- Bonjour a tutti^^
- Eccomi qui con un nuovo capitolo- avverto, è molto piu corto del precedente.
- Comunque. Scusate se ho tardato piu del dovuto, ma... ho un'altra ideuzza in testa, e forse tra poco posterò una nuova fic... Chissà. Devo ancora vedere. La bozza su word è quasi pronta, devo solo decidermi.
- Passando alla storia. TATATATAAAAN! I due mezzivampirelli hanno confessato. Vedremo come se la caveranno. U.U
- Ah. In questo chappy ci saranno vari punti di vista: Edward, Bella e EJ. (Mi deciderò a farne uno di Nessie, prima o poi.)
- Uhm, una cosa importante:
- RINGRAZIO CHI HA RECENSITO!! Ben 11!! Sono super felice!! Grazie a Onion,Giulia_Cullen,Aislinn_05, Ely_11 ( a cui chiedo scusissimamente scusa, non avercela con meeee!!), vanderbit , Austen95, twilighterina, yle94, amanecer ( la veggente che prevede tutte le mie mosse ;p),LadySile,Gattino Bianco. Grazie milleeeee!!
- E ovviamente a chi ha preferito questa storia, chi la segue, la ricorda, o semplicemente chi la legge, sprecando un po' del suo tempo.
Ora vi lascio, un bacio, e ovviamente...
buona lettura!
- Capitolo
10- Prova del nove
- « siamo mezzi
vampiri. »
- Il mio sguardo
esterrefatto, probabilmente, era l’eco delle
espressioni dei miei familiari. Ej, sulle mie ginocchia, era silenzioso
da
quando Nessie aveva parlato. La rossa, intanto,tra Rose e Alice, teneva
lo
sguardo basso sulle sue piccole mani.
- « come? » domandò Jasper, forse
quello più calmo e pacato tra tutti. Sentiva che Ej e Nessie non erano
cattivi,
ma solo timorosi di un nostro allontanamento. « i vampiri non possono
procreare. »
- « la nostra mamma era
umana, quando ci ha avuti. »
- « quindi, ora è una
vampira? »
Rose accarezzò i riccioli di Nessie, in un gesto di affetto. Per lei,
quei
bambini avrebbero potuto anche essere crudeli e spietati, e li avrebbe
accettati lo stesso. Quindi, il fatto che fossero mezzi vampiri non la
turbava
minimamente. E sentivo di essere d’accordo con lei, per una volta. La
piccola
annuì, per poi sorridere teneramente, «
il nostro papà è un vampiro. » e arrossì.
- « spiegateci un po’ di
cose sulla vostra specie... »
Jasper voleva saperne di più.
- Nessie
cominciò a raccontare che avevano poco più di sette
mesi, che crescevano velocemente, ma quando avrebbero compiuto
diciassette
anni, sarebbero rimasti immutati. Arrossivano, piangevano, il loro
piccolo
cuore batteva velocissimo. La loro pelle, come sentivo sfiorando Ej,
era più
fredda dell’epidermide umana, ma più calda di quella vampiresca. E
potevano
dormire.
- Erano,
appunto, metà umani e metà vampiri: potevano mangiare
cibo, ma preferivano il sangue animale. Spiegarono che anche la loro
mamma era
vegetariana, come il loro padre. Ogni tanto, mentre la sorellina
parlava, Ej si
voltava verso di me, ad analizzare il mio viso. Io, intanto, ero
completamente
assorto nei discorsi maturi e precisi di Nessie. Erano molto precoci, e
ciò era
grazie alla loro mente ampia come la nostra. E sapevano tutti i rischi,
e le
punizioni che i Volturi avrebbero inferto loro, se avessero disobbedito
alla
legge. Quindi stavano ben attenti a non esporsi troppo, a non far
trasparire la
loro intelligenza superiore.
- « E qual è il vostro cibo
umano preferito? »
interrogò Esme, con già la mezza idea di preparare una merenda ai due
piccoli.
- « la torta al cioccolato
della nostra mamma! »
esclamò la piccola Nessie, mentre Ej annuiva concitato. Esme ridacchiò:
«
e se ve la facessi io, va bene lo stesso? »
- « certo! » esclamarono i due,
con un sorriso estatico.
- « allora vado a
prepararla. »
Esme sorrise, alzandosi. Nessie la imitò, annunciando che l’avrebbe
aiutata.
- Mi pareva
quasi impossibile, ora che ora, pensare di non
volerle bene. A lei come a Ej. Sentivo uno strano calore, nel petto,
quando
erano con me. Era un affetto speciale, come un colpo di fulmine. Erano
legati a
me con un filo invisibile, ma indistruttibile. E non mi capacitavo del
perché.
- Ej mi
picchiettò sulla spalla, e io mi riscossi dai miei
pensieri.
- « cosa c’è? »
- « tu hai un potere, in
particolare? »
domandò il bambino. Era l’unico argomento che non avevamo ancora
affrontato, in
effetti.
- « sì, leggo nel pensiero.
Anche se la tua mente e quella di
tua sorella a volte non le colgo. » risposi. Lui parve sorpreso, e una
piccola
‘o’ si disegnò sulle sue labbra. Un sorriso mi sorse inevitabilmente
sul viso,
a quella vista così tenera.
- « anche io! » esclamò. Lo guardai,
incredulo. Poi mi sorrise, e ricambiai a mia volta. Alzai la mano, e
gli porsi
il palmo.
- « batti il cinque,
compare! »e
lui fece come detto. Scoppiammo a ridere.
- « e Nessie? »
- « Nessie proietta i suoi
pensieri nelle menti altrui, con il
tocco di una mano. » spiegò il bambino,
con fare estasiato. Era palese l’affetto che legava quei due. Annuii,
assorto.
Ej, poi, mi raccontò di come fosse veloce. Emmett colse la palla al
balzo: «
perché non fate una gara? » propose. Io lo
guardai male.
- « è solo un bambino!»
- « io ci sto! » fece lui,
invece, con uno sguardo fiero. Era
molto orgoglioso, a quanto pareva. «
andiamo? Così poi ho più fame, e mangio più torta! »
- --
- Pov Bella.
- Servii
l’ennesimo cliente, con il sorriso stampato in
faccia. Il mio stato d’animo, però, era l’opposto.
- Irritata, no,
era un eufemismo al fastidio che realmente
provavo. Ero molto più che arrabbiata. Lanciai l’ennesima occhiata
d’avvertimento a Jacob, ma lui niente: se ne stava sempre lì, seduto su
una
poltroncina messa appositamente per i clienti – e non per lupi
iperprotettivi-,
a controllare ogni mia mossa. Da quando avevamo litigato, non solo era
diventato tremendamente pesante, continuando a implorare perdono, ma
era anche
ossessivamente attento a ogni mio respiro. Si preoccupava tanto e
continuamente, da quando avevo avuto quella specie di crisi. Mi seguiva
ovunque
andassi, per paura che mi risuccedesse. Era come la mia ombra, e Seth
era
quella di Jacob. Erano insopportabili.
- « Ma Jacob deve per forza
starsene qui? »
domandò Max al mio orecchio, lanciando un’occhiata di traverso al
ragazzo
Quileute.
- « Lo so, è un gran rompi
scatole. Ma non si fida a lasciarmi
sola, da quando... Sono svenuta.»
- « Svenuta?! » Debbie mi guardò
sconcertata, « quando? Dove? »
domandò, preoccupata.
- « L’altro giorno, mentre
Max era non so dove e tu dormivi.
C’erano con me i due mori... E ora mi seguono ovunque. »
feci, esasperata, sbattendo le mani sulle cosce con uno schiocco secco.
- « Lo credo bene, tesoro! Se
non stavi bene, avresti dovuto
dircelo! Sei un’irresponsabile! » blaterò
la mia amica, per poi cominciare a farmi una predica infinita.
Fortunatamente,
dovetti filare al bagno, per cambiare lenti a contatto, e così trassi
un
sospiro di sollievo. Era stato un errore renderli partecipi
dell’avvenimento.
Ora, sarebbero stati tutti ancora più apprensivi. Mi guardai allo
specchio: la
mia figura pallida e ammaliante, aveva l’espressione frustrata,
infelice.
Lontana dai miei due bambini, ero sempre così giù; era inevitabile che
mi
mancassero. Ma, sotto sotto, sapevo che il vuoto che sentivo era dovuto
a
qualcun altro. E quel qualcuno, era Edward.
- Perché non era
con me?
- Perché mi
aveva abbandonata, se fino al giorno prima, la
nostra storia d’amore procedeva più che bene?
- Perché mi
aveva illusa, la notte del mio compleanno?
- Ma, nonostante
questo ampliasse il rammarico e il dolore, io
ero felice che fosse successo. Così, erano nati Renesmee e Edward, e
non potevo
essere più felice di ciò. Essere madre mi aveva reso più donna, più matura, nonostante fossi ancora
un’adolescente. E mi avevano dato la
forza per andare avanti.
- Ma immaginare
come fosse stato, con Lui al mio fianco e i
bambini... Il ritratto della famiglia felice io lo potevo solo sognare.
- « Oh, eccoti.
» fece Debbie, quando uscii, « Oggi vai tu dai
piccoli a scuola o passo io? »
- « Vado io, non
preoccuparti Deb. Voglio stare un po’ con i
miei cucciolotti. Qui c’è molta più concorrenza che nella vecchia
città, non
trovate? »
- « Bella, se
hai bisogno di una pausa, ricordati che non c’è
problema. » fece Max, appoggiando una mano sulla mia spalla. « Non c’è
problema
» ribattei.
- Con l’ingresso
di altri clienti, il discorso s’interruppe.
Poi, alle 5:30, orario di uscita dei miei piccoli, riposi la divisa
nell’armadietto e scappai alla scuola materna del paese. Alcuni
genitori erano
lì da un po’, e io mi unii a loro. Ma l’odore dei miei bambini non lo
sentivo.
L’avrei riconosciuto tra mille, e non solo per la particolarità, e il
loro
profumo non c’era proprio. Ci potevo giurare.
- Un fruscio, un
movimento veloce, ed ecco i miei bambini
trotterellare nella mia direzione con un sorriso estatico sui visetti.
- « Mamma? »
domandarono, una leggera sfumatura di panico
nella voce.
- « figli. »
ribattei, con lo stesso tono. « E’ così che mi
accogliete? »
- Loro
sorrisero, finalmente, e mi corsero tra le braccia, che
avevo allargato appositamente per abbracciarli. Nessie mi baciò una
guancia,
poi scesero entrambi. Ej mi prese la mano, mentre mia figlia rimase
appiccicata
al mio fianco.
- Se
sapesse...
- Se
sapesse, saremmo morti.
- Storsi il
naso; c’era un odore particolare sui miei figli.
L’avevo notato solo ora.
- Odore di
vampiro.
- Perché i miei
figli sentivano di freddo?
- Era un odore
fin troppo familiare, per i miei gusti. Sapeva
di... Alice. Ma che sciocchezze andavo pensando. Non poteva essere lei,
quindi
era meglio mettersi il cuore in pace. Passeggiammo fino a casa, io
cercavo di
essere, o perlomeno apparire, tranquilla. Era inutile, tanto; Alice e i
Cullen
non sarebbero mai tornati. Anche se ora, il mondo di Edward, era anche
il mio,
di mondo.
- Arrivati a
casa, accesi l’acqua per il bagnetto dei miei
piccoli, e mentre loro sguazzavano allegramente tra le bolle di sapone,
io
preparai i loro i vestiti.
- Mi guardavo in
torno continuamente, con circospezione. Sarò
stata paranoica, ma mi sentivo come spiata. C’era una presenza che
seguiva ogni
mio movimento.
- Era...la
stessa sensazione che provavo quando Edward
s’infiltrava in camera mia, di notte, nel periodo in cui non conoscevo
ancora
la sua natura. Osservata. Era un’ombra silenziosa, troppo silenziosa.
- Non mi sentivo
sicura a lasciar soli i miei piccoli, perciò
volai in bagno. Ma Renesmee e Edward erano ancora lì. Mi guardarono,
incuriositi,
poi tornarono a giocare allegramente, schizzandosi a vicenda. Sorrisi,
soffiando tra i denti un sospiro.
- Ero davvero
paranoica.
- « Terremoti, è
ora di uscire. » annunciai, afferrando un
asciugamano. I miei cuccioli si lagnarono, ma alla mia occhiata
ammonitrice,
sbuffando, acconsentirono. Avvolsi i miei piccoli nei rispettivi
asciugamani e
li portai nella stanza da letto. Li feci vestire con i loro pigiami,
tra
solletico e risate. Edward cominciò a saltare sul letto, imitato
immediatamente
da Nessie.
- « Ehi, c’è
gente sotto! » li sgridai, ma il sorriso non me
lo toglieva nessuno dalle labbra, in loro presenza. Loro mi fecero una
pernacchia: « Sotto ci sono zio Seth e zio Jake. Se stanno dormendo,
russano
così forte che non ci sentono. » Alzai gli occhi al cielo, portano le
mani sui
fianchi. Dovevo avere l’aria severa, anche se non mi riusciva granché;
li feci
solo ridere di più. « Allora? » domandai.
- « Vieni anche
tu! » I miei figli allungarono le mani, e
allora mi arresi. Salii sul letto e mi unii a loro a saltellare. Li
afferrai
per i fianchi e li buttai sul letto, facendo loro una linguaccia.
Sghignazzarono – inutile dire che il modo era identico a quello del
padre-, e
per punirli li torturai con una buona dose di solletico. Nessie e
Edward si contorcevano
sotto le mie mani, ridendo come pazzi. La loro voce ilare era un
qualcosa di
splendido. Mi riempiva il cuore come non mai. Vederli sereni e al
sicuro era la
cosa che più mi premeva. Il loro sorriso valeva più di ogni altra cosa.
- Un trillo,
insieme alle nostre risate, vibrò nella stanza.
Aguzzai subito l’orecchio.
- Oh
oh.
- Mi voltai
verso Ej, con un’aria inquisitoria. Lo sguardo di
fuoco che gli lanciò Nessie valse molto più di qualsiasi altra
spiegazione.
Quei due mi nascondevano qualcosa.
- Mi tirai su e
mi misi a gambe incrociate, senza staccare
loro gli occhi di dosso.
- « Mi
nascondete qualcosa, vero? »
- « No. »
cantilenarono, poco convincenti.
- « Di solito »
feci con aria saccente, « mentite meglio.
Peccato, niente torta »
- « Al
cioccolato? » domandò Nessie, preoccupata. Annuii, con
un’espressione severa.
- Lei guardò
implorante il fratello, che scosse la testa. Il
cioccolato era il punto debole di Renesmee, ma, cavolo, non quello di
Edward.
Guardai ancora la bambina.
- « Renesmee
Carlie Swan. O me lo dici, o non mangerai più
cioccolato per il resto dei tuoi giorni. » feci, severa. La bambina
guardò me,
poi Ej, e poi ancora me. Negò col capo, facendo rimbalzare quei boccoli
ramati
che adoravo tanto. Rossicci come quelli del padre, strambi, ma
assolutamente
fantastici.
- Fitta al
cuore.
- Ignorai il
male, mentre fissavo intensamente i miei bambini.
- « Bene. »
mormorai, con poco fiato, « stasera dormirete da
Jacob. » affermai. Non ero arrabbiata per il segreto, prima o poi
l’avrei
scoperto comunque. Ma sapevo cosa stava per accadere; l’ennesimo colpo
mi fece
sussultare, come a darmi conferma. I miei bambini mi guardavano, la
paura nei
loro occhi. Avevano capito.
- « Non ti
lasciamo sola. Mamma..mamma! » Sentii i miei occhi
rovesciarsi, mentre ancora la nebbiolina affollava i miei pensieri.
Quando le
immagini m’invasero la mente, le scosse elettriche stavano appena
cominciando.
- Pov Edward
Junior.
- La mamma si
accasciò sul materasso, squarciando il silenzio
con un urlo terribile, in grado di accapponarmi la pelle. Guardavi
spaventato
mia sorella; la sua espressione era specchio della mia. Panico totale.
- Avevamo già
visto la mamma in queste condizioni, più di una
volta. Lei non si ricordava mai nulla, ma nella nostra testa- mia e di
Nessie-,
quella scena era impressa a fuoco.
- « Ej » mia
sorella cercava di mantenere la calma, con pochi
risultati. La sua voce tremava, rischiava di scoppiare a piangere da un
momento
all’altro. « Chiama Jake e zio Seth. »
- La frase non
aveva ancora finito di vibrare nell’aria, che
io ero già nel pianerottolo sotto al nostro. Non seguii le buone
maniere, non
c’era tempo. Spalancai la porta e corsi da Jacob velocemente. « Zio
Jake, zio
Seth, la mamma! » Gli bastarono queste parole per seguirmi di sopra,
dove
Nessie cercava invano di farle riaprire gli occhi. La chiamava, le
sfiorava il
viso delicatamente. Ma mia madre urlava, singhiozzava, si dimenava. Era
come se
volesse muoversi, ma era imprigionata. Bloccata da sé stessa. Era
peggio dei
due giorni d’agonia durante la sua trasformazione. Avevo un ricordo
vago, ma
sapevo bene che questa tortura era ben peggio del fuoco divampante
mentre il
suo corpo diventava immortale. Per di più, era straziante vederla così.
La
nostra mamma.
- Nessie
singhiozzava, mentre Jacob e Seth strattonavano la
donna agonizzante che ci aveva dato la vita, che ci cresceva ogni
giorno.
Abbracciai mia sorella, era l’unica cosa che riuscivo a fare. Darle
conforto di
certo non faceva svegliare mia madre, ma aiutava me e mia sorella. A
quel
punto, avevo capito che l’unica cosa da fare era aspettare che le
passasse. Né
io né Jacob potevamo fare qualcosa.
- Una speranza,
però, l’avevo. Se non ricordavo male, il padre
adottivo di zia Alice, Carlisle, era un medico. Un dottore vampiro, che
adorava
studiare la nostra specie- benché si odiasse-, e amava salvare le
persone. Se
gli avessi spiegato il caso di mamma, non solo avrei soddisfatto un
bisogno di
conoscenza sulla nostra natura, ma avrei anche risparmiato la donna più
importante della mia vita da tali mostruosi dolori. Era un peccato che
non
potessi correre a casa di zio Emmett. Ma lì, non avrei cercato lui;
bensì,
Edward. Io volevo bene a quell’uomo, a quel vampiro. Non avevo la
certezza che
lui fosse mio padre, ovviamente, ma tutto coincideva. Dal nome, la
dieta, all’aspetto
fisico. Per non parlare di quell’affetto che legava me e Nessie a lui.
Era
quasi malsano, talmente era melenso. Avrei pagato oro pur di averlo
vicino, in
quel momento. Oro, pur di scoprire se davvero era mio padre.
- E soprattutto,
avrei dato tutto, in tal caso, per far
tornare insieme lui e la mamma. Per farci essere una famiglia. Io, lui,
Nessie
e la mamma, felici.
- L’ennesimo
urlo di mia madre, straziante, fece piangere
ancora più forte mia sorella. La strinsi maggiormente, trasmettendole
il mio affetto.
Stringevo i denti, avrei voluto urlare anche io per la frustrazione,
avrei
voluto anche io piangere, sfogarmi. Essere un bambino della mia età
effettiva,
in quella beata ingenuità e inconsapevolezza. Ignaro del dolore che la
vita
poteva far incombere su di te e su chi ti circondava.
- ...
- « Bambini, la
colazione è pronta. » mia madre, con la sua
voce dolce e incalzante, mi svegliò. L’avvenimento della notte scorsa
non
sembrava aver avuto un effetto negativo. All’apparenza. Sapevo che
mamma
soffriva tanto per la mancanza di Edward, era questo il fulcro delle
sue crisi.
Lo sapevamo io, mia sorella, e pure Jake. Ma mia madre non ci poteva
fare
nulla. Jacob si ostinava a volerle far dimenticare mio padre. Peccato
che mamma
fosse ancora follemente innamorata di Lui. Era inutile; tanto era
testarda mia
madre, tanto era grande quel sentimento.
- Mi alzai, e
raggiunsi Nessie alla porta. Camminai mezzo
addormento fino al cucinino, dove la luce era più intensa e accecante.
Mi
sfregai l’occhio, intanto che mi abituavo alla luce. Nonostante avessi
doti
vampiresche e tutto il resto, alla mattina ero meno presente di un
fantasma.
Dormivo praticamente in piedi. Nessie, al mio contrario, era già
pimpante ed
allegra. Ma era un’impresa farla alzare dal letto comunque. Dopo il
‘risveglio’
della mamma, ieri notte, mia sorella era crollata, e aveva dormito come
un
sasso fino a pochi minuti fa. Io invece, ero rimasto troppo in ansia
per poter
dormire bene come avrei voluto e dovuto.
- Mia madre ci
diede due baci sulle guance, mentre io e Nessie
ci arrampicavamo sulle sedie. Mamma mise sul tavolo due fette enormi di
torta
al cioccolato, con delle tazze di latte caldo.
- « Mi
dispiace... » si scusò, abbassando il capo, « per ieri.
»
- Sapevamo che
non era colpa sua, di certo non era così
masochista da volerlo. Io e Nessie ci alzammo a l’abbracciammo forte,
nel
nostro famoso abbraccio di famiglia.
- «Ti vogliamo
tanto bene, mamma.» esclamammo io e mia sorella
all’unisono, mentre mamma ci stringeva a sua volta, spasmodicamente.
Eravamo
tutto quello che di più caro avesse, ne eravamo consapevoli. E anche
noi
tenevamo immensamente a lei. La nostra mamma era tutto, per noi. Anche
se... il
posto per il papà c’era sempre, nel nostro cuore.
- Io e la Pulce
mangiammo con gusto il dolce al cioccolato.
- « Il ricatto
non ha retto... » commentò ad alta voce la
mamma, « ma prima o poi il vostro segreto lo scoprirò: statene certi »
- E se non
l’avesse fatto da sola, alla fine, l’avremmo
portata noi da zia Alice e zio Emmett. Anzi, l’avremmo gettata noi tra
le
braccia di Edward. Fino al giorno prima, non avevo analizzato bene la
cosa.
Ness aveva parlato con lui del perché fosse così triste. Il
vampiro-fotocopia-di-mia-sorella ( motivo in più che ci spingeva a
pensare che
veramente fosse nostro padre), aveva raccontato della sua storia
d’amore finita
male per una sua decisione stupida. Aveva abbandonato la sua amata;
ovvero,
nostra madre. Solo che il rosso non poteva immaginare che la sua Bella
fosse in
dolce attesa.
- Se tutta
questa storia avesse avuto fine, in futuro, avrei
scritto un libro. Chissà, magari avrebbe fatto successo.
- « Forza
cuccioli, a lavarsi faccia e denti. Ej, non fare
scherzi. » Io e Nessie rispondemmo col saluto militare, e marciammo
fino al
bagno.
- « Pronti! »
esclamai, mentre uscivamo già belli e
impomatati. Mia madre si chinò alla nostra altezza e mi prese la
guance,
tirandomele. Poi mi baciò la fronte: « Il mio ometto! » trillò, con gli
occhi
luccicanti. Poi prese in braccio la Pulce, che le sorrise.
- « Tu, tesoro
mio, da grande farai la principessa. » mamma
annuì tra sé, con un sorrisino a tirarle
le labbra. Nessie ridacchiò.
- « Se, se!
Aspetta e spera! » commentai, portando le braccia
dietro alla testa, incamminandomi all’uscio. Mamma e la Pulce mi
seguirono.
Arrivati a scuola, mamma ci raccomandò di comportarci – o meglio,
comportarmi-
bene. Be’, dai, non ero così scalmanato.
- Quella
giornata fu più lunga del solito. Forse perché era di
una noia mortale. Che barba, era molto più eccitante correre al fianco
di
Edward negli spazi verdi intorno alla grande villa. Avevo vinto io,
ovviamente,
il giorno prima. Il vampiro-fotocopia-di-Nessie era basito, non
s’aspettava che
fossi così veloce. Speravo non fosse un carattere che a lungo andare si
fosse
affievolito. Non avrei sopportato di essere battuto da Ness. Zia Rose
diceva,
come tutti, che assomigliavo moltissimo a Emmett, di carattere. Mentre
mia
sorella, aveva un non si sapeva cosa di Alice. In effetti, erano molto,
molto,
molto simili. L’esuberanza, poi, era nota, in tutte e due, in quantità
eccessiva. Non stavano mai ferme; Alice e Ness parlavano di tutto e di
tutti,
ridevano, giocavano insieme. Fortunatamente, mia sorella non aveva la
stessa
sfrenata passione per la moda che aveva Alice. Ringraziavo il Cielo,
per
questo.
- Al pomeriggio,
ci venne a prendere zia Debbie. Ci portò al
parco, dove zia Alice e zio Emmett c’avevano aspettati. Lo zio Grizzly
ci fece
un occhiolino d’intesa, come saluto. La zia umana andò a prenderci i
gelati,
come al solito, e io e Ness rimanemmo con i vampiri.
- « Guarda
guarda, ecco Pulce e Pidocchio! » canzonò l’orso,
con un sorriso.
- « Hola,
Grizzly! »
- « Uè, cos’è,
sapete parlare anche lo spagnolo ora? » fece,
basito.
- « No, l’ho
visto solo alla tele. » risposi, ridendo, e
contagiando anche Folletta grande e folletta piccola.
- « e gli altri?
» domandai.
- « Oh, tutto
okay... » minimizzò Alice, i cui pensieri
preoccupati vagavano alle condizioni del fratello rosso, « com’è andata
la
scuola? » cambiò discorso, illuminandosi di un sorriso.
- « Una barba »
parlò Ness, con una smorfia, « Io e Ej siamo
molto più maturi di quella banda di bavosi. »
- « E te lo
chiedi anche? » feci io. Emmett e Alice risero,
mentre zia Debbie ritornava con i due coni gelato tra le mani. Io e mia
sorella
cominciammo a sgranocchiarlo, mentre i tre adulti parlavano
amabilmente. Zia
Alice sembrava serena, in realtà era piuttosto distratta. Emmett si
ripeteva
come un mantra di non pensare in negativo.
- Il cellulare
di zia Deb cominciò a suonare, e lei si
allontanò per rispondere. Tornò, dopo la conversazione, con una strana
espressione. L’aveva chiamata zio Seth. Strano.
- « Emmett,
Alice, mi potete curare i bambini per un po’? »
domandò, titubante.
- « Non c’è
problema! » tuonò il macho, con un gran sorriso.
Questa volta sincero e spontaneo. Debbie ringraziò tremila volte, poi
scappò
fuori dal parchetto. Non avrebbe dovuto tardare; in tal caso, avremmo
dovuto
chiamare la mamma... O saremmo tornati da soli. E preferivo ancora, per
ora,
che non si sapesse di questa nostra complicità con dei vampiri. Zio
Jake
avrebbe dato di matto, e, francamente, non volevo sapere la reazione
della
mamma. Quando si arrabbiava, era più pericolosa di qualsiasi calamità
ambientale.
- Andammo a casa
di zia Alice. Lei, se zia Deb fosse tornata
prima, l’avrebbe vista e ci avrebbe portati al parco prima del suo
ritorno. La
folletta era una veggente; che ficata, vedere nel futuro. Ma la lettura
del
pensiero era il dono più ganzo di tutti, anche se, per certi versi, più
molesto
e fastidioso. Esme ci accolse con un gran sorriso.
- In salotto,
Jasper leggeva un quotidiano mentre Rosalie una
rivista di moda. E come dubitarne. Sulla poltrona, c’era una figura in
più: un
uomo biondo, posato, dall’aria gentile e buona, ci osservava. Doveva
essere
Carlisle, il capo clan.
- « Carlisle »
ecco, appunto, « loro sono EJ e Nessie. »
presentò Alice. Io e Ness ci avvicinammo e porgemmo le mani,
educatamente.
- « Piacere,
piccoli. » fece, affabile. Ma non ci sfuggì
l’occhiata perplessa che rivolse ai figli.
- Era,
ovviamente, stato colpito dal nostro odore particolare.
Emmett spiegò tutta la nostra storia, o perlomeno, la versione
ristretta che
avevamo raccontato loro. Il dottore era stupefatto. Non credeva
potessimo
esistere davvero. Ma eravamo di fronte a lui.
- Come pensai di
Esme, lo feci anche con lui; be’, non erano
la figura classica – capelli bianchi e qualche ruga di troppo- di
nonno, ma mi
stava più che bene così.
- Fummo
distratti dal suono soave di note. A Ness luccicarono
subito gli occhi, lo strumento era il pianoforte. « Oh, è Edward. » Io
e mia
sorella sorridemmo. Potevamo avere altri dubbi? No, non credevo. Alice
ci portò
al piano superiore, dove la melodia era ancora più forte. La vampira
aprì una
porta, rivelandoci la camera di Edward. Lui era seduto ad un pianoforte
verticale,
contro la parete alla nostra destra. Ci sentì distintamente, ma non
smise di
suonare; la musica però cambiò. Da una dolce e malinconica, passò ad un
uragano
di note. « Questa è per voi » disse lui, senza riaprire gli occhi. Le
dita
scorrevano veloci sui tasti, sciolte, dando vita ad un vero capolavoro.
Se Nessie
era brava, Edward be’...lo era cento volte di più. Come tutto, la
canzone ebbe
fine, e il vampiro musicista si voltò verso di noi. Nessie fremeva, gli
occhi a
cuoricini intermittenti.
- « Era
bellissima. » esclamò mia sorella, « E tu sei
bravissimo! »
- Le diedi il
gomito, con un sorrisino di scherno: « Ti batte
di gran lunga, Pulce » la presi in giro. Mia sorella gonfiò le guance,
mettendo
su una faccia da saccente.
- « Lo so anche
io, questo, Pidocchio fastidioso. » Edward rise
di gusto, contagiandoci.
- « Suoni? »
chiese poi a mia sorella, con molto interesse. Più
del dovuto, quasi. Nessie annuì. Il rosso picchiettò lo sgabello
accanto a sé,
e mia sorella trotterellò lì per sedersi. Mi avvicinai a mia volta,
chiedendo
mentalmente a Renesmee di suonare quella della mamma. Era la migliore,
di tutte
quelle che sapeva. Ma non la canzone che aveva inventato mia sorella.
Quando
mamma ci aveva portati dal nonno Charlie, avevo trovato per caso uno
spartito
dal titolo ‘Bella’s Lullaby’. Appena la mamma andava a caccia, o al
lavoro, mia
sorella l’aveva imparata a suonare. Era la ninna nanna che aveva
scritto nostro
padre per la mamma. E, insomma, era la
prova del nove.
- Nessie
appoggiò le mani sui tasti, nervosa. Respirò
profondamente; sapeva bene quanto me, che tutto dipendeva da quella
canzone. Ma
poi, come sarebbe andata a finire?
- Pigiò il primo
tasto d’avorio, e pian piano la composizione
prese forma. L’espressione di Edward diceva tutto.
- Stupore.
- Incredulità.
- Dolore.
- Consapevolezza.
- Tormento.
- Amore.
- Portò gli
occhi nei miei, e capii che aveva intuito quello
che noi pensavamo. Aveva capito CHI eravamo. E fece il mio stesso
sorriso,
quello che mandava in iperventilazione mamma. Gli ricordavo Lui, con il
mio
modo di fare. E lo stesso valeva per Ness, che era la fotocopia sputata
di.. di
mio padre.
- Ma
quell’atmosfera magica non poté durare.
- Gli occhi di
Edward, si fecero vitrei.
- E
no, non poteva essere vero!
- Nessie
s’interruppe subito, mentre un urlo squarciava il
silenzio.
- L’urlo
della mamma.