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Autore: Clahp    08/09/2010    2 recensioni
Eppure, in mezzo a questo turbinio di lotte, fazioni, felicità e quant’altro, lui continuava a stare accanto a me. Era divenuto una presenza costante nella mia vita, quasi quanto l’aria o il sole; veniva a salutarmi a casa mia tutti i giorni, sin da quando avevo undici anni; e, sebbene all’inizio le sue timide e tranquille visite mi scocciassero, col passare del tempo diventarono un’abitudine. Lui era lì, sempre, pensai un giorno, e sempre ci sarebbe stato: non avevo neanche idea, allora, di quanto tutto ciò sarebbe stato fatalmente vero.
[MinaKushi]
[Prima classificata al "Naruto Fairytale contest" di Lalani e vincitrice del premio Broken Fairytale]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Yondaime
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Prima dell'inizio
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Capitolo quinto

 

Capitolo quinto

 

 

 

Stand By Me, Nobody knows the way it's gonna be…
Stand By Me, Nobody knows the way it's gonna be…
Stand By Me, Nobody knows the way it's gonna be…

 

[ Stand by me – Oasis ]

 

 

 

«Allora, allora –uhm, uhm…» borbottò lui, portandomi come ogni sacrosanta mattina la colazione a letto, e sedendosi accanto a me; a ciò seguì la solita domanda, accompagnata dalla consueta luminosa occhiata al mio ventre. «Come stai?»

Sbuffai, piccata, e lo fulminai con gli occhi. A detta di tutti nel Villaggio, eravamo una coppia –sì, ufficialmente parlando, ora- decisamente fuori dall’ordinario: io ero combattiva, litigiosa, passionale e testarda, lui invece calmo, tranquillo e pacificatore.

«Sto come sto da sei mesi a questa parte, idiota. Con un pancione ingombrante e un marito cretino che mi riempie continuamente di inutili attenzioni.»

«Ok, allora stai bene.» replicò, ridacchiando.

Schioccai fortemente la lingua contro il palato, fiacca e stufa.

«Oh, Minato, che palle che sei! Sto bene, sono incinta, non sto morendo!» sbraitai, guardandolo ancora male, tuttavia iniziando a mangiare il riso (il mio adorato ramen, continuava a ripetere lui, poteva fare seriamente male al bambino). «Sei così assillante, signor “Lampo Giallo di Konoha”, come quegli idioti ti chiamano! E sei così premuroso! Ti preoccupi costantemente per me –no, no, non hai capito, cocco, non è un complimento! Sei eccessivo, che palle! Non ti sopporto più… tu e questo figlio tuo! E io devo fare da contenitore, cazzo! Ma chi diavolo me l’ha fatto fare, eh?! Ma porca miseria, questa stupida pancia mi ingombra e tu non mi aiuti minimamente… inutile, inutile uomo!» sproloquiai, senza un apparente filo logico, mentre continuavo ad issarmi meglio sul letto –oramai matrimoniale, dacché eravamo entrambi cresciuti da quando eravamo adolescenti, insomma- e non riuscivo a trovare una posizione corretta; lui sorbì tutte le critiche senza colpo ferire, continuando a sorridere dolcemente e a sopportare con pazienza, come sempre, d’altronde.

«E che diamine! Di’ qualcosa, Namikaze!» inveii infine, contraria perfino a tutto quel silenzio da parte sua. Lui esalò un respiro e alzò gli occhi al cielo.

«Hai ragione, Kushina.» borbottò poi. Sorrisi platealmente, soddisfatta dalla sua risposta, avendo finalmente trovato la giusta posizione su quello scomodo materasso.

«Eccellente, Minato.» asserii, ridendo. «Ora, cosa volevi dirmi?»

Lui s’avvicinò e si distese accanto a me; mi prese una mano e guardò la fede con curiosità, quasi fosse la prima volta che la osservasse. Ci eravamo sposati da sei mesi, e da quattro lui ricopriva la prestigiosissima e onorevole carica di Hokage; passava poco tempo a casa, ma in quel poco mi attorniava di –fin troppe- attenzioni, premure e paranoie.

«Oggi verrà a trovarci Jiraiya-sama» rispose, sorridendo. «Non lo vedo da un po’, quindi l’ho invitato a cena. Mi stavo chiedendo… se ti andrebbe di nominarlo suo padrino.»

Mi girai verso di lui, mentre continuavo a trangugiare riso alquanto rozzamente.

«Certo! Per me non c’è problema.» asserii, convinta. «Ma… ha finito i suoi viaggi?»

«Mmmh, non credo mai che smetterà di viaggiare, in verità.» replicò, pensoso. «Da quando Tsunade è partita e l’ha respinto per l’ennesima volta, non sta mai fisso.» aggiunse, con un’espressione lievemente comica.

 

Tre ore dopo, Jiraiya arrivò; sembrava, in effetti, decisamente afflitto.

«Questo romanzo è meraviglioso!» sentii affermare Minato dalla sala da pranzo, mentre io ero in cucina a preparare la cena; ultimamente, aveva preso a leggere uno dei tanti libri del suo grande maestro, e aveva trovato l’ultimo estremamente bello. Spesso li leggevamo insieme; sebbene all’inizio fossi piuttosto scettica, dal momento che da quello lì non mi sarei mai aspettata qualcosa di veramente buono, mi dovetti ricredere. Era un romanzo straordinario: e, più di tutti, mi aveva colpito il protagonista… così cocciuto, testardo, incaponito, ma così entusiasta e solare… e così, avevamo preso di comune accordo una decisione.

«Il bello di questo racconto è che il protagonista non si è mai arreso. Proprio come voi, maestro.» dichiarò Minato, con tutto il rispetto che provava per l’altro.

«Dici…?» borbottò il più vecchio, alquanto imbarazzato; mentre continuavo a pulire verdure per il ramen, sorrisi fra me e me.

«Leggendolo, ho pensato… che vorrei che mio figlio diventasse un ninja come questo protagonista.» continuò mio marito, arridendo a sua volta; sospirò, azzardando infine la richiesta. «…Mi permettete di dare il suo nome a mio figlio?»

«Ma che dici?!» sbottò l’altro, insicuro e scontento di sé come suo solito, evidentemente colto davvero di sorpresa. «Non essere precipitoso! Guarda che quel nome l’ho scelto soprappensiero mentre mangiavo del ramen

Sbuffando, posai coltello e grembiule e mi affacciai dalla porta della cucina, reggendomi allo stipite; gli sorrisi, e obiettai:

«Naruto… è proprio un bel nome.»

Il vecchio mi guardò, stupito e compiaciuto; abbassai il mio sguardo sul ventre rigonfio e me lo carezzai. Naruto

«Ahah…!» rise l’altro, nervoso. «Ma tu pensa…! Quindi, sarò io il suo padrino?» azzardò, contemplandomi mentre mi avvicinavo al mio meraviglioso uomo e gli stringevo una spalla.

«Altroché! Voi siete un ninja valoroso. Nessuno ha le vostre qualità!» asserì l’Hokage, orgoglioso.

E Jiraiya ci guardò, un po’ scosso e un po’ imbarazzato, mentre gli occhi gli diventavano rapidamente lucidi.

 

 

 

*

 

 

 

Dopo tanto tempo, avevamo imparato a sapere istintivamente ciò che passava per la testa dell’altro; se fosse semplice sintonia di pensiero, o telepatia, o destino, non lo so neanche io. Tuttavia… io mi sentivo enormemente in colpa… perché lui era l’uomo della mia vita, era mio marito, era colui che avrei amato per sempre… ma io non gli avevo mai rivelato il mio segreto.

Avevo paura. E se mi avesse cacciato? Se si fosse sentito giustamente tradito perché non gliene avevo mai parlato prima, in quattordici anni che ci conoscevamo…? O se lui avesse provato vergogna per me, per ciò che…? Ma no, no… non era mai accaduta nessuna maledizione… non era possibile, insomma! Konoha viveva un momento d’oro, con Minato a capo; negli altri paesi c’era la pace e il benessere; e tutti i miei compagni stavano bene… non c’era mai stato nessun anatema… era stato solo un’invenzione di quelli di Uzu… e basta. Sarei stata una moglie e una madre impeccabile; avrei amato la mia famiglia (tempo fa, Jiraiya stesso mi aveva quasi comandato “proteggi sempre e comunque la tua famiglia”: e io l’avrei fatto, davvero, sarei stata perfetta) e sarebbe andato tutto bene… non c’era nessun motivo per parlarne… Proprio nessuno.

Però… dopo tanti anni e tanto tempo e tanto amore condiviso, un giorno non ne potei più fare a meno; e l’occasione capitò quando meno me l’aspettavo.

«NarutoNaruto Uzumaki. Bello, eh?» borbottò Minato una sera, non appena era rientrato dal lavoro; io, abitualmente da qualche settimana a quella parte, ero distesa sul letto, poiché ero oramai arrivata all’ultimo mese di gestazione e il dolore alla schiena era spesso insopportabile.

Deglutii, nervosa.

«Ma… ma perché proprio il mio cognome, Minato? Io… vorrei dargli il tuo.»

Lui sorrise, solare come al solito.

«Be’, credo che il tuo gli stia semplicemente meglio… Naruto Namikaze non suona proprio, non senti?» obiettò.

Mi sistemai meglio sul letto, bramando una posizione più comoda; tuttavia lui capì istintivamente il mio nervosismo –o perché io non avevo mai saputo mentire tanto bene o perché mi conosceva da davvero molto tempo, questo non lo so- e sospirai, nervosa; con tutta evidenza, era davvero arrivato il momento di rivelargli… di parlargli… di far finalmente sapere a qualcuno il mio segreto… però, però… se lui avesse –

«Kushina, cos’hai?» chiese bruscamente, rizzandosi a sedere ed avvicinandosi a me.

Lo guardai; esalai un pesante sospiro. Lui era sempre stato corretto con me… non mi aveva mai chiesto del mio passato, del perché mi avesse trovato –tanto, tanto tempo prima- sporca e ferita in una pozza di fango, o di come fossi scappata dal mio Villaggio; mi aveva sempre dato fiducia… e io, io l’avevo tradito… e continuavo ancora a tradirlo, sebbene fosse l’uomo che amavo.

«Minato… devo dirti una cosa.» bofonchiai, impallidendo un po’; per quanto fossi sempre la prima che scherzasse o si scaldasse, in quel momento non potei fare a meno di essere mortalmente e tetramente seria.. Lui annuì, calmo.

«Io… io non sono la persona che tu pensi. Voglio dire… Uzumaki non è nemmeno il mio cognome.» iniziai, partendo dal principio. Egli aggrottò le sopracciglia e si schiarì la gola; quantunque un improvviso nodo alla gola mi bloccasse, continuai: «In verità… vedi, il mio reale cognome è Senju. Scommetto che tu lo conosci.»

Un guizzo improvviso animò i suoi occhi sottili; ragionò un po’, e poi borbottò:

«Sì… è il clan del primo e secondo Hokage. E’ il clan che ha fondato la Foglia.»

Ancora una volta, sospirai; tuttavia, adesso che avevo iniziato sembrava tutto più facile… anche se dubitavo fortemente di possedere il coraggio di arrivare fino in fondo.

«Esatto. Io faccio parte di quel clan. Il motivo per cui l’ho tenuto nascosto a tutti è semplice: il clan Senju è il clan più antico, insieme a quello degli Uchiha. I due, tuttavia, anni e anni fa erano continuamente in lotta fra loro. Ma c’è una verità più nascosta, che nessuno sa…» mi fermai un attimo; presi a tamburellare concisamente le dita. Lui avrebbe capito. «I discendenti di entrambi i clan sono eredi dei due figli dell’Eremita dei sei Sentieri; ma, quando questi scelse come proprio erede il secondogenito, il primo attaccò il fratello e si scatenò una guerra. Il primogenito dette poi vita al clan Uchiha, l’altro al mio. Tsunade è mia cugina di secondo grado; è per questo che, non appena la vidi, tempo fa, la riconobbi... sai, i suoi tratti somatici erano molto simili a una mia zia di Uzu. E anche Fugaku, dunque, è mio parente molto alla lontana.»

Lui annuì, davvero posato.

«Dunque, dov’è il problema?»

Deglutii, tesa; ero arrivata alla parte del racconto più complessa. E più dolorosa.

«Vedi… fra i due clan c’è stata un’enorme guerra. Non hai idea di quanti siano potuti morire… è successo anni e anni fa, ma il terrore si tramandava ancora fino a poche generazioni fa; e l’odio che scorre fra i discendenti è lo stesso di sempre. Ora, però, in cui i discendenti effettivi dei clan sono pochi e quei pochi quasi neanche si conoscono, la situazione sembra essersi calmata: vedi, ad esempio, che io vado molto d’accordo con Fugaku, sebbene io abbia scoperto subito la nostra relazione, quando ci siamo conosciuti. Ma… c’è un uomo… che non può rinunciare a tutto quell’odio.» Guardai Minato, ancora e ancora; avevo gli occhi lucidi; mi avrebbe mai potuto perdonare…? «Madara Uchiha. Ed è lui… è lui, l’uomo da cui fuggo. E’ lui che mi terrorizza, mi spaventa, mi angoscia…» bisbigliai, iniziando a tremare; se tanti anni prima il ricordo di lui mi preoccupava, adesso solo sentirne il nome mi faceva ghiacciare le vene nel corpo: sarei divenuta una madre, avrei avuto una famiglia… e se Madara avesse deciso di vendicarsi su Minato, o su Naruto, o sui miei amici per causa mia? Non ne avrei retto la sofferenza; non ne avrei potuto sopportare il biasimo.

Ma tuo padre sorrise ingenuamente, quasi stesse parlando con un bambino; mi strinse una mano, si fece più vicino e borbottò, niveo:

«Ma, KushinaMadara Uchiha è vissuto ai tempi del Primo Hokage. Sarà morto da moltissimo tempo, oramai…»

Strinsi ancora di più la sua mano.

«No, Minato… lui è immortale! Lui non può morire! E’ ancora vivo… o perlomeno, lo era. Quattordici anni fa, quando tu mi hai trovato… io ero riuscita a sfuggire da lui. Come ti dicevo prima, siamo rimasti solo io, Tsunade e Nawaki come discendenti del secondogenito dell’Eremita; ma loro due sono di un ramo collaterale, nipoti di un figlio illegittimo di mio nonno, tant’è che non ne conservano più neanche il cognome e ignorano le proprie origini; ma io… io sono la discendente diretta, ho il sangue più puro. Madara voleva me, capisci? Mi ha catturata da bambina, dopo tanti anni che mi cercava… e mi avrebbe torturato, mi avrebbe ucciso, Minato! E io… io… sono scappata… e tu mi hai trovato. Tu mi hai salvato

Era rimasto totalmente senza parole; attonito e confuso, ma anche terrorizzato, biascicò:

«Lui… lui… che cosa ti ha fatto?! Perché non me l’hai mai detto, Kushina?!»

Presi entrambi le sue mani fra le mie, e lo guardai fissamente; mi misi a sedere e mi diedi della sciocca per ciò che avevo detto. Porca miseria!

«Minato… lui non mi ha fatto niente: sono fuggita, ti ripeto, prima che potesse sfiorarmi… ma se così non fosse stato… sarei morta.»

Non risposi alla sua seconda domanda: aveva pienamente ragione… e io lo sapevo.

«Ma… tutto questo non ha senso! Non ha senso!» scattò in piedi, nervosissimo e preoccupato; tremava tanto vistosamente da non poter star fermo; e, per la prima volta da molto tempo, lo vidi scaldarsi e perdere la sua tipica calma.

«Ma perché te, Kushina?! Perché ha preso te?! E i tuoi genitori non hanno fatto niente?! O… quelli del Villaggio, non sono venuti a cercarti?! Sei rimasta sola, totalmente sola di fronte a quel pazzo…?! Cosa ne è stato di lui?» urlò; non sembrava arrabbiato con me, ma semplicemente molto preoccupato.

«Minato, che cavolo, calmati! I miei genitori erano già morti… e quelli di Uzu… mi odiavano tutti. Erano solo contenti che me ne fossi andata.»

Presi a tremare. Era questa, la parte peggiore.

«Perché?! Perché, Kushina?! Perché lui voleva proprio te? Cosa può mai nascondere una bambina di dieci anni?!»

Gli occhi mi diventarono rapidamente lucidi; portai una mano al petto, angosciata.

«Io… ho con me un segreto terribile da sempre. E’ per questo che tutti mi odiano. Ed è per questo, Minato… se non te ne ho mai parlato. Avevo paura

Egli rimase ancor più spiazzato da questa sentenza; mi si avvicinò e, ancora scosso e tremante, chiese:

«Paura…? Paura di cosa, Kushina?!» e poi, realizzò; e fu la prima, primissima volta –e unica, già- in cui lo vidi arrabbiato con me. «Avevi paura di me, Kushina?! Sono tuo marito! Da quanto mi conosci, eh? Penso di meritarmi un po’ di fiducia, specie dopo tanti anni in cui non ti ho mai chiesto niente del tuo passato!»

Scostai gli occhi dai suoi e iniziai a piangere sommessamente; io, io che solo qualche anno prima mi ritenevo tanto invincibile e tanto fredda, io che ero sempre stata tanto sicura di me… piansi come un bambino. Ero diventata così debole…?

«Ma non capisci?! Io sono sempre stata sola! SOLA!» urlai, sconvolta. «Tu sei sempre stato l’unico a starmi vicino e a volermi bene! E qui alla Foglia… mi sono sentita subito a casa… nessuno mi guardava male, nessuno malediva la mia nascita, nessuno mi voleva morta! Non potevo dire nulla, non volevo! E s-se poi fosse accaduto di nuovo? Se poi anche voi mi aveste cacciato…?! Cosa avrei fatto? Io… io non potevo… non volevo… tu non hai idea di come sia stata la mia infanzia, Minato!»

Continuai a singhiozzare, sempre di più; e lui, capendo la situazione e vedendomi per la prima volta così intimamente afflitta, si calmò e mi venne vicino.

«KushinaKushina… ma cosa è successo? Qual è, questo segreto

Alzai gli occhi, continuando a piangere; tirai su col naso e, tremante, bisbigliai:

«Io… porto una maledizione con me. Dove vado io, Minato… accadono disgrazie. E’ così.»

Lui sorrise ancora, come prima; mi asciugò qualche lacrima, dolce, e replicò pacatamente:

«Oh, suvvia… nessuno può portar male… Forse ti starai –»

«No.» confutai, scuotendo la testa. «No.» Presi ancora fiato, asciugandomi rozzamente le guance. «Tu, insomma… avrai notato, credo, che intorno all’ombelico ho un sigillo. E’ un sigillo pentastico.»

Ovviamente, io avevo sempre saputo che lui avesse intuito cosa fosse quello strano simbolo intorno al mio ombelico; ma lui aveva sempre taciuto, confidando che prima o poi gliene avrei parlato.

«Sì. L’ho visto.» ammise infatti.

«Ecco… be’… vedi, i discendenti puri di… del primogenito dell’Eremita dei Sei Sentieri applicarono questa maledizione ai rispettivi cugini, che d’altra parte erano i veri eredi.» Sospirai. «Quest’anatema, una volta applicato ad un membro, diventa congenito: si passa da padre in figlio. Tuttavia, col tempo s’è visto che esso è un gene recessivo: e, col passare degli anni, esso è divenuto sempre più raro nei membri del clan Senju. Salta spesso le generazioni, e non appariva da cinquant’anni… prima che nascessi io. Io, perciò… porto questa maledizione. Dove vado io, ci sono sventure, Minato

L’uomo deglutì, serio e spaventato.

«Ma… non può essere. Da quando ci sei tu…» sorrise un attimo, come era sempre stato solito reagire quando parlava di me «la mia vita è totalmente cambiata. Tu… hai portato solo gioia. Non è possibile, Kushina

Schioccai la lingua; come al solito, lui era così ingenuo… e così tanto buono.

«Il problema è che… il mio Villaggio ha iniziato ad essere povero dall’anno in cui sono nata io. I miei genitori sono morti quando avevo due anni. Ad Uzu, l’anno dopo, è salito al potere un tiranno che ha piegato il paese e tolto tutti i diritti. E sono continuate ad accadere una serie di sventure… che però…» deglutii ancora, e ancora tremai. «Mi odiavano tutti. Nessuno mi poteva vedere. Madara voleva il mio potere… perché io… porto un demone in me.»

«Un… demone?» m’interruppe lui, guardandomi con occhi vacui.

«Sì.» sospirai. «Non so di che demone si tratti… fatto sta che ne possiedo metà. E’ quello che influisce così tanto sui miei cari o sulle persone intorno a me… è lui la causa di tutte le disgrazie. Madara voleva il potere di quel demone per distruggere la Foglia.»

Si scompigliò un attimo i capelli, frastornato e sudato.

«No, Kushina. No. Mi rifiuto di crederci.» asserì, convinto. «Da quando ci sei tu, alla Foglia va tutto benissimo. Noi siamo sposati, io sono Hokage, e avremo un bambino…! Come può andare male? Non vedi che va tutto benissimo?»

Era vero, era vero… però…

«Lo penso anche io… Sono anni che non succede niente; l’unica cosa che mi ha fatto preoccupare è stata la morte dei tuoi genitori, il giorno dopo che avevamo litigato… ricordi…? Allora, ebbi davvero paura… Però… oramai sono undici anni che la Foglia vive nella prosperità… quindi, magari… sono state tutte coincidenze… oppure» ricominciai a sorridere, raggiante «oppure il potere è svanito, dopo tanti anni. E io… ho iniziato davvero a crederlo, Minato.»

Egli arrise a sua volta, e mi prese una mano fra le sue –dando, al solito, una rapidissima occhiata all’enorme ventre.

«D’ora in poi, andrà tutto bene.» conclusi.

E io ci speravo, ci speravo davvero.

«Però… Naruto lo chiamiamo Uzumaki. Oh, mi suona così strano il nome Kushina Senjo, che credo non mi ci abituerò mai…!» esclamò, sorridendo ancora. «E poi, è con questo nome che ti ho conosciuto. E con questo nome continuerò ad amarti… mi spiace.»

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Sai… tu sei la cosa più bella della mia vita. Dicono che l’amore di una madre per un figlio sia una delle cose più forti che ci sia in natura: e ciò è tremendamente e meravigliosamente vero.

Sei bellissimo. Sei in tutto e per tutto uguale a tuo padre; hai i suoi stessi occhi, gli stessi capelli, gli stessi tratti… tuttavia, dalla tua caparbietà e dai tuoi continui lamenti credo che caratterialmente tu sia la mia copia. Il che non credo sia un bene per te. Ma ti assicuro che questo non può che rendermi enormemente felice.

Mi spiace… mi spiace così tanto essere stata tanto poco vicina a te… A conti fatti, ho passato con tuo padre qualcosa come tre quarti della mia vita; e di questi, tu non hai occupato che pochi mesi. E tutto, probabilmente, per colpa mia.

Perdonami. Ti chiedo solo questo.

 

Madara, alla fin fine, mi ha trovato. Sebbene in tutto questo tempo non si fosse mai fatto vivo, e quantunque avessi da sempre sperato che fosse morto… lui, una sera, mi ha scovato, semplicemente bussando alla nostra porta. E’ successo tutto così velocemente… e così… dolorosamente… che ricordo tutto con molta confusione… io sono così stanca, adesso… e così sola… Minato è subito intervenuto; mi ha urlato di scappare e di portarti con me, mentre combatteva; ma io non ce l’ho fatta. Avendo ferito l’altro, Madara s’è gettato su di me; e… e poi, è diventato tutto buio… una ridda di parole, di urla, di grida concitate, di “Kushina!”, di tintinnii riecheggiano nella mia mente… non ricordo più… nulla…

So solo che, al mio risveglio, intorno a me c’era l’inferno. La nostra casa era stata sventrata; rimaneva una sola parete e qualche brandello di muro. Provavo un dolore lancinante all’addome, lì dove fino a qualche ora prima c’era il sigillo; e la Volpe a Nove Code giaceva nel bel mezzo del mio amato Villaggio, enorme, assassina, e dilaniava la gente.

Mi sono rialzata, tremante, e ti ho preso in braccio mentre piangevi. Mi sono fatta forza, nonostante fossi debolissima, e sono uscita di casa; tutto intorno a me era un mucchio di cadaveri, di pianti, di singhiozzi… ho iniziato a correre, correre, correre a perdifiato, ma Minato non era da nessuna parte… con l’angoscia e il terrore che mi opprimevano, l’ho cercato per tutto il Villaggio… per poi trovarlo in una vasta radura, dove prima c’erano case e strade, proprio ai piedi della Volpe. Stava combattendo insieme ad altri ninja; tutt’intorno a me c’erano mogli, bambini, anziani che urlavano o che si disperavano; poco lontano da lì ho trovato perfino il cadavere del mio sensei, Akira… Ho deglutito, scossa, e mi sono lanciata in corsa; ma sono stata prontamente bloccata da qualcuno. Totalmente folle e confusa, ho urlato ancora e ancora e mi sono divincolata dalla sua forte presa; ho ripreso a correre, con te attaccato al mio petto, che condividevi il mio stesso terrore; e Minato, Minato… continuava a combattere… ma stavano inesorabilmente perdendo… la maggior parte dei ninja vicino a lui erano morti; oramai, erano rimasti in pochi superstiti. E ho continuato a correre; finché, a pochi metri da lui, un tremendo boato non ha scosso la terra. Tutti i ninja lì riuniti sono stati sbalzati via, ma lui, l’Hokage, ha continuato a fronteggiare il mostro.

«Minato! Minato!» ho urlato, scioccamente; piangevo.

Lui s’è girato per un solo secondo verso di me, per poi seguitare a combattere, impavido e meraviglioso.

«Kushinasta’ lontana! Porta via N-!»

Ma non ha finito di parlare, che è stato sbalzato vicino a me; tremante e piangente, l’ho aiutato a rialzarsi.

«Minato… Minato… mi dispiace così tanto…» ho balbettato; ero inutile, debole, piangevo e blateravo… proprio le cose che tanto tempo prima avrei giudicato così sciocche…

«Kushina… la Volpe…» ha mugolato, toccandosi una profonda ferita all’addome «… la Volpe non si può fermare… c’è un unico metodo…»

Per un singolo e brevissimo istante, ci siamo guardati contemporaneamente, entrambi troppo terrorizzati per esprimere ciò che egli aveva appena enunciato; trattenendo il respiro, abbiamo fatto scivolare lo sguardo sul fagotto stretto a me, che tenevo come fosse più importante della mia vita. E lo era…

«Naruto… lui deve…» biascicò, pallido e sudato. «fare… da contenitore.»

Ho scosso la testa, mentre le lacrime ricominciavano ad uscire. Ma come, come poteva pensare che…?

«Io… ora sigillerò l’anima del demone… dentro di lui. Ma solo una metà…» ha tossicchiato un’enorme quantità di sangue e poi, noncurante, ha ripreso a parlare: «l’altra… rientrerà dentro di te. Tu possedevi la metà cattiva della Volpe a nove code… e Madara l’altra, quella buona. Riunendo le due, ha scatenato il demone, e adesso vuole impossessarsi del Villaggio… era questo, il suo scopo…»

L’ho fermato, scossa; troppo agitata per formulare un pensiero concreto, ho mugugnato:

«Ma NarutoNaruto crescerà… e tu, Minato, tu…?»

«Kushina… io morirò.»

La sua risposta secca e concisa è giunta come un fulmine a ciel sereno; l’ho mirato e rimirato in modo pazzo e affannato.

«NO! No! Minato, no –tu non puoi!», ho urlato, stringendogli convulsamente una mano, mentre tu –quasi ti sia accorto di ciò che stava inevitabilmente per accadere- hai ricominciato a piangere.

Lui ha sorriso, come ogni dannatissima volta in cui si rivolgeva a me, e ha solamente commentato:

«Io devo farlo.»

Ho aperto la bocca un’altra volta, ma l’altro mi ha bloccato e, calmo, anche in quest’estremo momento, ha continuato: «La Volpe ucciderà tutti… Anche te, anche me, anche lui, se non farò qualcosa.» ha esalato un pesante respiro, per poi concludere: «Lui non ne risentirà: il demone crescerà con lui, e Naruto imparerà a dominarlo. Io… ho fiducia in lui. E tu… tu continuerai la tua esistenza… sebbene non sopravvivrai molto. E’ l’unico modo che abbiamo.»

La mia gola era talmente secca e arida che non mi è stato possibile replicare; dunque lui, non perdendo altro tempo, si è alzato in piedi, ti ha preso in braccio e mi ha dato un ingenuo bacio sulla fronte.

«Kushina… ti ho sempre amato, lo sai?» ha mormorato solamente, sorridendo ancora; troppo debole e stanca per corrergli appresso, ho osservato la sua figura allontanarsi, la sue mani muoversi in maniera straordinariamente veloce e un incantesimo riuscire. D’un tratto, mi sentii incredibilmente più potente; dopo attimi di puro dolore e panico, ho vomitato, mi sono accasciata al suolo, ho tremato… il demone era tornato dentro di me… ma era una parte più dura questa, più cattiva… Il piano dell’Hokage era riuscito; le due metà della Volpe a Nove Code sono state sigillate per l’ultima volta.

E, nel giro di qualche secondo, è tutto scomparso: il demone, il cielo di un rosso così straordinario e mefistofelico, e quell’aura tanto maligna; è ritornata la notte, ed è stato più buio che mai.

Silenzio. Mi sono avvicinata, ancora tremante, e ho osservato la scena: lui era accovacciato per terra, con le gambe totalmente nere, mentre ti teneva fra le braccia; tu dormivi.

«M-Minato…» ho esalato, accosciandomi vicino a lui, e prendendone la testa sule ginocchia; egli ha vagamente sorriso.

«Kushinastammi vicino, mentre muoio.» ha detto l’altro, con fermezza e vigore; che strano… lui che chiedeva a me di stargli vicino… il destino, alle volte, è davvero strano, sai…? Proprio lui, che era sempre stato vicino a me, chiedeva ora il contrario…

Man mano che il tempo è passato, ogni parte del suo corpo è diventata via via più nera; Minato stava morendo. Ma non poteva essere… noi, noi dovevamo stare insieme per sempre… noi ci conoscevamo da così tanto tempo… e noi ci amavamo… ci amavamo… ma adesso…

Allora… allora era vero… la mia maledizione c’è sempre stata. Per tanti anni ho creduto che fosse scomparsa, o fosse solo un’invenzione… e invece… la malignità s’è solo accumulata, per poi ritornare più feroce e verace che mai… e, ancora una volta, tutti i miei cari ne sono stati coinvolti.

«Mi spiace, mi spiace così tanto, amore mio…» ho ripetuto, mentre mi accovacciavo su di lui, con gli occhi talmente carichi di lacrime che a stento riuscivano a scorgere le persone che si stavano avvicinando; era tutto troppo vivo e intenso per essere vero… il cuore sembrava diviso in due dolorose metà: una realizzava ciò che sarebbe accaduto nei successivi minuti, l’altra chiedeva solamente di valorizzare ogni singolo secondo di adesso, poiché non sarebbe mai più tornato; il cervello mi urlava contro parole troppo gravose e veritiere; e i miei sensi erano totalmente sconvolti da non percepire nient’altro che noi tre. «E’ tutta colpa m-mia… m-mia, solo mia… E tu, tu ci sei andato di mezzo…»

«Non dire così.» ha ribattuto, fermo, quasi sia stato arrabbiato con me. «Io sono l’Hokage… ho dovuto… farlo.»

Ha respirato ancora, stavolta in modo più pesante. «E io… sono fiero di te… e di mio figlio.»

Ho deglutito, mentre in modo quasi meccanico gli accarezzavo la sua zazzera, che in tanti e tanti anni non è davvero mai cambiata. Come lui, in fondo.

«Anche io fra poco morirò… la forza del demone, stavolta, è t-troppo forte, e… che ne sarà di lui, Minato? Che cosa farà, tutto solo?»

Tu ti sei svegliato, calmo, e mi hai vagamente guardato; e hai sorriso. Come tuo padre… anche lui, sai, sorrideva sempre, e in qualunque occasione; e il suo sorriso –credimi- è sempre stata la cosa più bella di tutte.

«Il Villaggio della Foglia… lo tratterà bene, vedrai. Nessuno lo isolerà…» un lamento, forte, è fuoriuscito dalla sua bocca «perché è grazie a Naruto Uzumaki se il villaggio è salvo… sarà un eroe… un giorno… lo so.»

Ancora un respiro pesante. Mi ha guardato. E –che cosa banale da dire, già– ha sorriso… per l’ultima volta.

«Ciao, Kushina

Le palpebre sono calate, il colorito s’è fatto più pallido, ma il sorriso è rimasto; e, quasi egli stesse dormendo, la sua testa è scivolata di lato.

 

 

Tutto questo è successo solo qualche ora fa… e io… io… mi sono gettata a scrivere, perché sento le forze venirmi sempre meno… per farti sapere, amor mio, le tue origini, e farti conoscere i tuoi genitori. Fra qualche minuto morirò, credo; ti ho lasciato davanti alla casa del Terzo Hokage, dove so che si prenderanno cura di te.

Saranno tempi duri e difficili per te. Lo so… ci sono passata anche io, sai. E tu… sarai così abbandonato… al solo pensiero, rabbrividisco… ma fatti forza, bambino mio. La tua mamma sarà sempre vicino a te, ovunque tu sarai, ovunque io sarò… e vedrai che anche tuo padre ci sarà.

E… sebbene noi due abbiamo potuto stare insieme, a conti fatti, solo cinque mesi… devi sapere che quei mesi sono stati i più belli di tutta la mia vita. E tuo padre acconsentirebbe, ne sono sicura –oramai, credo di conoscerlo abbastanza bene da poterlo giudicare, sai.

 

Ti starò sempre vicino. Sempre. E, quando ti sentirai solo… pensa a me, a tuo padre, e ai ninja che sono stati: vedrai che andrà un po’ meglio.

Ti amo… e lo farò per sempre. E, questa volta, il tempo non cambierà le cose; stanne certo.

Sii forte, bimbo mio.

 

 

 

Mamma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

************

And here we go.

Finito ^^. Be’, che dire… spero sinceramente vi sia piaciuto. Queste ultime righe sono state così pesanti da scrivere…! Poveretti, che brutta fine ;__; mi spiace.

Oh, ma questi due sono MERAVIGLIOSI; ringrazio Kishimoto per aver inventato una storia così bella nei flash back. Non so voi, ma a me sembra sia fatta apposta per scriverci su tonnellate di fanfic X3 MERAVIGLIOSI, non dico altro; chi ha letto le scans sa.

 

Quattro piccole note:

-Non so se l’ho già scritto o_O ma Akira è il padre di Iruka. Mi pareva bello che fosse il maestro della madre di Naruto.<3

-Tutta la fanfic prende forma dalle ultime parole di Minato: “Kushinastammi vicino, mentre muoio”. Ho immaginato questa scena, ed è da lì che è partito tutto :D e poi, casualmente il giorno dopo sento dall’Ipod di mio fratello la canzone degli Oasis, che sembrava quasi fatta apposta, e voilà!

-La scena con Jiraiya è presa direttamente (per una volta xD) dal manga. Naruto numero 42, cap 382 (le parole sono copiate-incollate dal manga italiano!)

-Sì, per farmi venire in mente tutta questa storia su Madara e Kushina c’è voluto un bel po’. xD Ma spero vi piaccia comunque!

 

E adesso, passiamo alle recensioni *-* Scusate il ritardo, ma luglio è stato un mese davvero osceno, e ad agosto sono partita e ho dovuto studiare parecchio per i test dell’università ;__;

 

Avis: la citazione del cap precedente (ho fatto una ricerca su internet visto che manco me la ricordavo XD) era di Red e Toby, nemici/amici! Cartone mai visto, deve essere una palla xD Anyway, ti ringrazio tanto, come al solito, davvero *_* Spero che sto capitolo ti sia piaciuto, aspetto commenti!! E sull’idea che loro finiscono a letto, beh, ci ho riso parecchio anch’io xD povero Minato, questa qui lo maltratta proprio, eh! Sono stupendi, già già (l’ho detto mille volte ma non smetterò mai di ripeterlo…) Ti ringrazio ancora dei complimenti, davvero! ^_^

Ranocchietta: sei gentilissima come al solito. Grazie davvero!! Aspetto un commento per quest’ultimo, eh! :D Grazie mille! E spero sia andata bene anche a te la maturità!!

Pinkpunk: ehi, sei impaziente? xD Eccola qui! Aspetto un commento, davvero! Grazie comunque!! :D

 

 

C’est la fine! Ringrazio tutti, davvero, quelli che l’hanno commentata e quelli che l’hanno messa fra i preferiti (se commentaste, magari, sarei più felice... ^_^). Sono orgogliosa di questa fanfic, seriamente.

E GRAZIE KISHIIIII CHE CI FAI FANGIRLARE TUTTI INSIEME X3

 

 

Alla prossima fanfic, fra non molto,

 

Clahp

  
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