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Autore: l84ad8    03/09/2010    5 recensioni
La storia si svolge circa cinque anni dopo Breaking dawn.
E' la mia personale versione di come potrebbe essere iniziata la storia d'amore tra Renesmee e Jacob ed è scritta tutta dal punto di vista di lei tranne il prologo.
Spero che ne venga fuori qualche cosa di buono perchè è la mia prima FF. Ringrazio mio fratello che mi ha incoraggiata a scriverla e incrocio le dita perchè piaccia anche a voi.
Spoiler per chi non ha letto tutti e cinque i libri.
P.S. Dato che alla fine di Breaking Dawn ci sono 17 lupi ho dovuto inventare i nomi di quelli di cui non si parla.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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QUALCUNO COME ME


Era stata una giornata fantatica! Era l’inizio di Agosto e Forks era in festa. Io e Jake avevamo passato tutto il giorno in città. Non che Forks fosse questo posto straordinario. Dovevo ammettere che il successo della giornata era dovuto più che altro alla mia eccitazione e alla compagnia del mio migliore amico. Ci tenevamo per mano, come al solito, e io avevo usato il mio potere quasi incessantemente per trasmettergli tutti i miei pensieri e le mie impressioni. Il poco interesse per le bancarelle piene di cianfrusaglie e paccottiglia. Gli odori che sentivo nell'aria: frittelle, zucchero, pane e carne un po' bruciata dai banchetti di cibo, incensi da quattro soldi, legno, plastica e detersivi dalle altre. Odore di animali, fieno e segatura dal piccolo zoo che era stato improvvisato vicino alle giostre, che invece sapevano di metallo e benzina.  Ma più che altro i miei pensieri erano rivolti alla folla intorno a noi. Non avevo paura di perdermi, la mia forza di mezza vampira mi avrebbe permesso di non lasciare la sua mano in situazioni ben peggiori e anche se fosse successo sospettavo che un licantropo alto due metri fosse abbastanza facile da individuare anche in mezzo a quel casino. Io ne ero affascinata. Ero completamente rapita da quella massa di gente. Il suono dei respiri, il battito dei cuori, il rumore del sangue in circolo, il suo profumo.
Presi un respiro profondo. Il profumo del sangue umano era inebriante. Ero fortunata ad essere un vampiro solo per metà, in una situazione come quella immaginavo che anche nonno Carlisle, che era quello con più autocontrollo, avrebbe avuto il suo da fare per distrarsi.
La mia famiglia era diversa dal resto del nostro mondo. Ci rifiutavamo di bere sangue umano e ci accontentavamo di quello animale. Per loro era una sfida quotidiana ma per me non era un grande problema, la mia natura ibrida mi permetteva di vivere anche con cibo normale e quindi il mio bisogno di sangue non era così forte come per gli altri. Inoltre vedevo l'enorme lato positivo di quella scelta. Se fossimo stati come tutti gli altri, noi e il branco saremmo stati nemici giurati e io non avrei potuto essere li a godermi la giornata con Jake.
Da quando ero nata, quasi sei anni prima, ero stata attenta a non farmi notare dagli umani, per non insospettirli con la mia crescita iperveloce, due mesi prima però il consiglio della famiglia Cullen mi aveva dato il permesso di iniziare a interagire con loro. Ormai il mio sviluppo era quasi ultimato, dimostravo più o meno sedici anni e non cambiavo più così in fretta. Avevo anche ottenuto di potermi iscrivere a scuola a settembre.
Quella giornata era il coronamento di un'estate passata  a cercare di inserirmi in un ambiente a me quasi sconosciuto. Per cui avevo tutti i diritti di considerarla una giornata memorabile.
“Allora mostricciattola. Sei soddisfatta?” mi chiese Jacob sorridendo
“Direi proprio di si”
“E' una paresi la tua? Perchè è da stamattina che hai quel sorriso stampato in faccia”
Gli feci una linguaccia “Soddisfatto del cambiamento?”
Ridacchiò. “Torniamo a casa? I tuoi si chiederanno se non ti ho rapita”
“Chi è che vorresti rapire Jacob? Attento a te.”
“Salve Charlie!” disse Jacob alzando le mani
“Charlie!” mi girai ad abbracciare l'uomo in uniforme che era spuntato alle nostre spalle e ne approfittai per bisbigliargli all'orecchio “Ciao, nonno”
Mi strinse a se brevemente e poi si guardò intorno per controllare che nessuno avesse sentito.
Charlie Swan era il papà di mia mamma, Isabella Swan, oltre che il capo della polizia locale. Per ovvie ragioni di sicurezza sua, non era a conoscenza di tutta la nostra situazione ma ne sapeva abbastanza da permettergli di continuare a frequentarci. Gli ero molto affezionata e non perdevo occasione per chiamarlo nonno. Sapevo che a lui faceva piacere tanto quanto a me.
Purtroppo per noi la finzione a cui dovevamo attenerci sosteneva che lui fosse solo il padre di Bella, la moglie di mio fratello Edward. Era stata una scelta obbligata. Mio papà aveva subito la trasformazione a diciassette anni mentre mia mamma a diciotto. Pretendere che qualcuno credesse che erano i genitori di una ragazza di sedici era, umanamente parlando, assurdo.
Prima che arrivassi io la storia ufficiale della famiglia Cullen prevedeva che Carlisle ed Esme, non potendo avere figli, avessero adottato mio papà e i miei zii: Emmet, Jasper, Rosalie e Alice.
Avevamo già la nomea degli strambi perchè zio Emmet e zia Rosalie si erano sposati, in realtà per l'ennesima volta, l'anno prima della mia nascita e, sebbene non ci fosse stato un matrimonio ufficiale, tutti erano a conoscenza del fatto che zio Jasper e zia Alice stavano insieme. Poi c'era da considerare che papà e mamma si erano a loro volta sposati a soli diciotto anni e ora, dopo qualche anno di tregua dalle follie, apparivo io. La sorellina dispersa. Dato che io e papà ci somigliavamo troppo perchè la somiglianza potesse passare inosservata, avevamo sostenuto di essere veramente fratello e sorella. Eravamo stati separati alla morte dei nostri genitori e non sapevamo dell'esistenza l'uno dell'altra finchè a giugno di quell'anno, i servizi sociali erano finalmente riusciti a rimetterci in contatto. Ovviamente con immensa generosità il nonno e la nonna avevano subito adottato anche me.
Al momento tutti i miei zii e i miei genitori risultavano lontani da Forks, chi in giro per il mondo chi al college. In effetti erano tutti a casa, nessuno di loro si sarebbe perso nemmeno un giorno della mia vita, il che per me risultava molto dolce e molto soffocante allo stesso tempo.
“Allora Nessie, come stai? Questo indiano ti sta dando fastidio?” Charlie era a metà tra il serio e il faceto, come se non escludesse totalmente il fatto che Jake potesse infastidirmi.
“Credo che me la caverò. Complimenti per la festa, è un successo!” aggiunsi
“Già. Sembra proprio che sia così”
“Quando passi a trovarci? E' un po' che non ti si vede e il divano comincia a riprendere la sua forma”
Il nonno sprizzava felicità per le mie attenzioni e se ne andò con la promessa di passare in settimana, dicendo a Jacob che lo avrebbe tenuto d'occhio. Lui sembrò trovare la cosa molto divertente.
“Andiamo?”
“Ok” sbuffai, il tempo con Jake passava sempre troppo in fretta.
Non riuscivo a ricordare un giorno della mia vita senza di lui. Da quando avevo memoria, il che corrispondeva al momento della mia nascita, c'era sempre stato. Era il migliore amico di mia mamma fin da quando era umana e all'inizio era stato per me come il fratello maggiore che non avevo avuto, mi sommergeva di attenzioni,  mi accompagnava a caccia, mi insegnava i segreti della foresta, mi rincuorava se avevo paura, era mio alleato negli scherzi che architettavo ed era sempre disposto a giocare con me, anche fino allo sfinimento. Aveva anche trovato una spiaggetta nascosta dove potevo fare il bagno fuori dalla vista degli umani e mi aveva insegnato a nuotare. Quando il sole costringeva in casa i miei familiari lui veniva a prendermi e mi portava a La Push per passare la giornata con gli altri del branco. Poi mano a mano che crescevo avevo avuto bisogno di un confidente, qualcuno che ascoltasse senza dare necessariamente un consiglio, e di nuovo lui era li. Il rapporto tra noi era cambiato ed eravamo diventati amici.
“Che succede?”
“Non ho voglia di tornare a casa.” mi lamentai “La faccenda del rapimento non mi dispiaceva. Se avverto i miei che rimango da te?”
“Mi sembra un'ottima idea!” rispose dedicandomi un sorriso contagioso.
Mentre facevo il numero già pensavo a cosa avremmo potuto fare, un giro in moto o magari un film, in ogni caso la serata si prospettava divertente. Per cui quando papà rispose picche ci rimasi molto male. Avevamo ospiti quindi per quella sera non se ne parlava di rimanere a La Push, anzi era il caso che tornassi a casa alla svelta.
Jake se la prese almeno quanto me.
Ci incamminammo senza problemi tra la folla fino alla sua macchina. Partì anche più veloce del solito.
“Come mai non mi hai detto che aspettavate qualcuno?” chiese a bruciapelo
“Perché non lo sapevo. E' stata una sorpresa anche per me”
“Quindi non sai chi siano” insistette
“No, mi spiace, non so ne chi ne quanti siano” dissi anticipando la domanda successiva.
Mamma si innervosiva quando Jake entrava in modalità capobranco ma io mi rendevo conto che lo faceva solo perché la sicurezza dei suoi compagni dipendeva da lui.
Passò un secondo e poi sospirò
“Scusa”
“Non scusarti perché fai il tuo dovere.” lo contraddissi “Mi sembra strano che i miei non ti abbiano avvertito ma in ogni caso non ci resta che andare vedere chi è”
Trascorremmo il resto del tragitto in silenzio, ognuno perso nei suoi ragionamenti. Che probabilmente erano gli stessi.
Perché i miei non avevano avvertito i lupi? Sicuramente zia Alice aveva visto che qualcuno aveva deciso di venire a trovarci. Era vero che tutti i nostri ospiti venivano informati del patto con i Quileute e dell'obbligo di non superare il confine ma cosa sarebbe successo se avessero deciso di ignorare gli avvertimenti? Il branco aveva  il diritto di sapere se c'era qualche altro vampiro nei paraggi, avrebbero aumentato le difese a La Push, nient'altro. Nemmeno loro ci tenevano a rompere il patto.
A casa sembrava tutto normale, sentivo qualcuno che parlava all'interno ma niente di sospetto.
“Andiamo a vedere chi ci ha rovinato i piani per la serata” sussurrai prima di scendere.
Appena aprii la portiera mi giunse un profumo familiare e strano allo stesso tempo. Lo avevo già sentito eppure per quanto provassi non riuscivo a ricordare dove lo avevo incontrato, ne quando. Presi la mano di Jacob non appena fu a portata. La sentii tremare nella mia, era nervoso.
Lo sentiva anche lui quell’odore? Riusciva a collocarlo?
“Si, lo sento, e ho anche capito il perché non siamo stati avvertiti” fu quasi un ringhio
Ancora perplessa per la risposta sibillina aprii la porta di casa.
“Siamo arrivati” ci annunciai inutilmente. Probabilmente ci avevano sentiti svoltare alla curva sulla 101 se non prima.
Nove paia di occhi si girarono a guardarmi. Otto paia dorate e un paio di un caldo color tek. Mi bloccai, il mio sguardo incatenato a quello dello sconosciuto. Un umano in casa Cullen?
“Ciao Renesmee, è un piacere rivederti.” disse il proprietario di quello sguardo ammaliante. Dimostrava forse un paio di anni più di me, aveva la carnagione molto scura e portava i lunghi capelli intrecciati in maniera particolare. Indossava un completo chiaramente fatto su misura per lui, che ne sottolineava il fisico slanciato. Era molto bello, e davvero elegante. Passai il pensiero a Jacob che borbottò qualcosa di incomprensibile. Capivo che a lui non piaceva mettersi in ghingheri ma non poteva negare che questo tizio fosse vestito molto bene lo pungolai.
Mentre avveniva questo scambio di opinioni il nuovo arrivato si alzò. Da quel semplice gesto capii che mi ero sbagliata, non era umano nonostante quello che dicevano gli occhi. Un umano non avrebbe mai potuto muoversi con quella grazia e scioltezza. Eppure un vampiro non avrebbe mai potuto avere quella pelle scura. Per una frazione di secondo pensai assurdamente che potesse essere un nuovo membro del branco. Papà scosse la testa senza farsi notare con un sorrisetto sulle labbra. No, ovviamente non era un licantropo.
Lo sconosciuto colmò la distanza tra di noi in tre falcate e mi tese la mano.
La strinsi. Non era fredda come quella dei miei familiari né calda come quella di Jacob, era una via di mezzo, come la mia. La cecità di zia Alice riguardo le sue decisioni, i suoi movimenti così agili e i suoi occhi umani si ricollocarono come le tessere di un puzzle al contatto con la sua mano tiepida.
“Nahuel” il nome mi arrivò alle labbra ancora prima che il cervello avesse finito di fare il collegamento. Era un ibrido. Un mezzo vampiro.
Qualcuno come me. Il pensiero mi scivolò prima che potessi fermarlo. Sia Jacob che il nostro ospite lo sentirono. Fantastico. Avrei mai imparato a controllare il mio potere? Cominciavo a dubitarne.
“Sono contento che ti ricordi di me. E' passato parecchio tempo” mi sorrise, ignorando la mia gaffe
“Sarei una bella ingrata a non ricordarmi. Se siamo vivi è anche grazie a te.” dissi con una smorfia.
Non mi faceva piacere ricordare i giorni di paura precedenti all'arrivo dei Voltuti a Forks.
Coloro che si nascondevano dietro la maschera di difensori della legge dei vampiri si erano rivelati dei perfidi approfittatori. Volevano distruggere la mia famiglia e avevano preso come scusa il fatto che non si potesse sapere cosa ne sarebbe stato di me una volta adulta.
Affermando che avrei potuto essere un pericolo per la legge che impone ai vampiri di non rivelare la loro esistenza avevano firmato la mia condanna a morte sicuri che la mia famiglia avrebbe lottato per impedirlo. Cosa che in effetti sarebbe successa.
Fortunatamente però la questione si era risolta in maniera pacifica. In pratica i Volturi, dopo aver visto la nutrita schiera di vampiri che si era schierata al nostro fianco, per non parlare di entrambi i branchi di licantropi di Jake e Sam, avevano afferrato al volo la via d'uscita offerta loro da zia Alice che era spuntata all'improvviso con Nahuel al seguito, lo aveva trovato in Amazzonia, dopo un bel po' di ricerche. Se lui, che era anch'egli un ibrido, a centocinquant'anni ne dimostrava si e no diciotto potevano ritenersi soddisfatti. Detto questo si erano dileguati molto, molto velocemente.
Nonostante la loro ritirata vergognosa, Nahuel era stato coraggioso a esporsi per noi. Dopotutto non ci conosceva nemmeno, non eravamo niente per lui. Eppure nonostante questo aveva rischiato la vita per aiutarci.
“Grazie ancora” aggiunsi
“Avrei preferito te ne fossi dimenticata” disse abbassando lo sguardo con una risata imbarazzata.
“Ma come, un secondo fa hai detto che sei felice che mi ricordi di te!” lo presi in giro.
Zio Emmett ebbe un accesso di tosse.
“Ok, hai vinto. Sono contento.” rise alzando le mani in segno di resa. “Le discussioni con te sono sempre così?”
“No. Ho cercato di non esagerare perché non ti conosco ancora bene.”
Ora che avevo avuto l'ultima parola potevo anche accomodarmi. Lasciai la mano di Jacob e andai sul divano ad occupare il posto lasciato libero da Nahuel.
“Nessie, potresti essere un po' più ospitale ed andarti a prendere una sedia”
“Lascia stare Edward” disse Nahuel sedendosi con grazia sullo spesso tappeto della sala.
“Ma...”
“Davvero, non è un problema” insisté sorridendo
“Machissenefregadidovesisiede” biascicò Jacob mentre spariva in cucina
“Di cosa stavate parlando?” chiesi
“Nahuel ci stava dando notizie di sua zia Huilen” disse Carlisle
“Si, infatti. Come dicevo la zia sta bene. Ha trovato un compagno da circa quattro anni. Era un uomo di una tribù vicina a quella di mia madre e mia zia.”
“Così vicino e non lo avevate mai incrociato prima?”
“E' giovane, ha soltanto cinque anni”
“E come ti trovi con lui”
Nonna Esme si preoccupava per tutti. Se Nahuel si fosse trovato male c'era il rischio che decidesse di adottare anche lui. Questo pensiero mi guadagnò un'occhiataccia di papà.
“E' una persona piacevole ma nonostante questo devo ammettere che mi sento di troppo. Torno a trovarli tre o quattro volte l’anno. Per il resto cerco di recuperare il tempo perduto.”  
Vide la mia faccia perplessa e mi rivolse un sorriso
“A mia zia non è mai piaciuto spostarsi dall'Amazzonia mentre io ho sempre desiderato girare il mondo.” spiegò legando di nuovo i suoi occhi ai miei.
I viaggi erano sempre stati un argomento spinoso per me, io crescevo troppo in fretta per fermarci in un posto qualsiasi a fare i turisti quindi era stato deciso di rimandare tutto a dopo la fine della mia crescita. Il momento era arrivato e io smaniavo per partire ma il problema era che volevo anche andare a scuola e per una sorta di psicotico collegamento madre-figlia volevo andarci a Forks. E ormai il nostro tempo li si stava esaurendo. Carlisle e Esme continuavano ad invecchiare anagraficamente ma non fisicamente. Ormai dimostravano almeno quindici anni in meno di quello che avrebbero dovuto. Presto avremmo dovuto andarcene. I viaggi erano stati rimandati di nuovo.
E ora arrivava lui a dirmi che passava la maggior parte del suo tempo in giro per il mondo. Ero invidiosa, e affascinata. Iniziai a guardarlo con molto più interesse.
“E stai partendo o tornando” chiesi
“Tornando”
“Dove sei stato?”
“Ho passato un paio di mesi nel nord America. In Alaska per lo più. Sono passato anche da Denali, Tania e gli altri mi hanno chiesto di portarvi i loro saluti”
Carlisle lo ringraziò
“Kate e Garret come stanno?” chiese la mamma che si era molto affezionata a loro
“Sempre insieme. Sono molto felici da quel che ho potuto vedere.”
“E ora cos'hai intenzione di fare” interruppi la digressione prima che diventasse definitiva
“Penso che tornerò in Amazzonia per qualche tempo. Forse due o tre mesi.”
Stavo per sparare la domanda successiva quando mi sentii sollevare dal divano. Jacob era tornato con un piatto strapieno di roba da mangiare e dato che non c'erano altri posti mi aveva sollevata con la mano libera per poi sedersi e depositarmi sulle sue ginocchia.
“Ne vuoi?” mi chiese
“No” risposi infastidita per poi ritornare al discorso di prima “E il prossimo viaggio?”
“Penso che passerò Natale e Capodanno a Pechino, mi fermerò in Cina fino alla fine di Gennaio. Poi mi sposterò a Venezia”
Mi lasciai scivolare giù dalle gambe di Jake per sedermi sul pavimento a fianco a Nahuel.
“Per il carnevale?” sussurrai incredula
“Infatti”
Il carnevale di Venezia. Carlisle me ne aveva parlato, vi aveva partecipato durante il periodo passato in Italia. Raccontava che la città in quei dieci giorni si trasformava. Si tenevano spettacoli musicali e teatrali in tutte le piazze. Migliaia e migliaia di persone mascherate e festaiole si riversavano nelle strade. L'atmosfera che si creava era magica. I suoi racconti erano stati così entusiastici che avevo subito deciso che prima o poi sarei riuscita a parteciparvi anche io.
“Chi sei tu? E perché ti stai prendendo i miei sogni?” borbottai
Per un istante credetti mi avrebbe chiesto di andare con lui ma invece scoppiò a ridere
“Prometto di consumare Venezia il meno possibile”
Che cosa assurda, perché avrebbe dovuto chiedermi di andare con lui, ci conoscevamo da dieci minuti!
Nonostante fossi persa nei miei pensieri non mi sfuggiva il fatto che Jacob stesse mangiando di gusto dietro di me.
Continuavo a preferire la caccia al pranzo a tavola ma nonostante questo quando sentivo che lui mangiava qualcosa non riuscivo a frenarmi dal voler assaggiare anche io. Era una debolezza me ne rendevo conto, ma appunto per quello era più forte di me.
Anche quella volta mi girai verso di lui sconfitta.
“Cosa mangi?”
“Cibo”
Cominciai ad arrampicarmi sulle sue gambe
“Che genere di cibo?” annusai e poi mi risposi da sola “Frittata prosciutto e formaggio e torta di carote”
Annuì con la bocca piena
“La frittata la finisco io” dissi allungando la mano per prenderla
“Oddaeo” rispose scuotendo la testa e mettendo il piatto fuori dalla mia portata. La traduzione doveva essere “Scordatelo”
“Dai, sii generoso” insistei tirandolo per  la manica della maglietta
Di nuovo un no
“Perché devi fare tutto questo cinema? Tanto lo sai che poi me la lasci” gli sorrisi ammiccante.
Il braccio di Jacob scattò immediatamente verso il basso mettendo il piatto alla mia portata. Strano, di solito si faceva pregare di più, in ogni caso cercai di nuovo di raggiungere il mio premio.
“Lascialo mangiare in pace” mi girai sorpresa con la mano a mezz’aria. Nahuel si era alzato “Perché intanto non mi accompagni a caccia? Così mi fai vedere anche i nuovi confini. Carlisle mi ha detto che li avete in parte ridefiniti dall'ultima volta che sono stato qui”
Lo guardai per qualche secondo e poi mi girai verso Jake
“Stavolta ti è andata bene lupo” dissi scivolando di nuovo lontana da lui. Dalla faccia non sembrava  d'accordo con me.
“Ora è il tuo turno di raccontare” mi disse Nahuel mentre andavamo verso la porta
“Ma non volevi andare a caccia?” chiesi
“Possiamo fare entrambe le cose” rispose tendendomi la mano. Era un'invito.
“Giusto” gli concessi prima di afferrarla
Un secondo dopo correvamo verso la foresta.

***

Vorrei precisare che questo capitolo è molto lungo perchè ci sono alcune spiegazioni, magari ovvie per alcuni di voi, che secondo me andavano fatte.
I prossimi saranno più brevi.

Ringrazio le otto persone che hanno messo la mia storia tra le preferite/ricordate/seguite e ovviamente anche tutti quelli che l'hanno solo letta.

X MakiCullan: Sono contenta che ti sia piaciuto il prologo. Cercherò di aggiornare circa una volta alla settimana.
   
 
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