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Autore: Yellow_Falling_Leaves    04/09/2010    11 recensioni
New Moon.
Edward abbandona Bella nella foresta, lasciandola sola, distrutta e--Incinta.
All'inizio, Bella, troppo presa dal dolore per la partenza di Edward, non se ne rende conto. E' gia difficile per lei respirare, tentare di sopravvivere è un'impresa.
Due nomi: Edward Junior e Renesmee; le danno la forza per tornare a vivere e a sorridere. Single e vampira, si trasferisce con i suoi piccoli mezzivampiri- speciali come il padre- in Italia, dove scoprirà la presenza di una famiglia di vampiri a lei fin troppo conosciuta...
--Siate clementi, è la mia prima fic!^^
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, New Moon
Capitoli:
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Bonjour a tutti^^
Eccomi qui con un nuovo capitolo- avverto, è molto piu corto del precedente.
Comunque. Scusate se ho tardato piu del dovuto, ma... ho un'altra ideuzza in testa, e forse tra poco posterò una nuova fic... Chissà. Devo ancora vedere. La bozza su word è quasi pronta, devo solo decidermi.
Passando alla storia. TATATATAAAAN! I due mezzivampirelli hanno confessato. Vedremo come se la caveranno. U.U
Ah. In questo chappy ci saranno vari punti di vista: Edward, Bella e EJ. (Mi deciderò a farne uno di Nessie, prima o poi.)
Uhm, una cosa importante:
RINGRAZIO CHI HA RECENSITO!! Ben 11!! Sono super felice!! Grazie a Onion,Giulia_Cullen,Aislinn_05, Ely_11 ( a cui chiedo scusissimamente scusa, non avercela con meeee!!), vanderbit , Austen95, twilighterina, yle94, amanecer ( la veggente che prevede tutte le mie mosse ;p),LadySile,Gattino Bianco. Grazie milleeeee!!
E ovviamente a chi ha preferito questa storia, chi la segue, la ricorda, o semplicemente chi la legge, sprecando un po' del suo tempo.
Be'... non mi resta che lasciarvi al capitolo. Anche se personalmente, a me, non piace molto. Non mi convince, non so.
Ora vi lascio, un bacio, e ovviamente...
buona lettura!

Capitolo 10- Prova del nove
« siamo mezzi vampiri. »
Il mio sguardo esterrefatto, probabilmente, era l’eco delle espressioni dei miei familiari. Ej, sulle mie ginocchia, era silenzioso da quando Nessie aveva parlato. La rossa, intanto,tra Rose e Alice, teneva lo sguardo basso sulle sue piccole mani.
« come? » domandò Jasper, forse quello più calmo e pacato tra tutti. Sentiva che Ej e Nessie non erano cattivi, ma solo timorosi di un nostro allontanamento. « i vampiri non possono procreare. »
« la nostra mamma era umana, quando ci ha avuti. »
« quindi, ora è una vampira? » Rose accarezzò i riccioli di Nessie, in un gesto di affetto. Per lei, quei bambini avrebbero potuto anche essere crudeli e spietati, e li avrebbe accettati lo stesso. Quindi, il fatto che fossero mezzi vampiri non la turbava minimamente. E sentivo di essere d’accordo con lei, per una volta. La piccola annuì, per poi sorridere teneramente, « il nostro papà è un vampiro. » e arrossì.
« spiegateci un po’ di cose sulla vostra specie... » Jasper voleva saperne di più.
Nessie cominciò a raccontare che avevano poco più di sette mesi, che crescevano velocemente, ma quando avrebbero compiuto diciassette anni, sarebbero rimasti immutati. Arrossivano, piangevano, il loro piccolo cuore batteva velocissimo. La loro pelle, come sentivo sfiorando Ej, era più fredda dell’epidermide umana, ma più calda di quella vampiresca. E potevano dormire.
Erano, appunto, metà umani e metà vampiri: potevano mangiare cibo, ma preferivano il sangue animale. Spiegarono che anche la loro mamma era vegetariana, come il loro padre. Ogni tanto, mentre la sorellina parlava, Ej si voltava verso di me, ad analizzare il mio viso. Io, intanto, ero completamente assorto nei discorsi maturi e precisi di Nessie. Erano molto precoci, e ciò era grazie alla loro mente ampia come la nostra. E sapevano tutti i rischi, e le punizioni che i Volturi avrebbero inferto loro, se avessero disobbedito alla legge. Quindi stavano ben attenti a non esporsi troppo, a non far trasparire la loro intelligenza superiore.
« E qual è il vostro cibo umano preferito? » interrogò Esme, con già la mezza idea di preparare una merenda ai due piccoli.
« la torta al cioccolato della nostra mamma! » esclamò la piccola Nessie, mentre Ej annuiva concitato. Esme ridacchiò: « e se ve la facessi io, va bene lo stesso? »
« certo! » esclamarono i due, con un sorriso estatico.
« allora vado a prepararla. » Esme sorrise, alzandosi. Nessie la imitò, annunciando che l’avrebbe aiutata.
Mi pareva quasi impossibile, ora che ora, pensare di non volerle bene. A lei come a Ej. Sentivo uno strano calore, nel petto, quando erano con me. Era un affetto speciale, come un colpo di fulmine. Erano legati a me con un filo invisibile, ma indistruttibile. E non mi capacitavo del perché.
Ej mi picchiettò sulla spalla, e io mi riscossi dai miei pensieri.
« cosa c’è? »
« tu hai un potere, in particolare? » domandò il bambino. Era l’unico argomento che non avevamo ancora affrontato, in effetti.
« sì, leggo nel pensiero. Anche se la tua mente e quella di tua sorella a volte non le colgo. » risposi. Lui parve sorpreso, e una piccola ‘o’ si disegnò sulle sue labbra. Un sorriso mi sorse inevitabilmente sul viso, a quella vista così tenera.
« anche io! » esclamò. Lo guardai, incredulo. Poi mi sorrise, e ricambiai a mia volta. Alzai la mano, e gli porsi il palmo.
« batti il cinque, compare! »e lui fece come detto. Scoppiammo a ridere.
« e Nessie? »
« Nessie proietta i suoi pensieri nelle menti altrui, con il tocco di una mano. » spiegò il bambino, con fare estasiato. Era palese l’affetto che legava quei due. Annuii, assorto. Ej, poi, mi raccontò di come fosse veloce. Emmett colse la palla al balzo: « perché non fate una gara? » propose. Io lo guardai male.
« è solo un bambino!»
« io ci sto! » fece lui, invece, con uno sguardo fiero. Era molto orgoglioso, a quanto pareva. « andiamo? Così poi ho più fame, e mangio più torta! »
--
Pov Bella.
Servii l’ennesimo cliente, con il sorriso stampato in faccia. Il mio stato d’animo, però, era l’opposto.
Irritata, no, era un eufemismo al fastidio che realmente provavo. Ero molto più che arrabbiata. Lanciai l’ennesima occhiata d’avvertimento a Jacob, ma lui niente: se ne stava sempre lì, seduto su una poltroncina messa appositamente per i clienti – e non per lupi iperprotettivi-, a controllare ogni mia mossa. Da quando avevamo litigato, non solo era diventato tremendamente pesante, continuando a implorare perdono, ma era anche ossessivamente attento a ogni mio respiro. Si preoccupava tanto e continuamente, da quando avevo avuto quella specie di crisi. Mi seguiva ovunque andassi, per paura che mi risuccedesse. Era come la mia ombra, e Seth era quella di Jacob. Erano insopportabili.
« Ma Jacob deve per forza starsene qui? » domandò Max al mio orecchio, lanciando un’occhiata di traverso al ragazzo Quileute.
« Lo so, è un gran rompi scatole. Ma non si fida a lasciarmi sola, da quando... Sono svenuta.»
« Svenuta?! » Debbie mi guardò sconcertata, « quando? Dove? » domandò, preoccupata.
« L’altro giorno, mentre Max era non so dove e tu dormivi. C’erano con me i due mori... E ora mi seguono ovunque. » feci, esasperata, sbattendo le mani sulle cosce con uno schiocco secco.
« Lo credo bene, tesoro! Se non stavi bene, avresti dovuto dircelo! Sei un’irresponsabile! » blaterò la mia amica, per poi cominciare a farmi una predica infinita. Fortunatamente, dovetti filare al bagno, per cambiare lenti a contatto, e così trassi un sospiro di sollievo. Era stato un errore renderli partecipi dell’avvenimento. Ora, sarebbero stati tutti ancora più apprensivi. Mi guardai allo specchio: la mia figura pallida e ammaliante, aveva l’espressione frustrata, infelice. Lontana dai miei due bambini, ero sempre così giù; era inevitabile che mi mancassero. Ma, sotto sotto, sapevo che il vuoto che sentivo era dovuto a qualcun altro. E quel qualcuno, era Edward.
Perché non era con me?
Perché mi aveva abbandonata, se fino al giorno prima, la nostra storia d’amore procedeva più che bene?
Perché mi aveva illusa, la notte del mio compleanno?
Ma, nonostante questo ampliasse il rammarico e il dolore, io ero felice che fosse successo. Così, erano nati Renesmee e Edward, e non potevo essere più felice di ciò. Essere madre mi aveva reso più donna, più matura, nonostante fossi ancora un’adolescente. E mi avevano dato la forza per andare avanti.
Ma immaginare come fosse stato, con Lui al mio fianco e i bambini... Il ritratto della famiglia felice io lo potevo solo sognare.
« Oh, eccoti. » fece Debbie, quando uscii, « Oggi vai tu dai piccoli a scuola o passo io? »
« Vado io, non preoccuparti Deb. Voglio stare un po’ con i miei cucciolotti. Qui c’è molta più concorrenza che nella vecchia città, non trovate? »
« Bella, se hai bisogno di una pausa, ricordati che non c’è problema. » fece Max, appoggiando una mano sulla mia spalla. « Non c’è problema » ribattei.
Con l’ingresso di altri clienti, il discorso s’interruppe. Poi, alle 5:30, orario di uscita dei miei piccoli, riposi la divisa nell’armadietto e scappai alla scuola materna del paese. Alcuni genitori erano lì da un po’, e io mi unii a loro. Ma l’odore dei miei bambini non lo sentivo. L’avrei riconosciuto tra mille, e non solo per la particolarità, e il loro profumo non c’era proprio. Ci potevo giurare.
Un fruscio, un movimento veloce, ed ecco i miei bambini trotterellare nella mia direzione con un sorriso estatico sui visetti.
« Mamma? » domandarono, una leggera sfumatura di panico nella voce.
« figli. » ribattei, con lo stesso tono. « E’ così che mi accogliete? »
Loro sorrisero, finalmente, e mi corsero tra le braccia, che avevo allargato appositamente per abbracciarli. Nessie mi baciò una guancia, poi scesero entrambi. Ej mi prese la mano, mentre mia figlia rimase appiccicata al mio fianco.
Se sapesse...
Se sapesse, saremmo morti.
Storsi il naso; c’era un odore particolare sui miei figli. L’avevo notato solo ora.
Odore di vampiro.
Perché i miei figli sentivano di freddo?
Era un odore fin troppo familiare, per i miei gusti. Sapeva di... Alice. Ma che sciocchezze andavo pensando. Non poteva essere lei, quindi era meglio mettersi il cuore in pace. Passeggiammo fino a casa, io cercavo di essere, o perlomeno apparire, tranquilla. Era inutile, tanto; Alice e i Cullen non sarebbero mai tornati. Anche se ora, il mondo di Edward, era anche il mio, di mondo.
Arrivati a casa, accesi l’acqua per il bagnetto dei miei piccoli, e mentre loro sguazzavano allegramente tra le bolle di sapone, io preparai i loro i vestiti.
Mi guardavo in torno continuamente, con circospezione. Sarò stata paranoica, ma mi sentivo come spiata. C’era una presenza che seguiva ogni mio movimento.
Era...la stessa sensazione che provavo quando Edward s’infiltrava in camera mia, di notte, nel periodo in cui non conoscevo ancora la sua natura. Osservata. Era un’ombra silenziosa, troppo silenziosa.
Non mi sentivo sicura a lasciar soli i miei piccoli, perciò volai in bagno. Ma Renesmee e Edward erano ancora lì. Mi guardarono, incuriositi, poi tornarono a giocare allegramente, schizzandosi a vicenda. Sorrisi, soffiando tra i denti un sospiro.
Ero davvero paranoica.
« Terremoti, è ora di uscire. » annunciai, afferrando un asciugamano. I miei cuccioli si lagnarono, ma alla mia occhiata ammonitrice, sbuffando, acconsentirono. Avvolsi i miei piccoli nei rispettivi asciugamani e li portai nella stanza da letto. Li feci vestire con i loro pigiami, tra solletico e risate. Edward cominciò a saltare sul letto, imitato immediatamente da Nessie.
« Ehi, c’è gente sotto! » li sgridai, ma il sorriso non me lo toglieva nessuno dalle labbra, in loro presenza. Loro mi fecero una pernacchia: « Sotto ci sono zio Seth e zio Jake. Se stanno dormendo, russano così forte che non ci sentono. » Alzai gli occhi al cielo, portano le mani sui fianchi. Dovevo avere l’aria severa, anche se non mi riusciva granché; li feci solo ridere di più. « Allora? » domandai.
« Vieni anche tu! » I miei figli allungarono le mani, e allora mi arresi. Salii sul letto e mi unii a loro a saltellare. Li afferrai per i fianchi e li buttai sul letto, facendo loro una linguaccia. Sghignazzarono – inutile dire che il modo era identico a quello del padre-, e per punirli li torturai con una buona dose di solletico. Nessie e Edward si contorcevano sotto le mie mani, ridendo come pazzi. La loro voce ilare era un qualcosa di splendido. Mi riempiva il cuore come non mai. Vederli sereni e al sicuro era la cosa che più mi premeva. Il loro sorriso valeva più di ogni altra cosa.
Un trillo, insieme alle nostre risate, vibrò nella stanza. Aguzzai subito l’orecchio.
Oh oh.
Mi voltai verso Ej, con un’aria inquisitoria. Lo sguardo di fuoco che gli lanciò Nessie valse molto più di qualsiasi altra spiegazione. Quei due mi nascondevano qualcosa.
Mi tirai su e mi misi a gambe incrociate, senza staccare loro gli occhi di dosso.
« Mi nascondete qualcosa, vero? »
« No. » cantilenarono, poco convincenti.
« Di solito » feci con aria saccente, « mentite meglio. Peccato, niente torta »
« Al cioccolato? » domandò Nessie, preoccupata. Annuii, con un’espressione severa.
Lei guardò implorante il fratello, che scosse la testa. Il cioccolato era il punto debole di Renesmee, ma, cavolo, non quello di Edward. Guardai ancora la bambina.
« Renesmee Carlie Swan. O me lo dici, o non mangerai più cioccolato per il resto dei tuoi giorni. » feci, severa. La bambina guardò me, poi Ej, e poi ancora me. Negò col capo, facendo rimbalzare quei boccoli ramati che adoravo tanto. Rossicci come quelli del padre, strambi, ma assolutamente fantastici.
Fitta al cuore.
Ignorai il male, mentre fissavo intensamente i miei bambini.
« Bene. » mormorai, con poco fiato, « stasera dormirete da Jacob. » affermai. Non ero arrabbiata per il segreto, prima o poi l’avrei scoperto comunque. Ma sapevo cosa stava per accadere; l’ennesimo colpo mi fece sussultare, come a darmi conferma. I miei bambini mi guardavano, la paura nei loro occhi. Avevano capito.
« Non ti lasciamo sola. Mamma..mamma! » Sentii i miei occhi rovesciarsi, mentre ancora la nebbiolina affollava i miei pensieri. Quando le immagini m’invasero la mente, le scosse elettriche stavano appena cominciando.
Pov Edward Junior.
La mamma si accasciò sul materasso, squarciando il silenzio con un urlo terribile, in grado di accapponarmi la pelle. Guardavi spaventato mia sorella; la sua espressione era specchio della mia. Panico totale.
Avevamo già visto la mamma in queste condizioni, più di una volta. Lei non si ricordava mai nulla, ma nella nostra testa- mia e di Nessie-, quella scena era impressa a fuoco.
« Ej » mia sorella cercava di mantenere la calma, con pochi risultati. La sua voce tremava, rischiava di scoppiare a piangere da un momento all’altro. « Chiama Jake e zio Seth. »
La frase non aveva ancora finito di vibrare nell’aria, che io ero già nel pianerottolo sotto al nostro. Non seguii le buone maniere, non c’era tempo. Spalancai la porta e corsi da Jacob velocemente. « Zio Jake, zio Seth, la mamma! » Gli bastarono queste parole per seguirmi di sopra, dove Nessie cercava invano di farle riaprire gli occhi. La chiamava, le sfiorava il viso delicatamente. Ma mia madre urlava, singhiozzava, si dimenava. Era come se volesse muoversi, ma era imprigionata. Bloccata da sé stessa. Era peggio dei due giorni d’agonia durante la sua trasformazione. Avevo un ricordo vago, ma sapevo bene che questa tortura era ben peggio del fuoco divampante mentre il suo corpo diventava immortale. Per di più, era straziante vederla così. La nostra mamma.
Nessie singhiozzava, mentre Jacob e Seth strattonavano la donna agonizzante che ci aveva dato la vita, che ci cresceva ogni giorno. Abbracciai mia sorella, era l’unica cosa che riuscivo a fare. Darle conforto di certo non faceva svegliare mia madre, ma aiutava me e mia sorella. A quel punto, avevo capito che l’unica cosa da fare era aspettare che le passasse. Né io né Jacob potevamo fare qualcosa.
Una speranza, però, l’avevo. Se non ricordavo male, il padre adottivo di zia Alice, Carlisle, era un medico. Un dottore vampiro, che adorava studiare la nostra specie- benché si odiasse-, e amava salvare le persone. Se gli avessi spiegato il caso di mamma, non solo avrei soddisfatto un bisogno di conoscenza sulla nostra natura, ma avrei anche risparmiato la donna più importante della mia vita da tali mostruosi dolori. Era un peccato che non potessi correre a casa di zio Emmett. Ma lì, non avrei cercato lui; bensì, Edward. Io volevo bene a quell’uomo, a quel vampiro. Non avevo la certezza che lui fosse mio padre, ovviamente, ma tutto coincideva. Dal nome, la dieta, all’aspetto fisico. Per non parlare di quell’affetto che legava me e Nessie a lui. Era quasi malsano, talmente era melenso. Avrei pagato oro pur di averlo vicino, in quel momento. Oro, pur di scoprire se davvero era mio padre.
E soprattutto, avrei dato tutto, in tal caso, per far tornare insieme lui e la mamma. Per farci essere una famiglia. Io, lui, Nessie e la mamma, felici.
L’ennesimo urlo di mia madre, straziante, fece piangere ancora più forte mia sorella. La strinsi maggiormente, trasmettendole il mio affetto. Stringevo i denti, avrei voluto urlare anche io per la frustrazione, avrei voluto anche io piangere, sfogarmi. Essere un bambino della mia età effettiva, in quella beata ingenuità e inconsapevolezza. Ignaro del dolore che la vita poteva far incombere su di te e su chi ti circondava.
...
« Bambini, la colazione è pronta. » mia madre, con la sua voce dolce e incalzante, mi svegliò. L’avvenimento della notte scorsa non sembrava aver avuto un effetto negativo. All’apparenza. Sapevo che mamma soffriva tanto per la mancanza di Edward, era questo il fulcro delle sue crisi. Lo sapevamo io, mia sorella, e pure Jake. Ma mia madre non ci poteva fare nulla. Jacob si ostinava a volerle far dimenticare mio padre. Peccato che mamma fosse ancora follemente innamorata di Lui. Era inutile; tanto era testarda mia madre, tanto era grande quel sentimento.
Mi alzai, e raggiunsi Nessie alla porta. Camminai mezzo addormento fino al cucinino, dove la luce era più intensa e accecante. Mi sfregai l’occhio, intanto che mi abituavo alla luce. Nonostante avessi doti vampiresche e tutto il resto, alla mattina ero meno presente di un fantasma. Dormivo praticamente in piedi. Nessie, al mio contrario, era già pimpante ed allegra. Ma era un’impresa farla alzare dal letto comunque. Dopo il ‘risveglio’ della mamma, ieri notte, mia sorella era crollata, e aveva dormito come un sasso fino a pochi minuti fa. Io invece, ero rimasto troppo in ansia per poter dormire bene come avrei voluto e dovuto.
Mia madre ci diede due baci sulle guance, mentre io e Nessie ci arrampicavamo sulle sedie. Mamma mise sul tavolo due fette enormi di torta al cioccolato, con delle tazze di latte caldo.
« Mi dispiace... » si scusò, abbassando il capo, « per ieri. »
Sapevamo che non era colpa sua, di certo non era così masochista da volerlo. Io e Nessie ci alzammo a l’abbracciammo forte, nel nostro famoso abbraccio di famiglia.
«Ti vogliamo tanto bene, mamma.» esclamammo io e mia sorella all’unisono, mentre mamma ci stringeva a sua volta, spasmodicamente. Eravamo tutto quello che di più caro avesse, ne eravamo consapevoli. E anche noi tenevamo immensamente a lei. La nostra mamma era tutto, per noi. Anche se... il posto per il papà c’era sempre, nel nostro cuore.
Io e la Pulce mangiammo con gusto il dolce al cioccolato.
« Il ricatto non ha retto... » commentò ad alta voce la mamma, « ma prima o poi il vostro segreto lo scoprirò: statene certi »
E se non l’avesse fatto da sola, alla fine, l’avremmo portata noi da zia Alice e zio Emmett. Anzi, l’avremmo gettata noi tra le braccia di Edward. Fino al giorno prima, non avevo analizzato bene la cosa. Ness aveva parlato con lui del perché fosse così triste. Il vampiro-fotocopia-di-mia-sorella ( motivo in più che ci spingeva a pensare che veramente fosse nostro padre), aveva raccontato della sua storia d’amore finita male per una sua decisione stupida. Aveva abbandonato la sua amata; ovvero, nostra madre. Solo che il rosso non poteva immaginare che la sua Bella fosse in dolce attesa.
Se tutta questa storia avesse avuto fine, in futuro, avrei scritto un libro. Chissà, magari avrebbe fatto successo.
« Forza cuccioli, a lavarsi faccia e denti. Ej, non fare scherzi. » Io e Nessie rispondemmo col saluto militare, e marciammo fino al bagno.
« Pronti! » esclamai, mentre uscivamo già belli e impomatati. Mia madre si chinò alla nostra altezza e mi prese la guance, tirandomele. Poi mi baciò la fronte: « Il mio ometto! » trillò, con gli occhi luccicanti. Poi prese in braccio la Pulce, che le sorrise.
« Tu, tesoro mio, da grande farai la principessa. » mamma annuì tra sé, con un sorrisino a tirarle le labbra. Nessie ridacchiò.
« Se, se! Aspetta e spera! » commentai, portando le braccia dietro alla testa, incamminandomi all’uscio. Mamma e la Pulce mi seguirono. Arrivati a scuola, mamma ci raccomandò di comportarci – o meglio, comportarmi- bene. Be’, dai, non ero così scalmanato.
Quella giornata fu più lunga del solito. Forse perché era di una noia mortale. Che barba, era molto più eccitante correre al fianco di Edward negli spazi verdi intorno alla grande villa. Avevo vinto io, ovviamente, il giorno prima. Il vampiro-fotocopia-di-Nessie era basito, non s’aspettava che fossi così veloce. Speravo non fosse un carattere che a lungo andare si fosse affievolito. Non avrei sopportato di essere battuto da Ness. Zia Rose diceva, come tutti, che assomigliavo moltissimo a Emmett, di carattere. Mentre mia sorella, aveva un non si sapeva cosa di Alice. In effetti, erano molto, molto, molto simili. L’esuberanza, poi, era nota, in tutte e due, in quantità eccessiva. Non stavano mai ferme; Alice e Ness parlavano di tutto e di tutti, ridevano, giocavano insieme. Fortunatamente, mia sorella non aveva la stessa sfrenata passione per la moda che aveva Alice. Ringraziavo il Cielo, per questo.
Al pomeriggio, ci venne a prendere zia Debbie. Ci portò al parco, dove zia Alice e zio Emmett c’avevano aspettati. Lo zio Grizzly ci fece un occhiolino d’intesa, come saluto. La zia umana andò a prenderci i gelati, come al solito, e io e Ness rimanemmo con i vampiri.
« Guarda guarda, ecco Pulce e Pidocchio! » canzonò l’orso, con un sorriso.
« Hola, Grizzly! »
« Uè, cos’è, sapete parlare anche lo spagnolo ora? » fece, basito.
« No, l’ho visto solo alla tele. » risposi, ridendo, e contagiando anche Folletta grande e folletta piccola.
« e gli altri? » domandai.
« Oh, tutto okay... » minimizzò Alice, i cui pensieri preoccupati vagavano alle condizioni del fratello rosso, « com’è andata la scuola? » cambiò discorso, illuminandosi di un sorriso.
« Una barba » parlò Ness, con una smorfia, « Io e Ej siamo molto più maturi di quella banda di bavosi. »
« E te lo chiedi anche? » feci io. Emmett e Alice risero, mentre zia Debbie ritornava con i due coni gelato tra le mani. Io e mia sorella cominciammo a sgranocchiarlo, mentre i tre adulti parlavano amabilmente. Zia Alice sembrava serena, in realtà era piuttosto distratta. Emmett si ripeteva come un mantra di non pensare in negativo.
Il cellulare di zia Deb cominciò a suonare, e lei si allontanò per rispondere. Tornò, dopo la conversazione, con una strana espressione. L’aveva chiamata zio Seth. Strano.
« Emmett, Alice, mi potete curare i bambini per un po’? » domandò, titubante.
« Non c’è problema! » tuonò il macho, con un gran sorriso. Questa volta sincero e spontaneo. Debbie ringraziò tremila volte, poi scappò fuori dal parchetto. Non avrebbe dovuto tardare; in tal caso, avremmo dovuto chiamare la mamma... O saremmo tornati da soli. E preferivo ancora, per ora, che non si sapesse di questa nostra complicità con dei vampiri. Zio Jake avrebbe dato di matto, e, francamente, non volevo sapere la reazione della mamma. Quando si arrabbiava, era più pericolosa di qualsiasi calamità ambientale.
Andammo a casa di zia Alice. Lei, se zia Deb fosse tornata prima, l’avrebbe vista e ci avrebbe portati al parco prima del suo ritorno. La folletta era una veggente; che ficata, vedere nel futuro. Ma la lettura del pensiero era il dono più ganzo di tutti, anche se, per certi versi, più molesto e fastidioso. Esme ci accolse con un gran sorriso.
In salotto, Jasper leggeva un quotidiano mentre Rosalie una rivista di moda. E come dubitarne. Sulla poltrona, c’era una figura in più: un uomo biondo, posato, dall’aria gentile e buona, ci osservava. Doveva essere Carlisle, il capo clan.
« Carlisle » ecco, appunto, « loro sono EJ e Nessie. » presentò Alice. Io e Ness ci avvicinammo e porgemmo le mani, educatamente.
« Piacere, piccoli. » fece, affabile. Ma non ci sfuggì l’occhiata perplessa che rivolse ai figli.
Era, ovviamente, stato colpito dal nostro odore particolare. Emmett spiegò tutta la nostra storia, o perlomeno, la versione ristretta che avevamo raccontato loro. Il dottore era stupefatto. Non credeva potessimo esistere davvero. Ma eravamo di fronte a lui.
Come pensai di Esme, lo feci anche con lui; be’, non erano la figura classica – capelli bianchi e qualche ruga di troppo- di nonno, ma mi stava più che bene così.
Fummo distratti dal suono soave di note. A Ness luccicarono subito gli occhi, lo strumento era il pianoforte. « Oh, è Edward. » Io e mia sorella sorridemmo. Potevamo avere altri dubbi? No, non credevo. Alice ci portò al piano superiore, dove la melodia era ancora più forte. La vampira aprì una porta, rivelandoci la camera di Edward. Lui era seduto ad un pianoforte verticale, contro la parete alla nostra destra. Ci sentì distintamente, ma non smise di suonare; la musica però cambiò. Da una dolce e malinconica, passò ad un uragano di note. « Questa è per voi » disse lui, senza riaprire gli occhi. Le dita scorrevano veloci sui tasti, sciolte, dando vita ad un vero capolavoro. Se Nessie era brava, Edward be’...lo era cento volte di più. Come tutto, la canzone ebbe fine, e il vampiro musicista si voltò verso di noi. Nessie fremeva, gli occhi a cuoricini intermittenti.
« Era bellissima. » esclamò mia sorella, « E tu sei bravissimo! »
Le diedi il gomito, con un sorrisino di scherno: « Ti batte di gran lunga, Pulce » la presi in giro. Mia sorella gonfiò le guance, mettendo su una faccia da saccente.
« Lo so anche io, questo, Pidocchio fastidioso. » Edward rise di gusto, contagiandoci.
« Suoni? » chiese poi a mia sorella, con molto interesse. Più del dovuto, quasi. Nessie annuì. Il rosso picchiettò lo sgabello accanto a sé, e mia sorella trotterellò lì per sedersi. Mi avvicinai a mia volta, chiedendo mentalmente a Renesmee di suonare quella della mamma. Era la migliore, di tutte quelle che sapeva. Ma non la canzone che aveva inventato mia sorella. Quando mamma ci aveva portati dal nonno Charlie, avevo trovato per caso uno spartito dal titolo ‘Bella’s Lullaby’. Appena la mamma andava a caccia, o al lavoro, mia sorella l’aveva imparata a suonare. Era la ninna nanna che aveva scritto nostro padre per la mamma. E, insomma, era la prova del nove.
Nessie appoggiò le mani sui tasti, nervosa. Respirò profondamente; sapeva bene quanto me, che tutto dipendeva da quella canzone. Ma poi, come sarebbe andata a finire?
Pigiò il primo tasto d’avorio, e pian piano la composizione prese forma. L’espressione di Edward diceva tutto.
Stupore.
Incredulità.
Dolore.
Consapevolezza.
Tormento.
Amore.
Portò gli occhi nei miei, e capii che aveva intuito quello che noi pensavamo. Aveva capito CHI eravamo. E fece il mio stesso sorriso, quello che mandava in iperventilazione mamma. Gli ricordavo Lui, con il mio modo di fare. E lo stesso valeva per Ness, che era la fotocopia sputata di.. di mio padre.
Ma quell’atmosfera magica non poté durare.
Gli occhi di Edward, si fecero vitrei.
E no, non poteva essere vero!
Nessie s’interruppe subito, mentre un urlo squarciava il silenzio.
L’urlo della mamma.

  
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