Per tutti la vita è come un ritorno a casa: commessi viaggiatori, segretari, minatori, agricoltori, mangiatori di spade, per tutti...
tutti i cuori irrequieti del mondo, cercano tutti la strada di casa.
- Patch Adams
Da qualche parte sopra il cielo della
Georgia...
“Non sei un po'
grande per giocare a
videogiochi del genere, ragazzino?” la voce di Derek gli
arrivò
gioviale all'orecchio, proveniente dal sedile di fronte al suo.
Poco più in là Rossi
scriveva come al solito nel suo misterioso taccuino ed Hotch stava
dando l'ennesima lettura al rapporto del caso di cui si erano appena
occupati a New Orleans. Emily era totalmente immersa nella lettura di
un libro voluminoso e JJ sonnecchiava al suo fianco.
“Beh, c'è un ossimoro di fondo
nella tua affermazione e nel modo in cui mi chiami basato sul fatto
che...” rispose, mettendo in pausa il gioco ed alzando lo
sguardo
sul collega.
Morgan non potè impedirsi di far
roteare gli occhi “Reid...”
“Me l'ha regalato Alaska.” capitolò
quindi il giovane, con un sorriso che spuntò automaticamente
sul suo volto non appena pronunciava quel nome.
“La tua ragazza ti ha regalato Puzzle
Bubble?” rise l'uomo, divertito.
“Sì. Dice che giocarci
accrescerà la mia coordinazione occhio mano.”
spiegò
il ragazzo, riportando le parole che le aveva detto l'antropologa
quando le aveva dato quel regalo.
Per quanto non lo credesse possibile la
sua vita con Alaska stava procedendo a gonfie vele. Fino a quel
momento, oltre ai reciproci viaggi di lavoro, si erano separati
solamente durante le festività natalizie. Lei era andata a
passare il Ringraziamento in Alaska, dal padre, mentre lui si era
recato come al solito dalla madre a Las Vegas: si erano ricongiunti a
Natale, in Kansas, dove avevano passato la festa con l'originale e
caotica famiglia dell'antropologa. Aveva rivisto i due brillanti
fratellini gemelli di Alaska, aveva fatto la conoscenza della sua
bellissima e biondissima madre Olga, finlandese fin nel midollo, e
del suo nuovo marito, Karol, un polacco grande e grosso quanto un
orso bruno, ma decisamente più affabile.
Fra loro due tutto procedeva alla
perfezione, senza neanche una nube ad intaccare il clima perfetto che
si era creato fra di loro.
“E' un vero peccato che non eravamo
in città quando ha compiuto gli anni...”
commentò
Morgan, particolarmente in vena di chiacchiere. Erano dovuti partire
per quel caso a New Orleans proprio il giorno prima del ventiseiesimo
compleanno della giovane.
Spencer si strinse nelle spalle “Dice
che non importa. Ha detto che così organizzerà
una
festa di non-compleanno e che sarà più divertente
perchè dice che trova più bello ricevere dei
regali in
un giorno che non è il compleanno.”
Derek annuì, come se trovasse
davvero che quel tipo di ragionamento fosse logico e proprio nel
momento in cui stava a chiedere al giovane profiler se le aveva
già
consegnato i biglietti per Las Vegas che, insieme ad una vacanza il
cui scopo principale era farle conoscere la madre di Reid, era il
regalo scelto dal collega per la propria ragazza, il suo cellulare
iniziò a trillare, diffondendo nel jet l'allegra musica di
Hakuna Matata.
Spencer si affrettò a portarsi
il telefono all'orecchio.
“Indovina?” trillò Alaska,
saltando a piè pari ogni tipo di saluto.
“Indovina cosa?” le fece eco
Spencer, un po' confuso da quell'esordio.
Alaska rise, divertita “Quello che
devo fare oggi!”
Reid sbattè le palpebre, sotto lo
sguardo incuriosito di Morgan “Uhm...non so...Organizzi uno
scavo
per lo Smithsonian?”
“No.-disse con impazienza- Oggi sarò
praticamente una donna d'affari!”
“Una donna d'affari?” ripetè
il profiler, scettico.
“Sì!C'è un finanziatore
che vuole fare una nuova donazione e la vuole fare proprio al mio
reparto. Solitamente di queste cose si occupa Jeff. Ti ricordi di
Jeff?L'avevi conosciuto alla cena per festeggiare l'anniversario
dell'istituto, quel tipo basso e tarchiato con quel paio di baffi da
vichingo!”
Spencer aggrottò la fronte, in
seguito alla parlantina svelta della giovane “Sì,
credo di
ricordare. Come mai non può occuparsi lui di questa
cosa?”
“Ha preso la varicella, ci
crederesti?- continuò a snocciolare allegra Alaska- Non va
mai
a prendere sua figlia piccola all'asilo e quando ci va, riesce a
prendersi l'unico virus per cui non ha ancora sviluppato anticorpi e
per cui non è vaccinato. Tu hai fatto la varicella,
Spencer?Io
non mi ricordo, credi che sono a rischio di contagio?”
“Non credo, Al.- la rassicurò,
curioso di sapere quale fosse il vero nocciolo della questione- Vai
avanti, spiegami che devi fare oggi.”
“Incontrerò questo
finanziatore e lo convincerò a fare una cospicua donazione
al
reparto di antropologia!” rivelò, la voce acuita
dall'eccitazione.
Spencer sorrise, orgoglioso “Ci
riuscirai ne sono certo.”
“Grazie.- la voce di Alaska era
incerta, leggermente titubante- Uhm, per puro caso: sai dirmi quali
sono i miei appuntamenti di oggi?”
“I tuoi appuntamenti?” Reid era
interdetto da quella strana richiesta.
“Sì, quelli sulla mia agenda.-
spiegò alla svelta- Te l'ho fatta leggere proprio per
emergenze come questa. L'ho persa e credo di avere qualcosa di
importante da fare, ma non ricordo cosa.”
“Forse è proprio
l'appuntamento con questo finanziatore?” azzardò,
alzando un
sopracciglio
“No, ricordo esattamente che devo
incontrare Mr.Cashman, so luogo ed ora!”
“Ma non ricordi il suo nome...” la
punzecchiò, divertito.
“Beccata!-rise Ross- Tu lo sai?”
Reid fece velocemente mente locale
prima di parlare “Devi incontrare il signor
Gillian.”
“Il signor Gillian!- esclamò
tronfia Alaska, battendosi una mano sulla fronte- Ecco
perchè
quando pensavo a lui continuava a venirmi in mente Gollum!”
“E che cosa c'entrerebbe?” domandò
il profiler, non capendo il nesso fra le due cose.
“Gillian...Gollum...- spiegò
la ragazza con ovvietà- Sono nomi piuttosto simili,
no?”
Reid scosse la testa, un sorriso
divertito sulle labbra sottili e in quel momento di distrazione si
sentì sfilare dalle mani il cellulare.
Alzò lo sguardo e incontrò
il ghigno di Morgan, che stava mettendo la comunicazione in viva
voce.
“Quarantanove, smetti di perdere
tempo con il ragazzino e parla un po' con me.- la esortò il
bell'uomo di colore- Mi fate sentire escluso se fate
così!”
“Derek!- esclamò stupita la
giovane antropologa, dall'altra parte del filo- Sei anche tu
lì?”
“Perchè, dove pensavi che
fossi?- Mica pensavi che sarei tornato da New Orleans a
piedi.”
“Certo che no.- assicurò Alaska facendo una
breve pausa- Ero certa avresti utilizzato il teletrasporto!”
“Spiacente, Quarantanove- continuò
Derek, utilizzando per l'ennesima volta quel soprannome da lui
adorato- questa volta mi sono adeguato a mezzi più
usuali.”
“Ok, visto che sono in viva voce
propongo un sondaggio.- esordì con voce frizzante la
ragazza,
dopo che ebbe esaurito una risatina divertita- Sareste più
disposti a sganciare centomila dollari a una donna vestita con un
triste tailleur blu oppure con un vestito a pois bianchi?”
“Alaska, l'appuntamento ce l'hai fra
mezz'ora!- le ricordò Spencer- Sei ancora a casa a
prepararti?”
“Certo che no, sciocchino!Mi sono
portata al lavoro un borsone con i vestiti che potrei indossare:
così
ho più tempo per pensarci, no?”
Morgan inarcò un sopracciglio
“Non è molto pratica la cosa.”
“Certo che sì: il borsone è
un trolley!” lo contraddisse immediatamente Alaska, con
convinzione.
L'uomo scosse la testa, sapendo ormai
che discutere con lei non avrebbe portato a niente di buono
“Io
voto il vestito a pois, non ti ci vedo proprio in un comune
tailleur...”
“E' quello che hai preso insieme a
Garcia?” si informò quindi Reid, cercando di
ricordare.
“Esatto!”
“Anche io preferisco quello.”
concordò quindi.
Alaska trillò
contenta“Aggiudicato: lo metto subito!”
“Ahia!” piagnucolò, subito
dopo che un fragoroso rumore di scatole che cadono arrivò
alle
loro orecchie.
“Quarantanove, dove sei?” domandò
Morgan, allarmato da quel rumore.
“In uno sgabuzzino dello
Smithsonian.- borbottò la ragazza mentre si massaggiava la
testa- Sto cercando di cambiarmi, ma credo che ci sia un terremoto
perchè mi sta crollando tutto addosso.”
“Insieme alle mummie?” chiese di
nuovo il profiler, che come al solito non si capacitava di come
quella ragazza così svagata e dolce potesse stare per la
maggior parte del tempo con cadaveri, scheletri e corpi carbonizzati
senza battere ciglio.
“Tranquillo, non hanno occhi.- gli
ricordò Alaska- Devo ricordarmi di farle mettere in
esposizione: credo che qui dentro si sentano sole...”
“D'accordo, Al.- la interruppe
Reid-Credo che sia arrivato il momento di salutarci.”
“In bocca al lupo per il tuo
colloquio, Quarantanove.” la salutò Derek
“Crepi il cacciatore.- ribattè
l'antropologa con una risata- O per lo meno dimentichi le cartucce
del fucile a casa!”
“Ah, Spencer?” si affrettò
ad aggiungere prima di chiudere la comunicazione.
“Passa da casa mia quando torni.”
Sul volto di Reid comparve un sorriso
dolce, ignaro che per quell'ultima frase della sua ragazza sarebbe
stato tormentato da Morgan fino alla fine del volo.
Casa di Alaska Ross. Washington DC.
Reid suonò il
campanello per la
seconda volta ma, come quella precedente, non ottenne risposta.
Stava per sfilarsi dalla tasca del
cappotto il mazzo di chiavi che gli aveva consegnato Alaska, ma non
appena appoggiò la mano sulla maniglia la porta si
aprì
con un cigolio inquietante.
Si fece un appunto mentale di chiedere
a Morgan di passare a oliarla: lui non era bravo nelle faccende
manuali e l'ultima volta che aveva provato a fare un lavoro in casa
aveva combinato un gran disastro.
“Al?” chiamò, mentre
appendeva il cappotto e la borsa all'appendiabiti all'ingresso dopo
essersi richiuso la porta alle spalle.
Non ottenne nessuna risposta, ma la
musica ad alto volume e un profumo dolce e accattivante proveniente
dalla cucina erano degli indizi abbastanza concreti riguardo a dove
si trovasse la sua ragazza. Sospirò paziente prima di
raccogliere una portadocumenti abbandonata tristemente sopra al
tappeto ed appoggiarla sul tavolino poco distante. Ancora non capiva
come Alaska potesse vivere in quel caos totale: semplicemente
abbandonava qualsiasi cosa dove ritenesse fosse più
opportuno,
senza seguire la logica convenzionale. Non era raro che, in questo
modo, perdesse anche le cose più importanti. La casa
dell'antropologa sembrava la casa del coniglietto pasquale: ovunque
ci si girasse si poteva trovare, in un posto assolutamente
inaspettato, un dolcetto di qualsiasi tipo. Spencer sorrise mentre
trovava una caramella al miele sul ripiano dove solitamente
appoggiava la sua borsa. La scartò piano e se la mise in
bocca, mentre osservava la foto di loro due in una delle gite in cui
lo trascinava Alaska non appena entrambi ne avevano il tempo: lei
rideva spensierata, gli occhi socchiusi e un cappello di paglia
calcato in testa, mentre lui sembrava rigido e fuori luogo di fianco
a lei, con sullo sfondo uno degli acquari di Atlanta. Ancora si
domandava come facesse quella ragazza a trovarlo anche minimamente
interessante, ma non appena incrociava i suoi occhi azzurri non
poteva che accantonare quei pensieri: erano semplicemente destinati a
stare insieme. Non aveva mai creduto a certe cose eppure...in quel
momento gli sembrava l'unica spiegazione logica.
“Marco?” sentì chiamare
dalla cucina, dalla voce frizzante della giovane antropologa.
Gli sfuggì una risatina prima di
rispondere a quel richiamo che faceva parte di uno dei giochi
preferiti dell'infanzia di Ross “Polo!”
Spencer non fece in tempo a mettere
piede nella cucina che venne travolto dalla ragazza, assieme ad un
delicato profumo di torta.
“Mi sei mancato!” gli disse, il
volto premuto sul suo petto in un abbraccio da orso.
“Anche tu.”
E quando Alaska alzò il volto
sorridente verso di lui, vedendo gli occhi dello stesso colore di un
cielo terso illuminati dalla felicità, il significato delle
proprie parole colpì il profiler come uno schiaffo.
Reid chinò il viso per lasciare
un bacio leggero sulle labbra dell'amata, ma quando si ritrasse la
sua espressione era leggermente cambiata.
“Alaska cosa avevamo detto riguardo
al fatto di lasciare la porta aperta?” la
rimproverò,
lanciandole un'occhiata preoccupata.
La giovane non si scompose “Che ti fa
risparmiare il tempo di suonare il campanello?”
“Io ho le chiavi.- le ricordò,
facendo roteare gli occhi- E poi lo sai che è pericoloso. Se
entrasse un ladro?O peggio?”
“Tipo un vampiro?- scherzò
Ross, iniziando a parlare velocemente e gioviale- Perchè
quelli so che se non vengono invitati non possono entrare nei luoghi
chiusi.
E i lupi mannari si sentono prima perchè puzzano di
cane bagnato, e inoltre ci sono solo nelle notti di luna piena e
poi...”
“Alaska sii seria.” la richiamò
Spencer, alzando un sopracciglio e imponendosi di non ridere.
“E' stata solo una piccola
dimenticanza. Dottor Reid ha intenzione di mettermi in castigo per
questo?” gli sussurrò a fior di labbra, mentre
allacciava le
braccia attorno al suo collo.
Sul volto del profiler si allargò
un sorriso sornione “Dipende...”
mormorò, prima di
chinarsi leggermente per incontrare le labbra morbide di Alaska ed
abbandonarsi ad un bacio appassionato.
Fece scorrere le proprie mani lungo la
sua schiena, riuscendo infine a sollevare leggermente il maglione e
trovando così un contatto con la sua pelle setosa e calda.
Alaska si mosse contro di lui, cercando
di far aderire ancora di più il proprio corpo a quello
snello
e longilineo del ragazzo. Le sfuggì una risatina quando,
dopo
avergli mordicchiato il labbro inferiore e posato le mani sul petto
per separarsi da lui e tornare alla propria occupazione in cucina,
sentì la stretta di Spencer farsi più forte.
“La tua torta si brucia, tesoro.”
lo informò, con un sussurro melodico nell'orecchio.
Reid sentì un brivido scorrergli
lungo la schiena “Non voglio una torta.- replicò,
restio a
lasciarla andare- Voglio te.”
L'antropologa rise di nuovo “Abbiamo
tutta la sera davanti, Spencer. E poi preparare quella torta mi ha
preso tutto il pomeriggio e lo sai che l'ultima volta che ho bruciato
qualcosa in cucina la mia vicina ha chiamato i pompieri...”
Spencer annuì, sciogliendo
riluttante l'abbraccio, ma non riuscì a non sorridere
divertito al ricordo di quella vicenda. Una di quelle tipiche
situazioni folli a cui si stava abituando nel vivere sempre
più
in simbiosi con quella buffa ragazza dagli occhi azzurri e profondi.
La vide indaffarata aprire il forno per
controllare la cottura del dolce e, con ancora un sorriso fra le
labbra, si sedette comodamente su uno degli sgabelli che attorniavano
il bancone della cucina.
Accanto al libro di ricette troneggiava
un grosso tomo che per lui aveva un aspetto decisamente familiare.
“Vedo che hai ancora il mio libro.”
commentò, alzando un sopracciglio.
“Oh, sì.- disse Alaska, dopo
essersi girata con in mano la teglia su cui aveva riposto la torta
ancora fumante- L'ho letto oggi nella pausa pranzo.”
Spencer spalancò gli occhi
scuri, stupito “Tutto, nella pausa pranzo?”
“No.- rise la ragazza, scuotendo la
testa e facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli corvini- Volevo dire
che nella pausa pranzo l'ho iniziato a sfogliare ma a pagina cinque
mi sono detta: è la mia pausa pranzo,
accidenti!Perchè
la passo a leggere Kant e non a mettere qualcosa sotto i
denti?Così
sono uscita per andarmi a prendere un gelato!”
Reid si unì alla sua risata
spensierata “Ma perchè hai voluto che te lo
prestassi se
continui a trovare scuse per non leggerlo?”
Alaska si strinse nelle spalle,
appoggiandosi coi palmi al caotico ripiano di marmo
“Perchè
volevo sapere che cosa stai studiando. Solo che per me è
come
un linguaggio alieno: capisco le parole prese singolarmente ma quando
cerco di capire il significato del discorso, bum!Il mio cervello va
in tilt. Non credo di essere abbastanza intelligente per capire
quella roba.”
Spencer scosse la testa, sorridendole
conciliante “Tu puoi fare tutto quello che vuoi, Al, anche
capire
Kant.”
“Sei davvero tenace.- sospirò
la ragazza, allungando una mano per dargli un buffetto sul braccio-
Non capisco come tu ti possa essere convinto del fatto che ho le
capacità di capire la filosofia...”
“Perchè lo so.- rispose
semplicemente il giovane agente FBI- E poi me l'hai chiesto tu di
spiegarti cosa sto studiando.”
“Perchè mi piace il tuo
modo di spiegare le cose.- gli rilevò sorridendo-Sei davvero
carino quando sei concentrato.”
A quel complimento, uno dei tanti che
gli arrivavano inaspettati dalla ragazza e che lo facevano sentire
costantemente amato, si ritrovò ad arrossire leggermente,
come
al solito.
“Morgan vuole sapere quando ti
deciderai a festeggiare il tuo compleanno.” disse, cambiando
argomento.
Alaska alzò un indice “Il mio
non-compleanno!- precisò- Credo che organizzerò
una
cena quando verrà a trovarmi mio padre dal gelido
Quarantanovesimo stato.”
Reid deglutì, preoccupato: non
aveva conosciuto il padre di Alaska e i discorsi di Rossi su quanto
fosse protettivo e affezionato alla primogenita non contribuivano
certo a vivere con tranquillità la prospettiva di
quell'incontro.
“Ha deciso quando vuole venire a
Washington?”
“Non ancora.- rivelò Ross,
prima di continuare a parlare- Dunque, il piano è questo:
inviterò alla cena anche tutta la squadra. In questo modo
mio
padre sarà meno tentato a fare qualcosa di spiacevole
all'uomo
che sta insidiando la sua bambina.”
“Che..che cosa vuoi dire?”
chiese Spencer, leggermente preoccupato.
“Che sei il primo ragazzo che gli
presento e lui è leggermente possessivo con me.-
spiegò
Alaska con una scrollata di spalle- E con leggermente intendo molto.
E con possessivo intendo che non esiterebbe a usare il suo fucile da
caccia se fosse necessario.”
“In effetti, penso che la presenza di
qualche altro agente federale non sarebbe così
male.” si
affrettò a dire il profiler.
“Visto?In più la
presenza di Dave dovrebbe metterlo di buon umore. Dovresti
sopravvivere alla serata senza problemi.” concluse, con un
gesto
vago della mano.
“E' quel condizionale che mi lascia
perplesso...” mormorò Spencer.
Alaska rise, sporgendosi verso di lui e
lasciandogli un bacio a stampo sulle labbra.
Il giovane sorrise per quel contatto e
si ricordò infine di un particolare che aveva notato
all'andato “Ah!Ti ho portato la posta, la tua cassetta stava
per
esplodere: da quando non la controlli?”
“Uhm...una settimana, forse qualche
giorni di più.” meditò l'antropologa,
picchiettandosi
l'indice sul mento.
“Alaska, dovresti ritirarla più
spesso.- la rimproverò per niente convinto Spencer- Come fai
con le bollette?”
Per tutta risposta la ragazza alzò
gli occhi al soffitto “D'accordo, dopo gli darò
un'occhiata.”
“Dopo?” ripetè Reid, ben
sapendo che nel linguaggio di Alaska quel dopo significava.
“Se non ti fidi allora puoi aprirla
tu, così se è importante me lo dici
subito.” lo
stuzzicò la ragazza, divertita.
Reid annuì, mentre si alzava per
recarsi nell'atrio, dove aveva lasciato il mucchietto di lettere
“Va
bene.”
“Aspetta!” lo richiamò la
voce cristallina di Ross, che si era alzata a sua volta per seguirlo.
Spencer aggrottò le
sopracciglia, notando lo strano sguardo della giovane “Che
c'è?”
“Accidenti, Spencer, sembri davvero
esausto.” mormorò seria, facendogli scivolare le
mani dal
collo al petto.
“Non mi sembra...” ribattè
il ragazzo, la fronte corrugata.
“Invece sì.- ribadì
Alaska, mentre lo tratteneva con una stretta sui lembi della camicia-
Hai assolutamente bisogno di riposare.”
“Ah, sì?- la assecondò
Spencer, con un sorriso che gli si allargava sulle labbra- E che cosa
mi consiglieresti.”
Alaska gli rivolse un'occhiata
maliziosa, avvicinandolo ancora più a sé mentre
iniziava a sbottonargli la camicia “Beh, direi che dovresti
concederti una bella doccia rilassante...”
“E dopo starò meglio?”
sussurrò, mentre assecondava i movimenti dell'antropologa.
“Sicuro.- assicurò Alaska con
voce soave- Solo che c'è un piccolo problema.”
“Quale sarebbe?”
“Che sulla terra le risorse d'acqua
dolce si stanno esaurendo a un ritmo vertiginoso.- spiegò
fingendosi dispiaciuta- Se tu fai la doccia qui poi io non credo di
poterne fare un'altra. Sai, mi sentirei troppo in colpa verso
l'ambiente...”
Spencer non riuscì a trattenere
una risatina prima di parlare “Ho un'idea!E se, sempre per il
bene dell'ambiente, ti unissi alla mia doccia rilassante?Risparmieremmo
abbastanza acqua?”
“Accidenti!Questa sì che è
un'idea geniale!Come ti è venuto in mente?”
domandò
Alaska, alzandosi sulle punte e iniziando a baciarlo, mentre gli
faceva scivolare la camicia lungo le braccia.
“Sai- rispose Reid, interrompendo la
frase più volte per lasciare baci languidi alla ragazza- ho
un
QI...di 187...e mi piace...tenere la mente allenata...”
Alaska gli tappò la bocca con un
bacio appassionato e poi gli posò le mani sui lati del viso
“Spencer?”
“Mmm?” mormorò il giovane,
troppo intossicato dalla sua presenza per poter pronunciare altro.
“Credo che a volte tu parli troppo!”
gli rivelò con una risatina, mentre lui l'aveva stretta
ancora
di più a sé e la stava trascinando insieme a lui
nel
bagno.
Più tardi Reid
faceva ritorno
dall'atrio dell'appartamento di Alaska con in mano un voluminoso
gruppo di lettere, buste e riviste.
“Al- la chiamò- non avevi
detto che avresti controllato la posta?”
In salotto la giovane scosse la testa
con convinzione “No, tesoro. Sei tu che l'hai
detto!”
Spencer alzò gli occhi
esasperato “Potrebbe esserci qualcosa di
importante.” riprovò.
“Ora non posso, Spencer.- continuò
Ross sorridendo birichina- Sto preparando la cena.”
“Da quanto chiamare il ristorante
all'angolo per farsi portare un menù d'asporto è
preparare la cena?” la punzecchiò, alzando un
sopracciglio
mentre varcava la soglia della stanza.
“Da quando quest'azione porta sulla
nostra tavola del cibo!” rispose la ragazza, sorridendogli
amabile.
Reid sospirò, scuotendo il capo
e facendo ondeggiare i capelli castani, prima di sedersi in poltrona
e cominciare ad analizzare quella posta.
C'era una lettera da parte di Olga, la
madre di Alaska, e una da parte di una sua amica di Baltimora. Poi
una serie di cartoline, per lo più di colleghi in trasferta
per qualche spedizione all'estero. Come sospettava, in mezzo ad una
pila di cataloghi, nuovi menù dei ristoranti da asporto
della
zona, e campioni gratuiti di shampoo e cosmetici, c'erano anche delle
buste di bollette che dovevano essere pagate al più presto.
Stava per avvertire, trionfante, la
propria ragazza, quando lo sguardo gli cadde su una grande e pesante
busta gialla. A parte l'indirizzo di Ross scritto a macchina su un
adesivo bianco incollato in alto a destra, non vi era nessun'altra
scritta, di nessun genere.
L'aprì lentamente, facendone
scivolare il contenuto sulle gambe per iniziare a farlo scorrere fra
le dita.
Man mano che sfogliava quei fogli,
sentiva crescere un nodo fastidioso alla bocca dello stomaco.
“Allora?- sentì chiamare, da
una voce che gli sembrava ovattata e proveniente da un altro pianeta-
Trovato qualcosa che valeva la pena che leggessi prima?”
Alzò lo sguardo su Alaska, che
lo guardava sorridente, le mani sui fianchi coperti a malapena dal
tessuto leggero della maglietta oversize che indossava.
“Che c'è Spencer?- gli domandò
preoccupata, quando riconobbe una sorta di panico negli occhi scuri
ed espressivi del ragazzo- Sembra che tu abbia visto un
fantasma.”
“Domani vieni a Quantico con me.”
sentenziò, facendo tornare lo sguardo da quanto teneva
ancora
fra le mani.
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Wow!Direi che sono stata straveloce nella pubblicazione del nuovo capitolo, ma forse quello precedente non valeva visto che era solo un prologo, eheheh...Dai, sono contenta che il prologhino vi sia piaciuto, spero che vi piaccia anche la storia vera e propria!:) Prima di rispondere alle recensioni dico un megathanks a takara Luna Viola e Maggie_Lullaby che hanno commentato l'ultimo capitolo di Deadly Wrath: ho adorato le vostre recensioni!:) Soooooooo....Che ne dite di questo primo capitolo?Fatemi sapere!Un bacione e un buon weekend!!JoJo
Giunone : grazie mille di aver letto tutte le mie storie su CM, sono contenta che ti piaccia il mio stile di scrittura!:) Spero che continuerai a seguire questa storia: a presto!Baci
Luna Viola : detto fatto!Dai, che sono stata veloce veloce!Spero il primo capitolo ti sia piaciuto!Besos
Maggie_Lullaby
: Wow,
millemila domande!....ma io sono cattiva dentro quindi non rispondo
neanche a una!mwahahah!Questo capitolo non è affatto
inquietante: mi dispiace toglierti l'opportunità di
utilizzare una delle tue parole preferite!eheheh!Gracias as usal per i
complimenti!Al prossimo capitolo!Kisses