«Axel
dove sei stato?» Una voce autorevole fermò il ragazzo mentre stava passando per
una caverna illuminata da decine di fiaccole appese alle pareti.
«Cazzo…»
bisbigliò. «Oh Sven, non ti avevo visto. Sono stato a
fare un giro» gli rispose il ragazzo senza voltarsi e facendo finta di niente,
anche se in realtà aveva visto bene l’uomo e aveva sperato di passare
inosservato.
L’uomo che aveva parlato
dimostrava all’incirca una cinquantina d’anni, aveva il viso scavato e gli
occhi sottili, era vestito completamente di nero. Era in piedi davanti a un bivio della caverna, accanto a un tavolo.
«Ti stavo cercando. Sbaglio o il
tuo rendimento è calato negli ultimi tempi?» L’uomo fece apparire fra le mani
un registro e lo consultò.
«Ho avuto delle cose da fare…»
ribatté girandosi e accendendosi una sigaretta.
«Delle cose da fare? Non hai
scusanti numero 11686!» gli urlò chiudendo il registro.
Il ragazzo sputò la sigaretta per
terra e disse arrogantemente «Ho un nome io! E poi non
conta la quantità, ma la qualità! Se vuoi posso andare
e in mezz’ora portarti cinquanta anime!»
«Non parlarmi con quel tono,
numero 11686. Sai benissimo qual è il compito tuo e
degli altri» Sven calmò la voce facendola tornare ad
un tono piatto.
«Axel!
Chiamami Axel, cazzo! Non
mi sembra che voi aveste mai avuto prima dei motivi
per lamentarvi di me, se ora ce ne sono non cambia niente. Come si suol dire non casca il mondo se
mi concentro su altre cose!» Il ragazzo avanzò di qualche passo schiacciando la
sigaretta che nel frattempo aveva continuato ad ardere sul suolo.
«Che
cosa? Come osi? Guarda che io-» l’uomo aveva ripreso l’espressione severa che
aveva avuto prima e la calma che si era imposto era svanita.
«Lascialo stare» un’altra voce,
questa volta più grave e afona della prima, s’intromise fra i due. Un uomo con
i capelli bianchi e vestito anch’esso di nero apparve al fianco di Sven. Al contrario di quest’ultimo
aveva il viso rotondo e gli occhi grossi, come quelli di una persona gentile.
«Ma Pedos?! Io devo fare il mio lavoro e lui-» Sven si girò verso l’uomo, cercando di nascondere il timore
che provava per esso.
«Lo so, lo so.
Adesso vai Axel e impegnati. Se non vedrò
miglioramenti ci penserò io a punirti a dovere»
Il ragazzo guardò Pedos e poi rivolgendosi a Sven
disse «Va bene» poi con il dito medio alzato si allontanò percorrendo i
corridoi della caverna, fino a scomparire dalla vista dei due.
«Ma perché mi
hai umiliato davanti a lui?» chiese Sven
«Dobbiamo mostrarci compatti e uniti!»
L’uomo anziché rispondere si
sedette su una sedia che fece comparire dietro al tavolo e si accese la pipa
che estrasse dalla tasca.
«Sei troppo
indulgente con lui. Dopo quello che ha fatto
con quell’umana. Si è insudiciato e tu lo difendi?!»
continuò l’individuo.
«So benissimo del patto. Ma trattandolo come fai tu non lo cambierai di certo»
inspirando profondamente Pedos si decise a
rispondere.
«Hai visto che non ha rispetto
per noi? Sembra che a lui sia dovuto tutto Pedos. Lo tratti differentemente anche tu. Vi dovete
mettere in testa, tu e lui, che è uno come tanti. Fa parte
della massa e con la massa morirà!» fece comparire una sedia anche lui e
vi si accasciò sopra, perdendo quell’aspetto rigoroso
che lo distingueva dall’amico.
«Non lo tratto diversamente. Mi
limito ad osservarlo. Comunque devi ammettere che non
è da tutti fare quel che ha fatto lui in così poco tempo»
«Lo ammetto, ma poi guarda dove
l’ha portato quel suo desiderio d’essere qualcuno: ha rischiato di morire e si
è dovuto unire ad un’umana. Ti rendi conto, ad un’umana!» gli rispose e
scuotendo la testa aggiunse «E' come gli altri, se non
peggio. Adesso la sua esistenza è legata a quella ragazza. Deve decidersi a
rompere il patto. Sta diventando troppo pericoloso. Cosa
potrebbe succedere se decidesse di seguire lei? Pedos,
quello è troppo irrispettoso, sia di noi Superiori, che degli altri»
«Lo so. Ed
è per questo che mi piace. Non credo che romperà così facilmente il patto. Gli
piace, è una cosa nuova che lo incuriosisce e niente per ora gli farà cambiare
idea» e a bassa voce aggiunse «Niente»
«La sua volontà è forte e potrebbe diventare un regnante, ma se continua così si
trasformerà in un debole. Siamo diavoli. Sai anche tu cosa significa ciò» Sven si alzò e se n’andò.
«Andrew»
chiamò ad alta voce Pedos appena l’uomo fu lontano.
Il ragazzo accorse
alla chiamata del Superiore e appena lo vide si inginocchiò rispettoso.
«Signor Pedos,
mi ha chiamato?»
«Alzati pure. Non c’è nessuno qui
che ci vede» gli disse lanciando gli un po' di sabbia in testa col piede «Cosa ne pensi di quel che è successo alla festa?»
«Penso che… Bè
quella ragazza è carina, ma Axel ha avuto di meglio.
Non può innamorarsene» gli rispose aggiustandosi i capelli biondi e sedendosi
sulla sedia che aveva lasciato Sven. Puntò i gomiti
sulle ginocchia e appoggiò il mento sulle mani.
«La bellezza è una cosa
soggettiva Andrew. Magari per Axel
quella ragazza vale più di quanto tu pensi»
«Eh? No, assolutamente no!
Diciamo che lui si diverte. Poi se succederà qualcosa fra quei due allora…» il
tono del ragazzo si fece cupo «forse, ne soffrirà un po', ma solo perché non ha
mai provato una cosa del genere»
«Sei saggio,
ma tu sai cosa comporterebbe una loro relazione» gli disse giocherellando con
le dita sul tavolo «Anthea farà di tutto per fare del
male a quella ragazza e allontanarla da lui, ma potrebbe
ottenere l’effetto opposto. Controllala e fermala se necessario»
«Signore, perché non ne parla con
Axel direttamente?» un ciuffo di capelli gli cadde
sulla fronte, probabilmente a causa della sabbia e del poco gel.
«Non servirebbe. Axel sa tutto quello che c’è da sapere. E
ciò mi basta»
«Ma… Lui
è bravo, è forte e può aspirare ad essere ciò che io non posso neanche sognare
di essere. È il mio migliore amico e io farei di tutto
per lui. È sbagliato ciò, lo so, ma non posso farci
niente» il ragazzo guardò per terra nascondendo gli occhi e il viso all’uomo.
«I diavoli non sono così Andrew, ma tu sei diverso. Sei il giullare di corte, questo
tuo carattere allegro e solare capita una volta ogni mille anni nella nostra
razza. Ma non te ne devi vergognare, ne devi essere
orgoglioso» lo rassicurò.
«Magari la pensassero tutti come
lei… Invece vengo anche preso per il culo!»
sospirò alzando le mani in segno di rassegnazione e facendo la faccia buffa di
chi si sottomette.
L’uomo rise «Grazie Andrew, ora puoi andare» e mentre il ragazzo si stava
incamminando verso la stessa parte da cui era venuto Pedos
gli chiese «Com’è questa ragazza?»
Il demone si fermò, abbassò lo
sguardo e senza girarsi rispose «Non lo so. Strana direi, molto strana» riprese a camminare a quando alzò il viso un leggero
rossore apparve sul suo volto.
Il vecchio si mise a ridere e
sparì.