Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Sara Weasley     04/09/2010    13 recensioni
Un fumo dall’odore dolciastro si diffonde nel vicolo e l’ennesimo boato esplode nell’aria: da qualche parte oltre il terrore, le maledizioni, i rumori assordanti, qualcuno urla e io sento il gelato di Florian risalirmi lentamente lungo la gola. Potrebbe essere chiunque dei miei amici: potrebbe essere Remus, oppure Peter, Frank o Alice… ma io, più di tutto e tutti, spero che non sia Lily. Non può essere Lily.
Imprecando tra i denti, schiaccio ancora un po’ la schiena contro il vecchio muro dietro cui sono nascosto e mi azzardo a fare capolino per cercare di capire cosa Merlino sta succedendo nel putiferio là fuori. La bacchetta nella mia mano freme e asciugo freneticamente un rivoletto di sangue che dalla fronte mi scivola sulle palpebre. Nessun Mangiamorte in vista, potrei…
Sirius lancia un sibilo di avvertimento e riprende a strisciare sotto i cumuli di macerie in cui è quasi intrappolato. "Lo avevo detto" dice tra i denti, con il suo classico tono sarcastico "che i compleanni portano sfiga. Ma tu no, dovevamo per forza fare una festa! E adesso guarda… "
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Da chi lo ha tre volte sfidato. '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 1 E 2.


«Evans?Ehi, Evans, aspetta!»
«Lily?»
«Uhm?»
«James Potter ti sta chiamando.»
«Ah.»
«Ad alta voce.»
«Ah.»
«Ti sta inseguendo per il corridoio.»
«Ah.»
«Non credi che forse dovresti ascoltarlo?»
Sinceramente? No, non lo credo affatto, Alice. James Potter che mi pedina per la scuola, James Potter che mi tormenta, James Potter che mi chiede di uscire tante volte quanto i peli della barba bianca di Silente: che grande novità!
«Evans, finalmente!»
Merlino, odio quel ragazzo! È così… uhm, come dire… idiota! Così egocentrico, così presuntuoso, così maledettamente sicuro di se e sempre pronto a mettersi in mostra e a vantarsi!
«Evans?Evans ci sei? Forse i Nargilli le stanno dando alla testa» borbotta Potter.
«I cosa?» si intromette un’altra voce conosciuta, questa piacevolmente calma e tranquilla.
«I Nargilli. Ma tu non parli mai con Xeno Lovegood?»
«Nessuno parla mai con Lovegood» replica l’ennesima voce, appartenente ad un tipo alla pari di Potter, se non peggio. Anche lui così…
«Bè, io sì.»
«Ma quando, scusa?» squittisce un’altra vocina, e so che il proprietario è un ragazzetto timido e impacciato che mi sta simpatico.
«Avete presente quando l’altra volta abbiamo trasfigurato la testa di Mocc… Piton in un calamaro?»
«No.»
«Quando abbiamo trasfigurato l’uniforme di Avery e Mulciber in un bikini?»
«No.»
«Quando abbiamo trasfigurato la bacchetta di Nott e Tiger in un Asticello?»
«No.»
«Oh, insomma! Quando la McGranit ha tolto cinquanta punti a Grinfondoro ma poi ce ne ha rimessi sessanta perché le trasfigurazioni erano perfette, e per punizione ci ha mandato in infermeria a –blea!- pulire i vasi da notte “senza bacchetta”!»
«Ahhh!» esclamano in coro.
Io mi guardo in giro, alla ricerca di Alice che ovviamente se l’è svignata alla ricerca di Paciok appena ha potuto, e rifletto sull’idea di andare via perché comunque i quattro non si accorgerebbero mai di me, presi come sono a ricordare i loro momenti gloriosi di punizione. I Malandrini, è così che li chiamano tutti ad Hogwarts: dove va uno, va l’altro, in poche parole; compagni di malefatte e di punizioni; idioti che si divertono a scagliare incantesimi solo per il gusto di farlo; presuntuosi ed egocentrici ragazzini che si credono di essere i migliori del mondo solo perché belli e popolari; ma anche amici. Provo ad andarmene, ma noto solo in quel preciso momento che quei quattro scalmanati –a dire il vero tre… o forse due…- mi hanno praticamente circondata: certo, potrei Schiantare Potter per farmi spazio, e se batte la testa sul pavimento bè, ben venga, ma dopotutto sono una persona pacifista e ho il distintivo di Caposcuola appuntato sul petto: maledetto Silente che mi ha assegnato questo stupido compito ingrato!
«Insomma» continua Potter. «Mentre tu, Remus, ripassavi pozioni, e tu, Peter, russavi sul pavimento, e tu, Sirius, sei andato a discutere con la MacDonald, io ho parlato un po’ con Lovegood, che era in infermeria…»
«Perché era in infermeria?»
«Perché un Nargillo l’ha fatto cadere su un Ricciocorno Schiattoso» dice Potter, aggrottando le sopracciglia.
«Un Ricciocosa Schiattocosa?» esclama Black.
«Ricciottoso Schiattorno!» risponde Potter, poi ci ripensa: «Cioè, Riccioschiatto Cornoso! Oh, insomma,non lo so! Però mi ha parlato dei Nargilli…»
«Secondo me è suonato» scimmiotta Black, picchiandosi un dito sui capelli scuri.
«Già, lo credo anche io. Però infondo non è così male: è solo strano» proclama Potter, fiero di se stesso, suppongo.
Beeeene, se non voglio trascorrere il resto dei miei giorni intrappolata tra i Malandrini a sentire la declamazioni e le odi delle loro avventurose avvenute in giro per il castello nella speranza di salvare Hogwarts ed essere così proclamati i migliori del mondo (a dir la verità, credo che si siano già autoproclamati esseri-supremi-al-di-sopra-dei-comuni-mortali al primo anno, ma comunque…) è meglio che ribadisca la mia presenza e liquidi Potter, per poi ritornare alla mia vita tranquilla di strega fino a stasera a cena quando suddetto idiota mi chiederà –tra la carne e il dolce- di uscire di nuovo con lui.
No, ora che ci penso la mia vita non è mai troppo tranquilla.
Abbozzo un colpo di tosse che sa tanto di finto e istantaneamente Potter punta i suoi occhi nocciola su di me, battendo le palpebre come se si fosse ricordato solo il quel momento che io ero presente, cosa che probabilmente è vera. «Evans? Che ci fai qui?»
Appunto. «Nulla Potter, nulla. Mi sono chiamata lungo il corridoio, poi mi sono rincorsa da sola strillando in modo che anche il mostro che vive nella presunta Camera dei Segreti mi sentisse per autoinvitarmi all’uscita a Hogsmeade tra due settimane.»
«E poi sarei io l’egocentrico» borbotta James-sono-il-più-figo-Potter.
Remus, Black e Peter Minus ridacchiano.
Sento la rabbia aumentare pericolosamente, ma mi costringo a non estrarre la bacchetta perché altrimenti lo Avadakedavrizzerei all’istante: «Dì quello che vedi dire, Potter, così la facciamo finita.»
«Aaaah, sì giusto» annuisce Potter, solenne, scompigliandosi i capelli per altro già completamente sparati. <
>
Oh, finalmente: forse adesso la tortura finirà! «No, Potter» rispondo senza neanche pensarci; ormai sta diventando un riflesso condizionato, un movimento involontario.
Mi faccio largo spintonandolo un po’, consapevole che mi mollerà solo quando avrò raggiunto il dormitorio femminile, unico posto che ancora non sa come raggiungere, grazie al cielo.
Come da copione, James Potter, idolo delle ragazzine di tutta Hogwarts e dintorni, fissazione del fan club W James Potter: il Capitano più sexy che Hogwarts abbia avuto negli ultimi cento anni – secondo solo a I love Black, and you?: perché il nero è il nostro colore preferito- comincia a trottarmi dietro, tormentatomi:
«Evans, esci con me?»
«Neanche morta, Potter.»
«Evans, esci con me?»
«Potter, evanesci.»
«Evans, esci con me?»
«Mai.»
«Evans esci con me?»
«Sei un idiota, Potter.»
«Quindi?» domanda angelicamente lui, guardandomi con occhioni da cucciolo bastonato.
Mi domando se è così stupido da non arrivarci, poi fa un sorriso a trentadue denti e decido che sì, è davvero così idiota e davvero non ci arriva. «Quindi non esco con gli idioti.»
«Non è un po’ razzista da parte tua?»
Ma perché diamine la nostra sala comune deve trovarsi al settimo piano?! Non poteva essere al secondo? Consapevole del fatto che mi mancano ancora cinque piani e diverse rampe di scale per essere al sicuro, aumento il passo ponderando l’idea di correre del tutto, tanto chissenefrega, l’importante è sgusciare via da Potter.
«Ehi, Evans?» di domanda ad un tratto suddetto Potter, con un tono solo leggermente diverso da quello che aveva prima: è più serio, adesso… per quanto serio possa essere James Potter, s’intende.
«Che vuoi?»
«Questo è l’ultimo anno…» comincia.
«Però, che occhio» borbotto pungente, alzando gli occhi al cielo.
«… e alla fine della scuola, bè, le cose cambieranno: non solo perché ci diplomeremo, no, cambieranno definitivamente.»
Mi blocco, voltandomi verso di lui cercando di nascondere lo stupore: lui sa di quello che ho fatto? Ma no, non può essere, è una cosa tra me e Silente, come potrebbe mai esserne a conoscenza Potter?! Un momento… Dorea Black… in Potter… Oh, Merlino, sua madre ne fa parte! È sua madre quella che deve accompagnarmi!
«Che cosa vuoi dire?» sibilo, per paura che qualcuno possa sentirci.
«Voglio dire che magari tra qualche mese non ci sarà più tempo per le idiozie, né per essere ancora bambini. Forse potrò permettermi di fare l’idiota solo per poco» conclude, facendo spallucce con disinvoltura, ma mantenendo lo sguardo fermo su di me.
Un momento: e questo cosa vorrebbe dire? Che cosa c’entra lui? Apro la bocca per chiederglielo, ma la voce che ne esce non è la mia:
«Lily» annuncia Silente, con gli occhi azzurri brillanti dietro gli occhiali a mezzaluna. «James.»
«Preside?» esclama Potter, spalancando gli occhi. «Si è Materializzato?»
«Non ci si può Materializzare o Smaterializzare entro i confini di Hogwarts» sbuffo, anche se ammetto di averci pensato anche io: insomma, da dove è sbucato Silente?!
«Esatto, Lily» annuisce gioioso. «Vedi, James, ero alla ricerca di un paio di morbidi calzini di lana.»
«Calzini di lana?!»
«Sì, sono ottimi per il freddo, sapete. E poi, vagando per il settimo piano, proprio di fronte all'arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll, mi sono imbattuto in una stanza eccezionale, piena zeppa di calzini» esclama, mostrandoci un paio di grossi calzettoni verde bottiglia bitorzoluti. «Hogwarts non finirà mai di sorprenderci, suppongo.»
Decido che contraddire Silente non è una buona idea, così mi limito a sorridere ironica, per un attimo dimentica che mi trovo davanti il mago più potente del secolo nonché mio preside: ho un rapporto confidenziale con Silente, specialmente da quando gli ho chiesto quella cosa e lui ha detto di sì, senza fare tante storie.
«In ogni caso, Lily, stavo cercando anche te. Sai, sono rimasto perplesso di non trovarti insieme al mucchio di calzini.»
Potter trattiene una risata simulando un isterico colpo di tosse, mentre io mi limito a trafiggerlo con un’occhiata che potrebbe ucciderlo, volendo.
«Bene, allora… andiamo nel suo ufficio?» abbozzo.
«Sì, certo. Sai, Fanny vuole vederti. Sente anche la tua mancanza, James.»
Io e Potter ci squadriamo perplessi per qualche istante, poi io lo guardo male e lui ammicca, facendo quel sorriso sghembo che tanto detesto.
Io e Silente –sia lui lodato, dopo lo smacco con la faccenda dei Capiscuola si è ripreso alla grande- ci avviamo verso il Gargouille di Pietra in fondo al corridoio, mentre dentro me gongolo per il fatto che mi sono liberata di Potter prima del previsto.
«Ehm, Professore?» chiama l’insistente ragazzo. «Quando potrò sapere…»
«Ogni cosa a suo tempo, James. Ogni cosa a suo tempo» proferisce Silente con fare tranquillo, guidandomi lungo il corridoio in marmo.
Quando arriviamo davanti la statua di pietra, mi dice: «ho cambiato parola d’ordine!»
«Oh» biascico, «è…ehm, calzini di lana?» tento.
Silente ride. «No, Scarafaggi al Miele.»
Mentre il Gargouille si fa da parte, rivelando la scala a chiocciola che assomiglia tanto ad una scala mobile Babbana, non riesco a reprimere un’espressione incredula e leggermente schifata.
«Sono la nuova trovata di Mielandia» spiega il preside, «importati da qualche zona della California.»
«Oh.»
Quando arriviamo nel suo studio rotondo, mi dispongo sulla solita poltroncina di fronte la scrivania, mentre Silente si siede sulla sedia scarna, scostando un bacile di pietra che non so proprio che cosa sia: getto una veloce occhiata a tutti gli affarini d’argento che ci circondano e ai ritratti dei presidi morti appesi al muro, poi punto gli occhi sul viso di Silente.
«Allora… di cosa voleva parlarmi?» chiedo, immaginando già la risposta.
«Dell’Ordine, Lily» dice Silente. «Volevo parlarti dell’Ordine della Fenice.»







 

«Volevo parlarti dell’Ordine della Fenice» ripete Silente, con il suo solito sorriso gentile stampato in faccia.
Sospiro, e punto i miei occhi verdi nei suoi, sicura.
Mi sono unita all’Ordine della Fenice. Due settimane fa.  
Ho scoperto dell’esistenza di questo gruppo di persone decise a piazzarsi in prima linea per eliminare Voldemort – anche a costo della propria vita- una sera, mentre pattugliavo i corridoi e Silente stava parlando con un suo amico, un certo Doge, anch’esso membro dell’Ordine. E all’istante mi sono chiesta: Lily Evans, vuoi farne parte?
Mi piacerebbe poter dire che ho deciso così, in fretta, senza neanche pensarci ma non sarebbe vero: ci ho riflettuto molto.
La prima cosa a cui ho pensato è stata la mia famiglia: mamma, papà e Petunia, Babbani completamente indifesi di fronte a maghi che hanno il potere di uccidere con la rapidità di un battito di ciglia e senza nessun rimorso; sì, il mio primo pensiero è volato su di loro che per colpa mia si trovano invischiati in una guerra tra maghi che non appartiene al mondo in cui vivono: mi sono detta che comunque, con tutti gli attentati ai Babbani di cui si sente voce, rischiano solo poco più delle famiglie senza una strega o un mago, e che essendo nell’Ordine sicuramente potrei proteggerli di più.
Ho pensato al Mondo Magico, al Ministero, alle distinzioni tra razze e a tutto quello il cui credo: casa mia è Hogwarts, casa mia è qualsiasi posto dove ci sia la magia, dove agitare una bacchetta non sia roba da mostri, dove posso mescolare pelle di Girlacco e zampe di ragno in un calderone per creare qualcosa di buono; ho trovato la mia casa quando avevo undici anni e mia sorella mi gridava contro di essere una anormale e non ho intenzione di rinunciarci per nulla al mondo, specialmente per un mago fissato con la purezza del sangue che offende tutto ciò in cui credo: il fatto che non è il sangue a definire una persona, ma sono le scelte che ogni singolo individuo fa, sempre.
Ho pensato anche a Severus, contro cui spero di non dover mai combattere, ma so di essere pronta: se un giorno io e lui ci troveremo di fronte, lui dalla sua parte ed io dalla mia, non esiterò a lottare, come del resto lui che –sono certa- mirerà ad uccidere.
Ho pensato alla gente che muore ingiustamente per qualcosa di sbagliato, ho pensato ai figli che la mattina salutano i genitori senza sapere se la sera saranno di nuovo a casa; e alle mamme e papà, che combattono per un mondo migliore in cui poter crescere i propri figli, in cui poter vivere, in cui poter amare.
E infine, ho pensato a me stessa: una Sanguesporco, a metà tra il mondo dei Babbani e quello Magico, senza un vero e proprio posto, la prima che, se Voldemort trionferà, verrà eliminata come un insetto che non doveva mai nascere.
Combatterò per quel che è giusto, combatterò per quello in cui credo, combatterò per la mia famiglia, per gli estranei, per gli amici, per la mia casa, per il mio sangue e per me stessa, e se -tra uno, due, dieci, venti anni- il mondo Magico sarà un posto migliore, potrò dire che in parte è anche merito mio; se invece morirò, sarò morta da degna Grifondoro, sarò morta combattendo e soprattutto, sarò morta da Lily Evans.
E poi, parliamoci chiaro: affronto Potter ogni giorno da sette lunghi anni, quanto peggio può essere il Signore Oscuro?
Così, decisa come solo io so esserlo, con la testa alta e lo sguardo fiero, sono andata da Silente e, direttamente, ho chiesto se potevo far parte dell’Ordine della Fenice. Lui mi ha scrutato da dietro i suoi occhiali a mezzaluna, con quello sguardo che ti perfora l’anima e ne afferra il senso, poi mi ha detto che sì, potevo farne parte se, e che sarei stata presente ad una delle prossime riunioni, accompagnata da Dorea.
«Quindi ne sei proprio sicura, Lily?» domanda Silente, riscuotendomi dai miei pensieri.
Trasalgo un po’, osservando Fanny che delicatamente si posa sulla mia spalla, poi annuisco convinta: ho deciso, ormai. «Sì.»
«Bene» replica Silente, con espressione illeggibile: è contento? È fiero? È deluso? Non lo so. «Ne ho parlato con il resto dell’Ordine, e tutti mi sono sembrati d’accordo di avere qualcuno ad Hogwarts, tra gli studenti.»
Annuisco ancora.
«Dorea verrà a prenderti qui, venerdì notte. Vi smaterializzerete ad Hogsmeade, alla Testa di Porco e tornerai al castello prima dell’alba, con la speranza che le tue amiche non si accorgano della tua assenza.»
«Bene» dico asciutta, sentendo l’adrenalina scorrermi tra le vene e fermarsi in un punto imprecisato dello stomaco.
«È essenziale, Lily, che nessuno sappia che fai parte dell’Ordine, eccetto l’Ordine stesso» spiega Silente, con un sorriso di scuse.
«Capisco» borbotto. Sono felice di non doverlo dire a nessuno: non perché non mi fidi di Alice, Mary o Emmeline; è solo che è una cosa che devo fare da sola, è un peso che devo portare sulle mie spalle: loro cercherebbero di dirmi che no, non devo rischiare, non io, non in prima linea. Alice ed Emmeline sono Purosangue, Mary è una Mezzosangue… non capirebbero. «Ah, professore?»
«Sì?»
«Dorea… Dorea Black, ha sposato un Potter, giusto?»
«Giusto.»
E ti pareva! «Quindi… è la madre di Potter?»
«Sì, è la madre di James.»
«Ah.»
Maledette queste famiglie di purosangue, tutte imparentate tra loro! E soprattutto, perché diavolo Potter deve c’entrare in ogni dannata cosa che faccio?!
Comincio a pensare che Merlino mi abbia preso di mira.
 
 
Mentre mangio in santissima pace il mio pasticcio di carne, ripensando a quello che mi ha detto Silente qualche ora prima, Potter viene a sedersi di fronte a me, facendo un gran sorriso a trentadue denti: per favore, qualcuno chiami un Dissennatore!
« Evans, ma ciao!»
«Che vuoi Potter?»
Potter si passa una mano tra i capelli e, qualche posto più in là, sento una ragazzina del terzo anno rovesciare il suo succo di zucca:trecento punti in meno a Grifondoro per la tua stupidità, vorrei dirle, però dopotutto quella rosso-oro è anche la mia casa ed io (sia ben chiaro, a Potter non lo dirò mai) sono una persona piuttosto competitiva, e sì, sinceramente mi piacerebbe tanto riuscire a battere i Serpeverde per il settimo anno di fila.
«Perché ogni volta che parlo con te sei acida, Evans?  » domanda innocentemente.
«Hai mai pensato che forse la mia acidità è relativamente proporzionale alla tua presenza?» replico.
Lo guardo, e lui mi fissa con sguardo vacuo: no, non gli è mai neanche passato per l’anticamera del cervello, una cosa simile; dopotutto, vantarsi e camminare allo stesso tempo deve richiedere tutta la sua concentrazione.
E no, non dico questo perché il fatto che lui e i suoi amichetti siano tra gli studenti più brillanti della scuola senza neanche aprire libro –Remus escluso perché studia, Minus escluso perché è un tantino incapace in qualsiasi materia – ma semplicemente perché diamine, Potter mi irrita.
«No» risponde ammiccando Potter,«secondo me, Evans, è perché mangi pochi dolci.»
Okay, magari odio i dolci, e con questo?
Evito la domanda con un gesto fugace della mano e sbruffo: «dove hai lasciato i tuoi amichetti?»
«Lì» dice sincero, indicando un punto del tavolo in cui Black, Minus, Remus, Paciok, Amos Diggory e  i McKinnon parlano fitto, lanciandosi di tanto in tanto occhiatine maliziose.
«Che stanno facendo?» borbotto.
«Oh, scommettono su di noi» replica Potter scrollando le spalle, come se avesse appena detto la cosa più naturale del mondo.
Sono indecisa se alzarmi, andare dai giocatori d’azzardo, ucciderli e ritirare così i loro soldi, oppure restare indifferente e far finta che il fatto che i miei compagni di casa scommettano su di me sia normale.
«Davvero?» trilla Alice, sorridendo. «Allora vado anche io, si fa interessante.»
«Certo, non mi stai abbandonando qui solo per raggiungere il tuo Franky, vero?» mugugno, incrociando le braccia al petto.
Lei si limita a fare spallucce, ghignando.
«Se non ti dispiace, vado anche io» annuncia Mary, spostando rumorosamente la sedia, «mi serve una scopa nuova, perciò vedi di sbraitare contro James tra quindici minuti, ok?»
«Ehi!» protesta Potter, con fare melodrammatico da prima donna.
«Mi spiace, Capitano» si scusa Mary, che tende sempre a prendersi più confidenza di quanta le è dovuta, specialmente con gli estranei, «ma sono galeoni facili, questi.»
Istantaneamente, mi volto verso la dolce, gentile, romantica, tenera Emmeline Vance: «Emm, tu resterai con me, vero? Vero? Vero?» la supplico, attaccandomi al suo braccio spasmodicamente.
Mi sorride: «ehmm…no.»
«Come? Perché no! Tu non hai bisogno di scope!»
Le guance di Emmeline diventano rosate. «Bè, no ma…» balbetta, lanciando una timida ma chiara occhiata in direzione di… Remus? Lei -intelligentemente, devo aggiungere- approfitta del mio sbalordimento per sfilare il braccio dalla mia presa e svignare via prima che possa lanciarle un qualche incantesimo per riportarla qui da me.
Sola, in balia di James Potter, comincio a borbottare tra me cose sul valore dell’amicizia al giorno d’oggi, imbronciata come una bambina che deve andare dal dentista senza poter mangiare la sua torta preferita. «Tsè, amiche…traditrici… scope nuove… Remus Lupin… maledetto Paciok, Potter e la sua tortura… vergogna, come hanno potuto…»
Potter invece sembra il bambino più felice del mondo, mentre si sporge sul tavolo verso di me, con l’espressione beata. «Io le adoro» proclama.
Sbruffo seccata, senza rispondere.
«Allora Evans, che ne pensi di Hogsmeade?»
Ma perché, Merlino santissimo, mi fai questo? Cosa ti ho fatto di male?
«Hogsmeade?» domando ingenuamente, come se non avessi capito il senso del discorso. «Sai, è l’unica comunità interamente magica di tutta la Gran Bretagna. È stata fondata da un folletto, Hengist, o qualcosa del genere, proprio dove…»
«Evans, mi riferivo a Hogsmeade, me, te e l’uscita organizzata dalla scuola tra tre settimane.»
«Oooooooh» esclamo, continuando a fingermi stupita, sebbene sia palese che sì, so che voleva arrivare a questo punto da prima ancora che iniziassimo a parlare. «In questo caso, penso esattamente quello che ne pensavo tre ore fa, Potter.»
«Ma come, il mio splendore non ti ha ancora fatto cambiare idea, Evans?»
«No, ci pensa il tuo ego a mantenermi coerente, Potter» replico, lanciando un’occhiata al reparto scommesse e ponderando l’idea di lasciare la Sala Grande all’istante.
Però così chi vincerebbe i soldi?
Li osservo tutti, uno a uno; Le traditrici, gli amici dell’idiota e gli alleati degli amici dell’idiota sogghignano fissando sia noi che l’orologio di Black con attenzione maniacale: Alice e Paciok sono praticamente spappolati l’uno contro l’altro; Diggory e i McKinnon contano attentamente le monete bronzo, argento e oro disposte in mucchi sul tavolo; Black e Mary, spalla contro spalla, hanno stampata in faccia la stessa espressione e lo stesso sorrisetto: inquietante, mi dico, mentre rabbrividisco alla visione; Minus si ingozza di pasticcio di carne lanciando occhiate a Black, probabilmente anche lui terrorizzato; Emmeline osserva Remus, mordendosi un labbro; e Remus, con la sua aria sempre malaticcia e sciatta, con l’uniforme di centesima mano e i libri del quattordicesimo secolo, sfoglia distrattamente una pagina di un manuale di pozioni, in cui il poveretto è negato: non è in grado di distillare nulla.
«Evans? Di nuovo i Nargilli, eh?» Potter richiama la mia attenzione, passandomi una mano davanti la faccia.
Di scatto, con un meravigliosa appagante idea in testa, mi volto verso di lui, sorridendo un po’ maleficamente, lo ammetto.
Lui rimane scioccato, tanto che lo vedo quasi strozzarsi e sbattere le ciglia lunghe più volte dietro gli occhiali, senza togliermi gli occhi di dosso ma contemporaneamente portando una mano in testa per scompigliarsi i capelli color pece tra l’altro già scompigliati. «Evans, ti ho mai detto che quando sorridi sei davvero bellissima?» riesce a balbettare, una volta ripreso.
Noto il colore rosato sulle sue guance da bambino e mi viene quasi da ridere, ma mi trattengo: James-sono-il-più-figo-Potter probabilmente non ammetterebbe mai di essere arrossito, intaccherebbe la sua mascolinità o qualcosa del genere.
«Non c’è tempo per cercare di arruffianarmi, Potter: sai per caso se Remus ha scommesso?» domando.
Sembra stupito dalla domanda: «Certo che ha scommesso! Perché?»
Okay, voglio far vincere il bottino a Remus, è vero. E non solo per il fatto che a lui quei soldi servono, ma perché voglio vendicarmi sulle traditrici, dare una lezione a Black e insegnare agli amici dei nemici che è preferibile non passare dalla parte del male assoluto di Grifondoro.
Un tantino melodrammatica? Boh, sarà l’influenza da prima donna di Potter.
Potter… purtroppo, lui è l’elemento essenziale, senza di lui addio dolce vendetta: desidererei legarlo al tronco del Platano Picchiatore, oppure gettarlo dalla torre di astronomia, ma il mio spirito da Grifondoro competitiva reclama,e non c’è nulla da fare.
«Potter» gli sussurro, chinando la testa per avvicinarmi al suo viso, in modo che nessuno mi senta «sto per fare una cosa: reggimi il gioco e non pensare male, d’accordo?»
Apre la bocca per dire qualcosa, mentre inconsapevolmente – o forse no? gli lascio il beneficio del dubbio- anche lui si protende verso di me, così tanto che sento il suo respiro sul viso e le sue labbra sono pericolosamente vicine alle mie.
Prima che io sia costretta a polverizzarlo per quanto ha osato avvicinarsi e che lui abbia il tempo di chiedermi che cosa cavolo voglio fare, mi alzo in piedi facendo più rumore possibile: «James!»esclamo, «che ne dici di andare in sala comune?»
Il neurone di Potter deve essere morto nello stesso momento in cui io ho pronunciato il suo nome, mentre osservo la sua mascella protendere pericolosamente verso terra.
Ma perché deve essere così idiota? Non gli ho appena detto di reggermi il gioco e di non pensare male?!
Così, fingendo di sistemare una ciocca di capelli dietro l’orecchio, gli lancio un’occhiataccia che perfino una puffola pigmea definirebbe eloquente, e Potter –ritrovando un po’ di normalità nel mio comportamento verso di lui, forse- afferra di nuovo il filo della realtà e annuisce, scattando in piedi. «Certo Eva…. Lily! Andiamo!»
Mentre alcuni membri del suo fan club scoppiano in lacrime, Potter, con velocità di Cercatore, aggira la tavolata Grifondoro e viene verso di me, con un sorriso che gli occupa metà della faccia. Mi mette un braccio intorno alle spalle, spingendomi contro di lui, e avviandosi lentamente verso la porta gigante della Sala Grande, mentre piomba uno strano silenzio innaturale.
«Potter, tieni le mani apposto altrimenti giuro che ti affatturo» sibilo, nascondendo la minaccia di morte in un sorriso forzato.
Anche lui sorride, e mio malgrado, ha saputo rigirarsi subito la situazione come gli fa più comodo. «Non vuoi far vincere Remus, Lily?»
«Evans!» soffio ancora, cercando di allontanarmi da lui senza estrarre la bacchetta.
Potter trattiene a stento una risata, il suo braccio fastidiosamente posato sulla mia spalla,  poi dice, con un tono di voce normale che però rimbomba nella sala silenziosa: «Cosa, tesoro?»
Ringrazio i membri del suo fan club che singhiozzano con le mani tra i capelli rompendo il silenzio, mentre io rossa di rabbia e imbarazzo, rido istericamente, quando in realtà vorrei picchiarlo. Alla Babbana.
«Potter, ora giuro che…»
«Scusami, piccola, non ho capito!» esclama, trattenendosi dal non ridere.
«Potter, sta zitto o…»
«Non ho afferrato, bambina…»
Abbozzo un sorriso estasiato, aumentando il passo verso la salvezza, ovvero il posto nel quale potrò uccidere James Potter in santissima pace. Quando finalmente oltrepassiamo il portone, invece di procedere verso le scale, gli poso una mano sul petto e –poco gentilmente- lo sbatto contro il muro.
«Ehi!» si lamenta.
«Sta zitto» gli intimo, chinandomi leggermente verso la Sala Grande, ancora silenziosa. Black e Mary hanno di nuovo la stessa identica espressione, stavolta però invece di essere inquietante è esilarante: occhi spalancati, bocca aperta, niente respiro; Minus è rimasto bloccato con la forchetta a metà strada tra la sua bocca piena e il piatto; Emmeline si stropiccia gli occhi, guardando il vuoto; Alice apre la bocca per dire qualcosa ad un Paciok decisamente sconvolto, poi però ci ripensa e la richiude;i McKinnon osservano i soldi con espressione vacua, delusa e meravigliata allo stesso tempo; Diggory borbotta qualcosa che non riesco a capire; Remus ha la bocca socchiusa come un bambino, poi sbatte le palpebre, guarda Black che a sua volta guarda lui è esclama: «Ho vinto!» prima di scoppiare a ridere convulsamente.
Potter ed io ci appoggiamo alla parete di marmo, ci lanciamo un occhiata e poi, come se avessimo stabilito un tacito accordo, iniziamo a ridere nello stesso istante, così tanto che quando in sala grande riprende il rumore, noi siamo ancora là, con le lacrime agli occhi e la pancia dolorante. Passa qualche altro minuto, in cui riprendiamo fiato e riusciamo a stare in piedi senza reggerci il petto, poi mi ricordo di quello che è successo poco prima e sbotto:
 «Tu! Come hai osato!»
«Lily, stavo scherzando!» Potter, preso alla sprovvista, alza le mani e  cerca di difendersi, ma il suo ghigno perenne non è affatto convincente.
«Evans, Potter! Per te solo Evans!» minaccio, puntandogli la bacchetta contro.
«Non…. non vuoi per davvero affatturarmi, vero?» esclama incredulo Potter, spostando gli occhi da me, alla bacchetta, poi ancora a me: adesso non sorride più, ma, al contrario, sembra parecchio intimorito.
«Ci sto seriamente pensando, Potter.»
«Ma…» mi sembra di riuscire a sentire il suo cervello arrovellarsi alla ricerca di una motivazione decente. «Tu sei una Caposcuola e… un momento, anche io sono un Caposcuola!»
«Pessimo errore di Silente, aggiungerei. Trovane un’altra, se non vuoi assomigliare ad uno Schioppodo Sparacoda.»
Potter deglutisce. «Uhm, la vita ad Azkaban non fa per te, Evans!»
«Mah, farei un sacrificio per il bene superiore, se questo significasse potermi finalmente liberare di te» replico.
«Ehm… fino a cinque minuti fa stavamo ridendo a crepapelle! Questo deve pur contare qualcosa!»
E stranamente decido che sì, conta qualcosa.
«Non ti affatturerò, Potter. O per lo meno non oggi.»
Sembra sollevato, ritorna a sorridere. «Grazie tante, Evans.»
«Non farmene pentire» intimo, cominciando a salire le scale verso la sala comune Grifondoro.

 





Note dell'autrice: questi sono il primo e il secondo capitolo della mia storia, un pò sconclusi, ma vabbè XD Mi sono sempre chiesta come Lily e James Potter hanno sfidato per tre volte il signore oscuro, e come hanno fatto ad uscirne vivi quando tutti gli altri morivano: in qualche modo si inizia da qui e spero che questa FF, che è la prima FF che scrivo in assoluto, vi piaccia almeno un po'! Nella mia testa Lily si unisce all'ordine della fenice già al settimo anno, dal momento che aveva compiuto diciasette anni ed era maggiorenne...non so perchè, però non me la immagino spensierata a scuola, a preoccuparsi degli esami e tutto il resto, mentre fuori da Hogwarts Voldemort faceva strage di maghi e di Babbani e l'Ordine combatteva rischiando la vita... come del resto Harry, che voleva far parte dell'Ordine a quindici anni. Poi, in un certo senso, la vedo anche abbastanza simile a James, anche se lei ovviamente non lo ammetterebbe mai XD Ok, basta, la smetto di improvvisarmi psicologa e vi lascio in pace XD XD
Sara =)

   
 
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Sara Weasley