolce, labbra rosse e sorriso radioso; Nibbio era magrissimo, capelli corti e neri, sbarbato, occhi che brillavano per gli ideali che ardevano in quell’animo; inoltre c’erano anche Carlo, Timao ed Astrea. L’ordine del giorno erano i provvedimenti da prendere per contrastare le recenti e aspre norme istituite dal Duca: le tasse erano già intollerabili, ovviamente la gente non voleva essere punita, per cui c’era stato un aumento dei furti, poiché le persone cercavano di sottrarsi a vicenda il necessario per pagare i tributi. “Indiciamo uno sciopero dei dazi, boicottiamoli, nessuno darà più un soldo finché non saranno abbassate. propose Cornelia. “No, non riusciremmo a convincere tutti.” la contraddisse Biagio “Aderirebbe si e no un quinto della popolazione e verrebbe ucciso. Purtroppo abbiamo poca presa sulla gente, non ne coinvolgeremmo molta…. Altre idee?” pensarono nel silenzio, ad un tratto Tetano esclamò: “Assaliamo un gruppo di esattori e ridistribuiamo tutto alla gente!”

In base a quale criterio?” lo interruppe Carlo, Timao aggiunse: “Così si rischia solo di peggiorare la situazione, mio fratello potrebbe prendere provvedimenti ancor più tremendi.”

“Allora” intervenne Ivan “Liberiamo i prossimi poveretti che verranno deportati per ‘evasione fiscale’. Io mi offro per forgiare armi e protezioni. tutti approvarono, solo l’Aristideo non era pienamente convinto ma accettò, iniziò a dire: “Almeno un paio di noi devono condurre l’operazione e guidare il drappello degli uomini che si offriranno. Dunque: in caso si fallisca io non posso espormi, Nibbio ci occorre come figura accentratrice, Carlo ha già rischiato ed è meglio che stia nascosto. Cornelia non ha capacità di combattimento, Ivan si occuperà di forgiare le spade… Rimangono solo Tetano e Biagio che sono fratelli, quindi soltanto uno di loro potrà partecipare.”

“Ehi, ci sono anch’io!” esclamò Astrea. Timao ribatté: “Tu sei nella mia stessa situazione, non puoi rivelare che fai il doppiogioco…”

“No! Non mi importa; non ha senso per me starmene in quel palazzo a far compagnia ai tuoi fratelli. Io voglio far qualcosa di concreto per aiutare la gente e sono disposta anche a rischiare di perdere la mia vita.

Timao sapeva che forse un destino peggiore attendeva l’amica se fosse stata scoperta, tuttavia si mi limitò a dire: “E va bene, ma sta attenta, nel caso sciagurato venissi arrestata non farti scappar detto nulla su di me.” L’azione venne programmata per la settimana successiva.

 

 

 

La sortita sarebbe avvenuta poche ore più tardi, Astrea si stava dirigendo nelle stanze di Timao per utilizzare il passaggio segreto; era in un lungo corridoio, svoltato un angolo, vide Agakrathos che, come infastidito, diceva ad una cameriera che trasportava molti panni: “Spostati, incapace, non vedi che avanza il Duca?!” e l’allontanava colpendola elegantemente col suo bastone da passeggio, la donna s’allontanò rapidamente, testa china, chiedendo perdono. L’Aristideo avanzò e s’accorse dell’ospite e le chiese: “Come mai quell’espressione accigliata?”

“Ti sei reso conto di come hai trattato quella domestica?”

“Certamente.”

“Nel caso non te ne fossi accorto, sappi che sei stato sgarbato. replicò la ragazza innervosita. “Nel caso non te ne fossi accorta, sappi che sono il Duca.

“Sei superbo e tracotante.”

“Tratto la gente come merita per il suo rango, sciocca idealista.

Sempre più alterata l’attrice ribatté: “Despota borioso.

“Libertina irrispettosa!”

“Tiranno arrogante!”

“Taci plebea!” Agakrathos le diede uno schiaffo poi l’afferrò per la maglia, la spinse contro al muro con veemenza, appoggiò le proprie labbra sulle le sue e iniziò a baciarla. Astrea non si ribellò.

Agakrathos, quando si staccò, osservò come smarrito l’ancor più confusa giovane, si voltò e fece per andarsene, ma lei gli prese il polso domandando: “Perché?”

“Lasciami!” con un movimento brusco si liberò dalla stretta e si allontanò lesto.

Ciao a tutti, so che non sono in molti a leggere questa storia, tuttavia, magari qualcuno potrebbe lasciare un commentino, per favore? Mi piacerebbe sapere se questo racconto piace o meno e su cosa devo lavorare per rendervelo più gradito. GRAZIE :-)
   
 
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